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La regista romana di origini umbre chiude la sua trilogia cinematografica con la Santa di Assisi, una donna che lotta per ottenere quello che vuole e rompe gli schemi dellโ€™epoca.

La storia di una ragazza che ha rivoluzionato il mondo. La storia di una ragazza che รจ diventata santa. Susanna Nicchiarelli, romana di nascita ma umbra di origine,ย ha portato sullo schermo la vita della Santa dโ€™Assisi con il film Chiara.
La pellicola โ€“ la quinta della regista โ€“ conclude una trilogia dedicata a tre donne ยซdisturbantiยป, come lei stessa le definisce; tre donne legate a degli uomini dai quali faticano a emanciparsi: Nico (vero nome di Christa Pรคffgen ex musa di Andy Warhol e cantante dei Velvet Underground), Eleanor Marx (figlia di Karl Marx), e appunto Chiara – lโ€™eccellenza femminile piรน importante dellโ€™Umbria โ€“ legata a Francesco.
Non potendo intervistare Chiara (per ovvie ragioni), ho parlato di lei con Susanna, che nello scrivere la sceneggiatura lโ€™ha studiata e scoperta in ogni suo aspetto. Il film racconta la storia di una diciottenne ribelle che lascia la famiglia per unirsi al suo amico Francesco: da quel momento la sua vita cambia per sempre, non si piegherร  alla violenza dei famigliari, e si opporrร  persino al Papa: lotterร  con tutto il suo carisma per sรฉ e per le donne che si uniranno a lei, per vedere realizzato il suo sogno di libertร .

 

Susanna Nicchiarelli. Foto di Matteo Vieille

 

Susanna, come prima domanda le chiedo: qual รจ il suo rapporto con lโ€™Umbria?

Mio padre รจ originario di Tavernelle. Io torno spesso in Umbria, ho una casa e sono molto legata a questa terra. Ho un ottimo rapporto anche con tutta la rete dei cinema e dei festival umbri. Spesso li sento, quando sono nei paraggi passo a trovarli e presento i miei film; รจ una realtร  molto bella, con persone che amano veramente il cinema.

 

In Umbria โ€“ a Bevagna – ha girato anche alcune scene del suo ultimo film โ€œChiaraโ€โ€ฆ

Nella piazza di Bevagna รจ ambientata la scena in cui le donne vengono chiamate da Chiara. Il resto del film, per motivi scenici, รจ stato girato a Tuscania: lรฌ si รจ potuto ricreare il paesaggio medioevale e le chiese pre-francescane. Ad Assisi tutto questo non era possibile.

 

โ€œChiaraโ€ fa parte di una trilogia di donne da lei raccontate โ€“ insieme a โ€œNico 1988โ€ e a โ€œMiss Marxโ€ – che si scontrano con gli uomini che hanno nelle loro vite: ce la fanno veramente a staccarsi da loro?

Piรน che emanciparsi, rivendicano un posto in una societร  di uomini. Tutti e tre i film raccontano il loro rapporto con loro: Nico con il figlio, Miss Marx con il padre e il marito e Chiara con Francesco e il Papa. Quello di Chiara รจ forse il rapporto piรน politico con un potere maschile.

 

“Chiara”. Foto by Emanuela Scarpa. Vivo film, Tarantula

 

รˆ una donna che ha saputo portare avanti le sue idee e ha sempre ragionato con la propria testa, non cosรฌ scontato nel 1200โ€ฆ

Lei, come Francesco, vuole restare dentro la Chiesa, quindi modula la sua battaglia in modo da poter fare ciรฒ, ma allo stesso tempo cambiare le cose. Il centro della loro lotta รจ la povertร , e Chiara riesce nel suo obiettivo, creando un ordine di donne povere: una cosa senza precedenti. Quello che ottiene รจ molto importante dal punto di vista simbolico, perchรฉ fino ad allora gli ordini femminili erano protetti e dovevano avere possedimenti; i monasteri erano luoghi di ricchezza e gerarchizzati, lei invece fa nascere un ordine dove tutte sono uguali e ugualmente povere. Per arrivare a questo perรฒ รจ costretta ad accettare la clausura che lei non voleva.

 

Si รจ fatta unโ€™idea del rapporto che cโ€™era tra Chiara e Francesco?

Trovo che sia stato un rapporto molto femminile. Lui a un certo punto รจ costretto ad abbandonarla perchรฉ non puรฒ creare un ordine misto, ma poi torna a morire fra le sue braccia. Cโ€™รจ stata sempre una forte dipendenza di Francesco nei confronti di Chiara, perchรฉ lei era solida. Una soliditร  che si manifesta anche nella comunitร  che costruisce, che รจ molto unita e compatta, a differenza di quella dei francescani che si falda. Vivono due sviluppi diversi di una stessa idea.

 

“Chiara”. Foto by Emanuela Scarpa. Vivo film, Tarantula

 

Che penserebbe dellโ€™Italia del 2023?

Chiara sarebbe sicuramente orgogliosa della posizione che hanno conquistato le donne nella societร  di oggi, anche se cโ€™รจ ancora tanta strada da percorrere. Lei chiedeva semplicemente una paritร , di poter fare quello che era concesso a Francesco, indipendentemente dal suo essere donna. Era una richiesta molto semplice, a tal punto da essere spiazzante. Sicuramente perรฒ, lโ€™abbondanza e il consumismo sarebbero le prime cose che criticherebbe, sia lei sia Francesco. Cosรฌ come il nostro rapporto con il denaro, con la ricchezza e con il superfluo: loro hanno dimostrato come si puรฒ andare allโ€™essenziale e si puรฒ aiutare lโ€™altro, il diverso. Francesco รจ stato il primo a parlare di un rapporto inclusivo e di ascolto con le altre culture, di confrontarsi con lo straniero non per convertirlo, ma per un dialogo e uno scambio di idee. E anche Chiara era in quella linea. Cโ€™รจ ancora tanta strada da fare per le battaglie che hanno iniziato a combattere loro.

 

Per certi versi sembra che dal 1200 non sia passato troppo tempo, anche per quanto riguarda lโ€™immagine della donnaโ€ฆ

Ancora oggi nel cinema, nella televisione, nella pubblicitร  e nella societร  lโ€™immagine della donna che viene promossa รจ unโ€™immagine che non deve disturbare. Quando diventa disturbante, quando rompe gli schemi, viene accettata con fatica. Penso ad esempio alle donne che non vogliono figli. Chiara, come Eleanor Marx e Nico sono figure femminili disturbanti anche per il femminismo, perchรฉ hanno difficoltร  a staccarsi dagli uomini e quindi ci costringono a uno sguardo critico anche sullo stesso processo di emancipazione. Posso dire che non sono certo film celebrativi, anzi sono molto problematici.

 

Ha in programma altre pellicole che raccontano figure femminili?

Essendo una donna รจ ovvio che quando scrivo le sceneggiature i miei occhi e il mio punto di vista sul mondo ci sono e ci saranno sempre, ora perรฒ mi voglio dedicare a qualcosa di diverso. Con loro credo di aver chiuso un discorso. Magari piรน avanti chissร .

 

“Miss Marx” by Emanuela Scarpa – Vivo film, Tarantula

 

In โ€œChiaraโ€ si parla in dialetto, come mai questa scelta?

Ho voluto tantissimo il dialetto per rendere i personaggi piรน reali. Tante volte nei film ambientati nel passato, gli attori parlano un italiano molto forbito, che perรฒ non รจ veritiero. In Chiara si parla un codice molto simile a quello usato da Francesco nel Cantico delle Creature. Lโ€™elemento linguistico fondamentale della rivoluzione francescana e per me era importante che fosse rispettato.

 

Con Marco Bellocchio ha scritto il film โ€œRapitoโ€: aveva giร  scritto qualcosa con lui? Comโ€™รจ andata?

Lo conoscevo, ma non avevo mai lavorato con lui. Mi sono molto divertita perchรฉ รจ stato un lavoro di ricerca ed รจ stato bellissimo poter entrare nella testa di Marco e scrivere il film che lui si immaginava. Ho imparato tantissimo.

 

Ha vinto un David di Donatello come sceneggiatrice per โ€œNicoโ€ e un Nastro dโ€™Argento sempre come sceneggiatrice per โ€œRapidoโ€: due premi molto importanti. Di quale รจ piรน orgogliosa?

Il David per Nico รจ stato un riconoscimento molto importante. รˆ una sceneggiatura poco tradizionale che ho scritto da sola, ci tengo particolarmente.

 

“Nico, 1988”. Foto by Dominique Houcmant

 

Quali sono i suoi progetti futuri?ย 

Sto lavorando a una serie che andrร  in onda su Rai Uno. Racconta la storia di alcuni bambini che aiutano i partigiani in montagna. Lโ€™ho girata questa estate in Val di Susa, e posso dire che la montagna non fa per me โ€“ sono piรน tipo da campagna (ride). รˆ stata comunque una bellissima esperienza: girare in quei paesaggi รจ difficile ma molto affascinante, cosรฌ come lo รจ stato raccontare la Resistenza.

 

Per concludere, come descriverebbe lโ€™Umbria in tre parole?

Sincera, schietta e ironica.

La fraternitร  di Monteripido e gli Archivi Gerardo Dottori vi invitano allโ€™evento Futurismo Sacro che celebra il centenario (1923-2023) del Trittico di San Francesco eseguito da Gerardo Dottori e custodito nella chiesa di San Francesco del Monte a Monteripido, Perugia.

Il Trittico รจ un notevole esempio di arte sacra allโ€™interno del futurismo di inizio XX secolo e unโ€™immagine molto cara agli amici di San Francesco del nostro tempo.

 

 

“Il programma pittorico dellโ€™artista si condensa in questโ€™opera, definita anche Lโ€™apoteosi della Porziuncola. Del trittico colpisce la raffigurazione centrale della Porziuncola, luogo degli inizi e del compimento della vita cristiana di Francesco, rivestita della figura simbolica del grembo materno. Le luminose raggiere che da essa provengono raccolgono Francesco in un abbraccio, lo tengono sospeso, a contatto con le verdi colline umbre e i suoi villaggi, trasfigurato nel momento dellโ€™incontro con sorella morteย e i nembi azzurri di un cielo che ha desiderio di accoglierlo. La regina povera della Porziuncola, madre misericordiosa degli inizi della vocazione, lo offre facendo della sua morte un transito felice”. (Luigi Giacometti, San Francesco del Monte a Perugia)

Interverranno Mario Tosti, Universitร  degli Studi di Perugia, e Antonella Pesola, Archivi Gerardo Dottori. Lโ€™evento si inserisce nelle celebrazioni di San Francesco e inizierร  alle ore 17 di sabato 7 ottobre presso la Biblioteca di Monteripido. Seguirร  una lettura dellโ€™opera nella chiesa di Monteripido.

Nel Parco del Monte Subasio, a metร  strada tra Armenzano e Collepino, esiste un borgo incantevole, sconosciuto a molti: San Giovanni di Collepino, โ€œil paradiso di pietra rosaโ€.

Si tratta di un castello le cui mura, che cingevano il centro abitato, oggi non esistono piรน. Pare che qui San Francesco abbia compiuto uno dei suoi miracoli donando la vista a Beatrice, la sorella del custode del castello, la quale, in seguito, si fece suora presso il Monastero di Vallegloria.

 

San Giovanni di Collepino. Foto di Marta Alunni

 

San Giovanni รจ un luogo di pace e silenzio, il rifugio perfetto per staccare la spina dal traffico e dal caos delle grandi cittร . Non ha nulla di turistico: non ci sono negozi, generi alimentari, bar, ristoranti, nessun servizio. Ma si respira lโ€™aria buona e si fanno quattro chiacchiere con le poche anime che ci vivono. In realtร  gli abitanti di San Giovanni trascorrono qui solo una parte dellโ€™anno, trattandosi per lo piรน di seconde case. Una signora che gestisce un b&b mi ha raccontato che molte persone anche dallโ€™estero scelgono di passare qualche giorno nel borgo, proprio per rigenerarsi, consapevoli del fatto che รจ impossibile trovare una rete wi-fi a cui connettersi. Anzi, chi viene qui, cerca proprio questo: un poโ€™ di tempo per disintossicarsi da tutto. Mi ha poi raccontato che sotto Natale, per festeggiare San Giovanni il 27 dicembre, il castello รจ avvolto da unโ€™atmosfera ancor piรน affascinante, perchรฉ ogni sua viuzza รจ illuminata da candele e luci di ogni sorta. Tuttavia, la festa vera e propria si svolge a fine giugno, in occasione di San Giovanni Battista.
Lโ€™aspetto del borgo, come lo vediamo oggi, รจ dovuto ai lavori di restauro avvenuti dopo il terremoto del 1997. Le case in pietra, la piccola chiesa, i gatti che si riposano allโ€™ombra delle siepi, i fiori sui davanzali, il cinguettio degli uccelli fanno di San Giovanni un gioiello di cui prendersi cura, che mi auguro rimanga cosรฌ, autentico e solitario.

Come raggiungere San Giovanni di Collepino…

Da Assisi, si esce da Porta Perlici, percorrendo la SS. 444 e poi si svolta a destra in direzione Costa di Trex. A piedi รจ possibile percorrere invece uno dei numerosi sentieri del Monte Subasio, il numero 353 chiamato anche sentiero dei fossi che, dagli Stazzi, passa per Costa di Trex, Armenzano e infine giunge a San Giovanni.

Assisi non รจ un borgo sconosciuto, Assisi รจ famosa in tutto il mondo e solo percorrendo le sue vie e le sue piazze, se ne comprende il motivo.

Adagiata sulla collina, protetta alle spalle dal Monte Subasio e affacciata sulla valle umbra, รจ una cittร  che, ammirata da lontano, sembra proprio un presepe. Date le sue dimensioni, molti sono convinti che bastino poche ore a visitarla. Una sosta veloce alla Basilica dedicata a Santa Chiara, una visita piรน approfondita di San Francesco e si pensa di aver visto tutto. Non รจ cosรฌ. Ecco perchรฉ ho deciso di dedicarle lo spazio che merita e creare un itinerario approfondito, della durata di tre giorni, per permettere al turista curioso di cogliere tutte le ricchezze che si celano tra i suoi vicoli medievali e nei sotterranei dei suoi palazzi.

Primo giorno: lโ€™Assisi romana e i principali musei della cittร 

Assisi รจ innanzitutto una cittร  romana ed รจ per questo che il percorso non puรฒ che prendere il via dalla visita dei resti di quel tempo. Partendo dalla parte piรน alta della cittร , ovvero Piazza Matteotti, รจ possibile raggiungere lโ€™anfiteatro romano, di cui oggi si puรฒ osservare la forma originaria e dove tuttโ€™intorno sorgono abitazioni di epoca medievale. Proseguendo la passeggiata e imboccando via del Torrione, si notano le rovine di un mausoleo (detto Torrione) e procedendo sempre dritto, a metร  via sulla destra, si possono scorgere, nel giardino di una proprietร  privata, alcune arcate che rappresentano i resti delle gradinate di un teatro romano. La visita prosegue verso piazza del comune, dove รจ situato il Tempio di Minerva che oggi ospita allโ€™interno la Chiesa di Santa Maria sopra Minerva. Una volta visitati gli interni, il mio suggerimento รจ quello di recarsi presso lo IAT di piazza del Comune. รˆ qui che si puรฒ prenotare lโ€™Assisi Underground, un tour guidato che porta alla scoperta del foro romano, posto proprio nei sotterranei della Piazza, e delle due Domus romane: la Domus di Properzio e la Domus del Larario. La prima si trova sotto la Chiesa della Spogliazione e vi si accede proprio passando attraverso la cripta, mentre la seconda รจ situata sotto Palazzo Giampรจ. รˆ una visita affascinante che consiglio di fare assolutamente, anche a chi non รจ appassionato di archeologia, perchรฉ le sapienti e appassionanti spiegazioni delle guide permettono di fare un vero e proprio tuffo nel passato, tra sarcofaghi, mosaici e ricche decorazioni.

 

Rocca Maggiore

 

Dopo aver dedicato parte della giornata alla visita dellโ€™Assisi romana, si puรฒ proseguire andando alla scoperta di altri due musei importantissimi per Assisi. Il primo รจ anche il monumento laico piรน visitato della cittร : la Rocca Maggiore, facilmente raggiungibile a piedi. Si tratta di una fortezza medievale costruita nel 1365 per volere del Cardinale Egidio Albornoz. Il castello, ottimamente conservato, dallโ€™alto delle sue torri offre una vista meravigliosa su tutta la vallata. Dopo una visita delle stanze interne del museo, si torna in centro, fino a raggiungere via San Francesco dove, allโ€™interno di Palazzo Vallemani, รจ situata la Pinacoteca Comunale, in cui si possono ammirare affreschi medievali e rinascimentali provenienti da edifici civili e religiosi di Assisi e dintorni. Un tempo il palazzo ospitava anche il Museo della Memoria, una mostra sui trecento ebrei salvati grazie allo spirito dellโ€™accoglienza francescana di Assisi. Da qualche anno la mostra รจ stata spostata presso il Santuario della Spogliazione.

Interno della Basilica Superiore

Secondo giorno: lโ€™Assisi di Francesco e Chiara

Lโ€™itinerario del secondo giorno inizia dalla visita dellโ€™Oratorio di San Francesco Piccolino, la piccola cappella dove si dice sia nato San Francesco. Da lรฌ, imboccando vicolo Santโ€™Antonio, si giunge alla Chiesa Nuova, costruita sui resti della casa paterna di San Francesco. Sono conservati lโ€™ingresso principale e le altre tradizionali porte della casa: quella degli ospiti e quella che immetteva al piano superiore. Si puรฒ inoltre ammirare la vecchia via della cittร , su cui si affacciava lโ€™ingresso della casa. Quella via ora รจ dedicata a Pietro di Bernardone. Una volta visitata la casa natale del poverello e prendendo Corso Mazzini, si arriva alla Basilica di Santa Chiara. Non cโ€™รจ nulla da dire, la piazza in cui si trova รจ una delle piรน belle, grazie anche allโ€™ampio belvedere che offre un paesaggio mozzafiato, soprattutto al tramonto. La Basilica di Santa Chiara, oltre a contenere le spoglie della Santa, custodisce il Crocifisso originale di San Damiano, quello che parlรฒ a San Francesco, incitandolo a lasciare la sua vita agiata per dedicarsi ai piรน deboli. La tappa successiva ci porta alla scoperta dellโ€™imponente Cattedrale di San Rufino, dedicata al primo vescovo della cittร . Allโ€™interno รจ custodito il fonte battesimale in cui furono battezzati San Francesco e Santa Chiara. Oltre al Duomo consiglio di visitare il Museo Diocesano e la Cripta di San Rufino.

In estate รจ possibile anche salire in cima alla torre campanaria, da cui si gode di uno splendido panorama sui tetti di Assisi e sulla Rocca Maggiore. Ci si puรฒ concedere una breve sosta al bar che si trova di fronte alla Cattedrale, per poi rimettersi in cammino e raggiungere la meravigliosa Basilica di San Francesco. Il mio suggerimento รจ quello di evitare di passare per le strade principali questa volta, ma di inoltrarsi nel dedalo di vicoletti che si snoda a partire da via Santa Maria delle Rose. Qui รจ possibile fare una breve visita nellโ€™omonima chiesa che dal 2000 ospita la mostra permanente Maria di Guido Dettoni. Una volta visitata lโ€™esposizione, tramite via Capobove, si torna in una delle vie principali, via San Paolo che si trasformerร  poi in via Metastasio. A un certo punto, lungo la via, sulla sinistra, si trova un grande arco con delle scalette che conducono alla Chiesa di Santa Margherita, dalla cui piazzetta si gode di una vista meravigliosa sulla Basilica di San Francesco. Una volta contemplato il paesaggio in unโ€™atmosfera cosรฌ pacifica da sembrare surreale, ci si dirige verso la chiesa che ha reso nota Assisi in tutto il mondo. Nella Basilica Superiore si ammirano affreschi di grande rilevanza, tra i piรน celebri vi sono quelli di Giotto, che raccontano la vita di San Francesco. La Basilica Inferiore รจ decorata da dipinti di alcuni tra piรน importanti pittori, come Cimabue, Lorenzetti e Sermei. Al suo interno รจ possibile visitare la tomba di San Francesco. Dopo aver visitato lโ€™intero complesso, รจ doveroso concedersi un poโ€™ di relax sotto il porticato della Piazza della Basilica Inferiore di San Francesco, provando a individuare la Basilica di Santa Maria degli Angeli tra il verde dei campi della pianura circostante che si puรฒ scorgere dalle inferriate. Sempre in questa piazza รจ presente lโ€™ufficio informazioni del Sacro Convento, punto di riferimento da tenere a mente per chi ha intenzione di partecipare ad una visita guidata della Basilica con un frate.

 

I monumenti fuori le mura

Lโ€™ultimo giorno ad Assisi, lo dedichiamo ai monumenti fuori le mura della cittร . Anchโ€™essi ci raccontano molto della vita di Francesco e Chiara. Il primo santuario da non perdere รจ lโ€™Eremo delle Carceri. รˆ qui che San Francesco si rifugiava in preghiera e si trova sulla strada che conduce al Monte Subasio, a circa 4 km dal centro storico. รˆ possibile raggiungerlo anche a piedi, prendendo il sentiero numero 350 che parte da Porta Cappuccini e arriva fino a Spello. Dopo essersi rigenerati in questo luogo mistico, ci si puรฒ dirigere verso il Santuario di San Damiano, la chiesa che venne restaurata da San Francesco e dove il santo scrisse il Cantico delle Creature. Sempre qui per un lungo periodo visse Santa Chiara. Anche questo posto รจ pervaso da unโ€™atmosfera di serenitร  e di quiete, la natura circostante fa la sua parte rendendo San Damiano unโ€™oasi di pace dove concedersi momenti di riflessione e spiritualitร . Le ultime due tappe dellโ€™itinerario non possono non includere il Sacro Tugurio di Rivotorto, luogo in cui visse San Francesco nel primo periodo della sua nuova vita e dove nacque lโ€™ordine dei frati minori, e la Basilica di Santa Maria degli Angeli. รˆ allโ€™interno di questโ€™ultima che si trova la Porziuncola, la chiesetta in cui San Francesco fondรฒ lโ€™ordine dei francescani. Vi รจ poi la Cappella del Transito dove invece il Santo morรฌ il 3 ottobre del 1226. Infine, dal chiostro si accede al Roseto, un giardino famoso per un episodio riguardante San Francesco. Pare che una notte, infatti, il Santo si rotolรฒ nudo sul roseto spinoso per sfuggire alle tentazioni del diavolo. I fiori, narra la tradizione, al contatto con il corpo del Santo persero tutte le spine cosรฌ da non arrecargli danno. Ancora oggi qui le rose nascono senza spine.
Un itinerario di questo tipo permette di conoscere a fondo la cittร  ed รจ cosรฌ che si tornerร  a casa con ricordi vividi e racconti coinvolgenti che indurranno amici e parenti a organizzare al piรน presto una gita ad Assisi.

 


La puntata precedente

Monteluco รจ il bosco sacro del monte sopra Spoleto, coperto di faggi, lecci e carpini.

Lo hanno considerato sacro i Romani e poi i benedettini, lo hanno considerato sacro i francescani e anche molte signore; ma di questo ne parleremo piรน avanti. Il monte รจ stato amato dagli eremiti, che mille anni fa arrivavano a piedi fin lassรน ed erano in stretto contatto con la natura e con il cielo.

 

Eremo di San Francesco

 

San Francesco non poteva tralasciare un luogo simile tanto che con i confratelli ha costruito un convento; poi vi passarono Michelangelo, Pirandello, il Gabibbo, la Sora Lella, Fiorenzo Fiorentini ed anche il tenore Beniamino Gigli. Non รจ necessario essere famosi per farsi prendere dal fascino del luogo.
Nel convento cโ€™รจ ancora la stanzetta dove ha dormito il poverello dโ€™Assisi, ma ci anche sono le celle dei frati che risalgono al 1218. Sono ambienti minuscoli e nudi, costruiti con una tecnica molto spartana; le pareti sono state costruite con i materiali che offriva il posto: due strati di vimini intrecciati, dentro i quali, come in un cesto, sono state versate le pietre, e sopra hanno dato una mano dโ€™intonaco. Il letto, quando cโ€™รจ, รจ un tavolaccio e il cuscino รจ un semplice pezzo di legnoโ€ฆ del resto allโ€™epoca di San Francesco si usava dormire sul duro, soprattutto quando cโ€™erano non cโ€™era altra scelta.

Tariffario delle camere

Durante la Grande Guerra

In seguito, durante la Prima Guerra Mondiale, toccรฒ ai prigionieri austriaci di costruire la strada, e da allora lโ€™eremo non รจ piรน stato tale. Nel 1921 รจ stato costruito uno chalet con camere sicuramente piรน confortevoli delle celle dei frati: talmente confortevoli da venire affittate a ore, a mezze ore e a quarti dโ€™ora; la targa allโ€™interno dellโ€™Hotel Ferretti รจ lรฌ a dimostrarlo. Era un luogo riservato in mezzo al bosco sacro, lontano da occhi indiscreti. Pochi anni dopo lo chalet divenne Hotel Ferretti e cambiรฒ la destinazione dโ€™uso. I proprietari dellโ€™hotel collezionano moto dโ€™epoca, alcune ancora funzionanti, e tra i memorabilia fa bella figura la locandina dellโ€™Estate Spoletina del 1933. Ventโ€™anni prima di Giancarlo Menotti, Spoleto aveva giร  una propensione per il festival.

Il bosco sacro

Il bosco di lecci รจ particolarmente bello e molto ben tenuto, ma descriverlo non รจ facile sapendo che Pirandello ha soggiornato lรฌ nel 1924: il confronto รจ impari. Il bosco sacro รจ gestito con molta attenzione, senza confliggere con lโ€™ecosistema.
Non cโ€™รจ sottobosco, cosรฌ le piante morte rimangono in sito per nutrire insetti, larve e quantโ€™altro: cosa che รจ determinante per il corretto mantenimento del bosco.
La gestione del bosco, cosรฌ come quella dei boschi attorno a Spoleto, รจ stata oggetto di grande cura anche in epoca romana: i Romani per istinto regolamentavano tutto, anche i boschi. Al centro del bosco sacro non puรฒ sfuggire un blocco di pietra calcarea, dove รจ incisa la inflessibile
Lex Spoletina: gli alberi potevano essere asportati, abbattuti e rimossi solo nei giorni del sacrificio a Giove, mentre per i trasgressori era prevista una multa consistente e si faceva anche obbligo di offrire un bue in sacrificio a Giove. Nel III secolo a.C. i Romani si preoccupavano di preservare il bosco.

 

Lex Spoletina all’interno del Bosco Sacro di Monteluco

Papa Francesco ha acquistato terre in Umbria? Cosรฌ sembra. Sembra, ma in realtร  si tratta di una fake news, anche se tutto lascia credere il contrario.

Terre che fino al 1860 sono state sotto la giurisdizione dello stato della Chiesa adesso sono Del Papa. Un chiarimento si impone. Del Papa รจ il nome del titolare di una societร  che si chiama Terre Del Papa, la quale ha acquistato allโ€™asta circa 300 ettari di terra nella zona del castello di Sismano, ad Avigliano Umbro. Papa Francesco non รจ della partita.

 

Quercia ballerina

 

Non รจ piรน della partita nemmeno il principe Corsini, che ha venduto allโ€™asta quelle terre che un suo antenato aveva acquistato allโ€™Asta della Candela nel 1607. Trecento ettari sono tanti e visti dallโ€™alto sembrano immensi. Il colpo dโ€™occhio si ha arrivando da un tratto della via Amerina: si esce dal bosco dopo la salita, dopo aver superato un ponte romano, dopo aver incontrato una quercia molto insolita che crede di essere un rampicante. Potenza della natura: insetti, parassiti e clima hanno trasformato una possente quercia in una gaia ballerina. Comunque, finita la salita si raggiunge la chiesetta della Mestaiola e lรฌ si apre un panorama vastissimo che spazia da Todi a Terni, dai monti Martani al Terminillo.

Una nuova coltura di olivi

Su quelle terre si costruisce il futuro per rilanciare lโ€™olio italiano. Il futuro ha lโ€™aspetto di olivi piccoli, ma innumerevoli. Del Papa ne ha fatti piantare 400.000, rigorosamente allineati, che scendono da tutti i lati delle colline. Si tratta di un nuovo cultivar che non cresce molto, rimane piccolo favorendo la raccolta delle olive con le macchine. Questo cultivar ha delle caratteristiche totalmente diverse dai tradizionali olivi umbri. Non solo รจ piccolino, ma cresce e va a frutto in due anni soltanto, perรฒ avrร  vita breve: ventโ€™anni. Il panorama umbro cambierร  molto passando dalla visione degli olivi secolari a questi giovanetti di corta esistenza. Il panorama cambierร , ma giร  tante volte รจ cambiato. Allโ€™epoca di San Francesco gli olivi erano pochi, poi a metร  Ottocento Papa Pio IX ne ha fatti piantare 362.000. Poi รจ stata la volta della vigna. Venticinque anni fa il Sagrantino era un solo un vino locale, adesso รจ diventato famoso e le vigne si sono moltiplicate. Poi cโ€™รจ stata la coltivazione estesa del tabacco, che adesso รจ molto ridotta. Insomma, lโ€™aspetto della natura selvatica e addomesticata varia con il clima e con lโ€™economia delle zone.
Questi piccoli olivi rappresentano il nuovo che avanza anche dal punto di vista dellโ€™irrigazione. Il nostro clima รจ sempre piรน secco e il sole implacabile fa evaporare lโ€™acqua dโ€™irrigazione. La societร  che gestisce queste piante ha introdotto una tecnica dโ€™irrigazione copiando quello che la natura fa giร  spontaneamente a Pantelleria. Le vigne di Pantelleria non vengono mai irrigate perchรฉ il terreno che sopra รจ polvere, venti centimetri piรน giรน รจ umido. La vigna cresce bene malgrado la siccitร  e i venti fortissimi che battono lโ€™isola.

 

Olivi Del Papa

La leggenda di Eurosia

Il terreno tra Avigliano Umbro e il Castello di Sismano si prestano a introdurre la nuova tecnica di irrigazione. Questi olivi saranno bagnati mediante sub-irrigazione, cioรจ lโ€™acqua arriverร  alla pianta da sotto terra, cosรฌ manterrร  il terreno umido e in inverno non gelerร . Lโ€™estremante nuovo si congiunge con lโ€™estremamente antico di Pantelleria.
La zona รจ inoltre ricca di leggende, in particolare quella della Mestaiola di Santa Eurosia. La cappellina che si incontra viaggiando lungo la via Amerina รจ dedicata alla santa spagnola o forse slava Eurosia.
La leggenda vuole che, mentre i Saraceni sui monti Pirenei avevano giร  cominciato a torturarla, sia scoppiato un violento temporale e un fulmine sia caduto vicino alla ragazza senza farle niente. I Saraceni si spaventarono, ma continuarono il lavoro e la decapitarono. Da allora Eurosia, divenuta santa, รจ considerata la protettrice della grandine e dei fulmini e basta dire il suo nome per sedare le tempeste. Quindi la presenza della cappellina รจ quanto mai idonea per assicurare la sopravvivenza del nuovo impianto.

La cittร  di Assisi รจ attraversata da un senso quasi tangibile di universalitร  e di apertura al mondo esterno. La storia di Assisi รจ una storia antichissima: lโ€™Asisium nellโ€™antica e potente Roma era la cittร  dei ricchi mercanti, delle ville lussuose e delle terme.

Rosone della Basilica di San Francesco

Visitare Assisi significa immergersi contemporaneamente nella storia di epoca romana e medievale, ma anche entrare nel cuore della spiritualitร  e nei luoghi dove due giovani cambiarono la storia del cristianesimo e quella dellโ€™arte.
Le antiche e monumentali chiese guidano i fedeli e i pellegrini lungo i loro viaggi e i rosoni, gli elementi piรน suggestivi delle facciate, ammaliano i visitatori grazie a semplici giochi di luci. La Basilica di San Francesco, vera e propria meraviglia architettonica della storia italiana, rappresenta lโ€™ereditร  fisica del Santo. Fu costruita nel 1228, proprio in suo onore, a soli due anni dalla morte e canonizzazione, su iniziativa di Papa Gregorio IX e dal frate Elia di Bombarone.
La basilica sorge sul Colle dellโ€™Inferno, antico nome del luogo, poichรฉ nel periodo medievale era teatro di esecuzioni capitali. Da quando San Francesco venne canonizzato, questo luogo cambiรฒ nome in Colle del Paradiso: tutto intorno infatti regna la pace e la gioia che si percepisce ha una dimensione quasi sovrannaturale.
Il grande rosone della basilica guida i visitatori non solo allโ€™interno della chiesa, con le sue altissime volte a crociera e con il famosissimo ciclo di Giotto sulla vita di San Francesco, ma รจ anche alla cripta e alla tomba del Santo.
Il rosone infatti, con i suoi 7.5 metri di diametro e 15 metri di altezza, รจ il piรน grande del centro Italia. Dalla ruota un caldo fascio di luce penetra allโ€™interno della basilica illuminando la navata. Inoltre รจ contornato dallโ€™immagine dei quattro elementi cosmici e funzionava anche come orologio solare.[1]

 

Santa Chiara

 

Un secondo eccelso rosone รจ quello presente nella facciata della Basilica di Santa Chiara, simbolo della potenza e dellโ€™immensitร  di Dio. Rispetto a San Francesco, il rosone di Santa Chiara presenta una maggiore simmetria radiale, formato com’รจ da due perfetti cerchi che si allargano verso il bordo esterno. ยซOh, donna, non temere, perchรฉ felicemente partorirai una chiara luce che illuminerร  il mondoยป.
La madre della Santa, recatasi a pregare nella cattedrale di San Rufino alla vigilia del parto, udรฌ queste parole. La bambina fu infatti chiamata Chiara e battezzata in quella stessa chiesa. Il grande rosone, quasi a protezione di tutta la basilica, sembra richiamare il nome della Santa, creando giochi di profonditร  e colorati fasci di luce. Lโ€™esterno della facciata รจ caratterizzato da tre grandi contrafforti poligonali a forma di ampi archi rampanti, che rinforzano il fianco sinistro; la facciata invece, รจ realizzata a filari di pietra locale bianca e rosa.

 

Rosone della Chiesa di San Rufino

 

I tre grandi rosoni della chiesa di San Pietro dominano la piazza antistante, dove sorgeva unโ€™antica necropoli romana. La chiesa, costruita dai benedettini nel X secolo, รจ stata rimaneggiata piรน volte fino alla ricostruzione definitiva del XIII secolo. La facciata, realizzata in pietra rossa del monte Subasio, ha una forma rettangolare; allโ€™origine culminava con un timpano che fu abbattuto dopo il terremoto del 1832.
Nel registro inferiore tre grandi portali d’ingresso accolgono i fedeli, a cui corrispondono, nella seconda fascia, i tre rosoni. Le due fasce della facciata sono tra loro divise da un cornicione ad archetti pensili. Lโ€™interno della chiesa รจ diviso in tre navate: quella centrale รจ molto alta e senza finestre proprie, ma interamente illuminata dai fasci di luce che penetrano dal rosone centrale.
Elaborati e antichi rosoni sono presenti in una chiesa che rappresenta uno dei massimi capolavori dellโ€™architettura romanica in Italia centrale: la chiesa di San Rufino. Essa infatti si affaccia in una splendida piazza, punto nevralgico e luogo di incontro del popolo e della societร  feudale del tempo. Le lesene dividono la facciata in tre parti, sottolineando che anche nello spazio interno, vi sono tre navate. La facciata รจ quindi suddivisa in tre ordini, scanditi da un finto loggiato e da cornici con archetti ciechi e pensili.
Tutto nellโ€™architettura rimanda al numero tre: tre sono infatti i portali e le lunette sovrastanti, tre i rosoni e tre i telamoni, le possenti figure maschili che sostengono, sulle loro spalle, tutto il peso del rosone.

 

Chiesa di San Pietro

 

Il bellissimo rosone, tanto grande da rappresentare tutto il popolo di Assisi, mostra delle caratteristiche decisamente particolari: composto da tre giri di ruota รจ circondato da una ghiera di fogliame. Il primo giro, composto da archetti a tutto sesto e da colonnine, รจ abbastanza comune, il secondo invece รจ assolutamente straordinario: un motivo floreale continuo ed estremamente dinamico, con calici stilizzati e con un andamento serpeggiante dei petali. A completare lโ€™elaborato rosone รจ un terzo giro di ruota ad archetti di derivazione islamica.[2] Ai lati sono presenti i quattro Evangelisti con elementi naturali del cosmo, enfatizzazione del concetto di Cristo luce e centro del mondo.


[1] L. Lametti, V. Mazzasette, N. Nardelli, Il rosone della basilica di San Francesco in Assisi. Funzione luminosa e allusioni simboliche, Gangemi Editore, 2012.โ‡‘
[2] F. Santucci, La cattedrale di San Rufino in Assisi, Editore Silvana, 1999.โ‡‘

E se il poverello di Assisi fosse stato un estimatore del buon cibo? E se, tra le tante pietanze, fosse stato goloso dei dolci? Lโ€™ipotesi non รจ cosรฌ remota, come ci dimostrano diverse fonti documentarie. Ma ciรฒ che dovremmo davvero chiederci รจ: possiamo biasimarlo?

affresco di San Francesco

San Francesco

Se รจ vero che molti dettagli del passato continuano a sfuggirci, รจ pur giusto riconoscere lโ€™impegno di molti autori nel cercare di ricostruire alcuni aspetti che possano approfondire la Storia ufficiale, come gli studi sul clima o sulle abitudini alimentari dei nostri predecessori. Apparentemente di secondaria importanza, questo tipo di scoperte stanno gettando luce sui molti punti dโ€™ombra che sospendono la linea del tempo, permettendo di guardare alle piรน grandi personalitร  del passato in maniera meno distaccata e con meno soggezione, accettando le loro idiosincrasie e debolezze di esseri umani.
Secondo le fonti agiografiche, nemmeno San Francesco, il santissimo poverello di Assisi, puรฒ esimersi da questo discorso. Sembra infatti che fosse un estimatore โ€“ pacato e moderato, certo โ€“ del buon cibo, in particolare dei dolci.

Un certo pasto, fatto di mandorle, zucchero, miele e altri ingredienti

Lโ€™aura di santitร , coadiuvata dai principi della Regola francescana, rende piuttosto difficile credere che San Francesco sia stato anche solo umano, figuriamoci immaginarlo mentre si gusta dei manicaretti alle mandorle, zucchero e miele.
Tra le diverse lettere attribuite al Santo, perรฒ, ne spicca una rivolta a una certa madonna Jacopa (o Giacomina, o Giacoma) detta dei Sette Sogli (Jacoba de septem Soliis). Come ci riporta il Trattato dei Miracoli di Tommaso da Celano (portato a termine nel 1252-1253, anche se poi scomparso fino al 1899) la donna ยซera ammirata per lโ€™illustre casato, per la nobiltร  della famiglia, per le ampie ricchezze, per la meravigliosa perfezione delle sue virtรน e per la castitร  vedovileยป[1]: insomma, non era strano che Francesco, a cui era legata anche da una profonda amicizia, chiedesse di lei prima del sopraggiungere della fine.
Ma la richiesta che il frate assisano dettรฒ nella missiva rivolta a Jacopa, vi sorprenderร  – come dโ€™altronde sorprese i fratelli che lo stavano vegliando presso Santa Maria degli Angeli. La donna avrebbe dovuto arrecare un panno di colore cinerino per coprire il corpo morente del frate, una sindone per il volto, un cuscino per il capo e un certo piatto che molte volte gli aveva offerto durante i soggiorni a Roma: il mortariolum, un trito di mandorle, zucchero, miele e altri gustosi ingredienti[2].
La storia vuole che Jacopa sia giunta dal moribondo Francesco con tutto quello che questi aveva richiesto senza perรฒ aver mai ricevuto la lettera: รจ qui che sta il prodigio ed รจ qui che tutte le fonti che ne parlano concordano โ€“ non solo il sopracitato Trattato dei Miracoli, ma anche le Considerazioni sulle Stimmate[3], cioรจ la raccolta dei Fioretti del Santo, e Specchio di Perfezione[4], una compilazione della vita di Francesco datata 1318. Grazie a questโ€™ultima, sappiamo che Francesco, ormai privo di forze, di questo mortariolum riuscรฌ a mangiarne ben poco.

Ma che cosโ€™era questo dolce per il quale Francesco stravedeva?

Franco Cardini, ne Lโ€™appetito dellโ€™imperatore[5], cerca di ricostruirne lโ€™etimo, sebbene tale percorso a ritroso sia piuttosto incerto: mortariolum, esattamente come in mortadella o nel francese mortier, indicherebbe un cibo i cui ingredienti vengono a lungo pestati e amalgamati col mortaio. Nei documenti sopracitati, mortariolum diventa mostacciolo, un biscotto secco presente in diverse regioni dโ€™Italia ma che, in Umbria, accompagna tradizionalmente le celebrazioni dedicate ai morti.

Madonna Jacopa

Bisogna perรฒ considerare due dettagli importanti: il primo รจ che la preparazione nostrana trae il proprio nome non tanto dal mortaio, quanto dal mosto di vino bianco che ne bagna lโ€™impasto di farina e semi di anice. Il secondo riguarda invece madonna Jacopa, la donna a cui Francesco fa lโ€™insolita richiesta, che appartiene a una nobile famiglia romana: รจ piรน probabile, quindi, che quelli richiesti da Francesco siano gli antenati di quei biscotti a base di farina, frutta secca, pepe, cannella, miele e albumi che tuttora si preparano nella Capitale.

Nella sua ricostruzione romanzata, Cardini immagina invece che i dolcetti tanto agognati da Francesco siano simili ai ricciarelli senesi, frutto di un impasto in cui spicca un trito di mandorle, zucchero semolato e altri ingredienti.
Se il lettore ci accordasse una licenza, ci piacerebbe perรฒ pensare โ€“ prendendo anche spunto dal titolo dellโ€™episodio narrato da Cardini, Profumo dโ€™aranci โ€“ che il Santo assisano, al giungere di Jacopa, si sia inebriato dellโ€™odore di quella buccia dโ€™arancia tagliata a dadini che arricchisce โ€“ assieme a uvetta, olio dโ€™oliva e lievito – unโ€™altra versione della ricetta dei mostaccioli, quei biscotti che tanto deliziano le tavole umbre nel periodo invernale.

 


[1] Cfr. http://www.santuariodelibera.it/FontiFrancescane/framemiracoli.htmโ‡‘
[2] ยซDe illa commestione, quam pluries fecit michi, cum fui apud Urbemโ€ฆ Illa autem comestionem vocant Romani mortariolum, que fit de amigdalis et zucaro vel mellea et aliis rebusยป. Compilatio Assisiensis vol. 8, a cura di E. Menestรฒ, in Fontes Franciscani, Assisi, 1995.โ‡‘
[3] Cfr. http://www.sanpiodapietrelcina.org/stimmatesanfrancesco.htmโ‡‘
[4] http://www.ofs-monza.it/files/specchiodiperfezione.pdfโ‡‘
[5] Lโ€™appetito dellโ€™imperatore, F. Cardini, Mondadori, Milano, 2014. Il libro si inquadra nella fiction storica in quanto, partendo da fatti storici, lโ€™autore aggiunge elementi verosimili e storicamente plausibili che perรฒ non hanno evidenze documentarie. Nel caso di Profumo dโ€™aranci, il racconto dedicato a San Francesco, Cardini parte dallโ€™incontro โ€“ plausibile, ma non attestato dalle fonti โ€“ tra il Cardinale Ugolino dโ€™Ostia ed Elia da Cortona, scossi dalla morte del frate assisano come della richiesta che questโ€™ultimo aveva fatto in punto di morte.โ‡‘

Nei momenti piรน bui della sua storia, quando imperiali e Chiesa si fronteggiavano e mentre i condottieri costruivano castelli e massacravano gli avversari, lโ€™Umbria ha partorito due grandi figure che sono agli antipodi rispetto alla violenza che era attorno a loro: San Francesco e Jacopone da Todi.

Un santo e un mistico. Due uomini che attraverso la sofferenza hanno scritto e parlato di pace, di intima serenitร  e di povertร . Se di San Francesco si รจ scritto e visto tanto, del poeta di Todi si sa tanto e niente. Entrambi si sono scontrati con un papa. Innocenzo III approva la regola di San Francesco, Bonifacio VIII non sopporta le critiche. Prima scomunica Jacopone e poi lo costringe a un’orrenda prigionia. Cinque anni di carcere durissimo, da cui esce ferito nel corpo ma pacificato nello spirito.
Jacopone รจ un poeta come San Francesco ed entrambi, prima di Dante, hanno usato il volgare italiano con risultati elevatissimi. Jacopone si รจ servito della poesia per esprimere la sua relazione personale con Dio. Molti ricordano i versi struggenti tratti dal Pianto della Madonna ai piedi della croce:

O figlio figlio figlio
amoroso giglio,
โ€ฆ
figlio bianco e vermiglio
figlio senza simiglio
figlio a chi mโ€™appiglio.

 

Tutti amavano la sua poesia, ma il tempo ha calato su di lui un velo di silenzio. Il silenzio รจ durato trecento anni e finalmente con lentezza cโ€™รจ stato il risveglio. Dopo il Todi International Music Master, il Todi Festival e la mostra dedicata ad Ayrton Senna, Todi ha dedicato un ciclo di conferenze alla scoperta della veritร  su Jacopone. O meglio, la veritร  su dove รจ morto, nellโ€™Abbazia di San Lorenzo a Collazzone e su chiostro della chiesa di San Fortunato, dove รจ stato tenuto prigioniero. Sembra che abbia soggiornato anche nel convento di Montesanto.
Jacopone era uno spilungone: era magro e lungo – da cui il soprannome – e si vestiva da bizzoco francescano: indossava cioรจ il saio da terziario francescano. In un’immagine รจ raffigurato in ginocchio, in meditazione, davanti allโ€™immagine di Cristo e senza aureola. Jacopone non รจ stato fatto santo perchรฉ la chiesa non ha mai perdonato la scomunica che gli era stata inflitta da Bonifacio VIII, il papa che peraltro sgambettava a testa in giรน nellโ€™Inferno di Dante.

Fra pochi giorni รจ Natale, la festa di tutti, ma che ognuno lo festeggia a modo suo. Nei paesi di lingua tedesca si fa lโ€™albero e si accendono le quattro candele dellโ€™Avvento. Ancora piรน a nord, dove la notte รจ molto lunga, dietro ogni finestra sono posizionate delle luci che, riflettendosi sulla neve, rendono la notte meno buia. Londra Parigi e New York sfoggiano luminarie sempre piรน belle. A Piazza San Pietro, a Roma, si rispettano tutte le tradizioni, cioรจ presepe e albero.

Qui sullโ€™altopiano, invece, domina il presepe, che si fa in vari modi. A Massa Martana, limite sud dellโ€™altopiano, si allestiscono presepi fatti con ogni tipo di materiale, ghiaccio compreso. Provengono da tutte le regioni dโ€™Italia e non solo, sono tradizionali e modernissimi, classici e astratti. Il castello รจ la cornice suggestiva dentro cui si aprono i locali dei presepi. Ogni vicolo e ogni slargo ha qualcosa di natalizio da mostrare.

Il presepe vivente di Marcellano

In un altro castello si fa il presepe vivente. Si deve andare a nord dove si incontra lโ€™ultimo castello dellโ€™altopiano che รจ Marcellano, ultimo possedimento orientale di Todi che ancora conserva lโ€™aquila tuderte. Se ci andate, cercatela! Il borgo risale ai primi del 1200, รจ piccino, graziosissimo e tutto costruito allโ€™interno del castello. Sono ormai trentโ€™ anni che Marcellano mette in scena il presepe vivente, un evento che richiama un pubblico sempre piรน numeroso.
Lโ€™azione coinvolge tutti gli abitanti di Marcellano che, allโ€™interno del castello, ricostruiscono la vita al tempo di Gesรน a lume di candela, con una piccola aggiunta di dolcetti deliziosi.
Poi, quando si fa notte, le attivitร  commerciali si fermano e sul sagrato della chiesa inizia la sacra rappresentazione. Tutto ciรฒ che dice il Vangelo viene messo in scena, partendo dallโ€™Annunciazione. I turisti sono pigiati davanti alla chiesa, quando si comincia a sentire una musica dolce: sulle note della Barcarola di Offenbach lโ€™azione si sposta nella valletta. Laggiรน si รจ illuminata la grotta con i personaggi principali: Maria, Giuseppe e il Bambinello.
I turisti sono ancora fermi in paese quando appare la stella cometa che, gracchiando, scende lungo un filo fino alla grotta e guida la strada ai Magi. I re magi, elegantissimi e a cavallo, vanno a rendere omaggio a Gesรน Bambino e a portare i loro doni preziosi. Solo adesso i turisti possono muoversi e scendere. Lรฌ nella grotta, al freddo e al gelo, cโ€™รจ lโ€™ultimo nato dellโ€™anno, accuratamente coperto contro il freddo e sempre molto elegante per celebrare un onore che puรฒ capitare una sola volta nella vita.

 

Il presepe di Marcellano

La magia delle laudi del 1200

Natale perรฒ รจ caratterizzato anche dai canti. Quelli americani dominano, ma lโ€™Italia ha canti antichi e belli che non hanno venduto milioni di dischi, ma che hanno attraversato i secoli. Questi canti sono le laudi, nate in Umbria attorno al 1200 e ancora cantate e ascoltate, soprattutto in Umbria.
Se 5.000 persone per un concerto vi sembrano poche, starete sicuramente pensando ai concerti di Vasco Rossi. Ma se pensate che 5.000 persone si sono radunate per ascoltare il Coro Polifonico Mยฐ Tommaso Frescura, diretto dal prof. Emore Paoli, vi renderete conto che รจ unโ€™enormitร .
Si sono riuniti per ascoltare le laudi del 1200 e i canti popolari umbri, una musica cosรฌ di nicchia che di solito si rivolge a un pubblico specializzato. Quindi, per traslato, gli Umbri sono musicalmente molto colti. Di certo molti di essi, anche se non tutti e 5.000.
Accade che il prof. Paoli, umbro DOC, abbia coinvolto in unโ€™avventura raffinata gli abitanti del suo paese, proprio quel Marcellano dove si mette in scena il presepe vivente. Egli ha dato nuovamente vita alla musica umbra, quella del territorio, ancor prima di Umbria Jazz.
La laude italiana รจ sia religiosa sia popolare e si รจ tramandata nei secoli quasi inalterata. Da qui lโ€™interesse di tante persone che ricordano canti sentiti in gioventรน, mente i giovani ascoltano curiosi i suoni e le parole di un passato che รจ dietro le loro spalle. Quel passato cosรฌ lontano invece รจ vicino, anzi vicinissimo. Infatti, cโ€™รจ una laude che prende origine dai Fioretti di San Francesco, che sicuramente lโ€™ha cantata e danzata quando andava in giro per il mondo. La laude in questione lโ€™abbiamo cantata anche noi, in gita, ma anche in chiesa; รจ stata suonata con lโ€™armonica, con le chitarre e cantata con cori non particolarmente intonati.
Il primo รจ stato Claudio Baglioni nel film che Zeffirelli ha girato sulla storia di San Francesco: Fratello sole e sorella luna erano sia il titolo del film che della canzone. Lโ€™ha scritta Riz Ortolani appositamente per il film. Ma Riz Ortolani era un uomo colto che conosceva le laudi del 1200 e ha rielaborato proprio quella di San Francesco.
Se Fratello sole e sorella luna รจ famosissima, le laudi natalizie riservano a loro volta delle sorprese. Sentendole si ritrova lโ€™Italia dei pastori, dei presepi e degli zampognari con le cioce. Un piccolo piacere che il prof. Paoli regala ogni anno durante le feste di Natale e Capodanno tenendo un concerto sullโ€™altopiano.

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