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Ingredienti per una torta

  • 500 g di farina
  • 5 uova
  • 200 g di formaggio misto, possibilmente pecorino e romanesco, di cui metร  grattugiato e metร  a pezzetti
  • 50 g di strutto
  • 50 g di olio extravergine dโ€™oliva
  • 60 g di lievito di birra
  • 7-8 grani di pepe
  • Sale
  • Olio o strutto per ungere la tortiera

 

 

Procedimento

Ponete i grani di pepe in un pentolino assieme a un poโ€™ dโ€™acqua e fate bollire per un quarto dโ€™ora, quindi lasciate raffreddare e filtrate. Lavorate assieme la farina, le uova, lo strutto, lโ€™olio, i formaggi, lโ€™acqua aromatizzata al pepe, un bel pizzico di sale e il lievito, sciolto in poca acqua tiepida. Ungete una tortiera alta, con la base piรน stretta della parte superiore e riempitela a metร  con lโ€™impasto. Fate lievitare fino a quando la torta non avrร  raggiunto i bordi della tortiera (sarร  necessaria all’incirca unโ€™ora โ€“ unโ€™ora e mezza) quindi infornate a 160ยฐ circa. Fate cuocere per circa unโ€™ora, alzando a 180ยฐ verso fine cottura. Sfornate e lasciate raffreddare prima di gustare la torta, che si conserva per molti giorni.

 

 

Questa versione della torta di Pasqua con il formaggio, pur essendo moderna perchรฉ prevede la cottura nel forno, rispetta negli ingredienti e nella forma la torta tradizionale. La devo alla signora Carla Onoriniย di Magione, che tra lโ€™altro, invece di mettere il pepe in grani previsto dalla ricetta originale e non a tutti gradito, aromatizzava la torta con acqua bollita al pepe. La torta โ€“ pizza nellโ€™Umbria del sud, crescia a Gubbio โ€“ con il formaggio, oggi si trova tutto lโ€™anno nelle panetterie, ma un tempo compariva sulle mense degli umbri solo nel periodo pasquale e anche il 6 gennaio, giorno di Pasqua Epifania, che per la tradizione popolare รจ la prima Pasqua dellโ€™anno.

 


Per gentile concessione di Calzetti&Mariucci editore.

L’Umbria conserva e custodisce la memoria della straordinaria vicenda artistica di Raffaello; in tutta la regione infatti, il maestro urbinate ha lasciato tracce, dirette o indirette, della sua arte.

Stendardo. Recto, La Crocifissione. Olio su Tela. Pinacoteca Comunale di Cittร  di Castello

Fu un pittore e un architetto tra i piรน celebri del Rinascimento. Considerato uno dei piรน grandi artisti di ogni tempo, le sue opere segnarono un tracciato imprescindibile per tutti i pittori successivi, tanto che fu di vitale importanza per lo sviluppo del linguaggio artistico dei secoli a venire. Raffaello nacque a Urbino ยซl’anno 1483, in venerdรฌ santo, alle tre di notte, da un tale Giovanni deโ€™ Santi, pittore non meno eccellente, ma sรฌ bene uomo di buono ingegno, e atto a indirizzare i figli per quella buona via, che a lui, per mala fortuna sua, non era stata mostrata nella sua bellissima gioventรนยป.[1] Una seconda versione identifica il giorno di nascita dellโ€™artista il 6 aprile.

A scuola dal Perugino

La cittร  di Urbino fu determinante per la formazione del giovane: Raffaello infatti, fin da giovanissimo, aveva accesso alle sale di Palazzo Ducale, e potรฉ ammirare le opere diย Piero della Francesca, Francesco di Giorgio Martini e Melozzo da Forlรฌ. Ma il vero e proprio apprendistato ebbe luogo nella bottega del Perugino, dove ebbe modo di riscoprire, attraverso le raffinate variazioni del maestro, la rigorosa articolazione spaziale e il monumentale ordine compositivo.
Raffaello intervenรฌ negli affreschi del Collegio del Cambio a Perugia: la sua pittura รจ riconoscibile dove le masse di colore assumono quasi un valore plastico. รˆ proprio in questo contesto che Raffaello vide per la prima volta leย grottesche, dipinte sul soffitto del Collegio, che entrarono in seguito nel suo repertorio iconografico.[2]
Nel 1499 un sedicenne Raffaello si trasferรฌ a Cittร  di Castello, dove ricevette la sua prima commissione indipendente: loย Stendardo della Santissima Trinitร , commissionato da una confraternita locale che voleva offrire un’opera devozionale in segno di ringraziamento per la fine di una pestilenza – oggi conservato nella Pinacoteca Comunale di Cittร  di Castello. Si tratta di una delle primissime opere attribuite all’artista, nonchรฉ l’unico dipinto dellโ€™urbinate rimasto nella cittร  tifernate. Lo stendardo raffigura nel recto la Trinitร  con i santi Rocco e Sebastiano e nel verso la Creazione di Eva. Evidenti sono ancora i precetti dellโ€™arte del Perugino, sia nel dolce paesaggio sia negli angeli simmetrici con nastri svolazzanti.

 

Sposalizio della Vergine. Olio su Tela, realizzata per la Chiesa di San Francesco a Cittร  di Castello, ora conservata alla Pinacoteca di Brera

 

A Cittร  di Castello l’artista lasciรฒ almeno altre due opere: laย Crocifissione Gavari e lo Sposalizio della Vergine per la chiesa di San Francesco. Nella prima รจ facile notare una piena assimilazione dei modi del Perugino, anche se sono evidenti i primi sviluppi verso uno stile proprio. Oggi รจ conservata alla National Gallery di Londra. La secondaย  invece รจ una delle piรน celebri opere dell’artista, che chiude il periodo giovanile e segna l’inizio della fase della maturitร  artistica. L’opera s’ispira alla pala analoga realizzata dal Perugino per il Duomo di Perugia, ma il confronto tra i due dipinti rivela profonde e significative differenze. Entrando nella piccola ma deliziosa chiesa di San Francesco, accanto alla cappella Vitelli costruita nella metร  del 1500 su disegno di Giorgio Vasari, รจ presente l’altare di San Giuseppe, che custodisce una copia dello Sposalizio della Vergine, poichรฉ l’originale, rubata dalle truppe napoleoniche nel 1798, รจ conservata nella Pinacoteca di Brera.

Le opere realizzate a Perugia

Intanto la fama dell’artista iniziรฒ ben presto a diffondersi in tutta l’Umbria; giunse cosรฌ nel capoluogo umbro: Perugia. In cittร  gli venne commissionata la Pala Colonna, per la chiesa delle monache di Sant’Antonio e nel 1502-1503 la Pala degli Oddi, commissionata dalla famosa famiglia perugina per la chiesa di San Francesco al Prato. Nel 1503 l’artista intraprese molti viaggi che lo introdussero nelle piรน importanti cittร  italiane quali Firenze, Roma e Siena. Ma le commissioni dall’Umbria non tardarono ad arrivare: nel 1504 venne commissionata la Madonna con il Bambino e i santi Giovanni Battista e Nicola, definita Pala Ansidei.
Nello stesso anno firmรฒ a Perugia l’affresco con laย Trinitร  e Santi per la chiesa del monastero di San Severo, che anni dopo Perugino completรฒ nella fascia inferiore. Opera di cruciale importanza fu la Pala Baglioni (1507) commissionata da Atalanta Baglioni per commemorale i fatti di sangue che portarono alla morte di Grifonetto, suo figlio. L’opera fu realizzata per la chiesa di San Francesco al Prato a Perugia. Nella pala l’urbinate rappresentรฒ l’indescrivibile dolore di una madre per la perdita del figlio e il vitale slancio di turbamento, attraverso una composizione monumentale, equilibrata e studiata nei minimi dettagli.

Trinitร  e Santi. Affresco

Trinitร  e Santi. Affresco. Cappella di San Severo, Perugia

 

Raffaello divenne il pittore di riferimento per le piรน grandi e importanti famiglie perugine come i degli Oddi, gli Ansidei e i Baglioni, affermandosi come un grande artista di rilievo; nel contratto della sua opera, lโ€™Incoronazione della Vergine, per la chiesa delle monache di Monteluce, venne citato come il miglior maestro presente in cittร .
Raffaello morรฌ il 6 aprile del 1520 di febbre ,provocata, come precisa Vasari, ยซda eccessi amorosiยป. Questo anno ricorre il cinquecentesimoย anniversario dalla morte. Raffaello fu al vertice della stagione artistica del Rinascimento, portando la sua pittura ai massimi livelli di bellezza e armonia. Giovanni Paolo Lomazzo scrisse: ยซRaffaello aveva nel volto quella dolcezza e quella bellezza dei tratti che tradizionalmente si attribuiscono a nostro Signoreยป.
Visse la sua vita con grande impegno e continuitร , donando alle generazioni future il suo incredibile talento e la sua preziosa arte, tanto da meritarsi giร  in vita lโ€™appellativo di divino.

 


[1] Giorgio Vasari,ย Le vite de’ piรน eccellenti pittori, scultori e architetti,ย Vita di Raffaello da Urbino,ย Firenzeย 1568.โ‡‘
[2] Paolo Franzese,ย Raffaello, Mondadori Arte, Milano 2008, p. 13.โ‡‘

Tresa, Rio Maggiore, Moiano e Maranzano sono i quattro affluenti dell’Anguillara, l’immissario artificiale del lago Trasimeno costruito nel 1958 nel territorio prospiciente la parte sud del Lago, progettato sia per immettere acqua nel Trasimeno in crisi idrica sia per regolare le portate verso l’esondante lago di Chiusi.

Il canale dell’Anguillara fa parte di un sistema idrografico che collega il Trasimeno a quattro torrenti (Tresa, Rio Maggiore, Moiano e Maranzano) che, seppur scorrendo in gran parte in Umbria, appartengono a loro volta al bacino idrografico del toscano e confinante lago di Chiusi.

 

 

L’intero apparato idraulico presenta un sistema complesso, formato da chiuse con paratoie metalliche, un laghetto di raccolta acque, ponti, caselli idraulici, sifoni e canali derivatori, regolando cosรฌ l’afflusso dei quattro adduttori verso l’Anguillara e, in relazione alla situazione idrologica, le loro acque possono essere deviate verso il Trasimeno (tramite l’Anguillara) o verso il lago di Chiusi (tramite l’immissario Tresa che รจ alimentato a sua volta dai suoi tre affluenti sopracitati). L’intercettazione delle acque dei quattro torrenti a favore dell’Anguillara avviene prima che il Rio Maggiore, il Moiano e il Maranzano affluiscano nel Tresa, immissario del lago di Chiusi.
I torrenti Pescia e Paganico sono rimasti gli unici immissari naturali del Trasimeno, dopo che Papa Sisto V, nella seconda metร  del XVI secolo, fece deviare il Tresa e il Rio Maggiore verso il lago di Chiusi, cercando cosรฌ di ridurre i continui allagamenti spondali del Trasimeno causati dall’eccessiva escursione del livello dell’acqua durante i periodi piovosi.

 

affluenti_Trasimeno

Lo zero idrico del Trasimeno

Intorno al 1960 il Tresa e il Rio Maggiore vennero ricollegati al bacino lacuale umbro tramite l’Anguillara, questa volta per scarsitร  d’acqua e rischio di impaludamento del Trasimeno. Nel medesimo periodo e per lo stesso motivo entrarono a far parte dell’attuale sistema idrografico, tramite opere idrauliche dโ€™intercettazione e derivazione, anche il Moiano e il Maranzano. Attualmente, a fronte dell’incessanti esigenze idriche del Trasimeno, l’adduzione dell’Anguillara, seppur importante, risulta spesso insufficiente ad appagare il bisogno d’acqua del lago piรน antico d’Italia.
Infatti, lo zero idrometrico del Trasimeno, tranne per un recente e brevissimo periodo, รจ sempre risultato un obiettivo quasi utopistico, portando con sรฉ una serie di problematiche a cui ancora oggi si sta cercando una soluzione, specie per un bacino che presenta un ecosistema delicatissimo e un precario equilibrio ecologico.
Il Trasimeno รจ da sempre una culla di civiltร , dove cultura, tradizioni, arte, storia e natura, si esaltano e si mostrano in tutta la loro bellezza ai visitatori del vecchio e attrattivo lago etrusco Tarsminass che, anche fosse solo per questo, andrebbe maggiormente protetto e preservato… ma questa รจ un’altra storia. Al contempo, sulla costa orientale del Trasimeno, nei pressi del panoramico borgo di San Savino di Magione, c’รจ il canale emissario, regolatore delle acque lacustri in uscita… e questa anche รจ un’altra storia.

In un momento delicato come quello che stiamo vivendo, al pari di ogni altra situazione di crisi imprevista e drammatica, il senso civico รจ spesso uno dei primi pilastri a traballare, minacciato da paura, egoismo, dalla piรน negativa e distruttiva accezione di spirito di autoconservazione.

Non รจ cosรฌ per gli organizzatori del progetto Donna Vede Donna, pronti a ricordarci che รจ proprio la solidarietร  la chiave per restare uniti e per contribuire, ognuno secondo le proprie possibilitร , a fronteggiare una calamitร  come il Covid19 per cui ancora non abbiamo che armi spuntate. La lodevole iniziativa, partita dagli organizzatori Marco Pareti e Stefano Fasi, ha giร  devoluto la prima somma raccolta in favore del reparto di terapia intensiva dellโ€™ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia, cosicchรฉ si possano integrare tutte quelle tecnologie e dispositivi medici necessari allโ€™assistenza dei pazienti affetti da Coronavirus.

 

dellโ€™ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia

Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia

 

La comunitร  non si รจ certo tirata indietro di fronte alla possibilitร  di aiutare non soltanto i malati, ma anche i medici, gli infermieri, i ricercatori e gli operatori ospedalieri che tutti i giorni affrontano il virus in prima linea. Gli organizzatori, nel ringraziare tutti coloro che hanno dato il proprio contributo – in particolare i giovani come Filippo Fasi, Diego Ciangottini e il gruppo sportivo di calcio a 5 e a 7 di Pieve di Campo โ€“ confermano che la raccolta donazioni continua e aggiungono ยซAbbiamo bisogno di tutti e dobbiamo rimanere uniti per sconfiggere questo terribile nemico invisibile. Ogni piccolo contributo potrebbe fare la differenza nell’aiutare ad aiutareยป.

E allora, basta solo cliccare GoFundMe e lasciare il proprio contributo. Nella stessa pagina potrete anche leggere i ringraziamenti pervenuti dallโ€™Azienda Ospedaliera di Perugia a questo encomiabile progetto che, nato da una mostra fotografica internazionale e itinerante affiancata da versi come da specifici incontri incentrati su tematiche riguardanti lโ€™universo femminile, sta facendo di tutto per aiutare il prossimo e preservare quel senso civico che sempre ci ha contraddistinto come esseri umani.

E se il poverello di Assisi fosse stato un estimatore del buon cibo? E se, tra le tante pietanze, fosse stato goloso dei dolci? Lโ€™ipotesi non รจ cosรฌ remota, come ci dimostrano diverse fonti documentarie. Ma ciรฒ che dovremmo davvero chiederci รจ: possiamo biasimarlo?

affresco di San Francesco

San Francesco

Se รจ vero che molti dettagli del passato continuano a sfuggirci, รจ pur giusto riconoscere lโ€™impegno di molti autori nel cercare di ricostruire alcuni aspetti che possano approfondire la Storia ufficiale, come gli studi sul clima o sulle abitudini alimentari dei nostri predecessori. Apparentemente di secondaria importanza, questo tipo di scoperte stanno gettando luce sui molti punti dโ€™ombra che sospendono la linea del tempo, permettendo di guardare alle piรน grandi personalitร  del passato in maniera meno distaccata e con meno soggezione, accettando le loro idiosincrasie e debolezze di esseri umani.
Secondo le fonti agiografiche, nemmeno San Francesco, il santissimo poverello di Assisi, puรฒ esimersi da questo discorso. Sembra infatti che fosse un estimatore โ€“ pacato e moderato, certo โ€“ del buon cibo, in particolare dei dolci.

Un certo pasto, fatto di mandorle, zucchero, miele e altri ingredienti

Lโ€™aura di santitร , coadiuvata dai principi della Regola francescana, rende piuttosto difficile credere che San Francesco sia stato anche solo umano, figuriamoci immaginarlo mentre si gusta dei manicaretti alle mandorle, zucchero e miele.
Tra le diverse lettere attribuite al Santo, perรฒ, ne spicca una rivolta a una certa madonna Jacopa (o Giacomina, o Giacoma) detta dei Sette Sogli (Jacoba de septem Soliis). Come ci riporta il Trattato dei Miracoli di Tommaso da Celano (portato a termine nel 1252-1253, anche se poi scomparso fino al 1899) la donna ยซera ammirata per lโ€™illustre casato, per la nobiltร  della famiglia, per le ampie ricchezze, per la meravigliosa perfezione delle sue virtรน e per la castitร  vedovileยป[1]: insomma, non era strano che Francesco, a cui era legata anche da una profonda amicizia, chiedesse di lei prima del sopraggiungere della fine.
Ma la richiesta che il frate assisano dettรฒ nella missiva rivolta a Jacopa, vi sorprenderร  – come dโ€™altronde sorprese i fratelli che lo stavano vegliando presso Santa Maria degli Angeli. La donna avrebbe dovuto arrecare un panno di colore cinerino per coprire il corpo morente del frate, una sindone per il volto, un cuscino per il capo e un certo piatto che molte volte gli aveva offerto durante i soggiorni a Roma: il mortariolum, un trito di mandorle, zucchero, miele e altri gustosi ingredienti[2].
La storia vuole che Jacopa sia giunta dal moribondo Francesco con tutto quello che questi aveva richiesto senza perรฒ aver mai ricevuto la lettera: รจ qui che sta il prodigio ed รจ qui che tutte le fonti che ne parlano concordano โ€“ non solo il sopracitato Trattato dei Miracoli, ma anche le Considerazioni sulle Stimmate[3], cioรจ la raccolta dei Fioretti del Santo, e Specchio di Perfezione[4], una compilazione della vita di Francesco datata 1318. Grazie a questโ€™ultima, sappiamo che Francesco, ormai privo di forze, di questo mortariolum riuscรฌ a mangiarne ben poco.

Ma che cosโ€™era questo dolce per il quale Francesco stravedeva?

Franco Cardini, ne Lโ€™appetito dellโ€™imperatore[5], cerca di ricostruirne lโ€™etimo, sebbene tale percorso a ritroso sia piuttosto incerto: mortariolum, esattamente come in mortadella o nel francese mortier, indicherebbe un cibo i cui ingredienti vengono a lungo pestati e amalgamati col mortaio. Nei documenti sopracitati, mortariolum diventa mostacciolo, un biscotto secco presente in diverse regioni dโ€™Italia ma che, in Umbria, accompagna tradizionalmente le celebrazioni dedicate ai morti.

Madonna Jacopa

Bisogna perรฒ considerare due dettagli importanti: il primo รจ che la preparazione nostrana trae il proprio nome non tanto dal mortaio, quanto dal mosto di vino bianco che ne bagna lโ€™impasto di farina e semi di anice. Il secondo riguarda invece madonna Jacopa, la donna a cui Francesco fa lโ€™insolita richiesta, che appartiene a una nobile famiglia romana: รจ piรน probabile, quindi, che quelli richiesti da Francesco siano gli antenati di quei biscotti a base di farina, frutta secca, pepe, cannella, miele e albumi che tuttora si preparano nella Capitale.

Nella sua ricostruzione romanzata, Cardini immagina invece che i dolcetti tanto agognati da Francesco siano simili ai ricciarelli senesi, frutto di un impasto in cui spicca un trito di mandorle, zucchero semolato e altri ingredienti.
Se il lettore ci accordasse una licenza, ci piacerebbe perรฒ pensare โ€“ prendendo anche spunto dal titolo dellโ€™episodio narrato da Cardini, Profumo dโ€™aranci โ€“ che il Santo assisano, al giungere di Jacopa, si sia inebriato dellโ€™odore di quella buccia dโ€™arancia tagliata a dadini che arricchisce โ€“ assieme a uvetta, olio dโ€™oliva e lievito – unโ€™altra versione della ricetta dei mostaccioli, quei biscotti che tanto deliziano le tavole umbre nel periodo invernale.

 


[1] Cfr. http://www.santuariodelibera.it/FontiFrancescane/framemiracoli.htmโ‡‘
[2] ยซDe illa commestione, quam pluries fecit michi, cum fui apud Urbemโ€ฆ Illa autem comestionem vocant Romani mortariolum, que fit de amigdalis et zucaro vel mellea et aliis rebusยป. Compilatio Assisiensis vol. 8, a cura di E. Menestรฒ, in Fontes Franciscani, Assisi, 1995.โ‡‘
[3] Cfr. http://www.sanpiodapietrelcina.org/stimmatesanfrancesco.htmโ‡‘
[4] http://www.ofs-monza.it/files/specchiodiperfezione.pdfโ‡‘
[5] Lโ€™appetito dellโ€™imperatore, F. Cardini, Mondadori, Milano, 2014. Il libro si inquadra nella fiction storica in quanto, partendo da fatti storici, lโ€™autore aggiunge elementi verosimili e storicamente plausibili che perรฒ non hanno evidenze documentarie. Nel caso di Profumo dโ€™aranci, il racconto dedicato a San Francesco, Cardini parte dallโ€™incontro โ€“ plausibile, ma non attestato dalle fonti โ€“ tra il Cardinale Ugolino dโ€™Ostia ed Elia da Cortona, scossi dalla morte del frate assisano come della richiesta che questโ€™ultimo aveva fatto in punto di morte.โ‡‘

Terzo posto, nella categoria Associazioni, per Argo – associazione culturale nata alla fine del 2007 โ€“ nel concorso “Turismo slow: raccontare per promuovere lโ€™Umbria. Economia e cultura, il futuro รจ digitale” per il progetto “TV di comunitร  2019”, indetto da CO.RE.COM Umbria.

Il bando richiedeva contenuti audiovisivi che si focalizzassero sulle bellezze che ospita il territorio umbro. Al tempo stesso perรฒ i video dovevano veicolare il concetto di turismo slow, una forma di turismo che mira a unโ€™esperienza turistica totalizzante, che presupponga piรน profonde interazioni con il territorio visitato e i suoi abitanti, senza limitarsi a visite passive e circoscritte alle sole principali attrazioni di quel determinato luogo. Sono stati sedici i video e sei i podcast narrativi per promuovere il turismo lento in Umbria tra i giovani, presentati dalle emittenti televisive, radiofoniche e associazioni.

Due i video vincitori presentati da Argo,ย Un fantasma a Perugia e 2135: edizione straordinaria. Due cortometraggi dal sapore agrodolce, che mettono in luce l’uno la velocitร  con la quale si vive oggi, incuranti del bello che si ha intorno, e l’altro un pianeta distrutto e popolato solo da uomini-animali, in un lontano 2135.

Un fantasma a Perugia

 

Un fantasma buono si aggira per le vie di Perugia. Spazza i vicoli quasi danzando, pulisce le giacche di chi sorseggia con gusto un caffรจ al bar, raccoglie le sporcizie dei turisti troppo fast e troppo poco attenti a godere della bellezza che hanno intorno. Il video รจ stato realizzato con la collaborazione del noto regista cinematografico Daniele Ciprรฌ.

2135: edizione straordinaria

 

Marsciano, Pianeta Terra, 2135. Gli esseri umani sono per metร  animali a causa di mutazioni genetiche provocate dalle nefandezze dell’uomo e ricordano con ironia e amarezza i tempi che furono. Il video รจ stato realizzato dal regista Stefano Domenichetti Carlini.

Tre monumenti che raccontano la storia dell’Umbria, artisti che hanno lasciato il segno e una loro opera da ammirare.

Perugia

Perugia era in festa. Il tricolore sventolava ovunque. Viva lโ€™Italia, viva Vittorio Emanuele II. In realtร  i perugini facevano festa perchรฉ era stato spazzato via lโ€™opprimente e asfissiante Stato Pontificio, che per 400 anni aveva dominato sulla cittร . Lโ€™avvenimento andava celebrato, allora i perugini pensarono che la cosa migliore sarebbe stata quella di dedicare una statua equestre al padre della Patria, cioรจ Vittorio Emanuele II โ€“ primo re dโ€™Italia. Il delicato incarico fu affidato allo scultore Giulio Tadolini, nipote di quellโ€™Adamo Tadolini che era stato lโ€™allievo prediletto di Canova. Lo studio di Tadolini รจ diventato da qualche anno un simpatico caffรจ a Via del Babbuino a Roma dove il contratto di affitto tra Antonio Canova e Adamo Tadolini รจ in bella vista e i tavolini si mescolano alla gipsoteca. Sorprendentemente, entrando nel caffรจ, ci si trova sovrastati dalla statua del re a cavallo. รˆ il gesso definitivo dellโ€™opera di Perugia.
Lo scultore ha eseguito lโ€™opera nei modi e nelle forme tipiche della fine dellโ€™Ottocento che celebravano il mito di un re elegante e snello, mentre in realtร  era piccoletto e grasso. Il monumento รจ stato messo al centro della piazza dal nome piรน ovvio: piazza Italia. Adesso giace in mezzo ai giardini ignorato da tutti. Un padre dimenticato.

 

Vittorio Emanuele II

Statua dedicata a Vittorio Emanuele II a Perugia

Terni

ยซLโ€™acciaio e la ghisa sono il futuroยป dicevano nel 1886. Un futuro di ponti e stazioni, con la Tour Eiffel come simbolo. Tutti parlavano di pace, tutti si armavano e i Krupp si arricchivano. Lโ€™Italia aveva molte guerre da combattere quindi si doveva armare. Cโ€™era urgenza di fare navi corazzate e armi da Marina. Il luogo ideale per installare lโ€™industria di guerra e quindi le fonderie del ferro, doveva essere lontano dai confini e dalle coste.

Il Grande Maglio di Terni

La scelta รจ caduta su Terni, la cittร  dโ€™Italia piรน lontana dai confini. Le Alpi sono a 500 km, il mare รจ lontano sia a destra sia a sinistra. Quindi, nel 1886, era un luogo al riparo dalle invasioni, dai cannoneggiamenti dal mare e abbastanza vicino a Roma per difenderla. Gli aerei erano di lร  da venire.
E allora via con le fonderie, le piรน moderne ed efficienti del momento. Le fonderie di Terni sono il fiore allโ€™occhiello dellโ€™industria di settore. Cโ€™รจ bisogno di uomini, venite gente venite! A migliaia lasciano la campagna per andare a lavorare in fabbrica. Terni passa rapidamente da 10.000 a 25.000 abitanti. In acciaieria il lavoro perรฒ รจ durissimo. Si passa dalla temperatura altissima degli altiforni a quella gelida dei laminatoi. Si sprigionano vapori e fumi. Poi cโ€™รจ il rumore possente del grande maglio. Il maglio รจ un enorme martello che appiattisce un lingotto di acciaio da 1000 tonnellate fino a spianarlo in lamina sottile. Quando il grande maglio scendeva, vibrava tutta la zona, il rumore risaliva anche le colline. Quel mostro da 500 tonnellate era venerato come un dio. Per lui avevano costruito un elegante padiglione a cupola, grande quanto il Pantheon, con una base speciale che poteva resistere ai colpi senza sprofondare. Si cercava lโ€™eleganza anche nellโ€™industria pesante. Poi รจ finito tutto. รˆ rimasto solo un maglio, piccolino, che lavorava a fianco del grande collega e i ternani, per ricordare quel periodo entusiasmante, lo hanno conservato e collocato in cittร , dove lo vedono i cittadini e i viaggiatori di passaggio.
Chi arriva in treno, uscendo dalla stazione se lo trova davanti verde, giallo e grigio. Adesso non fa piรน impressione, il terreno non vibra, il maglio sta lรฌ fermo in mezzo alla piazza e pochi sanno cosa ha rappresentato quella montagna di ferro.

 

Teodelapio di Spoleto

Spoleto

Dallโ€™archeologia industriale passiamo allโ€™ultramoderno che guarda al passato, ma sempre davanti alla stazione. La statua ha un nome particolare, si chiama Teodelapio. รˆ un insieme di lastre dโ€™acciaio e di ferro verniciato di nero e si ispira ai duchi longobardi che hanno dominato Spoleto per secoli e, in particolare, proprio al duca Teodelapio.
Lโ€™artefice รจ stato Calder, lโ€™artista americano della leggerezza, lโ€™artista dei mobile – le sculture in movimento – quelle che, con soffio leggero, girano su sรฉ stesse. Questa volta non รจ la scultura a muoversi, ma il mondo che ha attorno. Si muovono i treni, si muovono le macchine, si muovono le persone, si agitano gli alberi, si muove il pensiero che segue a ritroso la storia. La scultura sembra un grande cavallo con freccia, ma rappresenta un cavallo longobardo con la corona irta di punte come quella che indossava Teodelapio. Calder ebbe lโ€™incarico di creare una scultura per Spoleto nel 1962, quando il Festival era agli inizi e Giancarlo Menotti riuniva attorno a sรฉ il meglio della cultura mondiale e lavorare per Spoleto era un privilegio. La scultura รจ stata realizzata con lastre dโ€™acciaio per scafi che purtroppo non provenivano dalle acciaierie di Terni, ormai fuori gioco, bensรฌ dallโ€™Italsider di Savona. Tutto passa e tutto si trasforma.

 


Bibliografia

G. Papuli, Il grandeย maglio di Terni, 1980.

Combattere lโ€™influenza รจ possibile: lo dice anche la scienza, suggerendo, come alleata, la dieta mediterranea, baluardo di unโ€™alimentazione varia, equilibrata e rispettosa della stagionalitร .

Composta principalmente da frutta, verdura, legumi, cereali integrali, noci, pesce, olio dโ€™oliva e basso contenuto di carne rossa, dolci e latticini, la MedDiet รจ stata recentemente oggetto di uno studio, pubblicato dal Journal of Nutritional Biochemistry, che individua il ruolo fondamentale dei microrganismi intestinali nella salute del sistema immunitario, concludendo che proprio tale dieta sia in grado di aumentare e mantenere la loro capacitร  antinfiammatoria.

Olio, alimento medicinale

Recenti studi scientifici hanno inoltre dimostrato che varie fonti alimentari di origine naturale siano in grado di rafforzare le capacitร  del sistema immunitario, schierato in prima linea contro le infezioni e le malattie infettive causate da virus e batteri; tra queste spicca lโ€™olio extravergine dโ€™oliva o EVO, elemento principale della dieta mediterranea, i cui composti fenolici dalle proprietร  antinfiammatorie, antimicrobiche, antibatteriche e antivirali, gli hanno valso lโ€™appellativo di super food. Un alimento fondamentale per lโ€™uomo, al punto che la Food and Drug Administration, lโ€™agenzia statunitense che si occupa dei controlli dei farmaci e degli alimenti, lo ha promosso di grado, dichiarando alimento medicinale esattamente 6 diverse cultivar dโ€™olivo, ben 4 italiane – Coratina, Ogliarola, Maurino e Moraiolo.

 

Un risultato davvero straordinario per il nostro Paese – che conta piรน di 500 cultivar sulle 2.000 mondiali – ma anche per lโ€™Umbria che, dopo il riconoscimento della FAO, guarda con orgoglio al Moraiolo, la sua cultivar prevalente, specie laddove varietร  ed escursione termica rendono lโ€™EVO DOP ricco di sostanze fenoliche. Unโ€™Umbria, che negli anni, ha saputo impiegare al meglio le sue capacitร , intensificando lโ€™agricoltura biologica (cereali, leguminose, vite e olivo) e quella biodinamica, che vieta lโ€™uso di sostanze chimiche, fa attenzione ai fertilizzanti, e recupera le tradizioni delle fasi lunari e del miglioramento biochimico e biologico del suolo. Ma la grande conquista che nel Centro Italia vede primeggiare proprio lโ€™Umbria รจ la tecnica di spremitura a freddo: un procedimento di estrazione dellโ€™olio che lavora a temperature inferiori ai 27ยฐC, garantendo qualitร  superiore, aroma intensificato e conservazione migliore, esaltando le caratteristiche organolettiche dellโ€™olio e dellโ€™olivo. Come del Moraiolo: tenace, amante dellโ€™altitudine, capace di resistere tanto al freddo e al terreno di breccia calcarea, quanto allโ€™aggressivitร  di virus e batteri!

Un sentito addio al professor Valerio Di Carlo, presidente della Fondazione Loreti, con la quale โ€“ in passato – abbiamo collaborato nel progetto โ€œFoodyland, la cittadella del ciboโ€. Grande affetto e profonda stima ci legava al professore e lui stesso apprezzava il nostro lavoro e la rivista AboutUmbria Collection, che collezionava con passione.

Si รจ spento ieri sera allโ€™etร  di 81 anni nellโ€™ospedale San Raffaele di Milano il prof. Valerio Di Carlo: il coronavirus (Covid-19), aggiunto a patologie concomitanti pregresse, non gli ha lasciato scampo. Unโ€™immensa perdita per la Fondazione Loreti e per tutti i suoi collaboratori. Tante in queste ore le dimostrazioni di affetto e di stima pubblicate sui social network e sul suo profilo Facebook, tanti i riconoscimenti verso la persona e il medico che รจ riuscito ad essere per i suoi pazienti e per i suoi allievi, unico e insostituibile.

 

prof. Valerio Di Carlo

Professor Valerio Di Carlo

La Fondazione e i tanti progetti

Intitolata al dottor Giulio Loreti, la Fondazione nata nel 2000 si prodiga e offre assistenza medica gratuita a chiunque non sia in grado di sostenere i costi per visite specialistiche o strumentali, progetta e realizza iniziative sociosanitarie, di prevenzione ed educazione alla salute. Con una grande carriera medica e specialistica alle spalle come lโ€™aver fondato il reparto di chirurgia allโ€™ospedale San Raffaele di Milano, nella cui Universitร  Vita-Salute era Professore Emerito in chirurgia generale, nel 2011 il prof. Di Carlo era stato nominato dal fratello di Giulio, Sandro Loreti, Presidente della Fondazione impegnandosi in prima linea nel portare avanti progetti di alto valore, due a cui teneva particolarmente dedicati alla prevenzione dellโ€™obesitร  e del diabete di tipo 2.

I progetti avviati sotto la sua presidenza sono vari e tutti hanno una connotazione comune: prendersi cura della persona oltrechรฉ del paziente. Ricordiamo a tal proposito lโ€™organizzazione di convegni scientifici; di eventi sullโ€™educazione alimentare (Foodyland la cittadella del cibo); lโ€™inserimento lavorativo di utenti provenienti dal Ceis di Spoleto; il Progetto Case autonome i cuiย  beneficiari sono utenti del Centro di Salute Mentale di Spoleto;ย  i Cineforum tematici presso la Fondazione;ย  il progetto di promozione della lettura denominato Crossing Book Process con lโ€™installazione di due biblioteche, una presso la Fondazione e una nella piazza principale del Comune di Campello sul Clitunno; il progetto intergenerazionale per contrastare la solitudine degli anziani denominato Diamoci una mano; e lโ€™ultimo progetto a cui ha lavorato e che รจ in fase di attuazione, dedicato alla prevenzione precoce del tumore della mammella.

Autore di oltre 400 pubblicazioni, aprendo la strada della chirurgia a piรน ampi orizzonti ha concentrato parte della sua attivitร  scientifica sul trapianto di rene, di pancreas e sulle isole pancreatiche nei pazienti diabetici; ciรฒ gli valse nel 1998 dallโ€™allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro il conferimento del titolo di Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica. Inoltre, รจ stato proprio grazie al prof. Di Carlo che per questo tipo di patologie oggi lโ€™Istituto Scientifico San Raffaele รจ considerato un centro di eccellenza e di riferimento in Italia ed in Europa.

Tradusse la sua umanitร  e generositร  verso il prossimo nel libro Lโ€™anima del medico dove impartรฌ lโ€™insegnamento piรน importante che va oltre la scienza e la tecnica: saper guardare oltre, amare.

Nonostante la stanchezza degli ultimi anni ai pazienti oncologici non ha mai sottratto la presenza, ma anzi fino allโ€™ultimo si รจ preso cura di loro offrendo consulenze e speranza.

Non potendo celebrare il funerale, secondo le disposizioni del decreto 8 marzo 2020 e successive integrazioni, la Fondazione auspica di poter celebrare una commemorazione in un futuro prossimo per poter accogliere il dolore ed elaborarlo, un sentimento che รจ ora accentuato dallo stato di vulnerabilitร  a cui lโ€™emergenza sanitaria in atto ci sottopone.

A Irkutsk, capitale della Russia siberiana, ha avuto luogo il Forum Internazionale per la conservazione dell’architettura di legno, La cittร  vecchia nel mondo nuovo. Ha partecipato all’evento, come apprezzato relatore, il professor Emidio De Albentiis, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Perugia.

Dal nome quasi impronunciabile, per chi non ha confidenza con la lingua russa, Irkutsk รจ una cittร  della Russia siberiana con circa seicentomila abitanti, a oltre 5.000 km da Mosca e a poca distanza dal suggestivo lago Bajkal. Fondata a metร  del XVII secolo, negli anni ha avuto un notevole sviluppo urbanistico.
Nella capitale siberiana, dove le temperature invernali vanno ben oltre i venti gradi sottozero, le case venivano costruite in legno ed erano talmente graziose che Irkutsk venne definita la Parigi della Siberia.

 

Edifici lignei di Irkutsk

 

Oggi, molti di questi edifici lignei sono in pericolo di scomparsa. A tal proposito, il 25 e 26 ottobre 2019 รจ stato organizzato a Irkutsk un Forum Internazionale denominato La cittร  vecchia nel nuovo mondo per la conservazione e il recupero in ambiente urbano dell’architettura di legno e per ottimizzare il supporto delle istituzioni, affinchรฉ si tuteli al meglio lo storico patrimonio ligneo che altrimenti rischierebbe di andare perduto.
L’evento รจ stato organizzato dalla fondazione di beneficenza L’ereditร  dei mecenati di Irkutsk, con il patrocinio della Fondazione del Presidente della Federazione Russa, della Camera Civica della Federazione Russa e della Camera Civica di Irkutsk.
Importante relatore della manifestazione il professor Emidio De Albentiis, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Perugia. Il suo atteso e sperato intervento รจ stato possibile tramite i buoni uffici tra Marina Sereda di Ars Cultura – nonchรฉ guida turistica russa in Italia – e Marina Levada, della sopra menzionata fondazione siberiana.

 

Emidio De Albentiis e di Marina Levada

 

Il loro partenariato รจ nato in occasione della mostra fotografica Finestre di Irkutsk – Porte di Venezia ospitata, qualche tempo fa, nella cittadina umbra di Deruta e in questi giorni esposta a Irkutsk.
Come esperto internazionale, il professor Emidio De Albentiis ha partecipato con la relazione: Le figure chiave nella storia della ricostruzione europea. La conservazione delle strutture in legno nell’area del vulcano Vesuvio. La conservazione dell’architettura in legno, incluse le sculture del medioevo fino ai giorni nostri.
Al direttore Emidio De Albentiis, auspichiamo che questo progetto, come significativo scambio culturale internazionale, possa trovare sponda abituale presso l’Accademia di Belle Arti di Perugia.

 

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