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E se il poverello di Assisi fosse stato un estimatore del buon cibo? E se, tra le tante pietanze, fosse stato goloso dei dolci? Lโ€™ipotesi non รจ cosรฌ remota, come ci dimostrano diverse fonti documentarie. Ma ciรฒ che dovremmo davvero chiederci รจ: possiamo biasimarlo?

affresco di San Francesco

San Francesco

Se รจ vero che molti dettagli del passato continuano a sfuggirci, รจ pur giusto riconoscere lโ€™impegno di molti autori nel cercare di ricostruire alcuni aspetti che possano approfondire la Storia ufficiale, come gli studi sul clima o sulle abitudini alimentari dei nostri predecessori. Apparentemente di secondaria importanza, questo tipo di scoperte stanno gettando luce sui molti punti dโ€™ombra che sospendono la linea del tempo, permettendo di guardare alle piรน grandi personalitร  del passato in maniera meno distaccata e con meno soggezione, accettando le loro idiosincrasie e debolezze di esseri umani.
Secondo le fonti agiografiche, nemmeno San Francesco, il santissimo poverello di Assisi, puรฒ esimersi da questo discorso. Sembra infatti che fosse un estimatore โ€“ pacato e moderato, certo โ€“ del buon cibo, in particolare dei dolci.

Un certo pasto, fatto di mandorle, zucchero, miele e altri ingredienti

Lโ€™aura di santitร , coadiuvata dai principi della Regola francescana, rende piuttosto difficile credere che San Francesco sia stato anche solo umano, figuriamoci immaginarlo mentre si gusta dei manicaretti alle mandorle, zucchero e miele.
Tra le diverse lettere attribuite al Santo, perรฒ, ne spicca una rivolta a una certa madonna Jacopa (o Giacomina, o Giacoma) detta dei Sette Sogli (Jacoba de septem Soliis). Come ci riporta il Trattato dei Miracoli di Tommaso da Celano (portato a termine nel 1252-1253, anche se poi scomparso fino al 1899) la donna ยซera ammirata per lโ€™illustre casato, per la nobiltร  della famiglia, per le ampie ricchezze, per la meravigliosa perfezione delle sue virtรน e per la castitร  vedovileยป[1]: insomma, non era strano che Francesco, a cui era legata anche da una profonda amicizia, chiedesse di lei prima del sopraggiungere della fine.
Ma la richiesta che il frate assisano dettรฒ nella missiva rivolta a Jacopa, vi sorprenderร  – come dโ€™altronde sorprese i fratelli che lo stavano vegliando presso Santa Maria degli Angeli. La donna avrebbe dovuto arrecare un panno di colore cinerino per coprire il corpo morente del frate, una sindone per il volto, un cuscino per il capo e un certo piatto che molte volte gli aveva offerto durante i soggiorni a Roma: il mortariolum, un trito di mandorle, zucchero, miele e altri gustosi ingredienti[2].
La storia vuole che Jacopa sia giunta dal moribondo Francesco con tutto quello che questi aveva richiesto senza perรฒ aver mai ricevuto la lettera: รจ qui che sta il prodigio ed รจ qui che tutte le fonti che ne parlano concordano โ€“ non solo il sopracitato Trattato dei Miracoli, ma anche le Considerazioni sulle Stimmate[3], cioรจ la raccolta dei Fioretti del Santo, e Specchio di Perfezione[4], una compilazione della vita di Francesco datata 1318. Grazie a questโ€™ultima, sappiamo che Francesco, ormai privo di forze, di questo mortariolum riuscรฌ a mangiarne ben poco.

Ma che cosโ€™era questo dolce per il quale Francesco stravedeva?

Franco Cardini, ne Lโ€™appetito dellโ€™imperatore[5], cerca di ricostruirne lโ€™etimo, sebbene tale percorso a ritroso sia piuttosto incerto: mortariolum, esattamente come in mortadella o nel francese mortier, indicherebbe un cibo i cui ingredienti vengono a lungo pestati e amalgamati col mortaio. Nei documenti sopracitati, mortariolum diventa mostacciolo, un biscotto secco presente in diverse regioni dโ€™Italia ma che, in Umbria, accompagna tradizionalmente le celebrazioni dedicate ai morti.

Madonna Jacopa

Bisogna perรฒ considerare due dettagli importanti: il primo รจ che la preparazione nostrana trae il proprio nome non tanto dal mortaio, quanto dal mosto di vino bianco che ne bagna lโ€™impasto di farina e semi di anice. Il secondo riguarda invece madonna Jacopa, la donna a cui Francesco fa lโ€™insolita richiesta, che appartiene a una nobile famiglia romana: รจ piรน probabile, quindi, che quelli richiesti da Francesco siano gli antenati di quei biscotti a base di farina, frutta secca, pepe, cannella, miele e albumi che tuttora si preparano nella Capitale.

Nella sua ricostruzione romanzata, Cardini immagina invece che i dolcetti tanto agognati da Francesco siano simili ai ricciarelli senesi, frutto di un impasto in cui spicca un trito di mandorle, zucchero semolato e altri ingredienti.
Se il lettore ci accordasse una licenza, ci piacerebbe perรฒ pensare โ€“ prendendo anche spunto dal titolo dellโ€™episodio narrato da Cardini, Profumo dโ€™aranci โ€“ che il Santo assisano, al giungere di Jacopa, si sia inebriato dellโ€™odore di quella buccia dโ€™arancia tagliata a dadini che arricchisce โ€“ assieme a uvetta, olio dโ€™oliva e lievito – unโ€™altra versione della ricetta dei mostaccioli, quei biscotti che tanto deliziano le tavole umbre nel periodo invernale.

 


[1] Cfr. http://www.santuariodelibera.it/FontiFrancescane/framemiracoli.htmโ‡‘
[2] ยซDe illa commestione, quam pluries fecit michi, cum fui apud Urbemโ€ฆ Illa autem comestionem vocant Romani mortariolum, que fit de amigdalis et zucaro vel mellea et aliis rebusยป. Compilatio Assisiensis vol. 8, a cura di E. Menestรฒ, in Fontes Franciscani, Assisi, 1995.โ‡‘
[3] Cfr. http://www.sanpiodapietrelcina.org/stimmatesanfrancesco.htmโ‡‘
[4] http://www.ofs-monza.it/files/specchiodiperfezione.pdfโ‡‘
[5] Lโ€™appetito dellโ€™imperatore, F. Cardini, Mondadori, Milano, 2014. Il libro si inquadra nella fiction storica in quanto, partendo da fatti storici, lโ€™autore aggiunge elementi verosimili e storicamente plausibili che perรฒ non hanno evidenze documentarie. Nel caso di Profumo dโ€™aranci, il racconto dedicato a San Francesco, Cardini parte dallโ€™incontro โ€“ plausibile, ma non attestato dalle fonti โ€“ tra il Cardinale Ugolino dโ€™Ostia ed Elia da Cortona, scossi dalla morte del frate assisano come della richiesta che questโ€™ultimo aveva fatto in punto di morte.โ‡‘

Terzo posto, nella categoria Associazioni, per Argo – associazione culturale nata alla fine del 2007 โ€“ nel concorso “Turismo slow: raccontare per promuovere lโ€™Umbria. Economia e cultura, il futuro รจ digitale” per il progetto “TV di comunitร  2019”, indetto da CO.RE.COM Umbria.

Il bando richiedeva contenuti audiovisivi che si focalizzassero sulle bellezze che ospita il territorio umbro. Al tempo stesso perรฒ i video dovevano veicolare il concetto di turismo slow, una forma di turismo che mira a unโ€™esperienza turistica totalizzante, che presupponga piรน profonde interazioni con il territorio visitato e i suoi abitanti, senza limitarsi a visite passive e circoscritte alle sole principali attrazioni di quel determinato luogo. Sono stati sedici i video e sei i podcast narrativi per promuovere il turismo lento in Umbria tra i giovani, presentati dalle emittenti televisive, radiofoniche e associazioni.

Due i video vincitori presentati da Argo,ย Un fantasma a Perugia e 2135: edizione straordinaria. Due cortometraggi dal sapore agrodolce, che mettono in luce l’uno la velocitร  con la quale si vive oggi, incuranti del bello che si ha intorno, e l’altro un pianeta distrutto e popolato solo da uomini-animali, in un lontano 2135.

Un fantasma a Perugia

 

Un fantasma buono si aggira per le vie di Perugia. Spazza i vicoli quasi danzando, pulisce le giacche di chi sorseggia con gusto un caffรจ al bar, raccoglie le sporcizie dei turisti troppo fast e troppo poco attenti a godere della bellezza che hanno intorno. Il video รจ stato realizzato con la collaborazione del noto regista cinematografico Daniele Ciprรฌ.

2135: edizione straordinaria

 

Marsciano, Pianeta Terra, 2135. Gli esseri umani sono per metร  animali a causa di mutazioni genetiche provocate dalle nefandezze dell’uomo e ricordano con ironia e amarezza i tempi che furono. Il video รจ stato realizzato dal regista Stefano Domenichetti Carlini.

Tre monumenti che raccontano la storia dell’Umbria, artisti che hanno lasciato il segno e una loro opera da ammirare.

Perugia

Perugia era in festa. Il tricolore sventolava ovunque. Viva lโ€™Italia, viva Vittorio Emanuele II. In realtร  i perugini facevano festa perchรฉ era stato spazzato via lโ€™opprimente e asfissiante Stato Pontificio, che per 400 anni aveva dominato sulla cittร . Lโ€™avvenimento andava celebrato, allora i perugini pensarono che la cosa migliore sarebbe stata quella di dedicare una statua equestre al padre della Patria, cioรจ Vittorio Emanuele II โ€“ primo re dโ€™Italia. Il delicato incarico fu affidato allo scultore Giulio Tadolini, nipote di quellโ€™Adamo Tadolini che era stato lโ€™allievo prediletto di Canova. Lo studio di Tadolini รจ diventato da qualche anno un simpatico caffรจ a Via del Babbuino a Roma dove il contratto di affitto tra Antonio Canova e Adamo Tadolini รจ in bella vista e i tavolini si mescolano alla gipsoteca. Sorprendentemente, entrando nel caffรจ, ci si trova sovrastati dalla statua del re a cavallo. รˆ il gesso definitivo dellโ€™opera di Perugia.
Lo scultore ha eseguito lโ€™opera nei modi e nelle forme tipiche della fine dellโ€™Ottocento che celebravano il mito di un re elegante e snello, mentre in realtร  era piccoletto e grasso. Il monumento รจ stato messo al centro della piazza dal nome piรน ovvio: piazza Italia. Adesso giace in mezzo ai giardini ignorato da tutti. Un padre dimenticato.

 

Vittorio Emanuele II

Statua dedicata a Vittorio Emanuele II a Perugia

Terni

ยซLโ€™acciaio e la ghisa sono il futuroยป dicevano nel 1886. Un futuro di ponti e stazioni, con la Tour Eiffel come simbolo. Tutti parlavano di pace, tutti si armavano e i Krupp si arricchivano. Lโ€™Italia aveva molte guerre da combattere quindi si doveva armare. Cโ€™era urgenza di fare navi corazzate e armi da Marina. Il luogo ideale per installare lโ€™industria di guerra e quindi le fonderie del ferro, doveva essere lontano dai confini e dalle coste.

Il Grande Maglio di Terni

La scelta รจ caduta su Terni, la cittร  dโ€™Italia piรน lontana dai confini. Le Alpi sono a 500 km, il mare รจ lontano sia a destra sia a sinistra. Quindi, nel 1886, era un luogo al riparo dalle invasioni, dai cannoneggiamenti dal mare e abbastanza vicino a Roma per difenderla. Gli aerei erano di lร  da venire.
E allora via con le fonderie, le piรน moderne ed efficienti del momento. Le fonderie di Terni sono il fiore allโ€™occhiello dellโ€™industria di settore. Cโ€™รจ bisogno di uomini, venite gente venite! A migliaia lasciano la campagna per andare a lavorare in fabbrica. Terni passa rapidamente da 10.000 a 25.000 abitanti. In acciaieria il lavoro perรฒ รจ durissimo. Si passa dalla temperatura altissima degli altiforni a quella gelida dei laminatoi. Si sprigionano vapori e fumi. Poi cโ€™รจ il rumore possente del grande maglio. Il maglio รจ un enorme martello che appiattisce un lingotto di acciaio da 1000 tonnellate fino a spianarlo in lamina sottile. Quando il grande maglio scendeva, vibrava tutta la zona, il rumore risaliva anche le colline. Quel mostro da 500 tonnellate era venerato come un dio. Per lui avevano costruito un elegante padiglione a cupola, grande quanto il Pantheon, con una base speciale che poteva resistere ai colpi senza sprofondare. Si cercava lโ€™eleganza anche nellโ€™industria pesante. Poi รจ finito tutto. รˆ rimasto solo un maglio, piccolino, che lavorava a fianco del grande collega e i ternani, per ricordare quel periodo entusiasmante, lo hanno conservato e collocato in cittร , dove lo vedono i cittadini e i viaggiatori di passaggio.
Chi arriva in treno, uscendo dalla stazione se lo trova davanti verde, giallo e grigio. Adesso non fa piรน impressione, il terreno non vibra, il maglio sta lรฌ fermo in mezzo alla piazza e pochi sanno cosa ha rappresentato quella montagna di ferro.

 

Teodelapio di Spoleto

Spoleto

Dallโ€™archeologia industriale passiamo allโ€™ultramoderno che guarda al passato, ma sempre davanti alla stazione. La statua ha un nome particolare, si chiama Teodelapio. รˆ un insieme di lastre dโ€™acciaio e di ferro verniciato di nero e si ispira ai duchi longobardi che hanno dominato Spoleto per secoli e, in particolare, proprio al duca Teodelapio.
Lโ€™artefice รจ stato Calder, lโ€™artista americano della leggerezza, lโ€™artista dei mobile – le sculture in movimento – quelle che, con soffio leggero, girano su sรฉ stesse. Questa volta non รจ la scultura a muoversi, ma il mondo che ha attorno. Si muovono i treni, si muovono le macchine, si muovono le persone, si agitano gli alberi, si muove il pensiero che segue a ritroso la storia. La scultura sembra un grande cavallo con freccia, ma rappresenta un cavallo longobardo con la corona irta di punte come quella che indossava Teodelapio. Calder ebbe lโ€™incarico di creare una scultura per Spoleto nel 1962, quando il Festival era agli inizi e Giancarlo Menotti riuniva attorno a sรฉ il meglio della cultura mondiale e lavorare per Spoleto era un privilegio. La scultura รจ stata realizzata con lastre dโ€™acciaio per scafi che purtroppo non provenivano dalle acciaierie di Terni, ormai fuori gioco, bensรฌ dallโ€™Italsider di Savona. Tutto passa e tutto si trasforma.

 


Bibliografia

G. Papuli, Il grandeย maglio di Terni, 1980.

Combattere lโ€™influenza รจ possibile: lo dice anche la scienza, suggerendo, come alleata, la dieta mediterranea, baluardo di unโ€™alimentazione varia, equilibrata e rispettosa della stagionalitร .

Composta principalmente da frutta, verdura, legumi, cereali integrali, noci, pesce, olio dโ€™oliva e basso contenuto di carne rossa, dolci e latticini, la MedDiet รจ stata recentemente oggetto di uno studio, pubblicato dal Journal of Nutritional Biochemistry, che individua il ruolo fondamentale dei microrganismi intestinali nella salute del sistema immunitario, concludendo che proprio tale dieta sia in grado di aumentare e mantenere la loro capacitร  antinfiammatoria.

Olio, alimento medicinale

Recenti studi scientifici hanno inoltre dimostrato che varie fonti alimentari di origine naturale siano in grado di rafforzare le capacitร  del sistema immunitario, schierato in prima linea contro le infezioni e le malattie infettive causate da virus e batteri; tra queste spicca lโ€™olio extravergine dโ€™oliva o EVO, elemento principale della dieta mediterranea, i cui composti fenolici dalle proprietร  antinfiammatorie, antimicrobiche, antibatteriche e antivirali, gli hanno valso lโ€™appellativo di super food. Un alimento fondamentale per lโ€™uomo, al punto che la Food and Drug Administration, lโ€™agenzia statunitense che si occupa dei controlli dei farmaci e degli alimenti, lo ha promosso di grado, dichiarando alimento medicinale esattamente 6 diverse cultivar dโ€™olivo, ben 4 italiane – Coratina, Ogliarola, Maurino e Moraiolo.

 

Un risultato davvero straordinario per il nostro Paese – che conta piรน di 500 cultivar sulle 2.000 mondiali – ma anche per lโ€™Umbria che, dopo il riconoscimento della FAO, guarda con orgoglio al Moraiolo, la sua cultivar prevalente, specie laddove varietร  ed escursione termica rendono lโ€™EVO DOP ricco di sostanze fenoliche. Unโ€™Umbria, che negli anni, ha saputo impiegare al meglio le sue capacitร , intensificando lโ€™agricoltura biologica (cereali, leguminose, vite e olivo) e quella biodinamica, che vieta lโ€™uso di sostanze chimiche, fa attenzione ai fertilizzanti, e recupera le tradizioni delle fasi lunari e del miglioramento biochimico e biologico del suolo. Ma la grande conquista che nel Centro Italia vede primeggiare proprio lโ€™Umbria รจ la tecnica di spremitura a freddo: un procedimento di estrazione dellโ€™olio che lavora a temperature inferiori ai 27ยฐC, garantendo qualitร  superiore, aroma intensificato e conservazione migliore, esaltando le caratteristiche organolettiche dellโ€™olio e dellโ€™olivo. Come del Moraiolo: tenace, amante dellโ€™altitudine, capace di resistere tanto al freddo e al terreno di breccia calcarea, quanto allโ€™aggressivitร  di virus e batteri!

Un sentito addio al professor Valerio Di Carlo, presidente della Fondazione Loreti, con la quale โ€“ in passato – abbiamo collaborato nel progetto โ€œFoodyland, la cittadella del ciboโ€. Grande affetto e profonda stima ci legava al professore e lui stesso apprezzava il nostro lavoro e la rivista AboutUmbria Collection, che collezionava con passione.

Si รจ spento ieri sera allโ€™etร  di 81 anni nellโ€™ospedale San Raffaele di Milano il prof. Valerio Di Carlo: il coronavirus (Covid-19), aggiunto a patologie concomitanti pregresse, non gli ha lasciato scampo. Unโ€™immensa perdita per la Fondazione Loreti e per tutti i suoi collaboratori. Tante in queste ore le dimostrazioni di affetto e di stima pubblicate sui social network e sul suo profilo Facebook, tanti i riconoscimenti verso la persona e il medico che รจ riuscito ad essere per i suoi pazienti e per i suoi allievi, unico e insostituibile.

 

prof. Valerio Di Carlo

Professor Valerio Di Carlo

La Fondazione e i tanti progetti

Intitolata al dottor Giulio Loreti, la Fondazione nata nel 2000 si prodiga e offre assistenza medica gratuita a chiunque non sia in grado di sostenere i costi per visite specialistiche o strumentali, progetta e realizza iniziative sociosanitarie, di prevenzione ed educazione alla salute. Con una grande carriera medica e specialistica alle spalle come lโ€™aver fondato il reparto di chirurgia allโ€™ospedale San Raffaele di Milano, nella cui Universitร  Vita-Salute era Professore Emerito in chirurgia generale, nel 2011 il prof. Di Carlo era stato nominato dal fratello di Giulio, Sandro Loreti, Presidente della Fondazione impegnandosi in prima linea nel portare avanti progetti di alto valore, due a cui teneva particolarmente dedicati alla prevenzione dellโ€™obesitร  e del diabete di tipo 2.

I progetti avviati sotto la sua presidenza sono vari e tutti hanno una connotazione comune: prendersi cura della persona oltrechรฉ del paziente. Ricordiamo a tal proposito lโ€™organizzazione di convegni scientifici; di eventi sullโ€™educazione alimentare (Foodyland la cittadella del cibo); lโ€™inserimento lavorativo di utenti provenienti dal Ceis di Spoleto; il Progetto Case autonome i cuiย  beneficiari sono utenti del Centro di Salute Mentale di Spoleto;ย  i Cineforum tematici presso la Fondazione;ย  il progetto di promozione della lettura denominato Crossing Book Process con lโ€™installazione di due biblioteche, una presso la Fondazione e una nella piazza principale del Comune di Campello sul Clitunno; il progetto intergenerazionale per contrastare la solitudine degli anziani denominato Diamoci una mano; e lโ€™ultimo progetto a cui ha lavorato e che รจ in fase di attuazione, dedicato alla prevenzione precoce del tumore della mammella.

Autore di oltre 400 pubblicazioni, aprendo la strada della chirurgia a piรน ampi orizzonti ha concentrato parte della sua attivitร  scientifica sul trapianto di rene, di pancreas e sulle isole pancreatiche nei pazienti diabetici; ciรฒ gli valse nel 1998 dallโ€™allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro il conferimento del titolo di Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica. Inoltre, รจ stato proprio grazie al prof. Di Carlo che per questo tipo di patologie oggi lโ€™Istituto Scientifico San Raffaele รจ considerato un centro di eccellenza e di riferimento in Italia ed in Europa.

Tradusse la sua umanitร  e generositร  verso il prossimo nel libro Lโ€™anima del medico dove impartรฌ lโ€™insegnamento piรน importante che va oltre la scienza e la tecnica: saper guardare oltre, amare.

Nonostante la stanchezza degli ultimi anni ai pazienti oncologici non ha mai sottratto la presenza, ma anzi fino allโ€™ultimo si รจ preso cura di loro offrendo consulenze e speranza.

Non potendo celebrare il funerale, secondo le disposizioni del decreto 8 marzo 2020 e successive integrazioni, la Fondazione auspica di poter celebrare una commemorazione in un futuro prossimo per poter accogliere il dolore ed elaborarlo, un sentimento che รจ ora accentuato dallo stato di vulnerabilitร  a cui lโ€™emergenza sanitaria in atto ci sottopone.

A Irkutsk, capitale della Russia siberiana, ha avuto luogo il Forum Internazionale per la conservazione dell’architettura di legno, La cittร  vecchia nel mondo nuovo. Ha partecipato all’evento, come apprezzato relatore, il professor Emidio De Albentiis, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Perugia.

Dal nome quasi impronunciabile, per chi non ha confidenza con la lingua russa, Irkutsk รจ una cittร  della Russia siberiana con circa seicentomila abitanti, a oltre 5.000 km da Mosca e a poca distanza dal suggestivo lago Bajkal. Fondata a metร  del XVII secolo, negli anni ha avuto un notevole sviluppo urbanistico.
Nella capitale siberiana, dove le temperature invernali vanno ben oltre i venti gradi sottozero, le case venivano costruite in legno ed erano talmente graziose che Irkutsk venne definita la Parigi della Siberia.

 

Edifici lignei di Irkutsk

 

Oggi, molti di questi edifici lignei sono in pericolo di scomparsa. A tal proposito, il 25 e 26 ottobre 2019 รจ stato organizzato a Irkutsk un Forum Internazionale denominato La cittร  vecchia nel nuovo mondo per la conservazione e il recupero in ambiente urbano dell’architettura di legno e per ottimizzare il supporto delle istituzioni, affinchรฉ si tuteli al meglio lo storico patrimonio ligneo che altrimenti rischierebbe di andare perduto.
L’evento รจ stato organizzato dalla fondazione di beneficenza L’ereditร  dei mecenati di Irkutsk, con il patrocinio della Fondazione del Presidente della Federazione Russa, della Camera Civica della Federazione Russa e della Camera Civica di Irkutsk.
Importante relatore della manifestazione il professor Emidio De Albentiis, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Perugia. Il suo atteso e sperato intervento รจ stato possibile tramite i buoni uffici tra Marina Sereda di Ars Cultura – nonchรฉ guida turistica russa in Italia – e Marina Levada, della sopra menzionata fondazione siberiana.

 

Emidio De Albentiis e di Marina Levada

 

Il loro partenariato รจ nato in occasione della mostra fotografica Finestre di Irkutsk – Porte di Venezia ospitata, qualche tempo fa, nella cittadina umbra di Deruta e in questi giorni esposta a Irkutsk.
Come esperto internazionale, il professor Emidio De Albentiis ha partecipato con la relazione: Le figure chiave nella storia della ricostruzione europea. La conservazione delle strutture in legno nell’area del vulcano Vesuvio. La conservazione dell’architettura in legno, incluse le sculture del medioevo fino ai giorni nostri.
Al direttore Emidio De Albentiis, auspichiamo che questo progetto, come significativo scambio culturale internazionale, possa trovare sponda abituale presso l’Accademia di Belle Arti di Perugia.

 

ยซLโ€™ispirazione per scrivere una canzone arriva da unโ€™idea, ma poi cโ€™รจ tanto lavoro in studio di registrazione per fare in modo che lโ€™idea prenda formaยป.

In questi giorni d’isolamento abbiamo fatto con Giorgia Bazzanti, cantautrice marscianese, una bella chiacchierata โ€“ ovviamente telefonica โ€“ in cui si รจ parlato di musica, di determinazione nel raggiungere i propri obiettivi e ovviamente di Umbria.
Giorgia, classe 1987, รจ entrata nel mondo della musica da piccola: la sua prima esibizione in pubblico avviene allโ€™etร  di 6 anni a La Banda dello Zecchino dโ€™Oro, dove non canta, ma suona il pianoforte. Nel 2014 vince Palco Aperto Roma e viene scelta da Eugenio Finardi per aprire alcuni suoi concerti: duetta con lui durante il tour; nel 2017 รจ finalista ad Area Sanremo e rientra nei Top 20 di Area Sanremo Tour Videoclip. Solo lo scorso anno รจ stata semifinalista nazionale al Premio Pierangelo Bertoli, ha aperto un concerto dei New Trolls,ย ha vinto il Premio Terza Classificata e il Premio della Critica al Pop Rock Music Fest eย il Premio Seconda Classificata al
Premio Valentina Giovagnini ed รจ stata finalista nazionale al Premio Mimรฌ Sarร .
Fondamentale lโ€™incontro e la collaborazione con Guido Guglielminetti (n.d.r. compositore, produttore e bassista di Francesco De Gregori) che ha prodotto il suo primo album, Non eri prevista.

 

Giorgia Bazzanti, cantante

Giorgia Bazzanti

Giorgia, la prima domanda รจ dโ€™obbligo: qual รจ il suo legame con lโ€™Umbria?

Sono unโ€™umbra e una marscianese D.O.C. e sono molto legata a questo territorio. Per questo, durante la promozione del mio disco ho scelto luoghi e borghi insoliti della regione, cosรฌ da riscoprirli e rivalutarli. Voglio portare la musica nei posti dove in genere non entra.

Quando ha deciso di voler fare la cantante?

Il primo passo nel mondo della musica l’ho fatto suonando il pianoforte, poi ho capito che la mia strada era piรน legata alla voce. A 9-10 anni ho iniziato a cantare e mi sono perfezionata studiando canto in diverse accademie. Nel 2016, grazie alla collaborazione con Giudo Guglielminetti, รจ partita una nuova fase di maturitร  artistica e professionale.

Il suo primo disco, uscito nellโ€™autunno del 2019, si chiama Non eri prevista: qual รจ la sua essenza piรน profonda?

Nelle dieci tracce cโ€™รจ una femminilitร  che si esprime in varie forme, con coraggio e libertร , nel rispetto delle identitร  e che ci svincola da ogni pregiudizio e luogo comune.

รˆ anche un poโ€™ femminista?

Forse sรฌ, ma non ha bisogno di unโ€™etichetta specifica. Racchiude in sรฉ un senso di libertร  che va oltre i confini prestabiliti.

Canta anche dellโ€™Umbria allโ€™interno del suo disco?

Non cโ€™รจ un riferimento diretto, ma la canzone Famme giocร  โ€“ che รจ arrivata in semifinale al Premio Pierangelo Bertoli – รจ in dialetto umbro, mentre il brano Le finestre non dormono mai โ€“ finalista di Area Sanremo 2017 – รจ stato scritto proprio davanti a una finestra che si affaccia sul panorama e sulle colline umbre. In qualche modo cโ€™รจ un pezzetto dโ€™Umbria.

Guido Guglielminetti, Ivano Fossati, Gianmaria Testa e tanti altriโ€ฆ quanto sono importanti queste collaborazioni? Cosa le hanno insegnato?

Sono importantissime perchรฉ, a livello professionale e umano, mi hanno arricchito tanto e regalato momenti conviviali e chiacchierate uniche e indimenticabili. Guido per me รจ veramente una guida!

Lei scrive anche le sue canzoni: come nasce lโ€™ispirazione per un pezzo?

Giro sempre con carta e penna o mi appunto pensieri sul cellulare. Ci sono idee che nascono da unโ€™ispirazione o dalla mia fantasia; perรฒ credo che lโ€™ispirazione vada disciplinata e che dietro ci sia un lavoro di concentrazione e di esercizio, che in studio di registrazione prende forma.

Quali sono i cantanti che hanno segnato la sua crescita?

Amo ascoltare generi diversi, ma la musica dโ€™autore italiana mi ha segnato molto e la sento vicina come sensibilitร , mondo e scrittura. Tra i tanti potrei dire: Lucio Dalla, Ivano Fossati, Gianmaria Testa, Luigi Tenco e Fabrizio De Andrรฉ.

E le canzoni?

Ne dico solo una: A muso duro di Pierangelo Bertoli.

Ha mai pensato di partecipare a un talent musicale?

No, ma non voglio demonizzare i talent. Credo che abbiano una funzione, ma chi partecipa deve avere un background fatto di studi, gavetta ed esperienza, non puรฒ essere solo una scorciatoia per bruciare le tappe. Se ci sono questi requisiti, perchรฉ no! Devo dire che non sono mai stati la mia prioritร : ho fatto Area Sanremo, che si avvicina un poโ€™ a questo mondo, e sono arrivata in finale. Per me ora รจ importante aver inciso questo album e crearmi una mia identitร .

Se proprio dovesse partecipare, a quale andrebbe?

Forse X-Factor.

Quali sono i suoi progetti futuri?

Sono molto concentrata sul presente e sui progetti attuali.

Se potesse sognare in grande, cosa vorrebbe?

รˆ cambiato un poโ€™ il mio punto di vista e giร  diverse soddisfazione le ho avute. Per me รจ gratificante quello che faccio, il fatto di portare la musica in luoghi nella quale non sarebbe mai entrata e in posti non scontati รจ un bel traguardo. Sono sempre andata avanti con tenacia e sacrificio, fondamentale รจ stato anche lโ€™aiuto di Guido Guglielminetti e dei miei compagni di viaggio e collaboratori, senza i quali non sarei arrivata a questo punto.

Come descriverebbe lโ€™Umbria in tre parole?

Suggestiva, da scoprire, verde brillante.

La prima cosa che le viene in mente pensando a questa regioneโ€ฆ

Il paesaggio.

 


Se volete ascoltare la musica di Giorgia ecco il link

ยซLa bellezza salverร  il mondoยป, scriveva Fedor Dostoevskij in una delle sue piรน celebri fatiche letterarie, Lโ€™Idiota.

E se รจ vero che la bellezza salverร  il mondo, sta al mondo salvare la bellezza. Sรฌ, vogliamo concederci la licenza poetica di riadattare uno degli aforismi piรน in voga nel XXI secolo al disorientamento di queste ultime settimane. Non cโ€™รจ nulla, come la bellezza, che possa sopravvivere ai secoli e allโ€™oblio, trasformandosi in modo da trascendere tempo e spazio.

 

Panorama Vallo di Nera

Vallo di Nera, foto di Enrico Mezzasoma

La bellezza resiste al virus

Che la bellezza non sia solamente una questione soggettiva ce lo testimoniano anche le ricerche del dottor Semir Zeki, precursore e pioniere della Neuroestetica, scienza che studia i meccanismi biologici alla base della percezione estetica. Che si tratti di uno scorcio, di un qualunque affresco, di una pala dโ€™altare, di una torre medioevale o di un santuario, quando osserviamo un qualcosa di esteticamente bello stiamo entrando in empatia con la mano di chi l’ha plasmato. Ed รจ altrettanto provato, piรน sul piano emotivo che su quello scientifico, che non esiste virus, malanno di stagione o pandemia in grado di offuscare la bellezza del mondo.
Specie in Valnerina, lโ€™armonica bellezza della natura, la quiete dei piccoli borghi e la vita semplice regalano al visitatore immagini indimenticabili, sempre ricche di profonditร  e non solo sul piano esclusivamente estetico. Percorrendo un itinerario che tocchi le cittร  in cui santi, pittori, cavalieri ed eremiti hanno vissuto lasciando importanti testimonianze, รจ possibile ammirare le imponenti opere architettoniche e artistiche a loro dedicate, comprendendo quanto il loro passaggio sia stato significativo per chi ha avuto il privilegio di conoscerli e apprezzarli. รˆ allora possibile percepire la magica essenza di questi luoghi e comprendere perchรฉ spiritualitร , natura, arte, tradizioni e bellezza abbiano trovato in Valnerina naturali radici.

 

Panorama di Cerreto di Spoleto,

Panorama di Cerreto di Spoleto, foto by Enrico Mezzasoma

Come quadri impressionisti

Con lo sguardo rapito dal Pian di Chiavano, da Castelluccio di Norcia e dalla Valle del Nera che, da Cerreto di Spoleto scorre fino a Scheggino, abbiamo richiamato i libri di storia dellโ€™arte che hanno accompagnato la nostra formazione. E come un lampo, un nome รจ balzato alla mente: Pierre-Auguste Renoir, artista francese considerato come la sublimazione espressiva dellโ€™Impressionismo dโ€™Oltralpe.
Come mai? Perchรฉ i paesaggi di questo angolo di Umbria ricordano incredibilmente la centralitร  paesaggistica dei pittori impressionisti, la supremazia del colore rispetto alle forme, la continua ricerca dellโ€™emozione come fonte di ispirazione e di bellezza. Curiosamente fu proprio Renoir a scrivere: ยซIl dolore passa, la bellezza restaยป. Un pugno di parole che oggi, come non mai, รจ divenuto un vero e proprio mantra per chi ha scelto di vivere in Valnerina e di Valnerina, uno slogan capace di unire tutti coloro che hanno saputo preservare il fascino arcaico di questa terra: dai cavatori di tartufo ai mastri norcini, dalle guide escursionistiche e alle comunitร  religiose del territorio, dagli albergatori e agli imprenditori dellโ€™agroalimentare, dagli allevatori e agli artigiani, dai ristoratori ai commercianti.

Nella location perugina della Rocca Paolina, La Casa degli Artisti di Perugia e San Giorgio Arte hanno organizzato la mostra pittorica dal titolo Non c’รจ bellezza senza mistero.

Con il patrocinio della Regione Umbria, della Provincia e del Comune di Perugia e dell’Accademia delle Belle Arti, la mostra รจ stata inaugurata il 29 febbraio, alla presenza di Francesco Minelli e Carla Medici della Casa degli Artisti, del prof. Paolo Levi, del curatore Andrea Baffoni, di Erika Borghesi della Provincia, di Antonio Lagioia di San Giorgio Arte e di Margherita Scoccia, Assessore comunale.

 

Non c'รจ bellezza senza mistero

Inaugurazione

 

L’inaugurazione ha visto la partecipazione degli artisti appartenenti al Movimento degli Arcani e Nuove Luci degli Arcani, alla presenza di un folto pubblico. Sono state esposte opere di Luigi Bevacqua, Stefania Chiaraluce, Franco Cisternino, Angelo Di Tommaso, Paolo Fedeli, Roberto Guadalupi, Stefania Hepesein, Oronzo Lupo, Franco Paletta, Alessandro Passarino, Stefano Puleo, Pier Marino Zippitelli e Chelita Zuckermann. La Sala Cannoniera รจ stata dedicata all’esposizione delle opere di maestri storici del Novecento quali Attardi, Fiume, Guttuso, Migneco e Sassu.
Andrea Baffoni ci ha confidato: ยซL’idea che il bello si manifesti parallelamente a un certo grado di mistero ci spinge a riflettere sul senso stesso di questa parola: bellezza. Riguardo alla specifica mostra si potrebbe dire che ciรฒ appare tanto piรน evidente quanto piรน si mettono a confronto grandi maestri con artisti contemporanei viventi, portando ognuno di noi a interrogarsi autonomamente, ponendoci liberamente davanti all’opera e assaporandone ogni aspetto senza il filtro di giudizi precostituiti. Se poi tale aspetto lo si inserisce nel magnifico contesto della Rocca Paolina, il messaggio di fondo risulta ancora piรน evidente, potendo beneficiare di un contrasto unico nel suo genere, dove le antiche e oscure mura nascondono un senso sublime di bellezza che esalta magnificamente le opere che in essa vengono a trovarsiยป. All’interno della mostra sono stati previsti degli eventi a essa collegati: sabato si รจ svolto un reading degli autori della Casa Editrice Bertoni e della Casa degli Artisti-Quaderni.

 

 

Domenica, invece, in occasione della mobilitazione mondiale dell’otto marzo e in sinergia con il Progetto Donna vede Donna, รจ stato organizzato, insieme alla Casa degli Artisti, un incontro dal titolo: C’era una volta e ancora c’รจ โ€“ Viaggio simbolico nell’essenza del femminile, tenuto dalla dott.ssa Maria Pia Minotti, psicologa e psicoterapeuta e presentato dal vostro inviato lacustre.
Visto il momento delicato che il nostro Paese sta vivendo per il Coronavirus, gli organizzatori hanno trasmesso i due eventi in diretta streaming dalla pagina Facebook della Casa degli Artisti di Perugia.

La Val di Chiana รจ stata per molto tempo, a causa della mano dellโ€™uomo, una palude insalubre.

Il Muro Grosso, costruito in epoca romana nei pressi di Orvieto – vicino a Carnaiola e Ficulle – con lโ€™ipotetico duplice scopo di depotenziare le esondazioni del Tevere a Roma e di rendere maggiormente navigabile il Clanis, fu poi innalzato fortemente nel Medio Evo (A.D. 1040-50) provocando, per scopi militari, lโ€™impadulamento della Val di Chiana, fino ad allora percorsa dal fiume Clanis che, a causa dello sbarramento, sโ€™ingrossรฒ rompendo gli argini, provocando un lento e progressivo allagamento del fondovalle chianino.
I confini dello specchio dโ€™acqua – impaludato ma navigabile – si possono desumere, oltre che dal disegno a volo dโ€™uccello del 1503 di Leonardo da Vinci, anche dai toponimi che ancora oggi testimoniano il suo perimetro spondale del tempo: Porto, Porticciolo, Acquaviva, La Nave, I Ponti, Rigomagno, Rigutino, Ponticelli.

 

Disegno a volo dโ€™uccello del 1503 di Leonardo da Vinci

La bonifica

In epoca etrusco-romana la valle era percorsa dal Clanis, fiume di grande portata solcato da barche che trasportavano principalmente derrate alimentari prodotte nella fertilissima Val di Chiana – chiamata Il Granaio dโ€™Etruria – e nellโ€™adiacente area del lago Trasimeno, destinate prevalentemente agli scambi commerciali verso la Capitale.
Orvieto, verso la metร  dellโ€™XI secolo, per impedire a Siena e Perugia di conquistare alcune cittร  della Chiana quali Cetona, Chiusi e Paciano, innalzรฒ il Muro Grosso lasciando una sottodimensionata portella di deflusso per le acque, favorendo cosรฌ il loro ristagno e la formazione della palude chianina.
Dopo qualche infruttuoso tentativo e alcuni progetti mai decollati, trascorsi oltre 700 anni e con condizioni politiche e di appartenenza mutate, alla fine la Val di Chiana toscana fu risanata con la tecnica delle colmate. La bonifica fu curata inizialmente da Fossombroni, poi da Capei, fu proseguita da Manetti con la tecnica dellโ€™essiccamento e, dopo circa un secolo dal suo avvio, venne conclusa verso la fine del 1800 dallโ€™Ispettore Generale del Genio Civile, Carlo Possenti.
Durante il periodo di bonifica, il Clanis, nel tratto iniziale Arezzo-Chiusi (di 45 chilometri sui 70 totali) venne invertito di direzione: dapprima le sue acque si gettavano nel Paglia e quindi nel Tevere, poi lโ€™uomo le convogliรฒ artificialmente, con senso opposto al loro corso naturale, verso lโ€™Arno attraverso il canale Maestro della Chiana, che ricalca in parte lโ€™originario percorso fluviale.
A Chiusi Scalo – con il Concordato del 1780 tra il Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio – fu costruito lo spartiacque artificiale di separazione delle Chiane e del vecchio e ormai scomparso Clanis: da qui รจ stato fatto partire, nel territorio toscano o Chiana Toscana, il canale maestro della Chiana – attraverso la comunicazione idrografica con il lago di Chiusi, la Chianetta e il lago di Montepulciano – che va verso Nord e si immette nellโ€™Arno; sempre da qui รจ stato fatto partire, nel territorio papalino o Chiana Romana, il fiume Chiani che ripercorre, con identici senso e direzione, lโ€™antico corso meridionale di 25 chilometri del tratto finale del Clanis, immettendosi nel Paglia e a sua volta nel Tevere.

 

Vista della Val di Chiana romana e aretina da Panicale

 

Il Muro Grosso รจ stato distrutto e oggi rimangono pochi antichi ruderi a sua testimonianza e un ponte in cemento armato in sua sostituzione.
Qualche anno fa รจ stato varato il sentiero della bonifica che, con salutari e bellissime passeggiate, permette di visitare i luoghi, le opere idrauliche ed edili che raccontano il susseguirsi evolutivo della storia del Clanis, delle Chiane e dei sistemi di risanamento che hanno portato questo territorio alla bellezza dello stato attuale.
Ancora oggi la Chiana Toscana e quella Romana, inclusive di una parte dellโ€™area intorno al Trasimeno, rappresentano un serbatoio storico e culturale eccezionale e un territorio generatore di eccellenze artigiane, agricole ed enogastronomiche inimitabili e apprezzate in tutto il mondo.
Senza alcun dubbio, vale bene il proprio tempo visitare e conoscere le Chiane e i territori del Trasimeno. Rimarranno per sempre indimenticabili!

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