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Giove

comuni dell'umbria

PROVINCIA:

Terni

WEB:

Per informazioni turistiche:

Ufficio IAT
c/o Comune – Via Roma 8

Giove

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Veduta di Giove
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Palazzo Mattei, Castello di Giove
Foto di ImagoAnimae
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Palazzo Mattei, Castello di Giove
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Palazzo Mattei, Castello di Giove
Foto di LigaDue
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Chiesa di Santa Maria Assunta
Foto di ImagoAnimae
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Volta della Sala delle Udienze
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alla scoperta del borgo

«A trentasette chilometri da Terni su un terrazzo alluvionale, a quota 292, prossimo al fondo-valle, sulla sinistra del Tevere. È un piccolo centro, una villa-castello, dalla faccia medioevale, che appare come un borgo compatto con mura dirute». (M. Tabarrini).

Sebbene i più facciano derivare il toponimo da un antico culto a Giove, non essendo stata trovata alcuna traccia di un tempio dedicato al dio romano è più corretto pensare che il nome derivi dalla sua posizione geografica che mostra l’abitato in una sommità situato tra due valli. In tal modo il nome deriverebbe dal latino jugum, ossia giogo. Anche le prime attestazioni storiche sembrano avvalorare questa ipotesi: infatti l’attuale comune in un documento del 1191 è denominato «Castel di Juvo o Iugo».

Numerosi reperti archeologici attestano un antico insediamento romano, ma l’attuale aspetto di Giove è chiaramente di origine medievale. Il territorio, anticamente dei Signori di Baschi, fu a lungo conteso tra Todi e Orvieto. Nel 1320 si impossessò del castello e dei territori circostanti Sciarra I Colonna e ai Colonna lo contesero a lungo gli Orsini. Nel 1378 i feroci Bretoni, condotti in Italia dall’antipapa Clemente VII, si stanziarono nella zona devastando pesantemente l’abitato e i territori limitrofi. Nella metà del XV secolo presero possesso di Giove gli Anguillara, ma Paolo II riuscì a riportarlo tra i beni della Chiesa nel 1465. Le mura del castello vennero distrutte quando nel 1503, dopo una strenua resistenza, Giove fu conquistato da Cesare Borgia. Nel 1545 vi si insediò, con la carica di governatore pontificio Ottavio Farnese, e nel 1597 Matteo Farnese alienò il feudo a Ciriaco e Asdrubale Mattei. Nel 1646 il territorio di Giove venne devastato da una tremenda inondazione del Tevere. Con la Restaurazione, Giove fu elevato a comune baronale.

Edificato per volere di Asdrubale e Ciriaco Mattei sui preesistenti resti di un castello medioevale, si presenta come un edificio rinascimentale di grande imponenza. Dai Mattei, insigniti del titolo di marchesi di Giove da Urbano VIII nel 1643, passò ai Canonici quando Caterina Mattei lo trasmise al figlio Carlo. Morto Carlo senza eredi, il palazzo divenne proprietà del marchese Carlo Teodoro Antici di Recanati. È questo il periodo nel quale venne ospitata nel palazzo Adelaide Antici, madre di Giacomo Leopardi. Dagli Antici passò ai Ricciardi, poi al generale Mario Nicolis di Robilant, che vi ospitò nel 1910 Vittorio Emanuele III, e nel 1936 ai conti d’Acquarone. Nel 1985 è stato acquistato dallo statunitense Charles Robert Band e trasformato in un raffinato Relais. L’edificio – che ha 365 finestre, una per ogni giorno dell’anno – è strutturato in cinque piani, mentre le torri angolari presentano un ulteriore piano abitativo. È ancora integra la rampa di scale percorribile dalle carrozze fino al piano nobile. I saloni interni sono decorati con pitture di argomento mitologico attribuite a Domenico Zampieri, detto il Domenichino, a Paolo Caliari, detto il Veronese e ad Orazio Alfani.

Edificato per volere di Asdrubale e Ciriaco Mattei sui preesistenti resti di un castello medioevale, si presenta come un edificio rinascimentale di grande imponenza. Dai Mattei, insigniti del titolo di marchesi di Giove da Urbano VIII nel 1643, passò ai Canonici quando Caterina Mattei lo trasmise al figlio Carlo. Morto Carlo senza eredi, il palazzo divenne proprietà del marchese Carlo Teodoro Antici di Recanati. È questo il periodo nel quale venne ospitata nel palazzo Adelaide Antici, madre di Giacomo Leopardi. Dagli Antici passò ai Ricciardi, poi al generale Mario Nicolis di Robilant, che vi ospitò nel 1910 Vittorio Emanuele III, e nel 1936 ai conti d’Acquarone. Nel 1985 è stato acquistato dallo statunitense Charles Robert Band e trasformato in un raffinato Relais. L’edificio – che ha 365 finestre, una per ogni giorno dell’anno – è strutturato in cinque piani, mentre le torri angolari presentano un ulteriore piano abitativo. È ancora integra la rampa di scale percorribile dalle carrozze fino al piano nobile. I saloni interni sono decorati con pitture di argomento mitologico attribuite a Domenico Zampieri, detto il Domenichino, a Paolo Caliari, detto il Veronese e ad Orazio Alfani.

In stile rococò, con tardivi elementi barocchi, presenta una facciata inquadrata da due campanili simmetrici. Fu terminata su progetto forse dei Fontana nel 1775 a sostituire dentro le mura l’antica chiesa di San Giovanni Battista, della quale restano oggi soltanto pochi segni in una casa privata. All’interno – a croce greca con cupola – è conservata una tavola con l’immagine della Madonna Assunta che da alcuni è attribuita a Niccolò Alunno, mentre secondo altri si deve alla scuola dell’Alunno. Interessante anche l’organo, posto sopra la porta d’ingresso, che per le peculiarità costruttive viene considerato lo strumento moderno più interessante dell’intera provincia di Terni. La chiesa deve il suo nome all’immagine della Madonna posta sull’altare detta appunto Madonna del Perugino, per la sua fine fattura. In realtà si tratta di un dipinto commissionato nel XVII secolo da Francesco Caffarelli, un abitante di Giove proveniente da Perugia e per questo chiamato il Perugino. La chiesa custodisce anche numerosi ex voto.

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