200 g di formaggio misto, possibilmente pecorino e romanesco, di cui metร grattugiato e metร a pezzetti
50 g di strutto
50 g di olio extravergine dโoliva
60 g di lievito di birra
7-8 grani di pepe
Sale
Olio o strutto per ungere la tortiera
Procedimento
Ponete i grani di pepe in un pentolino assieme a un poโ dโacqua e fate bollire per un quarto dโora, quindi lasciate raffreddare e filtrate. Lavorate assieme la farina, le uova, lo strutto, lโolio, i formaggi, lโacqua aromatizzata al pepe, un bel pizzico di sale e il lievito, sciolto in poca acqua tiepida. Ungete una tortiera alta, con la base piรน stretta della parte superiore e riempitela a metร con lโimpasto. Fate lievitare fino a quando la torta non avrร raggiunto i bordi della tortiera (sarร necessaria all’incirca unโora โ unโora e mezza) quindi infornate a 160ยฐ circa. Fate cuocere per circa unโora, alzando a 180ยฐ verso fine cottura. Sfornate e lasciate raffreddare prima di gustare la torta, che si conserva per molti giorni.
Questa versione della torta di Pasqua con il formaggio, pur essendo moderna perchรฉ prevede la cottura nel forno, rispetta negli ingredienti e nella forma la torta tradizionale. La devo alla signora Carla Onoriniย di Magione, che tra lโaltro, invece di mettere il pepe in grani previsto dalla ricetta originale e non a tutti gradito, aromatizzava la torta con acqua bollita al pepe. La torta โ pizza nellโUmbriadel sud, crescia a Gubbio โ con il formaggio, oggi si trova tutto lโanno nelle panetterie, ma un tempo compariva sulle mense degli umbri solo nel periodo pasquale e anche il 6 gennaio, giorno di Pasqua Epifania, che per la tradizione popolare รจ la prima Pasqua dellโanno.
Per gentile concessione di Calzetti&Mariucci editore.
L’Umbria conserva e custodisce la memoria della straordinaria vicenda artistica di Raffaello; in tutta la regione infatti, il maestro urbinate ha lasciato tracce, dirette o indirette, della sua arte.
Stendardo. Recto, La Crocifissione. Olio su Tela. Pinacoteca Comunale di Cittร di Castello
Fu un pittore e un architetto tra i piรน celebri del Rinascimento. Considerato uno dei piรน grandi artisti di ogni tempo, le sue opere segnarono un tracciato imprescindibile per tutti i pittori successivi, tanto che fu di vitale importanza per lo sviluppo del linguaggio artistico dei secoli a venire. Raffaello nacque a Urbino ยซl’anno 1483, in venerdรฌ santo, alle tre di notte, da un tale Giovanni deโ Santi, pittore non meno eccellente, ma sรฌ bene uomo di buono ingegno, e atto a indirizzare i figli per quella buona via, che a lui, per mala fortuna sua, non era stata mostrata nella sua bellissima gioventรนยป.[1] Una seconda versione identifica il giorno di nascita dellโartista il 6 aprile.
A scuola dal Perugino
La cittร di Urbino fu determinante per la formazione del giovane: Raffaello infatti, fin da giovanissimo, aveva accesso alle sale di Palazzo Ducale, e potรฉ ammirare le opere diย Piero della Francesca, Francesco di Giorgio Martini e Melozzo da Forlรฌ. Ma il vero e proprio apprendistato ebbe luogonella bottega del Perugino, dove ebbe modo di riscoprire, attraverso le raffinate variazioni del maestro, la rigorosa articolazione spaziale e il monumentale ordine compositivo.
Raffaello intervenรฌ negli affreschi del Collegio del Cambio a Perugia: la sua pittura รจ riconoscibile dove le masse di colore assumono quasi un valore plastico. ร proprio in questo contesto che Raffaello vide per la prima volta leย grottesche, dipinte sul soffitto del Collegio, che entrarono in seguito nel suo repertorio iconografico.[2]
Nel 1499 un sedicenne Raffaello si trasferรฌ a Cittร di Castello, dove ricevette la sua prima commissione indipendente: loย Stendardo della Santissima Trinitร , commissionato da una confraternita locale che voleva offrire un’opera devozionale in segno di ringraziamento per la fine di una pestilenza – oggi conservato nella Pinacoteca Comunale di Cittร di Castello. Si tratta di una delle primissime opere attribuite all’artista, nonchรฉ l’unico dipinto dellโurbinate rimasto nella cittร tifernate. Lo stendardo raffigura nel recto la Trinitร con i santi Rocco e Sebastiano e nel verso la Creazione di Eva. Evidenti sono ancora i precetti dellโarte del Perugino, sia nel dolce paesaggio sia negli angeli simmetrici con nastri svolazzanti.
Sposalizio della Vergine. Olio su Tela, realizzata per la Chiesa di San Francesco a Cittร di Castello, ora conservata alla Pinacoteca di Brera
A Cittร di Castello l’artista lasciรฒ almeno altre due opere: laย Crocifissione Gavarie lo Sposalizio della Vergine per la chiesa di San Francesco. Nella prima รจ facile notare una piena assimilazione dei modi del Perugino, anche se sono evidenti i primi sviluppi verso uno stile proprio. Oggi รจ conservata alla National Gallery di Londra. La secondaย invece รจ una delle piรน celebri opere dell’artista, che chiude il periodo giovanile e segna l’inizio della fase della maturitร artistica. L’opera s’ispira alla pala analoga realizzata dal Perugino per il Duomo di Perugia, ma il confronto tra i due dipinti rivela profonde e significative differenze. Entrando nella piccola ma deliziosa chiesa di San Francesco, accanto alla cappella Vitelli costruita nella metร del 1500 su disegno di Giorgio Vasari, รจ presente l’altare di San Giuseppe, che custodisce una copia dello Sposalizio della Vergine, poichรฉ l’originale, rubata dalle truppe napoleoniche nel 1798, รจ conservata nella Pinacoteca di Brera.
Le opere realizzate a Perugia
Intanto la fama dell’artista iniziรฒ ben presto a diffondersi in tutta l’Umbria; giunse cosรฌ nel capoluogo umbro: Perugia. In cittร gli venne commissionata la Pala Colonna, per la chiesa delle monache di Sant’Antonio e nel 1502-1503 la Pala degli Oddi, commissionata dalla famosa famiglia perugina per la chiesa di San Francesco al Prato. Nel 1503 l’artista intraprese molti viaggi che lo introdussero nelle piรน importanti cittร italiane quali Firenze, Roma e Siena. Ma le commissioni dall’Umbria non tardarono ad arrivare: nel 1504 venne commissionata la Madonna con il Bambino e i santi Giovanni Battista e Nicola, definita Pala Ansidei.
Nello stesso anno firmรฒ a Perugia l’affresco con laย Trinitร e Santi per la chiesa del monastero di San Severo, che anni dopo Perugino completรฒ nella fascia inferiore. Opera di cruciale importanza fu la Pala Baglioni(1507) commissionata da Atalanta Baglioni per commemorale i fatti di sangue che portarono alla morte di Grifonetto, suo figlio. L’opera fu realizzata per la chiesa di San Francesco al Prato a Perugia. Nella pala l’urbinate rappresentรฒ l’indescrivibile dolore di una madre per la perdita del figlio e il vitale slancio di turbamento, attraverso una composizione monumentale, equilibrata e studiata nei minimi dettagli.
Trinitร e Santi. Affresco. Cappella di San Severo, Perugia
Raffaello divenne il pittore di riferimento per le piรน grandi e importanti famiglie perugine come i degli Oddi, gli Ansidei e i Baglioni, affermandosi come un grande artista di rilievo; nel contratto della sua opera, lโIncoronazione della Vergine, per la chiesa delle monache di Monteluce, venne citato come il miglior maestro presente in cittร . Raffaello morรฌ il 6 aprile del 1520 di febbre ,provocata, come precisa Vasari, ยซda eccessi amorosiยป. Questo anno ricorre il cinquecentesimoย anniversario dalla morte. Raffaello fu al vertice della stagione artistica del Rinascimento, portando la sua pittura ai massimi livelli di bellezza e armonia. Giovanni Paolo Lomazzo scrisse: ยซRaffaello aveva nel volto quella dolcezza e quella bellezza dei tratti che tradizionalmente si attribuiscono a nostro Signoreยป.
Visse la sua vita con grande impegno e continuitร , donando alle generazioni future il suo incredibile talento e la sua preziosa arte, tanto da meritarsi giร in vita lโappellativo di divino.
Tresa, Rio Maggiore, Moiano e Maranzano sono i quattro affluenti dell’Anguillara, l’immissario artificiale del lago Trasimeno costruito nel 1958 nel territorio prospiciente la parte sud del Lago, progettato sia per immettere acqua nel Trasimeno in crisi idrica sia per regolare le portate verso l’esondante lago di Chiusi.
Il canale dell’Anguillara fa parte di un sistema idrografico che collega il Trasimeno a quattro torrenti (Tresa, Rio Maggiore, Moiano e Maranzano) che, seppur scorrendo in gran parte in Umbria, appartengono a loro volta al bacino idrografico del toscano e confinante lago di Chiusi.
L’intero apparato idraulico presenta un sistema complesso, formato da chiuse con paratoie metalliche, un laghetto di raccolta acque, ponti, caselli idraulici, sifoni e canali derivatori, regolando cosรฌ l’afflusso dei quattro adduttori verso l’Anguillara e, in relazione alla situazione idrologica, le loro acque possono essere deviate verso il Trasimeno (tramite l’Anguillara) o verso il lago di Chiusi (tramite l’immissario Tresa che รจ alimentato a sua volta dai suoi tre affluenti sopracitati). L’intercettazione delle acque dei quattro torrenti a favore dell’Anguillara avviene prima che il Rio Maggiore, il Moiano e il Maranzano affluiscano nel Tresa, immissario del lago di Chiusi.
I torrenti Pescia e Paganico sono rimasti gli unici immissari naturali del Trasimeno, dopo che Papa Sisto V, nella seconda metร del XVI secolo, fece deviare il Tresa e il Rio Maggiore verso il lago di Chiusi, cercando cosรฌ di ridurre i continui allagamenti spondali del Trasimeno causati dall’eccessiva escursione del livello dell’acqua durante i periodi piovosi.
Lo zero idrico del Trasimeno
Intorno al 1960 il Tresa e il Rio Maggiore vennero ricollegati al bacino lacuale umbro tramite l’Anguillara, questa volta per scarsitร d’acqua e rischio di impaludamento del Trasimeno. Nel medesimo periodo e per lo stesso motivo entrarono a far parte dell’attuale sistema idrografico, tramite opere idrauliche dโintercettazione e derivazione, anche il Moiano e il Maranzano. Attualmente, a fronte dell’incessanti esigenze idriche del Trasimeno, l’adduzione dell’Anguillara, seppur importante, risulta spesso insufficiente ad appagare il bisogno d’acqua del lago piรน antico d’Italia.
Infatti, lo zero idrometrico del Trasimeno, tranne per un recente e brevissimo periodo, รจ sempre risultato un obiettivo quasi utopistico, portando con sรฉ una serie di problematiche a cui ancora oggi si sta cercando una soluzione, specie per un bacino che presenta un ecosistema delicatissimo e un precario equilibrio ecologico.
Il Trasimeno รจ da sempre una culla di civiltร , dove cultura, tradizioni, arte, storia e natura, si esaltano e si mostrano in tutta la loro bellezza ai visitatori del vecchio e attrattivo lago etrusco Tarsminass che, anche fosse solo per questo, andrebbe maggiormente protetto e preservato… ma questa รจ un’altra storia. Al contempo, sulla costa orientale del Trasimeno, nei pressi del panoramico borgo di San Savino di Magione, c’รจ il canale emissario, regolatore delle acque lacustri in uscita… e questa anche รจ un’altra storia.
In un momento delicato come quello che stiamo vivendo, al pari di ogni altra situazione di crisi imprevista e drammatica, il senso civico รจ spesso uno dei primi pilastri a traballare, minacciato da paura, egoismo, dalla piรน negativa e distruttiva accezione di spirito di autoconservazione.
Non รจ cosรฌ per gli organizzatori del progetto Donna Vede Donna, pronti a ricordarci che รจ proprio la solidarietร la chiave per restare uniti e per contribuire, ognuno secondo le proprie possibilitร , a fronteggiare una calamitร come il Covid19 per cui ancora non abbiamo che armi spuntate. La lodevole iniziativa, partita dagli organizzatori Marco Pareti e Stefano Fasi, ha giร devoluto la prima somma raccolta in favore del reparto di terapia intensiva dellโospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia, cosicchรฉ si possano integrare tutte quelle tecnologie e dispositivi medici necessari allโassistenza dei pazienti affetti da Coronavirus.
Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia
La comunitร non si รจ certo tirata indietro di fronte alla possibilitร di aiutare non soltanto i malati, ma anche i medici, gli infermieri, i ricercatori e gli operatori ospedalieri che tutti i giorni affrontano il virus in prima linea. Gli organizzatori, nel ringraziare tutti coloro che hanno dato il proprio contributo – in particolare i giovani come Filippo Fasi, Diego Ciangottini e il gruppo sportivo di calcio a 5 e a 7 di Pieve di Campo โ confermano che la raccolta donazioni continua e aggiungono ยซAbbiamo bisogno di tutti e dobbiamo rimanere uniti per sconfiggere questo terribile nemico invisibile. Ogni piccolo contributo potrebbe fare la differenza nell’aiutare ad aiutareยป.
E allora, basta solo cliccare GoFundMe e lasciare il proprio contributo. Nella stessa pagina potrete anche leggere i ringraziamenti pervenuti dallโAzienda Ospedaliera di Perugia a questo encomiabile progetto che, nato da una mostra fotografica internazionale e itinerante affiancata da versi come da specifici incontri incentrati su tematiche riguardanti lโuniverso femminile, sta facendo di tutto per aiutare il prossimo e preservare quel senso civico che sempre ci ha contraddistinto come esseri umani.
E se il poverello di Assisi fosse stato un estimatore del buon cibo? E se, tra le tante pietanze, fosse stato goloso dei dolci? Lโipotesi non รจ cosรฌ remota, come ci dimostrano diverse fonti documentarie. Ma ciรฒ che dovremmo davvero chiederci รจ: possiamo biasimarlo?
San Francesco
Se รจ vero che molti dettagli del passato continuano a sfuggirci, รจ pur giusto riconoscere lโimpegno di molti autori nel cercare di ricostruire alcuni aspetti che possano approfondire la Storia ufficiale, come gli studi sul clima o sulle abitudini alimentari dei nostri predecessori. Apparentemente di secondaria importanza, questo tipo di scoperte stanno gettando luce sui molti punti dโombra che sospendono la linea del tempo, permettendo di guardare alle piรน grandi personalitร del passato in maniera meno distaccata e con meno soggezione, accettando le loro idiosincrasie e debolezze di esseri umani.
Secondo le fonti agiografiche, nemmeno San Francesco, il santissimo poverello di Assisi, puรฒ esimersi da questo discorso. Sembra infatti che fosse un estimatore โ pacato e moderato, certo โ del buon cibo, in particolare dei dolci.
Un certo pasto, fatto di mandorle, zucchero, miele e altri ingredienti
Lโaura di santitร , coadiuvata dai principi della Regola francescana, rende piuttosto difficile credere che San Francesco sia stato anche solo umano, figuriamoci immaginarlo mentre si gusta dei manicaretti alle mandorle, zucchero e miele.
Tra le diverse lettere attribuite al Santo, perรฒ, ne spicca una rivolta a una certa madonna Jacopa (o Giacomina, o Giacoma) detta dei Sette Sogli (Jacoba de septem Soliis). Come ci riporta il Trattato dei Miracoli di Tommaso da Celano (portato a termine nel 1252-1253, anche se poi scomparso fino al 1899) la donna ยซera ammirata per lโillustre casato, per la nobiltร della famiglia, per le ampie ricchezze, per la meravigliosa perfezione delle sue virtรน e per la castitร vedovileยป[1]: insomma, non era strano che Francesco, a cui era legata anche da una profonda amicizia, chiedesse di lei prima del sopraggiungere della fine.
Ma la richiesta che il frate assisano dettรฒ nella missiva rivolta a Jacopa, vi sorprenderร – come dโaltronde sorprese i fratelli che lo stavano vegliando presso Santa Maria degli Angeli. La donna avrebbe dovuto arrecare un panno di colore cinerino per coprire il corpo morente del frate, una sindone per il volto, un cuscino per il capo e uncerto piatto che molte volte gli aveva offerto durante i soggiorni a Roma: il mortariolum, un trito di mandorle, zucchero, miele e altri gustosi ingredienti[2].
La storia vuole che Jacopa sia giunta dal moribondo Francesco con tutto quello che questi aveva richiesto senzaperรฒ aver mai ricevuto la lettera: รจ qui che sta il prodigio ed รจ qui che tutte le fonti che ne parlano concordano โ non solo il sopracitato Trattato dei Miracoli, ma anche le Considerazioni sulle Stimmate[3], cioรจ la raccolta dei Fioretti del Santo, e Specchio di Perfezione[4], una compilazione della vita di Francesco datata 1318. Grazie a questโultima, sappiamo che Francesco, ormai privo di forze, di questo mortariolum riuscรฌ a mangiarne ben poco.
Ma che cosโera questo dolce per il quale Francesco stravedeva?
Franco Cardini, ne Lโappetito dellโimperatore[5], cerca di ricostruirne lโetimo, sebbene tale percorso a ritroso sia piuttosto incerto: mortariolum, esattamente come in mortadella o nel francese mortier, indicherebbe un cibo i cui ingredienti vengono a lungo pestati e amalgamati col mortaio. Nei documenti sopracitati, mortariolum diventa mostacciolo, un biscotto secco presente in diverse regioni dโItalia ma che, in Umbria, accompagna tradizionalmente le celebrazioni dedicate ai morti.
Madonna Jacopa
Bisogna perรฒ considerare due dettagli importanti: il primo รจ che la preparazione nostrana trae il proprio nome non tanto dal mortaio, quanto dal mosto di vino bianco che ne bagna lโimpasto di farina e semi di anice. Il secondo riguarda invece madonna Jacopa, la donna a cui Francesco fa lโinsolita richiesta, che appartiene a una nobile famiglia romana: รจ piรน probabile, quindi, che quelli richiesti da Francesco siano gli antenati di quei biscotti a base di farina, frutta secca, pepe, cannella, miele e albumi che tuttora si preparano nella Capitale.
Nella sua ricostruzione romanzata, Cardini immagina invece che i dolcetti tanto agognati da Francesco siano simili ai ricciarelli senesi, frutto di un impasto in cui spicca un trito di mandorle, zucchero semolato e altri ingredienti.
Se il lettore ci accordasse una licenza, ci piacerebbe perรฒ pensare โ prendendo anche spunto dal titolo dellโepisodio narrato da Cardini, Profumo dโaranci โ che il Santo assisano, al giungere di Jacopa, si sia inebriato dellโodore di quella buccia dโarancia tagliata a dadini che arricchisce โ assieme a uvetta, olio dโoliva e lievito – unโaltra versione della ricetta dei mostaccioli, quei biscotti che tanto deliziano le tavole umbre nel periodo invernale.
[1] Cfr. http://www.santuariodelibera.it/FontiFrancescane/framemiracoli.htmโ [2]ยซDe illa commestione, quam pluries fecit michi, cum fui apud Urbemโฆ Illa autem comestionem vocant Romani mortariolum, que fit de amigdalis et zucaro vel mellea et aliis rebusยป. Compilatio Assisiensis vol. 8, a cura di E. Menestรฒ, in Fontes Franciscani, Assisi, 1995.โ [3] Cfr. http://www.sanpiodapietrelcina.org/stimmatesanfrancesco.htmโ [4]http://www.ofs-monza.it/files/specchiodiperfezione.pdfโ [5] Lโappetito dellโimperatore, F. Cardini, Mondadori, Milano, 2014. Il libro si inquadra nella fiction storica in quanto, partendo da fatti storici, lโautore aggiunge elementi verosimili e storicamente plausibili che perรฒ non hanno evidenze documentarie. Nel caso di Profumo dโaranci, il racconto dedicato a San Francesco, Cardini parte dallโincontro โ plausibile, ma non attestato dalle fonti โ tra il Cardinale Ugolino dโOstia ed Elia da Cortona, scossi dalla morte del frate assisano come della richiesta che questโultimo aveva fatto in punto di morte.โ
Terzo posto, nella categoria Associazioni, per Argo – associazione culturale nata alla fine del 2007 โ nel concorso “Turismo slow: raccontare per promuovere lโUmbria. Economia e cultura, il futuro รจ digitale” per il progetto “TV di comunitร 2019”, indetto da CO.RE.COM Umbria.
Il bando richiedeva contenuti audiovisivi che si focalizzassero sulle bellezze che ospita il territorio umbro. Al tempo stesso perรฒ i video dovevano veicolare il concetto di turismo slow, una forma di turismo che mira a unโesperienza turistica totalizzante, che presupponga piรน profonde interazioni con il territorio visitato e i suoi abitanti, senza limitarsi a visite passive e circoscritte alle sole principali attrazioni di quel determinato luogo. Sono stati sedici i video e sei i podcast narrativi per promuovere il turismo lento in Umbria tra i giovani, presentati dalle emittenti televisive, radiofoniche e associazioni.
Due i video vincitori presentati da Argo,ย Un fantasma a Perugia e 2135: edizione straordinaria. Due cortometraggi dal sapore agrodolce, che mettono in luce l’uno la velocitร con la quale si vive oggi, incuranti del bello che si ha intorno, e l’altro un pianeta distrutto e popolato solo da uomini-animali, in un lontano 2135.
Un fantasma a Perugia
Un fantasma buono si aggira per le vie di Perugia. Spazza i vicoli quasi danzando, pulisce le giacche di chi sorseggia con gusto un caffรจ al bar, raccoglie le sporcizie dei turisti troppo fast e troppo poco attenti a godere della bellezza che hanno intorno. Il video รจ stato realizzato con la collaborazione del noto regista cinematografico Daniele Ciprรฌ.
2135: edizione straordinaria
Marsciano, Pianeta Terra, 2135. Gli esseri umani sono per metร animali a causa di mutazioni genetiche provocate dalle nefandezze dell’uomo e ricordano con ironia e amarezza i tempi che furono. Il video รจ stato realizzato dal regista Stefano Domenichetti Carlini.
Tre monumenti che raccontano la storia dell’Umbria, artisti che hanno lasciato il segno e una loro opera da ammirare.
Perugia
Perugia era in festa. Il tricolore sventolava ovunque. Viva lโItalia, viva Vittorio Emanuele II. In realtร i perugini facevano festa perchรฉ era stato spazzato via lโopprimente e asfissiante Stato Pontificio, che per 400 anni aveva dominato sulla cittร . Lโavvenimento andava celebrato, allora i perugini pensarono che la cosa migliore sarebbe stata quella di dedicare una statua equestre al padre della Patria, cioรจ Vittorio Emanuele II โ primo re dโItalia. Il delicato incarico fu affidato allo scultore Giulio Tadolini, nipote di quellโAdamo Tadolini che era stato lโallievo prediletto di Canova. Lo studio di Tadolini รจ diventato da qualche anno un simpatico caffรจ a Via del Babbuino a Roma dove il contratto di affitto tra Antonio Canova e Adamo Tadolini รจ in bella vista e i tavolini si mescolano alla gipsoteca. Sorprendentemente, entrando nel caffรจ, ci si trova sovrastati dalla statua del re a cavallo. ร il gesso definitivo dellโopera di Perugia.
Lo scultore ha eseguito lโopera nei modi e nelle forme tipiche della fine dellโOttocento che celebravano il mito di un re elegante e snello, mentre in realtร era piccoletto e grasso. Il monumento รจ stato messo al centro della piazza dal nome piรน ovvio: piazza Italia. Adesso giace in mezzo ai giardini ignorato da tutti. Un padre dimenticato.
Statua dedicata a Vittorio Emanuele II a Perugia
Terni
ยซLโacciaio e la ghisa sono il futuroยป dicevano nel 1886. Un futuro di ponti e stazioni, con la Tour Eiffel come simbolo. Tutti parlavano di pace, tutti si armavano e i Krupp si arricchivano. LโItalia aveva molte guerre da combattere quindi si doveva armare. Cโera urgenza di fare navi corazzate e armi da Marina. Il luogo ideale per installare lโindustria di guerra e quindi le fonderie del ferro, doveva essere lontano dai confini e dalle coste.
Il Grande Maglio di Terni
La scelta รจ caduta su Terni, la cittร dโItalia piรน lontana dai confini. Le Alpi sono a 500 km, il mare รจ lontano sia a destra sia a sinistra. Quindi, nel 1886, era un luogo al riparo dalle invasioni, dai cannoneggiamenti dal mare e abbastanza vicino a Roma per difenderla. Gli aerei erano di lร da venire.
E allora via con le fonderie, le piรน moderne ed efficienti del momento. Le fonderie di Terni sono il fiore allโocchiello dellโindustria di settore. Cโรจ bisogno di uomini, venite gente venite! A migliaia lasciano la campagna per andare a lavorare in fabbrica. Terni passa rapidamente da 10.000 a 25.000 abitanti. In acciaieria il lavoro perรฒ รจ durissimo. Si passa dalla temperatura altissima degli altiforni a quella gelida dei laminatoi. Si sprigionano vapori e fumi. Poi cโรจ il rumore possente del grande maglio. Il maglio รจ un enorme martello che appiattisce un lingotto di acciaio da 1000 tonnellate fino a spianarlo in lamina sottile. Quando il grande maglio scendeva, vibrava tutta la zona, il rumore risaliva anche le colline. Quel mostro da 500 tonnellate era venerato come un dio. Per lui avevano costruito un elegante padiglione a cupola, grande quanto il Pantheon, con una base speciale che poteva resistere ai colpi senza sprofondare. Si cercava lโeleganza anche nellโindustria pesante. Poi รจ finito tutto. ร rimasto solo un maglio, piccolino, che lavorava a fianco del grande collega e i ternani, per ricordare quel periodo entusiasmante, lo hanno conservato e collocato in cittร , dove lo vedono i cittadini e i viaggiatori di passaggio.
Chi arriva in treno, uscendo dalla stazione se lo trova davanti verde, giallo e grigio. Adesso non fa piรน impressione, il terreno non vibra, il maglio sta lรฌ fermo in mezzo alla piazza e pochi sanno cosa ha rappresentato quella montagna di ferro.
Teodelapio di Spoleto
Spoleto
Dallโarcheologia industriale passiamo allโultramoderno che guarda al passato, ma sempre davanti alla stazione. La statua ha un nome particolare, si chiama Teodelapio. ร un insieme di lastre dโacciaio e di ferro verniciato di nero e si ispira ai duchi longobardi che hanno dominato Spoleto per secoli e, in particolare, proprio al duca Teodelapio. Lโartefice รจ stato Calder, lโartista americano della leggerezza, lโartista dei mobile – le sculture in movimento – quelle che, con soffio leggero, girano su sรฉ stesse. Questa volta non รจ la scultura a muoversi, ma il mondo che ha attorno. Si muovono i treni, si muovono le macchine, si muovono le persone, si agitano gli alberi, si muove il pensiero che segue a ritroso la storia. La scultura sembra un grande cavallo con freccia, ma rappresenta un cavallo longobardo con la corona irta di punte come quella che indossava Teodelapio. Calder ebbe lโincarico di creare una scultura per Spoleto nel 1962, quando il Festivalera agli inizi e Giancarlo Menotti riuniva attorno a sรฉ il meglio della cultura mondiale e lavorare per Spoleto era un privilegio. La scultura รจ stata realizzata con lastre dโacciaio per scafi che purtroppo non provenivano dalle acciaierie di Terni, ormai fuori gioco, bensรฌ dallโItalsider di Savona. Tutto passa e tutto si trasforma.
Combattere lโinfluenza รจ possibile: lo dice anche la scienza, suggerendo, come alleata, la dieta mediterranea, baluardo di unโalimentazione varia, equilibrata e rispettosa della stagionalitร .
Composta principalmente da frutta, verdura, legumi, cereali integrali, noci, pesce, olio dโoliva e basso contenuto di carne rossa, dolci e latticini, la MedDietรจ stata recentemente oggetto di uno studio, pubblicato dal Journal of Nutritional Biochemistry, che individua il ruolo fondamentale dei microrganismi intestinali nella salute del sistema immunitario, concludendo che proprio tale dieta sia in grado di aumentare e mantenere la loro capacitร antinfiammatoria.
Olio, alimento medicinale
Recenti studi scientifici hanno inoltre dimostrato che varie fonti alimentari di origine naturale siano in grado di rafforzare le capacitร del sistema immunitario, schierato in prima linea contro le infezioni e le malattie infettive causate da virus e batteri; tra queste spicca lโolioextravergine dโoliva o EVO, elemento principale della dieta mediterranea, i cui composti fenolici dalle proprietร antinfiammatorie, antimicrobiche, antibatteriche e antivirali, gli hanno valso lโappellativo di super food. Un alimento fondamentale per lโuomo, al punto che la Food and Drug Administration, lโagenzia statunitense che si occupa dei controlli dei farmaci e degli alimenti, lo ha promosso di grado, dichiarando alimento medicinale esattamente 6 diverse cultivar dโolivo, ben 4 italiane – Coratina, Ogliarola, Maurino e Moraiolo.
Un risultato davvero straordinario per il nostro Paese – che conta piรน di 500 cultivar sulle 2.000 mondiali – ma anche per lโUmbria che, dopo il riconoscimento della FAO, guarda con orgoglio al Moraiolo, la sua cultivar prevalente, specie laddove varietร ed escursione termica rendono lโEVO DOP ricco di sostanze fenoliche. UnโUmbria, che negli anni, ha saputo impiegare al meglio le sue capacitร , intensificando lโagricoltura biologica (cereali, leguminose, vite e olivo) e quella biodinamica, che vieta lโuso di sostanze chimiche, fa attenzione ai fertilizzanti, e recupera le tradizioni delle fasi lunari e del miglioramento biochimico e biologico del suolo. Ma la grande conquista che nel Centro Italia vede primeggiare proprio lโUmbria รจ la tecnica di spremitura a freddo: un procedimento di estrazione dellโolio che lavora a temperature inferiori ai 27ยฐC, garantendo qualitร superiore, aroma intensificato e conservazione migliore, esaltando le caratteristiche organolettiche dellโolio e dellโolivo. Come del Moraiolo: tenace, amante dellโaltitudine, capace di resistere tanto al freddo e al terreno di breccia calcarea, quanto allโaggressivitร di virus e batteri!
Un sentito addio al professor Valerio Di Carlo, presidente della Fondazione Loreti, con la quale โ in passato – abbiamo collaborato nel progetto โFoodyland, la cittadella del ciboโ. Grande affetto e profonda stima ci legava al professore e lui stesso apprezzava il nostro lavoro e la rivista AboutUmbria Collection, che collezionava con passione.
Si รจ spento ieri sera allโetร di 81 anni nellโospedale San Raffaele di Milano il prof. Valerio Di Carlo: il coronavirus (Covid-19), aggiunto a patologie concomitanti pregresse, non gli ha lasciato scampo. Unโimmensa perdita per la Fondazione Loreti e per tutti i suoi collaboratori. Tante in queste ore le dimostrazioni di affetto e di stima pubblicate sui social network e sul suo profilo Facebook, tanti i riconoscimenti verso la persona e il medico che รจ riuscito ad essere per i suoi pazienti e per i suoi allievi, unico e insostituibile.
Professor Valerio Di Carlo
La Fondazione e i tanti progetti
Intitolata al dottor Giulio Loreti, la Fondazione nata nel 2000 si prodiga e offre assistenza medica gratuita a chiunque non sia in grado di sostenere i costi per visite specialistiche o strumentali, progetta e realizza iniziative sociosanitarie, di prevenzione ed educazione alla salute. Con una grande carriera medica e specialistica alle spalle come lโaver fondato il reparto di chirurgia allโospedale San Raffaele di Milano, nella cui Universitร Vita-Salute era Professore Emerito in chirurgia generale, nel 2011 il prof. Di Carlo era stato nominato dal fratello di Giulio, Sandro Loreti, Presidente della Fondazione impegnandosi in prima linea nel portare avanti progetti di alto valore, due a cui teneva particolarmente dedicati alla prevenzione dellโobesitร e del diabete di tipo 2.
I progetti avviati sotto la sua presidenza sono vari e tutti hanno una connotazione comune: prendersi cura della persona oltrechรฉ del paziente. Ricordiamo a tal proposito lโorganizzazione di convegni scientifici; di eventi sullโeducazione alimentare (Foodylandla cittadella del cibo); lโinserimento lavorativo di utenti provenienti dal Ceis di Spoleto; il Progetto Case autonome i cuiย beneficiari sono utenti del Centro di Salute Mentale di Spoleto;ย i Cineforum tematici presso la Fondazione;ย il progetto di promozione della lettura denominato Crossing Book Process con lโinstallazione di due biblioteche, una presso la Fondazione e una nella piazza principale del Comune di Campello sul Clitunno; il progetto intergenerazionale per contrastare la solitudine degli anziani denominato Diamoci una mano; e lโultimo progetto a cui ha lavorato e che รจ in fase di attuazione, dedicato alla prevenzione precoce del tumore della mammella.
Autore di oltre 400 pubblicazioni, aprendo la strada della chirurgia a piรน ampi orizzonti ha concentrato parte della sua attivitร scientifica sul trapianto di rene, di pancreas e sulle isole pancreatiche nei pazienti diabetici; ciรฒ gli valse nel 1998 dallโallora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro il conferimento del titolo di Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica. Inoltre, รจ stato proprio grazie al prof. Di Carlo che per questo tipo di patologie oggi lโIstituto Scientifico San Raffaele รจ considerato un centro di eccellenza e di riferimento in Italia ed in Europa.
Tradusse la sua umanitร e generositร verso il prossimo nel libro Lโanima del medico dove impartรฌ lโinsegnamento piรน importante che va oltre la scienza e la tecnica: saper guardare oltre, amare.
Nonostante la stanchezza degli ultimi anni ai pazienti oncologici non ha mai sottratto la presenza, ma anzi fino allโultimo si รจ preso cura di loro offrendo consulenze e speranza.
Non potendo celebrare il funerale, secondo le disposizioni del decreto 8 marzo 2020 e successive integrazioni, la Fondazione auspica di poter celebrare una commemorazione in un futuro prossimo per poter accogliere il dolore ed elaborarlo, un sentimento che รจ ora accentuato dallo stato di vulnerabilitร a cui lโemergenza sanitaria in atto ci sottopone.
A Irkutsk, capitale della Russia siberiana, ha avuto luogo il Forum Internazionale per la conservazione dell’architettura di legno, La cittร vecchia nel mondo nuovo. Ha partecipato all’evento, come apprezzato relatore, il professor Emidio De Albentiis, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Perugia.
Dal nome quasi impronunciabile, per chi non ha confidenza con la lingua russa, Irkutsk รจ una cittร della Russia siberiana con circa seicentomila abitanti, a oltre 5.000 km da Mosca e a poca distanza dal suggestivo lago Bajkal. Fondata a metร del XVII secolo, negli anni ha avuto un notevole sviluppo urbanistico.
Nella capitale siberiana, dove le temperature invernali vanno ben oltre i venti gradi sottozero, le case venivano costruite in legno ed erano talmente graziose che Irkutsk venne definita la Parigi della Siberia.
Edifici lignei di Irkutsk
Oggi, molti di questi edifici lignei sono in pericolo di scomparsa. A tal proposito, il 25 e 26 ottobre 2019 รจ stato organizzato a Irkutsk un Forum Internazionale denominato La cittร vecchia nel nuovo mondo per la conservazione e il recupero in ambiente urbano dell’architettura di legno e per ottimizzare il supporto delle istituzioni, affinchรฉ si tuteli al meglio lo storico patrimonio ligneo che altrimenti rischierebbe di andare perduto.
L’evento รจ stato organizzato dalla fondazione di beneficenza L’ereditร dei mecenati di Irkutsk, con il patrocinio della Fondazione del Presidente della Federazione Russa, della Camera Civica della Federazione Russa e della Camera Civica di Irkutsk.
Importante relatore della manifestazione il professor Emidio De Albentiis, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Perugia. Il suo atteso e sperato intervento รจ stato possibile tramite i buoni uffici tra Marina Sereda di Ars Cultura – nonchรฉ guida turistica russa in Italia – e Marina Levada, della sopra menzionata fondazione siberiana.
Emidio De Albentiis e di Marina Levada
Il loro partenariato รจ nato in occasione della mostra fotografica Finestre di Irkutsk – Porte di Venezia ospitata, qualche tempo fa, nella cittadina umbra di Deruta e in questi giorni esposta a Irkutsk.
Come esperto internazionale, il professor Emidio De Albentiis ha partecipato con la relazione: Le figure chiave nella storia della ricostruzione europea. La conservazione delle strutture in legno nell’area del vulcano Vesuvio. La conservazione dell’architettura in legno, incluse le sculture del medioevo fino ai giorni nostri.
Al direttore Emidio De Albentiis, auspichiamo che questo progetto, come significativo scambio culturale internazionale, possa trovare sponda abituale presso l’Accademia di Belle Arti di Perugia.