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Tre monumenti che raccontano la storia dell’Umbria, artisti che hanno lasciato il segno e una loro opera da ammirare.

Perugia

Perugia era in festa. Il tricolore sventolava ovunque. Viva lโ€™Italia, viva Vittorio Emanuele II. In realtร  i perugini facevano festa perchรฉ era stato spazzato via lโ€™opprimente e asfissiante Stato Pontificio, che per 400 anni aveva dominato sulla cittร . Lโ€™avvenimento andava celebrato, allora i perugini pensarono che la cosa migliore sarebbe stata quella di dedicare una statua equestre al padre della Patria, cioรจ Vittorio Emanuele II โ€“ primo re dโ€™Italia. Il delicato incarico fu affidato allo scultore Giulio Tadolini, nipote di quellโ€™Adamo Tadolini che era stato lโ€™allievo prediletto di Canova. Lo studio di Tadolini รจ diventato da qualche anno un simpatico caffรจ a Via del Babbuino a Roma dove il contratto di affitto tra Antonio Canova e Adamo Tadolini รจ in bella vista e i tavolini si mescolano alla gipsoteca. Sorprendentemente, entrando nel caffรจ, ci si trova sovrastati dalla statua del re a cavallo. รˆ il gesso definitivo dellโ€™opera di Perugia.
Lo scultore ha eseguito lโ€™opera nei modi e nelle forme tipiche della fine dellโ€™Ottocento che celebravano il mito di un re elegante e snello, mentre in realtร  era piccoletto e grasso. Il monumento รจ stato messo al centro della piazza dal nome piรน ovvio: piazza Italia. Adesso giace in mezzo ai giardini ignorato da tutti. Un padre dimenticato.

 

Vittorio Emanuele II

Statua dedicata a Vittorio Emanuele II a Perugia

Terni

ยซLโ€™acciaio e la ghisa sono il futuroยป dicevano nel 1886. Un futuro di ponti e stazioni, con la Tour Eiffel come simbolo. Tutti parlavano di pace, tutti si armavano e i Krupp si arricchivano. Lโ€™Italia aveva molte guerre da combattere quindi si doveva armare. Cโ€™era urgenza di fare navi corazzate e armi da Marina. Il luogo ideale per installare lโ€™industria di guerra e quindi le fonderie del ferro, doveva essere lontano dai confini e dalle coste.

Il Grande Maglio di Terni

La scelta รจ caduta su Terni, la cittร  dโ€™Italia piรน lontana dai confini. Le Alpi sono a 500 km, il mare รจ lontano sia a destra sia a sinistra. Quindi, nel 1886, era un luogo al riparo dalle invasioni, dai cannoneggiamenti dal mare e abbastanza vicino a Roma per difenderla. Gli aerei erano di lร  da venire.
E allora via con le fonderie, le piรน moderne ed efficienti del momento. Le fonderie di Terni sono il fiore allโ€™occhiello dellโ€™industria di settore. Cโ€™รจ bisogno di uomini, venite gente venite! A migliaia lasciano la campagna per andare a lavorare in fabbrica. Terni passa rapidamente da 10.000 a 25.000 abitanti. In acciaieria il lavoro perรฒ รจ durissimo. Si passa dalla temperatura altissima degli altiforni a quella gelida dei laminatoi. Si sprigionano vapori e fumi. Poi cโ€™รจ il rumore possente del grande maglio. Il maglio รจ un enorme martello che appiattisce un lingotto di acciaio da 1000 tonnellate fino a spianarlo in lamina sottile. Quando il grande maglio scendeva, vibrava tutta la zona, il rumore risaliva anche le colline. Quel mostro da 500 tonnellate era venerato come un dio. Per lui avevano costruito un elegante padiglione a cupola, grande quanto il Pantheon, con una base speciale che poteva resistere ai colpi senza sprofondare. Si cercava lโ€™eleganza anche nellโ€™industria pesante. Poi รจ finito tutto. รˆ rimasto solo un maglio, piccolino, che lavorava a fianco del grande collega e i ternani, per ricordare quel periodo entusiasmante, lo hanno conservato e collocato in cittร , dove lo vedono i cittadini e i viaggiatori di passaggio.
Chi arriva in treno, uscendo dalla stazione se lo trova davanti verde, giallo e grigio. Adesso non fa piรน impressione, il terreno non vibra, il maglio sta lรฌ fermo in mezzo alla piazza e pochi sanno cosa ha rappresentato quella montagna di ferro.

 

Teodelapio di Spoleto

Spoleto

Dallโ€™archeologia industriale passiamo allโ€™ultramoderno che guarda al passato, ma sempre davanti alla stazione. La statua ha un nome particolare, si chiama Teodelapio. รˆ un insieme di lastre dโ€™acciaio e di ferro verniciato di nero e si ispira ai duchi longobardi che hanno dominato Spoleto per secoli e, in particolare, proprio al duca Teodelapio.
Lโ€™artefice รจ stato Calder, lโ€™artista americano della leggerezza, lโ€™artista dei mobile – le sculture in movimento – quelle che, con soffio leggero, girano su sรฉ stesse. Questa volta non รจ la scultura a muoversi, ma il mondo che ha attorno. Si muovono i treni, si muovono le macchine, si muovono le persone, si agitano gli alberi, si muove il pensiero che segue a ritroso la storia. La scultura sembra un grande cavallo con freccia, ma rappresenta un cavallo longobardo con la corona irta di punte come quella che indossava Teodelapio. Calder ebbe lโ€™incarico di creare una scultura per Spoleto nel 1962, quando il Festival era agli inizi e Giancarlo Menotti riuniva attorno a sรฉ il meglio della cultura mondiale e lavorare per Spoleto era un privilegio. La scultura รจ stata realizzata con lastre dโ€™acciaio per scafi che purtroppo non provenivano dalle acciaierie di Terni, ormai fuori gioco, bensรฌ dallโ€™Italsider di Savona. Tutto passa e tutto si trasforma.

 


Bibliografia

G. Papuli, Il grandeย maglio di Terni, 1980.