Umbria Ecologia Artificiale è un progetto in corso che mira a immaginare i piccoli borghi e le città dell’Umbria attraverso gli occhi di famosi architetti, designers e artisti del passato, utilizzando l’intelligenza artificiale.
Il progetto si concentra sull’approccio agli aspetti sostenibili e allo stile, immaginando come apparirebbero questi borghi storici se fossero progettati e costruiti dai grandi maestri. Esplorando le possibilità della tecnologia AI, il progetto cerca di creare un dialogo tra il passato e il presente, favorendo una comprensione e un apprezzamento più profondi del patrimonio culturale unico della regione. Attraverso questo approccio innovativo,Umbria Ecologia Artificiale spera di ispirare nuove idee e visioni per uno sviluppo urbano sostenibile che rispetti l’ambiente e il patrimonio culturale, abbracciando al contempo il design e la tecnologia contemporanei. Attraverso vari articoli faremo un viaggio nel tempo ed esploreremo l’influenza che le menti creative del passato potrebbero aver avuto sull’architettura e sull’estetica di questi antichi borghi. Dalle stradine tortuose di Allerona ai maestosi panorami collinari di Trevi, esamineremo le caratteristiche uniche di ogni villaggio e come potrebbero essere state trasformate dall’immaginazione di un maestro architetto o artista.
Allerona attraverso gli occhi di Gaudì
Gaudí incontra l’Italia medievale ad Allerona
Immerso nelle colline umbre, Allerona è un incantevole borgo medievale che ha mantenuto il suo fascino storico nel corso dei secoli. Con le sue strade acciottolate, le antiche mura e i tetti in terracotta, il paese trasporta i visitatori indietro nel tempo, in un’epoca passata. Ma cosa sarebbe successo se questo villaggio fosse stato rigenerato dal famoso architetto spagnolo Antoni Gaudì? Come sarebbe stata Allerona se il genio catalano avesse lasciato la sua impronta su questo pittoresco borgo umbro?
Le origini di Allerona risalgono all’epoca etrusca, che si trovava sull’antica strada romana nota come Cassia. Nel Medioevo il paese fu un importante castello alleato di Orvieto. I resti delle sue mura fortificate e le due porte – Porta del Sole e Porta della Luna – e il Palazzo Visconteo, sono testimoni di un passato prospero. Se Gaudì avesse ridisegnato Allerona, potremmo immaginare l’aggiunta dei suoi tocchi caratteristici alle strutture del paese, incorporando le forme organiche e i colori vibranti per cui è famoso. Il Palazzo Visconteo, ad esempio, sarebbe stato trasformato in un capolavoro unico ed estroso, con le finestre e i balconi che assumono forme sinuose e ondulate ispirate alle forme organiche presenti in natura. I colori vivaci del palazzo sarebbero forse stati ispirati dal paesaggio circostante, con sfumature di verde, blu e giallo creando un effetto armonioso e giocoso.
Anche le due chiese, Santa Maria Assunta e San Michele Arcangelo, avrebbero subito una trasformazione significativa sotto le mani di Gaudì. Le facciate di entrambe le chiese sarebbero state decorate con intricati mosaici di vetro colorato, riflettendo la luce del sole in un caleidoscopio di colori. Gli interni delle chiese sarebbero stati progettati per creare un senso di movimento e di flusso, con pareti e soffitti ondulati e percezione dinamica dello spazio.
Tuttavia, mi piace pensare che il vero capolavoro che Gaudì avrebbe realizzato è la chiesa della Madonna dell’Acqua, situata appena fuori dal paese. Questa piccola chiesa rurale, costruita all’inizio del XVIII secolo, è stata costruita in pietra e mattoni seguendo una pianta ottagonale. La chiesa si trova vicino a una sorgente miracolosa e si ritiene che l’acqua abbia proprietà curative. Un vero e proprio santuario, con la forma accentuata da pareti curve e da un intricato sistema di vetrate colorate, che proiettano un arcobaleno di luce all’interno della chiesa. L’esterno invece sarebbe stato ricoperto di mosaici e adornato con sculture e piastrelle colorate.
Scorci di Allerona
Se Antoni Gaudì avesse davvero rigenerato questo borgo meraviglioso, le forme organiche della cittadina, i colori vivaci e i dettagli intricati avrebbero richiamato il mondo naturale e il verde lussureggiante circostante, una testimonianza del genio e della sua creatività. Queste immagini, in alcuni pixels provocanti, invocano futuri interventi a introdurre ancora più verde, colori vivaci e forme sinuose.
Sabato 25 marzo il progetto “Il Borgo è Donna” ha avuto il suo battesimo ufficiale aLugnano in Teverina con la prima conferenza dedicata alle pari opportunità nel mondo della cultura.
In un bel pomeriggio assolato, l’evento si è aperto con l’inaugurazione del giardino dedicato a Luisa Spagnoli: un grazioso fazzoletto di terra prima abbandonato e che, grazie all’associazione Unitre Lugnano in Teverina, è tornato alla vita, a disposizione dei cittadini e a ricordo di una grande donna umbra. Non solo: nel giardino è stata posta una panchina rossa, ormai universalmente simbolo della lotta contro la violenza sulle donne e una piccola bacheca con libri a disposizione di chiunque voglia fruirne, denominata appunto piccolabiblioteca libera. I membri di Unitre hanno spiegato come la vicinanza di questi due oggetti – la panchina e la biblioteca – vogliano ricordare che la violenza sulle donne si combatte prima di tutto con l’educazione e la cultura.
Alessandro Dimiziani, Gianluca Filiberti e Caterina Grechi. Foto by Novifilm
Da questo luogo ricco di significato e di simbolismi inaugurato dal sindaco Gianluca Filiberti, dal presidente dei Borghi Umbri più Belli d’Itala nonché vicesindaco Alessandro Dimiziani e dall’avvocato Caterina Grechi – presidente del Centro Pari Opportunità della Regione Umbria – che ha anche letto i saluti della Ministra per la famiglia, natalità e pari opportunitàEugenia Maria Roccella e il suo plauso per l’iniziativa, ci siamo avviati verso il vicino Teatro Spazio Fabbrica. Questo originale teatro sorge su un ex fabbrica di lampadine di costruzione ottocentesca e rappresenta un bell’esempio di archeologia industriale e di riuso intelligente degli spazi.
Qui siamo entrati nel vivo del progetto Il Borgo è Donna che AboutUmbria ha il piacere di organizzare insieme al Centro Pari Opportunità della Regione Umbria e all’Associazione Borghi più belli d’Italia in Umbria. Questa prima conferenza, dicevamo, ha avuto come filo conduttore e tema principale la cultura. Sotto il puntuale coordinamento di Alessandro Dimiziani, i lavori si sono aperti con l’intervento dell’attrice e ambasciatrice dell’Associazione Borghi più Belli d’Italia in Umbria Eleonora Pieroni. Questa giovane donna è impegnata nella promozione dei nostri borghi negli Stati Uniti dove vive e ha ricordato la grande opportunità che la nostra economia può trarre dal turismo delle radici, quel turismo cioè degli italiani nel mondo che tornano in Italia, in Umbria nel nostro caso, a riscoprire la loro storia, le loro radici appunto. Gli italiani nel mondo sono ben 80 milioni e dedicare loro una promozione turistica è un’attività su cui vale la pena concentrarsi e nella quale la donna, con la sua creatività e la sua tenacia, può dare un contributo fondamentale.
A seguire l’avv. Caterina Grechi – dopo aver portato i saluti della vicepresidente dell’Assemblea Legislativa della Regione Umbria Paola Fioroni – ha spiegato con una relazione articolata e puntuale come purtroppo proprio nel campo della cultura più che in altri settori, la percentuale di occupazione femminile sia molto inferiore a quella maschile, specie in ambiti quali l’audiovisivo, l’intrattenimento televisivo e il teatro. Fortunatamente va meglio nel campo dell’archeologia, come sottolineato da Maria Angela Turchetti, direttrice del Museo Archeologico Nazionale, settore in cui sono finalmente molte le donne a essere protagoniste in scavi importanti tra cui si contano, tra l’altro, quelli di Lugnano in Teverina, presso l’area nota come “la necropoli dei bambini”. Turchetti ha inoltre regalato alla platea un interessante e affascinante focus sul ruolo della donna etrusca sottolineando come, rispetto alle donne di civiltà contemporanee (greca e romana), quella etrusca fosse una donna emancipata, indipendente, con un ruolo in società di pari dignità rispetto all’uomo.
Foto by Novifilm
Il pomeriggio è volato via velocemente in un alternarsi di interventi di donne artiste, come la pittrice Grazia Cucco, giornaliste e imprenditrici, come Lorenza Vitali, amministratrici, come l’assessore del Comune di Amelia Elide Rossi. Graditi sono giunti anche i video-saluti dell’attrice Maria Chiara Giannetta, neocittadina lugnanese.
A proposito di arte, Cristina Caldani, attrice e direttrice del Teatro Spazio Fabbrica, dopo aver sottolineato accodandosi all’intervento dell’avv. Grechi la difficoltà ad affermarsi per le donne in ruoli di primo piano nel mondo del teatro, ha recitato un monologo scritto da Stefano Bartezzaghi. Il brano ha indotto nel pubblico in sala un sorriso amaro inducendo a riflettere sul sessismo che può esserci anche nelle parole.
Per noi di AboutUmbria è intervenuto Ugo Mancusi che ha sottolineato come ci sia stata unità di intenti con Centro Pari Opportunità della Regione Umbria e l’Associazione Borghi più belli d’Italia in Umbria nel promuovere un’iniziativa che metta in evidenza il ruolo importante e fortunatamente crescente della donna nella nostra regione. Mancusi ricordando come l’anima dei borghi sia fondamentalmente femminile – da qui Il Borgo è Donna – e come il borgo rappresenti l’ossatura della nostra regione, ha concluso che in effetti l’Umbria è Donna.
I partecipanti all’evento. Foto by Novifilm
Dopo aver donato ai partecipanti un piatto in ceramica realizzato dell’artista Monia Romanelli, gli organizzatori hanno dato appuntamento alla prossima tappa di questo percorso, di cui a breve saranno resi noti i dettagli. L’amministrazione comunale ha offerto a tutti i presenti un gradito buffet a base di prodotti tipici umbri in cui il ruolo di re della tavola è stato naturalmente ricoperto dall’olio extravergine di oliva, oro liquido di questa terra. La serata è proseguita con un concerto di beneficenza per le popolazioni terremotate della Turchia, con Cardyophone e Original CRB Band.
La prima conferenza, fissata per il 25 marzo a Lugnano in Teverina, si aprirà con la forte carica simbolica dell’inaugurazione di una panchina rossa – emblema della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – e di un parco dedicato a Luisa Spagnoli.
Il ciclo di conferenze Il Borgo è Donna è un progetto dal respiro regionale che vede coinvolti il Centroper le pari opportunità e attuazione delle politiche di genere della Regione Umbria, l’associazione de I Borghi più Belli d’Italia in Umbria e AboutUmbria.
Ugo Mancusi, Caterina Grechi e Alessandro Dimiziani
Gli incontri in calendario sono stati presentati ieri a Perugia e dopo l’introduzione di Ugo Mancusi di AboutUmbria – che ha spiegato come il calibro di questa iniziativa ne faccia un perfetto esempio di quelle eccellenze regionali che l’associazione promuove – l’avvocato Caterina Grechi, presidente del Centro Pari Opportunità, ha affermato che l’intento è quello di sottolineare il retaggio culturale, storico, enogastronomico e sociale di cui le donne sono depositarie e si è scelto di metterlo in relazione ai borghi, dai quali l’Umbria, più di qualsiasi altra regione italiana, è così pregevolmente rappresentata.
In questo modo, le tematiche di valorizzazione, di recupero, di benessere, di qualità della vita e di sostenibilità ambientale e sociale che animano le attività del Centro pari opportunità vanno a incastrarsi con l’azione dell’associazione de I Borghi più belli d’Italia: i 30 borghi iscritti al circuito sono stati infatti raggruppati per sviluppare un ciclo di 6 conferenze incentrate sui temi della cultura, della salute, del lavoro, dei saperi e sapori e della sostenibilità che iniziano il prossimo 25 marzo per terminare nel marzo 2024.
«Anche se l’associazione ha scopi principalmente turistici» ha affermato Alessandro Dimiziani, presidente regionale de I Borghi più belli d’Italia «non possiamo che trarre beneficio da tematiche del genere, legate a una bellezza che non è solo estetica, ma anche amministrativa, sociale e d’intenti. Stiamo parlando del futuro della società».
«Non è un semplice sguardo su un passato di cui siamo eredi e verso il quale ci sentiamo di avere un debito» sottolinea anche l’avvocato Grechi «ma di una visione che guarda al futuro. Ci confronteremo sul ruolo della donna nello sviluppo delle smart cities, nel recupero del divario digitale e nella conversione dei luoghi e delle attività che in essi si svolgono, nel segno della sostenibilità ambientale e sociale».
La prima conferenza, fissata per il prossimo 25 marzo a Lugnano in Teverina, si aprirà con la forte carica simbolica dell’inaugurazione di una panchina rossa – emblema della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – e di un parco dedicato a Luisa Spagnoli. Proseguirà con una serie di interventi incentrati sul valore, i problemi e le opportunità della donna nei piccoli centri urbani e con dei momenti conviviali. L’artista Monia Romanelli, presente alla presentazione, ha mostrato in anteprima il suo omaggio per le relatrici della conferenza di sabato 25.
Il programma:
Ore 15.30 Località Sant’Antonio – Inaugurazione giardino Luisa Spagnoli
Presentazione della targa e della panchina rossa simbolo della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, in collaborazione con Unitre di Lugnano in Teverina.
Ore 16.45 Teatro Spazio Fabbrica – Convegno sulle pari opportunità
Il borgo è donna: la cultura. Valore, problemi e opportunità della donna nei piccoli centri urbani.
Dopo i saluti del sindaco Gianluca Filiberti, interverranno:
Cristina Caldani, attrice e direttrice Teatro Spazio Fabbrica
Francesca Caproni, direttrice Assogal Umbria
Grazia Cuccia, pittrice
Maria Chiara Giannetta, attrice
Caterina Grechi, presidente del Centro per le pari opportunità e attuazione delle politiche di genere della Regione Umbria
Cristiana Pegoraro, pianista e compositrice
Eleonora Pieroni, attrice e madrina dei Borghi più Belli d’Italia in Umbria
Carla Spagnoli, imprenditrice
Maria Angela Turchetti – funzionaria della Soprintendenza dei Beni Culturali
Lorenza Vitali – giornalista enogastronomica
Coordinano Alessandro Dimiziani, presidente regionale dei Borghi più Belli d’Italia e Lorenza Vitali, giornalista enogastronomica. Al termine della conferenza verrà donato alle relatrici un omaggio realizzato dall’artista Monia Romanelli
Ore 19.30 Sala Terzo Pimpolari Teatro Spazio Fabbrica – Degustazione di prodotti tipici
Ore 21.00 Teatro Spazio Fabbrica – La solidarietà è donna
“RockWOMAN”: concerto di beneficenza per le popolazioni terremotate della Turchia, con Cardyophone e Original CRB Band
Lugnano in Teverina sorge su un colle roccioso a forma di luna appartenente al complesso dei Monti Amerini e, dall’alto delle sue mura, si gode di uno splendido panorama che spazia sulla valle del Tevere, il fiume che gli dà il nome bagnandone le terre.
Il territorio collinare è il luogo ideale per coltivazioni cerealicole, per vigneti e oliveti dai quali si estrae un olio extravergine di alta qualità (Lugnano appartiene alla rete delle Città dell’Olio); l’aria sana e il clima sempre mite lo rendono un luogo ameno. Il suo primo nome documentato (nel 1290) è Lugnanum Tyburinae: l’ipotesi è che il borgo sia sorto a opera degli abitanti della sottostante valle del Tevere (Teverina) spostatisi per sfuggire alla malaria intorno al VI sec. d.C.
Il termine Lugnano potrebbe derivare da Lucus Jani, bosco di Giano, il cui corrispondente femminile è la luna, presente sullo stemma comunale.
Veduta di Lugnano in Teverina
Fin dall’epoca romana ha fatto parte del territorio amerino, come testimoniano importanti ritrovamenti archeologici nel sito di Poggio Gramignano. Il suo sviluppo sociale ed economico però avviene nel Medioevo, e culmina nella trasformazione in Comune intorno all’anno 1000. Dal XI al XIV secolo Lugnano è soggetto a vari nobili che si contendono il territorio, incaricati dai Papi della difesa di un’area che apparteneva allo Stato Pontificio. Nel 1449, su ordine di Pio II, vengono restaurate le mura e nel 1508 – in seguito ai soprusi da parte dei signori delle città circostanti – i lugnanesi istituiscono lo Statuto della Terra di Lugnano con il quale regolano ogni aspetto della vita sociale e delle relazioni tra i membri della comunità. Nel 1650 viene costruito Palazzo Pennone, dimora del governatore della Sede Apostolica fino al XVIII secolo e ora sede del Comune: la costruzione ricorda l’immagine suggestiva del pennone di una nave e svetta imponente sul borgo. Lugnano ancora oggi è racchiuso all’interno delle mura difensive, risalenti al IX secolo; tra i suoi torrioni si può ammirare integra la Torre Palombara che, con la sua colomba bianca, ricorda che questo era il borgo dei piccioni viaggiatori.
Entrando da Porta Sant’Antonio si raggiunge il centro e piazza Santa Maria (già Platea S. Maria) dove si affaccia la Chiesa omonima, considerata oggi monumento d’importanza nazionale: un gioiello d’arte romanica che già da solo vale il viaggio a Lugnano. La tradizione vuole che sia stata costruita sopra una precedente chiesa eretta da Desiderio, re dei Longobardi.
Girovagando per il borgo ci si perde in vicoli, archi, scalinate e piazzette, come quella di Campo dei Fiori. Da vedere anche le Chiese di Sant’Andrea e Santa Chiara, i Conventi diSant’Antonio da Padova e di San Francesco e la Chiesetta di Santa Maria del Ramo o di Ramici che, isolata su un poggio, è un luogo mistico costruito agli inizi del Quattrocento.
Alcuni ritrovamente provenienti dalla necropoli di Poggio Grammignano
Infine, da non perdere è l’Antiquarium Comunale, che raccoglie i materiali archeologici rinvenuti negli scavi della villa romana (I sec. a.C.) di Poggio Gramignano: mosaici, vetri, utensili di bronzo, ceramiche e anfore, alcune delle quali usate come sepoltura di bambini, ne sono stati ritrovati ben 47. La villa fu infatti riutilizzata nel V secolo come necropoli.
Un ultimo suggerimento: assaggiate il bocconcello di SanFrancesco, una ciambella al formaggio a cui è dedicata una sagra (a ottobre); nel periodo della vendemmia da provare è invece il tipico pane col mosto, mentre nel corso dell’Estate Lugnanese(luglio-agosto) il borgo si anima con manifestazioni culturali e gastronomiche. Alla fine di ottobre non perdete Andar per Frantoi e Mercatini con degustazioni e vendita di olio extravergine prodotto nei frantoi locali.
La “platea comunis” di Bevagna: le tre chiese, il palazzo, il pozzo, la fontana. I racconti.
Negli anni, nei secoli, la platea comunis ha cambiato tante volte il suo aspetto, conservando sempre il suo fascino. Di essa, nel corso di tutti questi anni hanno scritto storici (locali e non), medievisti e giornalisti (locali e non) celebrandone l’architettura e raccontandone la storia. Di essa, nel corso di tutti questi anni, abilissimi fotografi hanno raccontato e documentato con immagini bellissime le differenti facce. Il testo vuole essere una raccolta, seppur incompleta, di tutto ciò. Il Palazzo dei Consoli conserva quasi del tutto il suo aspetto duecentesco, notevole sia per i due ordini di belle bifore ancora quasi romaniche, che si stagliano nella massa dei solidi muri di travertino, sia per l’ampia scalinata, sia per il robusto loggiato del piano terreno, che è a due navate su grossi pilastri e volte a costoloni. La costruzione è probabilmente dovuta allo stesso Maestro Prode che si suppone autore del Palazzo Pubblico di Spello. L’interno, già ormai privo di ogni valore d’arte, nel 1886 fu ridotto a teatro, e così si conserva tuttora. Come a Spello, anche qui è ben visibile l’antico ingresso alla sala delle adunanze, al piano sopraelevato, e non è irragionevole supporre che la scala originale avesse un orientamento perpendicolare a quello attuale, e presentasse cioè il fianco alla piazza, anziché la fronte. L’arco a volta che potrebbe averla sostenuta, poteva così dare l’impressione di un prolungamento del portico. L’edificio è stato recentemente restaurato ed è stato, così, felicemente privato della torre campanaria, che ne alterava il carattere originario.
A cura di Federica Gasparrini, Le Guide del Viaggiatore Raffinato, Bevagna, Edimond srl 2004
Quanto alla bella Fontana di Bevagna, al centro di una delle più suggestive piazze umbre, degno di nota è il fatto che il basamento a gradini, la vasca poligonale e la tazza di foggia medievale furono aggiunti alla fine dell’Ottocento, a imitazione di esemplari duecenteschi, per abbellire l’antica cisterna a pianta ottagonale, come si può verificare dal confronto con alcune vecchie foto. L’operazione, condotta a buon esito «per fede di Popolo e per virtù di Civica Magistratura» superando «con felice ardimento gli ostacoli della natura», non fu però salutata da tutti con lo stesso entusiasmo, come risulta dal diario di Alinda Bonacci Brunamonti che a tale proposito annotò: «Il pozzo medievale della Piazza antica di Bevagna vien demolito, perché sovre’ esso appunto sorgerà la nuova fontana di marmo per l’acqua potabile[…] Tolte le prime file di pietre e di mattoni che ne sostengono il parapetto, si vede il loro profondarsi nella creta: e su quella creta, che riceve oggi per la prima volta i raggi del sole, appare una vegetazione foltissima di capelveneri certo molte volte secolari».
Sonia Merli, Fonti e fontane dell’Umbria, Quattroemme 2000
Capelvenere nel pozzo di Bevagna. 15 novembre 1895. Il pozzo medievale della piazza antica di Bevagna, vien demolito, perché sovr’ esso appunto sorgerà la nuova fontana di marmo per l’acqua potabile, che deve essere condotta in questi giorni da Foligno. Tolte al pozzo le prime file di pietre e di mattoni, che ne sostengono il parapetto, si vede il foro profondarsi nella creta: e su quella creta, che riceve oggi per la prima volta i raggi del sole, appare una vegetazione di capelveneri, certo molte volte secolari. E questo pozzo, forse prima d’esser pozzo medievale, fu pozzo romano, e prima di ricevere in grembo le secchie da mani guelfe e ghibelline, riceveva in antichi secoli le anfore romane; mentre sulla via Flaminia soprastante, forse tra le fanciulle succinte nei pepli e gli uomini togati, correvano i soavi distici di Properzio.
Maria Alinda Bonacci Brunamonti, Diario floreale, Guerra Edizioni 1992
Bevagna, forse è un sogno. Perché in tutto il mondo, siamo pronti a scommetterci la vita, non esiste una piazza come piazza Silvestri in cui le leggi dell’armonia sono state così scardinate, così scombussolate, così mescolate e confuse che la piazza non è più una piazza ma la faccia visibile, l’aspetto concreto di una nuova e più sublime Armonia. La chiesa di San Michele Arcangelo, il duomo, ci sta di fronte, ha la facciata parallela a corso Matteotti che – antica via Flaminia – taglia con una linea diritta tutta la Bevagna Medievale e va a perdersi nella chiocciola di strade e di piazze della Bevagna romana intorno all’anfiteatro, alle terme, al tempio: ma di fronte a San Michele la facciata della chiesa di San Silvestro e il fianco del palazzo dei Consoli si aprono come una forbice e lo scalone di trentadue gradini, che trascina tutte le linee verso l’alto, sembra costruito per stabilire rapporti con l’infinito. È dunque vero? Non è Foligno, come fino ad ora ci avevano raccontato, è Bevagna, è certamente Bevagna il centro del mondo. Ci siamo stati. Ma la fortuna è stata ed è tutta dalla nostra parte, il paradiso terrestre, anche per poche ore, è stato abitato perfino da noi. Un piccolo paradiso dove non ci meraviglieremmo di incontrare San Francesco.
Luigi Testaferrata, Bell’Italia: Bevagna, forse è un sogno, numero 90, ottobre 1993. Giorgio Mondadori
Se in Umbria sono tanti i piccoli centri rimasti intatti, Bevagna è un caso a sé. Per dieci giorni dell’anno, infatti, chi varca le mura della città si trova a vivere come nel Medioevo. Succede alla fine di giugno, quando viene organizzato il Mercato delle Gaite. Piazza Silvestri, con il Palazzo dei Consoli e le due chiese di S. Silvestro e S. Michele, è una cartolina del Medioevo.
Panorama Travel, anno 6, n. 10 ottobre 2003
La seduzione discreta dell’asimmetria. Piazza Silvestri è priva di un ordine strettamente geometrico, preferendo piuttosto la dimensione offerta dal gioco prospettico. Nella piazza, una delle più belle d’Italia, il perenne agitarsi dei poteri che qui si fronteggiavano con i loro simboli, sembra acquistarsi nella suprema sintesi della sua bellezza. Il campo visivo è maestoso e sereno, quasi severo. Una scena fatta anche di un silenzio imponente e plateale. Il palazzo dei Consoli del 1270, offre un prospetto assai stiloso, con le bifore e l’elegante loggia. Una scalinata consente di accedere al teatro Torti, del 1886. La volta cinquecentesca unisce il palazzo dei Consoli alla chiesa romanica di San Silvestro, capolavoro dell’arte romanica umbra (1195). Visitando il borgo al di fuori dei flussi turistici stagionali è più facile respirare quell’aria di raccoglimento devoto anche nell’altra ascetica chiesa che sulla piazza trova casa: la collegiata di San Michele Arcangelo (XII- XIII secolo). Oltre al romanico, la piazza fa incetta di altri stili come il finto gotico ottocentesco della fontana (1896) e lo stile classico della colonna romana a capitello corinzio, che pare casualmente posata qui nel gioco della storia. Al termine di corso Matteotti si trova la chiesa dei Santi Domenico e Giacomo, trecentesca come il vicino ex convento domenicano, ma rimodernata all’interno nel 1737.
Borghi d’Europa, Umbria, De Agostini 2018
Bevagna, la più bella delle piazze minori d’Italia. Sembra dipinta dai pittori del Trecento, Bevagna, perfettamente chiusa nelle sue mura medievali. Percorrendo il decumano, si sbuca nel cuore di Bevagna medievale, in quella piazza Silvestri che Bernard Berenson – storico dell’arte americano, specializzato nel Rinascimento-definì la «più bella delle piazze minori d’Italia». Scenografia urbana medievale perfetta, in un miracolo asimmetrico si affacciano la collegiata di San Michele Arcangelo, San Silvestro, il palazzo dei Consoli, con la ripida scalinata, la fontana tardo – ottocentesca che ha preso il posto della cisterna ottagonale, e la colonna romana che si erge lateralmente. Il palazzo dei Consoli era la sede della magistratura cittadina: costruito nel 1270 in pietra arenaria e travertino, ha un’ampia loggia per il mercato coperto e bifore gotiche nella sobria facciata. Nel 1560, viene annessa una grande volta esterna di collegamento con la chiesa adiacente di San Silvestro, per consentire il passaggio diretto tra i due edifici. All’interno del palazzo, il teatro Francesco Torti (1886), viene costruito in seguito a un terremoto che aveva parzialmente danneggiato l’edificio. Uno dei teatri più belli dell’Umbria. Ma come avviene nelle piazze italiane, il potere civile convive con quello religioso: le due chiese romaniche di San Silvestro (1195) realizzata dal maestro Binello, e di San Michele Arcangelo (di Binello e Rodolfo, fine XII secolo) dominano la piazza, poste una di fronte all’altra, con facciate e interni in stile romanico, sobrio, essenziale e perfettamente conservato.
Bevagna. Foto by Enrico Mezzasoma
Paesaggio Italia, volume I, Umbria preziosa, da Città della Pieve a Montefalco. Gedi 2022
Piazza Silvestri, il centro artistico di Bevagna
Tutte le strade di Bevagna portano alla piazza maggiore, realizzata nel Medioevo e oggi intitolata all’entomologo Filippo Silvestri. Luogo di straordinaria bellezza, pensata come salotto della città, asimmetrica e armonica allo stesso tempo, racchiude tutti i più importanti monumenti del borgo: il palazzo dei Consoli, la chiesa di San Silvestro e quella di San Michele Arcangelo. Innalzata negli ultimissimi anni del ducato di Spoleto, nel 1195 dal maestro Binello, come attestato da una lapide posta a destra del suo ingresso, la chiesa romanica di San Silvestro è l’edificio più antico tra quelli che si affacciano sulla piazza maggiore del borgo. Sebbene oggi la basilica sia considerata un gioiello dell’architettura romanica, in passato non ebbe grande popolarità e fortuna: subì gravi danni per i terremoti del 1931 e 1832, e addirittura ne fu ipotizzata la demolizione nel 1870. Collegata al palazzo dei Consoli da un grande arco costruito nel XVI secolo, la facciata – incompleta, come evidenziato dai resti di muratura e dall’assenza del campanile, la facciata presenta blocchi di travertino e pietra bianca e rosa. Realizzata tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo, pochi anni dopo la chiesa gemella di San Silvestro, e posta sul lato opposto della piazza, la chiesa di San Michele Arcangelo fu eretta dai maestri Binello e Rodoldo, i cui nomi sono inscritti sulla facciata, sul lato sinistro del portale principale. Trionfo dell’architettura romanica, fu rinnovata nel ‘700 secondo lo stile barocco: gran parte delle modifiche apportate nel XVIII secolo, tuttavia, furono poi rimosse negli anni tra il 1951 e il 1957, quando venne deciso di riportare la chiesa al suo primigenio aspetto medievale, in linea con piazza Silvestri e gli altri suoi edifici.
Borghi d’Italia-Spello, il Trasimeno e le colline perugine, RCS Media Group 2022
Bevagna. Una sintesi superba.
Nello scenario raccolto e al tempo stesso vigoroso di Bevagna, la piazza si qualifica come una somma di effetti e di valori che compongono, nell’arco di ottant’anni circa, una sintesi superba. Le costruzioni si dispongono su un perimetro irregolare privilegiando i principali punti di vista, così da creare una quinta teatrale inconfondibile lungo la direttrice del corso principale, sull’asse dell’antica via Flaminia. Su uno dei varchi si colloca il convento dei Domenicani, mentre il Palazzo dei Consoli si confronta con due chiese di alto pregio. Proprio di fianco alla residenza si profila San Silvestro e, sul lato opposto, campeggia la collegiata di San Michele Arcangelo, con uno scenografico portale istoriato. Alcune preziose memorie epigrafiche ci tramandano il nome del maestro Binello, artefice si S. Silvetro (1195) e di seguito coimpresario della collegiata in collaborazione con il maestro Rodolfo. Il palazzo comunale (1270) è sfornito di simili attestazioni, ma può essere agevolmente attribuito al maestro Prode.
E perché non rifare alcuni degli spettacoli, dei dialoghi in piazza, usando le porte delle chiese e degli edifici per far entrare ed uscire gli attori? La piazza è già un perfetto scenario teatrale.
A circa 10 chilometri dalla città di Spoleto, sorge il piccolo borgo di Campello sul Clitunno. Il comune comprende tredici piccole frazioni, anche se con il toponimo Campello sul Clitunno si identificano soltanto due di esse, Campello Alto e Campello Basso.
Il nome deriverebbe dal barone di Borgogna, Rovero di Champeaux che, attorno al X secolo, governò il feudo e fece erigere un castello, attorno al quale si sviluppa il borgo fortificato oggi denominato Campello Alto e abitato da poco più di cinquanta persone. Dell’antico castello rimangono le mura esterne e la porta d’ingresso, di fronte alla quale è situata la Chiesa di San Donato. Originaria del XVI secolo, venne ristrutturata più volte nel corso dei secoli e attualmente ospita un bell’altare ligneo di epoca barocca. Il campanile della chiesa è stato ricavato da una torre medievale dell’antico castello. All’interno di Campello Alto sono anche presenti il Palazzo Comunale e il complesso monastico dei Barnabiti, nel quale è custodito anche un affresco giottesco che raffigura la Crocifissione e i Santi.
Foto di Enrico Mezzasoma
La parte bassa di Campello, nella quale ha sede l’amministrazione comunale, è denominata La Bianca a causa della presenza di un’edicola votiva rappresentante una Madonna col Bambino, talmente chiara e bionda da essere soprannominata appunto la bianca. Il luogo più importante della frazione è il Santuario della Madonna della Bianca. Il progetto di costruzione venne avviato nel 1516 e aveva lo scopo di ospitare l’omonima edicola. La chiesa a croce latina, affiancata nel 1638 da una torre campanaria, presenta una facciata a spioventi divisa da quattro lesene verticali al cui centro sorge un semplice portale sormontato da una finestra circolare. L’interno, a una sola navata con copertura a cupola, è decorato con importanti affreschi e tele di artisti cinquecenteschi.
Nei dintorni vi è il Castello di Pissignano, che sorge nell’omonima frazione comunale. Il nome, che deriva dal latino Pissinianium ovvero piscina di Giano, testimonia l’antico dominio romano sulla zona. A causa della particolare morfologia del territorio, il castello si presenta con mura perimetrali a forma triangolare e con case disposte a terrazzamento. Tra le numerose torri medievali, una, a forma pentagonale, è stata trasformata nel campanile della chiesa di San Benedetto. Attualmente sconsacrata e di proprietà privata, era originariamente parte di un complesso architettonico benedettino. L’interno è decorato con numerosi affreschi, alcuni attribuiti a Fabio Angelucci da Mevale.
Tempietto sul Clitunno
Da non perdere assolutamente le Fonti del fiume Clitunno. Le sorgenti sono senza dubbio il luogo più suggestivo e rinomato di Campello sul Clitunno, alle quali numerosi poeti, come Virgilio e Giosuè Carducci, hanno dedicato delle magnifiche composizioni. Dalle fonti, create da sorgenti sotterranee che fuoriescono dalle rocce, si è formato uno splendido laghetto con limpide acque di colore smeraldo, nel quale sono presenti numerose specie e piante acquatiche. La struttura del parco oggi visibile, risale al XIX secolo, e venne costruita in seguito alla volontà di Paolo Campello della Spina di ridonare alla fonte l’antico splendore. Attualmente il parco si presenta come un luogo perfetto per gli amanti della natura che possono immergersi in sentieri tra salici piangenti e pioppi cipressini che donano all’area una sensazione di pace e tranquillità. Nei pressi delle fonti vi è il Tempietto sul Clitunno. Edificato nel V secolo sopra un preesistente santuario dedicato alla divinità fluviale Clitunno, è, in realtà, una piccola chiesa a forma di tempietto dedicata al culto di San Salvatore. La struttura rimanda allo stile classico di un tempio prostilo, tetrastilo, in antis, costruito su di un basamento e con colonne corinzie tutte diverse l’una dall’altra. All’interno vi è la cella, coperta da una volta a botte, che culmina con un’abside affrescata. Gli affreschi, risalenti al VII secolo, raffigurano San Salvatore, benedicente a mezzo busto con un libro gemmato, e, ai lati, i Santi Pietro e Paolo. Dal 2011 il Tempietto sul Clitunno fa parte del sito seriale inserito nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco I Longobardi in Italia: i luoghi del potere (568-744 d.C.) che comprende sette località in cui sono custoditi beni artistico-monumentali di epoca longobarda.
Curiosità: Campello sul Clitunno fa parte dell’Associazione Nazionale Città dell’olio ed è tra i migliori comuni italiani per la qualità della produzione di olio extravergine d’oliva.
A colloquio con il presidente dei Borghi più Belli d’Italiain Umbria, tra futuro e soluzione per evitare lo spopolamento di questi territori.
In questi ultimi anni, i borghi e le piccole realtà stanno vivendo una nuova giovinezza. Sono tornati – soprattutto a livello turistico – molto di moda. La riscoperta del loro territorio, dell’enogastronomia e della vita slow attraggono turisti,ma anche persone che decidono di abbandonare la città e trasferirsi in questi luoghi di pace e tranquillità. Tanti i vip – italiani e stranieri – che hanno scelto l’Umbria come rifugio dal caos cittadino. Ralph Fiennes, Daniele Bossari e la moglie Filippa Lagerback, Colin Firth, Ed Sheeran, Paolo Genovese, Susanna Tamaro, Mario Draghi, Luca Argentero… e tanti altri. Di queste realtà abbiamo parlato con Alessandro Dimiziani, vicesindaco di Lugnano in Teverina e, dal 2020, presidente del Borghi più belli d’Italia in Umbria. L’associazione – nata nel 2001- ha come obiettivo quello di proteggere, promuovere e sviluppare i comuni riconosciuti con tale denominazione; l’Umbria è la regione italiana che ne ha di più, ben 30, e rappresentano un vanto e un’attrattiva turistica anche dall’estero. Un patrimonio da salvare e promuovere.
Alessandro Dimiziani
Presidente come prima cosa: quali sono i requisiti per entrare nell’associazione dei Borghi più belli d’Italia?
La popolazione nel centro storico o nella frazione non deve superare i 2.000 abitanti, mentre nell’intero comune non si può andare oltre i 15.000 abitanti. Il borgo inoltre deve avere una presenza di almeno il 70% di edifici storici anteriore al 1939 e offrire qualità urbanistica, architettonica e promozione del territorio. Va detto che sono gli stessi borghi che fanno la richiesta e poi un comitato scientifico valuta gli oltre 90 parametri e delibera l’entrata del paese nell’associazione.
Con Stroncone – entrato da poco – nella regione si contano 30 borghi. Un record italiano che fa superare le Marche, ferme a 29…
Proprio alcuni giorni fa c’è stata l’ufficializzazione di Stroncone con la consegna della bandiera dell’associazione. Se consideriamo la grandezza del nostro territorio e il numero dei comuni inferiore rispetto alle Marche, la percentuale di borghi più belli è molto alta. Oltre a Stroncone gli ultimi entrati sono Monteleone d’Orvieto nel 2019 e Nocera Umbra nel 2020.
La rivista americana “The Travel” ha pubblicato da poco la classifica dei dieci borghi italiani preferiti dai turisti internazionali: al 9° posto c’è Monteleone d’Orvieto (unico umbro). Serve più marketing internazionale per l’Umbria?
Sicuramente, anche se non siamo messi male. I nostri social sono tra i primi in Europa per visualizzazione. Da poco abbiamo anche realizzato un video promozionale che presenteremo il 7 dicembre a Citerna, in cui sono riuniti e illustrati tutti i borghi: questo verrà utilizzato durante le presentazioni fuori regione.
Monteleone d’Orvieto. Foto by Enrico Mezzasoma
Quanto è importante il turismo di ritorno?
È importantissimo e da poco abbiamo creato un tavolo di lavoro per capire tutte le tappe da seguire e i vari passaggi da mettere in pratica.
Concretamente, come si svolge?
Abbiamo iniziato a lavorare sui registri comunali, chiedendo a ogni Comune di inviare i nomi dei concittadini residenti all’estero: si è visto che la maggior parte si trovano negli Stati Uniti, in Brasile, in Belgio e in Lussemburgo, sono circa 2000 persone. Con un protocollo, l’intervento del Ministero del Turismo e dell’associazione Italiani nel Mondo cercheremo di contattarli. A gennaio poi verrà organizzato un evento ad hoc a New York in cui sarà presente la nostra associazione e quella degli Italiani nel Mondo. È il primo passo per iniziare a capire come muoversi.
Il turismo nei borghi, in questi anni, è tanto di moda: come se lo spiega?
È inutile negarlo, la pandemia ha dato una grossa mano. Nel 2020 c’è stata un’invasione, ovviamente positiva, che ha premiato il lavoro di valorizzazione fatto negli anni precedenti. Oltre all’Italia turistica e famosa che tutti conoscono, c’è un’Italia da scoprire e da vivere, tra sentieri, prodotti tipici e cucina. Questo attira molto il turista, anche straniero; tra l’altro l’Umbria è l’unica destinazione italiana entrata nella lista Best in travel 2023 stilata dalla Lonely Planet. Per il nostro Paese il turismo è una risorsa importantissima sulla quale si deve puntare al massimo.
Se avesse a disposizione un tesoretto, quali sono le prime cose che farebbe?
I primi interventi sarebbero rivolti al miglioramento dei servizi: sociali, sanitari, alle infrastrutture, ma anche alla connessione internet per lo smart working. Un borgo non può essere escluso da questo; il turista, ma soprattutto chi decide di restare, chiede navette o bus di collegamento con la stazione più vicina. Molto di questo ancora manca. A Lungano in Teverina, ad esempio, molti americani e danesi si sono innamorati del luogo, dei paesaggi e, grazie a uno statuto comunale, hanno avuto in dotazione degli uliveti e quest’anno per la prima volta hanno raccolto l’oliva. Tutto questo è sicuramente un incentivo per restare nel territorio, ma i servizi devono essere presenti.
Ciò serve ad arginare lo spopolamento…
Combattere lo spopolamento – che è una vera piaga – è tra gli obiettivi dell’associazione. Per noi è come una lenta morte, dovuta al decremento demografico e alla mancanza di lavoro che porta i giovani a lasciare il borgo per trasferirsi in città o all’estero. È per questo che cerchiamo di bilanciare con il turismo di ritorno o con i nuovi residenti. Riallacciandomi alla domanda precedente, gli investimenti sarebbero fondamentali anche per la creazione di lavoro, in modo da incentivare i giovani a restare.
Potremmo raccontare l’Umbria attraverso i borghi: ce n’è uno che la rappresenta di più?
Tutti i borghi rappresentano l’Umbria, poi ci sono quelli che attirano più come Trevi e Spello, ma ultimamente anche quelli meno conosciuti si stanno facendo notare. L’Italia, ripeto, deve puntare su queste piccole realtà che sono un patrimonio fondamentale per il turismo, da nord a sud. In questo modo può primeggiare nel mondo.
Spello. Foto Enrico Mezzasoma
Ci sono in cantiere dei nuovi progetti?
Nel 2023 uscirà la nuova brochure con tutte le informazioni sui borghi – edita da Corebook – anche in lingua cinese. Stiamo lavorando anche con le comunità energetiche per installare le colonnine di ricarica per auto e biciclette. Si punta a promuovere e portare avanti interventi a 360° con attività, eventi e festival, cercando di coinvolgere tutti.
Facciamo un gioco: per ogni borgo mi dica un aggettivo e una caratteristicache lo contraddistingue.
Acquasparta (Rinascimento umbro), Allerona (la porta del sole), Arrone (Valnerina), Bettona (etrusco-romana), Bevagna (le Gaite), Castiglion del Lago (il Trasimeno), Citerna (Borgo dei Borghi. Nel 2023 parteciperà al programma di Rai3), Corciano (la costola di Perugia), Deruta (ceramica), Lugnano in Teverina (archeologia e biodiversità), Massa Martana (riscatto architettonico), Monte Castello di Vibio (il teatro più piccolo del mondo), Montecchio (olio e archeologia), Montefalco (Sagrantino), Monteleone d’Orvieto (balcone su tre regioni: Umbria, Toscana e Lazio), Monteleone di Spoleto (altezza e bellezza), Montone (storia e architettura), Nocera Umbra (la rinascita della bellezza), Norcia (norcineria e tartufo), Paciano (vista sul lago Trasimeno), Panicale (arte e bellezza), Passignano sul Trasimeno (oasi di bellezza), Preci (scuola chirurgica), Sangemini (il bello sopra l’industria), Sellano (le acque della Valnerina), Spello (colori), Stroncone (olio e architettura), Torgiano (vino), Trevi (fascia olivata), Vallo di Nera (enogastronomia ad alta quota).
Accanto ai Colli martani sorge Bettona, unico insediamento etrusco sulla riva sinistra del Tevere, conosciuta anche come Vetumna o Paese degli antichi.
Caduta sotto il controllo romano, viene organizzata in municipium entrando a far parte della colonia Clustumina (14 d.C.); con l’avvento del Cristianesimo viene presto evangelizzata da San Crispolto, che vi giunge dall’Asia grazie la via Amerina – una delle più importanti vie di comunicazione verso il Nord. Dopo la distruzione dei barbari guidati da Totila, diviene dominio bizantino e in seguito passa in mano al Ducato longobardo di Spoleto. Nel 1018 i Benedettini vi fondano l’abbazia di San Crispolto; più tardi, passa in mano alla Chiesa ed è costretta a sottomettersi ad Assisi (1223). Dopo il tentativo di divenire autonoma da Perugia, viene dalla stessa assediata, conquistata e bruciata, a eccezione delle chiese; grazie al cardinale Albornoz verrà ricostruita all’interno di una cinta muraria ristretta, ma meglio fortificata. In seguito Bettona si ribella al Papa che vuole concederla ai Baglioni di Perugia, ma viene sottomessa da Malatesta Baglioni, rimanendo così sotto lo Stato Pontificio fino all’Unità d’Italia.
Questo piccolo borgo, adagiato a 365 metri d’altezza, è noto soprattutto per il suggestivo panorama, che va da Perugia a Spello, visibile dalla terrazza fuori dalla Porta d’accesso di Santa Caterina, collocata lungo la cinta muraria medievale e in parte poggiata su quella etrusca, ancora visibile negli enormi blocchi di roccia arenaria. Risalendo le strette vie, si giunge presto in Piazza Cavour, circondata da edifici e monumenti che hanno molto da raccontare, come la Chiesa di San Crispolto, costruita dai monaci benedettini (XIII secolo) per conservare la salma del primo vescovo e martire dell’Umbria, oltre che santo patrono del borgo. La facciata dell’edificio, a croce latina, è di Antonio Stefanucci, allievo del Vanvitelli; qui l’unico pezzo romanico è il campanile cuspidato. Imperdibili sono anche l’Oratorio di Sant’Andrea, col bel soffitto ligneo a cassettoni del XVI secolo e la Passione di Cristo (1394) di scuola giottesca, ma anche la collegiata di Santa Maria Maggiore, risalente ai primi anni del Cristianesimo, ingrandita, riconsacrata nel 1225 e restaurata in stile neoclassico nel 1816: all’interno vi sono l’abside affrescato dal futurista Gerardo Dottori, l’altare maggiore con ciborio a forma di tempietto e le finestre con vetrate istoriate a fuoco.
Pinacoteca
Accanto agli edifici sacri spicca il Palazzetto del Podestà (1371), sede della Pinacoteca comunale e del Museo della Città, che occupa anche alcuni ambienti dell’ottocentesco Palazzo Biancalana; nella Pinacoteca sono custodite importanti opere d’arte come il Sant’Antonio di Padova e la Madonna della Misericordia con i Santi Stefano, Girolamo e committenti del Perugino, o la tavola con l’Adorazione dei pastori dell’artista assisiate Dono Doni. Più avanti s’incontra Palazzo Baglioni, luogo in cui morì il condottiero Malatesta Baglioni la Vigilia di Natale del 1513. Fuori dalle mura cittadine, invece, degne di nota sono la Villa del Boccaglione (XVII sec) – dimora rurale dai soffitti affrescati disegnata dal Piermarini – e la chiesetta d’impronta romanica di San Quirico. Tra gli eventi più importanti, la Festa del Patrono (11-12 maggio), Bettona sotto le Stelle, e la Sagra dell’Oca, dove è possibile gustare prodotti come torta al testo e oca arrosto, oltre all’eccellente olio d’oliva; tipici del borgo sono anche gli zuccherini, dolci natalizi con lievito madre, pinoli, uvetta e anice.
Paese situato su di un’altura tra Amelia e Orvieto, Alviano è un piccolo comune in provincia di Terni.
Alviano
Borgo medievale con una strategica posizione, deve il suo nome alla famiglia degli Alviano, di cui divenne feudo durante il X secolo, e sotto il cui dominio divenne un importante centro economico e militare. Il paese raggiunse il massimo splendore con il condottiero Bartolomeo di Alviano, che decise di rimodernare l’antica rocca di origini romane, trasformandola in una vera e propria fortezza militare, oggi chiamata Castello di Alviano o Doria Pamphili (venne acquistato nel 1654 dalla principessa Olimpia Pamphili). Il castello, dalla forma trapezoidale, si sviluppa su tre piani ed è circondato da una cinta muraria con quattro torri d’angolo. All’interno è presente un cortile rinascimentale con un doppio loggiato su cui si affacciano degli ambienti signorili, come la Cappella di San Francesco, decorata con meravigliosi affreschi seicenteschi, tra i quali spicca il miracolo di San Francesco e le rondini, che la tradizione vuole sia avvenuto proprio ad Alviano nel 1212.
A oggi, il Castello di Alviano, oltre a essere una delle attrazioni maggiori per i turisti, è anche il punto di ritrovo della città. Nel piano signorile è situato il Municipio, al piano terra vi è il Centro di Documentazione audiovisiva sull’Oasi di Alviano, mentre nei sotterranei è ubicato il Museo della Civiltà Contadina. Inoltre, il chiostro è il luogo designato per festival ed eventi cittadini, come l’iniziativa comunale Castello Narrante. Tra le chiese più importanti vi è senz’altro la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta, ornata da una tavola rinascimentale raffigurante la Santa circondata da angeli in gloria e realizzata dal pittore Nicolò Alunno, e da un affresco ad opera dell’artista Il Pordenone, commissionato dalla vedova di Bartolomeo di Alviano, che è ritratta assieme alla Madonna e alcuni Santi.
Oasi WWF di Alviano
Da non perdere l’Oasi WWF di Alviano, un’oasi di circa 900 ettari nelle vicinanze del paese e a ridosso dell’omonimo lago. La riserva, situata all’interno del Parco Fluviale del Tevere, con le oltre 250 specie censite di uccelli, è perfetta per gli amanti della fotografia e del birdwatching. Curiosità: nei dintorni di Alviano, nella località di Colle Villa, è possibile visitare delle abitazioni dei vecchi abitanti del paese. Queste dimore, chiamate Casette di Creta, realizzate con acqua, paglia e l’argilla ricavata dai calanchi tipici del territorio, risalgono all’Ottocento e sono una preziosa testimonianza della storia rurale della zona.
Visitare Deruta vuol dire immergersi nella ceramica e scoprire una tradizione secolare che ancora oggi, grazie agli artigiani del luogo, resiste nel tempo e mantiene intatta la tecnica tramandata di generazione in generazione.
I resti delle antiche fornaci per la cottura – in epoca rinascimentale quelle attive erano 52 – raccontano di una grande organizzazione produttiva e di un forte stimolo verso l’innovazione. Qui il detto casa e bottega è reale e tangibile nella vita dei derutesi che intraprendono questo lavoro: girando per la cittadina s’incontrano infatti botteghe, laboratori e negozi, tutti dedicati a quest’arte. L’unione tra le mani esperte dei tornitori, la fantasia dei pittori e la magia del fuoco hanno permesso di realizzare, nel corso dei secoli, opere inconfondibili del made in Italy, esaltate dal lustro dorato, geniale invenzione dei vasai di Deruta, che evidenzia le figurazioni e fa riecheggiare gli ornati d’oro.
Deruta, foto by Enrico Mezzasoma
Il nome del borgo deriva da Diruta, cioè rovinata, in riferimento alla fuga dei perugini dalla loro città, incendiata da Ottaviano nel 40 a.C.: gli abitanti si stabilirono sul colle dell’odierna Deruta, che prese il nome di Perugia vecchia. Dominata a lungo dal capoluogo umbro, nel 1299 compare la prima testimonianza scritta sulle ceramiche. Nei secoli successivi resta sotto lo Stato Pontificio e si schiera al suo fianco durante la Guerra del sale (1540) contro Perugia: ciò garantisce al borgo un periodo di pace, nel corso del quale la produzione di maioliche raggiunge il massimo sviluppo. Il resto dei secoli passa tra dominazione papale e brevi parentesi napoleoniche.
La Storia è ancora visibile nel centro storico circondato da mura medievali, al quale si accede tramite tre porte. Entrando da Porta Sant’Angelo sono visibili le strutture di alcune fornaci del Cinquecento. La fontana a pianta poligonale del 1848 caratterizza Piazza dei Consoli che, con la sua forma allungata, accoglie i principali edifici pubblici e religiosi: tra questi, il palazzo municipale, al cui interno si trova anche la Pinacoteca comunale – che ospita un affresco di Pietro Vannucci e le due opere di Niccolò di Liberatore detto L’Alunno. Già Palazzo dei Consoli, si tratta di una sobria architettura trecentesca ammodernata nel XVIII secolo; l’atrio conserva reperti archeologici romani e medievali. Attraversando la piazza, si arriva in Largo S. Francesco, dove si affaccia il complesso francescano fondato nel 1008 dai Benedettini e la chiesa di San Francesco, in stile gotico, restaurata e consacrata nel 1388. Proseguendo il percorso, s’incontra piazza Benincasa, dove è possibile visitare la chiesa di Sant’Antonio Abate, da poco tornata al suo splendore.
chiesa di San Francesco, foto di Enrico Mezzasoma
Da non perdere, appena fuori dal borgo, il santuario della Madonna dei Bagni, eretto dopo il miracoloso ritrovamento, nel 1657, di un’immagine della Madonna su un frammento di ceramica, tuttora custodito nell’altare maggiore. Più di 700 targhe votive in maiolica rivestono le pareti della chiesa.
Una menzione a parte va fatta al Museo Regionale della Ceramica, il più antico museo italiano di questo tipo che conserva oltre 6000 opere e più di 1500 volumi sull’argomento. Un viaggio nell’evoluzione della maiolica, dalla produzione arcaica al Novecento. Collegata al museo attraverso un tunnel sotterraneo, vi è l’area archeologica delle fornaci di San Salvatore: gli scavi hanno messo in luce una sequenza di strutture databili tra la fine del Duecento e gli inizi del Settecento.
Piatto da pompa con David con la testa di Golia. Deruta 1560
Ovviamente non si può lasciare Deruta senza un ricordo in ceramica o una bottiglia d’olio extravergine, apprezzato persino da Gabriele D’Annunzio. I cibi della tradizione umbra, a tavola, la fanno da padroni: tipici della zona sono i birbanti e il cannibale, una particolare preparazione a base di carne. Sagre e feste movimentano il borgo nel corso dell’anno, come la Festa del Grano, Magia di un’Arte (giugno-luglio) e Antiquariato in piazza (1 maggio).