ร ufficialmente in vendita il quarto numero della rivista da collezione AboutUmbria Collection, dedicata allโUmbria in giallo.
AboutUmbria celebra cosรฌ gli aspetti meno conosciuti di una regione solitamente identificata col colore verde. Come illustrato dal professor Manuel Vaquero Piรฑeiro durante la presentazione di domenica 14 aprile allโAuditorium SantโAngelo di Bastia Umbria, รจ difficile identificare lโUmbria con il giallo perchรฉ questo รจ un colore estremamente effimero. ร il colore dei campi di grano che a giugno indorano i crinali collinari, o il giallo della tradizionale Torta di Pasqua che arricchisce le tavole durante la festivitร e che viaggia, avvolta in canovacci di lino, di famiglia in famiglia come dono benaugurale.
ร il giallo dei bagliori dorati che si sprigionano dai magnifici mosaici del Duomo di Orvieto, visibili in particolar modo quando il sole infuoca lโorizzonte al tramonto, o ancora quella che ammicca dalle corone calcate sugli occhi degli arcigni grifi medievali, custoditi nelle stanze asettiche degli archivi e trattati letteralmente con guanti di velluto. ร il giallo delle calde sfumature di unโantica varietร di pera che si raccoglie tra la fine di ottobre e lโinizio di novembre, ma anche il rassicurante giallo della pasta, che ricorda i fasti di un passato industriale non troppo remoto.
Infine, รจ il colore dell’oro con cui i Maestri del Quattrocento illuminavano le proprie opere, ma anche degli smalti derutesi o del fatuo canneto lacustre che canta nel vento.
Un colore transitorio e cangiante, simbolo al contempo di unโapertura verso il futuro e di antichi lustri. Un colore che tinge la nostra regione di unโaltra incredibile sfumatura, di cui siamo pronti a raccontarvi le peculiaritร .
Santa Anatolia di Narco, acquerello dalle venature arcadiche dipinto sullโantica tela della Valnerina, nasconde, tra le voci dei mulinelli dโacqua che il Nera ricama in gocce di rugiada e ciottoli dโarenaria, la memoria del Fiume Sacro e della sua gente.
Una discendenza di uomini e tessitori che, scolpiti sui tramonti infuocati che in Val di Narco annunciano lโarrivo dellโinverno, abbandonava nella polvere acre dei solchi gioghi e aratri per impugnare telai e fusi di frassino, violini tormentati da mani nodose le cui corde raccontano di un territorio dal volto millenario che, nella lavorazione della canapa, custodisce la genesi della secolare sapienza umbra.
Santa Anatolia di Narco, foto di Enrico Mezzasoma
Un territorio, la Val di Narco, che racconta storie di antichi mestieri e di ruvidi telai, esperienze agresti a cui il Nera affida il compito di tracciare la rotta errante del viaggiatore, funambolo romantico dallo zaino in spalla allโincessante ricerca di meridiani e paralleli interiori, in bilico sul filo sottile ed etereo del veleggiare umano. Stelle polari puntate sul sipario della storia indicano a chi sceglie questo petalo di Valnerina una visione scarcerata da orizzonti e confini, che riaffiora limpida tra le increspature del tempo e della memoria, ai piedi di alberi maestri su cui fioriscono le vele della civiltร umbra.
Il Museo della Canapa, foto di Officine Creative Italiane
Il Museo della Canapa
Azimut e zenit, costellazioni e punti cardinali che, varcata la soia del Museo della Canapa, assumono i contorni di telai e fusi di frassino, rose dei venti che ripercorrono le vicende di un territorio antico in cui il tempo si traduce in tradizione per poi perdersi nellโalba della storia.
Mestieri dal fascino arcaico che si materializzano nella ricostruzione museale di antichi laboratori tessili e di percorsi didattici che conservano idilli e frammenti di una civiltร secolare, quella umbra.
Il Museo della Canapa, foto di Officine Creative Italiane
Un museo che non รจ solamente spazio espositivo, ma luogo della memoria, dove convivono e si intrecciano le trame di una storia antica, mani di tessitori e tessitrici le cui voci risuonano lapidee tra le latitudini del tempo. Esperienze del passato proiettate nel futuro, ecco il motivo migliore per cui scegliere il Museo della Canapa. A suggerirci questa interpretazione รจ unโopera dโarte esposta nella sede del museo e divenuta a tutti gli effetti unโicona – Spinning Dolls dellโartista inglese Liliane Lijn –ย una riproduzione in chiave contemporanea del mondo femminile e del suo antico legame con la tessitura.
E allora lโimmaginazione torna a indugiare sui passi compiuti dal protagonista di questa Umbria inattesa, il tessitore, chino sullโanima del telaio fra i mormorii inquieti di ombre e fantasmi che accompagnano gli echi di una civiltร rurale indimenticata e indimenticabile. Un mestiere arcaico nato tra le luci soffuse di antiche lampade a olio, una lavorazione che diviene inesorabilmente liturgia figlia del tempo, imprigionata per sempre fra le trame della tradizione popolare.
Il Museo della Canapa, foto di Officine Creative Italiane
Il motto di Erasmo da Rotterdam, ispirato a una sentenza di Varrone, dร origine allโiconografia dellโHomo bulla, diffusa nella prima metร del XVI secolo. I protagonisti sono putti intenti a soffiare bolle di sapone, ignari che di lรฌ a poco le bolle svaniranno per sempre. Le rappresentazioni dellโHomo bulla rientrano a pieno titolo nel novero della Vanitas che, attraverso elementi quali fiori recisi, cristalli e bolle di sapone, rimandano allโineluttabilitร della morte e alla caducitร delle cose terrene. Ricchissima in tal senso รจ lโAllegoria di Jan Brueghel il Giovane, nella quale sono raffigurati molti oggetti che ricordano le effimere gioie dei sensi.
Gunter Zint, Il ragazzo che vive nei pressi del muro, 1963.
L'arte delle bolle di sapone
La Galleria Nazionale dellโUmbria di Perugia, fino al 9 giugno 2019,ย affronta per la prima volta questa tematica, tradizionalmente correlata al genere artistico della natura morta e dellaย vanitas. Lโesposizione, dal titoloย Bolle di sapone. Forme dellโutopia tra vanitas, arte e scienza, รจ curata daย Michele Emmer, professore di matematica allโUniversitร Sapienza di Roma eย da Marco Pierini, direttore della Galleria Nazionale dellโUmbria. Lโispirazione per la mostra giunge proprio da un testo di Michele Emmer, in cui vengono esplorate le interrelazioni con la matematica, la pittura, la fisica e lโarchitettura.
ยซร un progetto che Emmer e io avevamo in mente da tempoยป, racconta il direttore Marco Pierini. ยซร stato un grande sogno. Un sogno dalle molte facceยป, aggiunge Emmer. ยซร difficile trovare un gioco rimasto invariato per centinaia di anni, al pari delle bolle di saponeยป.
La mostra, infatti, si presenta come unโiniziativa interdisciplinare che, parallelamente al percorso storico artistico, racconta anche la nascita dellโinteresse scientifico, fisico e matematico dei modelli perfetti delle bolle di sapone a partire da un libro di Isaac Newton proveniente dalla biblioteca Oliveriana di Pesaro, nel quale il fisico inglese descrive in dettaglio i fenomeni che si osservano sulle superfici delle lamine saponate, per arrivare alle attuali sperimentazioni attraverso lโausilio della computer grafica. La rassegna, infatti, evidenzia lโimportanza che le bolle hanno rivestito in tutta la scienza contemporanea, e come queste ultime scoperte, a loro volta, continuino a ispirare artisti e architetti contemporanei nelle loro creazioni.
Gino Boccasile, manifesto Achille Banfi, 1937
Il percorso espositivo
Il percorso si compone diย circa sessanta opere, concesse in prestito dalle piรน importanti istituzioni nazionali e internazionali: la Galleria degli Uffizi di Firenze, le Gallerie dellโAccademia di Venezia, la National Gallery di Londra, la National Gallery di Washington e il Museo dellโErmitage di San Pietroburgo.
Jean Baptiste Simรฉon Chardin, La Lavandaia, 1730-1740, Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo
I capolavori coprono un lungo arco di tempo che va dal Cinquecento –ย con Hendrick Goltzius – passando per il Seicento, nel quale il puttino si trasforma sempre piรน in un bambino contemporaneo. Si dovrร aspettare il XVIII secolo per incontrare vere e proprie scene di genere, nelle quali lโaspetto allegorico tende quasi a scomparire, come nel giovinetto ritratto da Fra Galgario. ย Non si dirada la presenza della bolla nella pittura dellโOttocento, importante nel Romanticismo storico con Pelagio Palagi, poi sempre piรน al centro di scene di vita quotidiana o di ritratti; celebre รจ infatti Bubbles di John Everett Millais, quando le bolle divennero lโimmagine dei saponi Pears.
Nel Novecento questo tema รจ declinato in maniera originale, aprendo una prospettiva inedita: nel 1964 Gรผnter Zint decide di documentare nella Berlino Ovest la vita di un bambino che, fra i giochi dellโinfanzia, diventa un testimone ignaro dei drammi della storia. Neppure i primi decenni del secolo attuale sono riusciti a sottrarsi alle bolle di sapone, che diventano un vero modello per architetture leggere, come il Watercube di Pechino.
Simbolo della fragilitร e della caducitร delle ambizioni umane, le bolle di sapone hanno affascinato non solo le generazioni di artistiย che rimanevano meravigliati per quei giochi di colore che si muovono sulle superfici, per la loro lucentezza e per la loro leggerezza, ma continuano ad affascinare anche i visitatori che percorrono le sale blu della Galleria Nazionale dellโUmbria.
Charles Amedรฉe Philippe Van Loo, Soap Bubbles, 1764, National Gallery Washington
ยซIl set de Il Nome della Rosa era come una grande famiglia; ho avuto la fortuna di avere un grande rapporto con John Turturro e con tantissimi attori. Il mio รจ un lavoro che quando lo fai ti ruba la vita, ma che quando finisce ti manca moltissimoยป.
Ciak dopo ciak Luca John Rosati si sta facendo strada nel mondo del cinema. Lavora a Roma da 15 anni e ha affiancato, come aiuto regista, direttori del calibro di Ridley Scott, Gabriele Muccino, Carlo Verdone, Sam Mendesโฆ solo per citarne alcuni. La sua ultima fatica รจ la serie tv internazionale Il Nome della Rosa, in onda in questi giorni su RaiUno, dove Luca ha aiutato il regista Giacomo Battiato. ยซDurante le riprese mi sono occupato di tutto. Ho scelto con il casting ogni singolo monacoยป. Con Perugia โย sua cittร natale โย e lโUmbria ha un rapporto di amore e odio e non si risparmia qualche tirata dโorecchie.
Il cast de Il Nome della Rosa
Qual รจ suo legame con lโUmbria?
ร un legame di amore e odio. Mi piacerebbe fare qualcosa di concreto per la mia cittร e la regione, sfruttando anche le mie conoscenze โย spero un giorno di poterlo fare. Perugia รจ la cittร dove sono nato e mi dispiace vedere alcune dinamiche che non cambiano mai: si presentano sempre i soliti screzi โ anche politici โ che non portano nulla nรฉ alla cittร nรฉ alla regione. Tutto questo lo dico e lo ribadisco, perchรฉ ho grande affetto per questi luoghi.
Concretamente cosa vorrebbe fare o cosa dovrebbero fare?
Innanzitutto, occorre parlarsi e trovarsi insieme: Regione e Comune dovrebbero andare nella stessa direzione. La cultura รจ una, รจ apolitica; lavorare divisi in questโambito non serve assolutamente a niente. Si fa un passo in aventi e due indietro. ร unโanalisi che faccio perchรฉ queste dinamiche le noto quando torno a Perugia: percepisco poco entusiasmo in cittร e sembra sempre che non ci interessi nulla. ร un atteggiamento molto provinciale. Tutto questo lo soffro molto, perchรฉ sono una persona che si esalta in tutti i progetti che fa. Ripeto, la mia รจ una critica per cercare di spronare. La gente โ ย non solo in Umbria โ si dovrebbe riabituare alla cultura, interessare e la si dovrebbe vivere maggiormente.
LโUmbria nel suo piccolo ha comunque molti eventi culturaliโฆ
Sรฌ, ma ne servono ancora di piรน. Va bene Umbria Jazz e tutti gli ospiti che attira, ma credo che le parti politiche, anche se opposte, dovrebbero โ almeno sulla cultura โ andare nella stessa direzione, senza pizzicarsi od ostacolarsi.
Come racconterebbe lโUmbria solo con qualche inquadratura?
Lo farei attraverso il lago Trasimeno, il monte Subasio, Assisi e soprattutto immortalando il verde. I panorami che abbiamo noi sono unici. Anche il centro di Perugia รจ bellissimo e bisognerebbe mantenere questa bellezza anche nelle periferie, costruendo con molto piรน criterio e con buon gusto architettonico, come sta avvenendo ultimamente a Milano, per fare un esempio.
Parliamo ora del suo lavoro: quandโรจ che ha messo piede per la prima volta in un set?
La mia prima volta รจ stata nel 2006 con la serie Roma dellโHBO. Avevo appena finito la scuola di regia cinematografica.
Comโรจ andata?
ร stato un impatto molto forte, anche perchรฉ si trattava di una produzione americana. Ho iniziato subito a livelli molto alti. Il set di Roma era grandissimo, la produzione molto importante, cosรฌ come gli attori: devo dire che รจ stato un bel debutto, ma allo stesso tempo molto impegnativo; spesso ci si svegliava alle 4 di mattina per girare e si tornava a casa alle 21.
Cosa fa in concreto un aiuto regista?
Il regista consegna una sceneggiatura e l’aiuto regista crea il piano di lavoro e di programmazione. Nelle produzioni americane siamo anche piรน di uno. Il primo aiuto regista รจ colui che crea la squadra, che prepara il set o che si occupa della chiusura di una strada se si deve girare unโesterna. Io sono abituato a fare tutto, sono un jolly. Ad esempio, per Il Nome della Rosa con lโaddetto ai casting ho scelto ogni monaco, faccia per faccia.
Ha lavorato con grandi registi come Ridley Scott, Gabriele Muccino, Carlo Verdone, Sam Mendes e molti altri: cosa ha imparato da loro, cosa gli ha โrubatoโ artisticamente?
Quello che mi ha colpito di loro รจ stata la grande umanitร e la loro conoscenza della macchina cinema. Hanno un grande rispetto nei confronti di ogni singola maestranza, in un set ci sono tanti lavori, tutti importanti. Tutto deve funzionare perchรฉ i tempi sono sempre ristretti e, per questo, รจ fondamentale il rispetto per ogni lavoratore, dalla punta alla base della piramide. Nel cinema si ha che fare con tante e diverse persone, questo ti apre molto la testa, ti dร una visione del mondo piรน ampia.
Luca John Rosati e Carlo Verdone
Lei ha preso parte come aiuto regista alla serie tv Il Nome della Rosa diretta da Giacomo Battiato: cosa si รจ portato a casa da questa esperienza?
Il set era diventato come una grande famiglia. Ho avuto la fortuna di avere un grande rapporto con John Turturro e con tantissimi attori italiani e stranieri, si era creata una squadra molto unita. Quando poi tutto รจ finito, ho sentito subito la mancanza: un impegno e un lavoro che quando lo fai ti ruba la vita, ma che quando finisce ti manca moltissimo.
ร soddisfatto del lavoro svolto?
Il prodotto รจ di alta qualitร e sarร sicuramente piรน apprezzato allโestero che in Italia: non vedo lโora di vedere come sarร accolto in Inghilterra. Noi siamo abituati a prodotti piรน scadenti e siamo un pubblico piรน tradizionale. Il successo che sta avendo non รจ poi cosรฌ lontano da serie piรน nazionalpopolari, non cโรจ stato โ finora โ un risultato di pubblico sconvolgente.
Perchรฉ secondo lei?
Come dicevo siamo abituati a prodotti piรน scadenti e vedere Il Nome della Rosa crea quasi una sorta di disturbo rispetto alla semplicitร narrativa e costruttiva di altre serie. Altre produzioni ti impongono piรน qualitร e ciรฒ deve essere da stimolo, altrimenti le cose resteranno sempre come sono.
Ci racconti qualche curiositร legata alla serieโฆ
Le riprese realizzate a Perugia, ad esempio, sono state difficili: la mattina sembrava piena estate, poi nel pomeriggio รจ arrivato un acquazzone improvviso e abbiamo dovuto riprendere John Turturro con una luce totalmente diversa rispetto alle immagini giร girate. Ma questo รจ il bello del cinema!
Uno scatto con John Turturro
Ha mai pensato di realizzare un film tutto suo?
Ho dei progetti, le idee sono tante, ma vorrei aspettare il momento giusto e capire se quello che ho in mente puรฒ funzionare. Qualcosa, sicuramente, verrร fuoriโฆ Va detto che, per fare un film, ci vuole tantissimo tempo e io in questo momento ne ho avuto veramente poco. Quando deciderรฒ, dovrรฒ fermarmi un attimo e lavorare a tempo pieno al progetto, dovrร essere un prodotto forte al quale crederรฒ molto.
Cโรจ un regista con il quale le piacerebbe lavorare?
Cโรจ e ho giร avuto il piacere di lavorarci: รจ Wes Anderson. Ho lavorato in un cortometraggio che si chiama Castello Cavalcanti, diretto da lui.
E un attore che vorrebbe dirigereโฆ
Emilia Clarke รจ unโattrice che mi piacerebbe dirigere. La conosco, ho giร lavorato con lei in Voice from theStone, film americano girato tra la Toscana e il Lazio. ร unโattrice e una persona fantastica.
Come descriverebbe lโUmbria in tre parole?
Pace, libertร , casa.
La prima cosa che le viene in mente pensando a questa regioneโฆ
ยซPulchra sabina Preces Prisca chirurgis patriaยป (Preci, il bel castello sabino, antica patria dei chirurghi).
Cosรฌ esordisce nel Subsidium medicinae Durante Scacchi, capostipite e antesignano della secolare scuola chirurgica preciana.
Un passato controverso quello castoriano, che riecheggia tra le pievi e i santuari di una valle dal fascino arcano; terra di eremiti, percorsa dallโenergia primordiale dei Monti Sibillini che, nel culto dei dioscuri Castore e Polluce – patroni della medicina classica – cela echi di gloriose vestigia pagane. ร lecito chiedersi il perchรฉ, nel cuore della Valnerina, sorse una tradizione chirurgia senza eguali in Europa: basti pensare che nel 1700 Durante Scacchi liberรฒ dal tormento della cataratta sua maestร Elisabetta I, regina di Inghilterra.
La scuola preciana
Tuttavia attribuire alla genesi della scuola preciana allโevangelizzazione anacoretica operata dagli eremiti siriani in Valnerina equivarrebbe a collocare le origini della tecnica chirurgica in un contesto storico-antropologico troppo lontano nel tempo. Appare dunque logico ricollegare sviluppo e decadenza dalla scuola preciana allโascesa, e parallelamente, al declino, della vicina Abbazia di SantโEutizio, roccaforte anacoretica in cui a veleggiare furono i vessilli di Benedetto da Norcia, patrono dโEuropa.
Perchรฉ la tecnica chirurgica conobbe in Preci e nella Valle Castoriana un fertile terreno su cui svilupparsi? La risposta va individuata nel tessuto socio-antropologico del luogo e nella specializzazione dei preciani nella mattazione del maiale, da cui ne derivarono profonde competenze anatomiche, tradotte successivamente nellโasportazione di cisti e calcoli.
Museo della Scuola chirurgica di Preci
Eppure nel percorrere questo viaggio nella storia della chirurgia preciana occorre distinguere nettamente i due orientamenti in cui si articolava la celebre corporazione dei chirurghi: se da una parte campeggiava il pensiero empirico โ che trovava supporto in chirurghi provetti che tornavano allโamata Preci dai borghi di tutta Europa in cui dispensavano la secolare sapienza umbraย โ dallโaltra spiccano austeri profili di chirurghi di professione, figli dellโรฉlite cittadina e dellโerudizione accademica. Particolare menzione, nella disputa tra gli empirici e i professionisti della chirurgia, merita una citazione del Durante Scacchi, sostenitore del pragmatismo scientifico e dellโapplicazione tecnica: ยซLa dottrina cederร alla dotta manoยป.
La nascita del ciarlatano
Ed รจ proprio allโinterno di questo scenario socio-antropologico che la figura del chirurgo preciano entra inevitabilmente in collisione con uno dei personaggi piรน dibattuti ed enigmatici del suo tempo: il ciarlatano, da cerretano: abitante di Cerreto di Spoleto che la Treccani definisce letteralmente come colui il quale cavava sulla pubblica piazza i denti o vendeva rimedi che decantava miracolosi.
In seguito ai numerosi abusi empirici di chirurghi ambulanti, provenienti perlopiรน dal contado di Cerreto di Spoleto, fu richiesta a coloro che esercitavano la professione la Patente di Mezza Chirurgia, vale a dire una rudimentale abilitazione che autorizzava chi ne era in possesso a procedere chirurgicamente sui pazienti.
Museo della Scuola chirurgica di Preci
Il chirurgo di Cerreto di Spoleto
La figura di Durante Scacchi, divenuto celebre per lโutilizzo del rasoio cauterizzatore, che limitava le emorragie, trovรฒ in BaronioVincenzo, illustre medico e chirurgo di Foligno nonchรฉ marito dellโaristocratica Delia Nobili da Cerreto di Spoleto, un degno successore. A Borgo Cerreto, crocevia di itinerari e viandanti, costui fece erigere un ambulatorio ospedaliero in cui esercitรฒ per decenni la nobile professione di chirurgo e, successivamente, commissionรฒ la realizzazione della Chiesa di Gesรน e Maria, divenuta mausoleo della famiglia Vincenzi. Nella cripta del santuario sono state recuperate importanti testimonianze degli interventi effettuati dal Vincenzi: trattasi di crani che esibiscono tracce di perforazioni chirurgiche, praticate verosimilmente come esperimenti, uno dei quali mostra visibili segni di rimarginazione, comprovando lโipotesi che il paziente sopravvisse a lungo grazie alla buona riuscita dellโintervento.
ยซLa cittadina si presenta solenne e poderosa, con quella sua porta, il corso e la chiesa di San Francescoยป (M. Tabarrini)
Storia
Posto su un colle lungo la valle del fiume Corno, Monteleone
di Spoleto รจ tra i borghi piรน belli e caratteristici della Valnerina.
Nei secoli, grazie alla sua posizione, ha guadagnato lโappellativo di Leone
degli Appennini. Il suo territorio รจ inserito in uno degli angoli
naturalistici e paesaggistici piรน gradevoli e incontaminati dellโAppennino
centrale.
La cittร รจ come un piccolo
scrigno che custodisce da secoli preziosi oggetti di storia, arte e
architettura: vanta,
infatti, antichissime origini, come testimoniano le numerose tombe ritrovate
nei dintorni. Delle passate epoche di guerre e assedi
rimangono numerose testimonianze, di cui la piรน celebre รจ la biga del VI secolo a.C.,
qui ritrovata nei primi anni del Novecento, e della quale si conserva nel museo
– allโinterno della Chiesa di San Francesco – una splendida copia.
Lโoriginale รจ invece esposto al Metropolitan Museum of Art di New York.
La cittadina, fin dallโantichitร , appare al visitatore solenne in tutta la sua maestositร ; testimone delle sue antiche vestigia, Monteleone ostenta al viandante tutta la fierezza della sua storia. Il paese infatti, isolato tra le brulle montagne dellโAppennino, รจ ricco di simboli e significati. Curioso รจ il ripetersi di certi numeri: tre sono le cintemurarie e, ognuna di esse, รจ provvista di tre porte, sei le torri e otto i baluardi della cittร . Il castello, cinto da solide mura, torri di vedetta e porte, conserva al suo interno la tipicaย urbanistica medievale e rinascimentaleย con case, chiese e palazzi gentilizi che si affacciano su vicoli e piazzette. Elemento caratteristico di tutto il paese รจ la roccia locale bianca e rossa, che rende la sua architettura unica, capace di richiamare la magica bicromia degli antichi ordini cavallereschi. Il territorio conta quattro nuclei abitativi (Ruscio, Rescia, Trivio e Butino), i quali erano legati principalmenteย allโattivitร agricola e pastorale e a celebri attivitร industriali, come leย miniere di lignite di Ruscio e quelle di ferro, dalle quali, secondo la tradizione, fu estratta la materia prima per i cancelli del Pantheon a Roma.
Eccellenze a Monteleone di Spoleto
A rendere Monteleone di Spoleto una cittadina ancora piรน meravigliosa รจ il colore ambrato che contraddistingue i suoi terreni: il farro di Monteleone รจ tra le eccellenze dโItalia, tanto che, grazie allโimpegno dei produttori locali, รจ stato possibile richiedere e ottenere il marchio D.O.P (Denominazione di Origine Protetta).
Chiesa di San Francesco
Varcate
le mura della cittร , รจ possibile scoprire, attraverso piacevoli percorsi,
importanti ricchezze storiche e artistiche, come la Chiesa di San Francesco,
costruita tra XIV-XV secolo. La chiesa รจ lโopera piรน appariscente e suggestiva
per complessitร di storia, sviluppo, arte e fede. ร un libro con santi e
simbologie da scrutare e leggere con cura. Il titolo della
chiesa รจ in realtร quello di S. Maria o meglio Madonna dellโAssunta, ma รจ
comunemente nota col nome del poverello dโAssisi da quando intorno al 1280 vi
sโinsediarono i primi francescani. Infatti, fino alla soppressione del
convento, lโordine francescano in Monteleone utilizzรฒ sempre e in ogni atto
ufficiale un sigillo recante lโemblema dellโordine sovrastato dallโimmagine
dellโAssunta rapita in cielo con le iniziali S(anctae) M(ariae). Vari affreschi
decorano le pareti della chiesa con immagini devozionali fatte eseguire
probabilmente da pittori della scuola umbra del sec. XIV.
Chiesa di San Nicola
La chiesa
รจ posta nel punto piรน alto del centro storico; ha origine altomedievale, infatti
i primi documenti risalgono al 1310. Presenta una pianta disposta su unโunica
navata provvista di dieci cappelle con propri altari. Il soffitto รจ a cassettoni e ricoperto da una tela dipinta a
tempera con motivi floreali. Tra le diverse opere di notevole pregio citiamo
La decollazione di S. Giovanni Battista fra S. Antonio da Padova, S. Isidoro
e la Maddalena, attribuita al pittore Giuseppe Ghezzi e lโAnnunciazione,
probabilmente opera di Agostino Masucci.
Chiesa di Santa Caterina
Nel 1310 cinque monache agostiniane, provenienti dal Monastero di S. Caterina a Norcia, chiesero al Capitolo di S. Nicola una chiesetta e una casa nella parte bassa di Monteleone per edificarvi un monastero. Sia la casa sia la chiesa erano fuori la cerchia delle mura, costruite nel 1265. Le monache rimasero lรฌ per quasi cinque anni. Della stupenda chiesa settecentesca, restano soltanto le mura perimetrali.
Chiesa di Santa Maria de Equo
Lโambiente interno della chiesa รจ tipico delle pievi campestri: al centro della chiesa รจ posto un altare settecentesco, ornato da una statua lignea della Madonna con Bambino; ai lati, allโinterno di due nicchie, ci sono le statue lignee di S. Pietro e S. Paolo. Lungo la parete di sinistra รจ raffigurato il venerabile Gilberto o Liberto, eremita qui vissuto per molti anni.
Bibliografia:
LโUmbria si
racconta. Dizionario E-O, Foligno 1982 di Mario Tabarrini.
ยซSono un intrattenitore che propone musica da ballo, non mi piace essere legato a un solo genere. Amo lโUmbria per la sua cultura e per aver mantenuto le sue peculiaritร ยป.
Mando un messaggio a dj Ralf per fissare lโintervista con un poโ di soggezione. Raramente mi capita, ma stiamo parlando di Ralf, le volte che lโho visto da ragazzina (da lontano e al buio) si ergeva dietro alla consolle come una specie di divinitร intoccabile della musica. Al mio messaggio risponde subito: ยซMi puรฒ chiamare anche ora, se vuoleยป. Non me lo faccio ripetere.
ยซSono appena tornato dalle termeยป, inizia cosรฌ la nostra chiacchierata, in cui ho scoperto un Ralf โ o meglio un Antonio o Antonello Ferrari โ inaspettato e legatissimo allโUmbria. Nato a Bastia Umbra e cresciuto a SantโEgidio, dj Ralf non ha bisogno di presentazioni, ha fatto ballare โ e lo fa ancora โ milioni di persone in tutto il mondo, una vera icona del night clubbing dal 1987.
La prima domanda รจ di rito: qual รจ il suo legame con lโUmbria?
ร un legame molto forte, infatti, pur non essendo una regione molto servita dalle vie di comunicazione โ autostrade, treni e aeroporto โ e viaggiando molto per lavoro, sono rimasto sempre qui. Oggi vivo vicino al lago Trasimeno, non ho mai pensato di cambiare, nemmeno quando per lavoro sarebbe stato piรน utile vivere in una metropoli dove cโerano piรน opportunitร . Perugia e lโUmbria sono dei luoghi molto vivaci dal punto di vista culturale e musicale, quindi oltre lโamore che ho per la mia terra, cโรจ un vero e proprio piacere nel vivere in un luogo con una forte presenza di espressioni artistiche.
Perchรฉ si chiama Ralf?
Deriva dal cartone animato Sam Sheepdog e Ralph Wolf che vedevo sempre con la mia amica Laura. Avrรฒ fatto la prima media: assomigliavo al cane Sam, avevo i capelli lunghi davanti agli occhi proprio come lui. Questo cane salutava il lupo dicendogli: ยซCiao Ralph!ยป. Ero molto appassionato di questo cartoon e tutti hanno iniziato a chiamarmi cosรฌ. Sono diventato Ralf prima di essere dj Ralf.
Come mai ha deciso di utilizzare questo nome anche nella sua professione?
Non รจ che ho proprio deciso: ho iniziato a suonare e tutti mi conoscevano giร come Ralf. Questo soprannome mi ha portato fortuna ed รจ oramai diventato un nome. Mia moglie โ ci siamo spostati lo scorso anno dopo oltre 30 anni di fidanzamento โ mi ha sempre chiamato Ralf, ma se tornassi indietro mi farei chiamare con il mio nome vero: Antonio Ferrari.
Quanto cโรจ di Antonio in Ralf?
Molto, non รจ un alter ego. Anche se ho spesso pensato di fare delle cose con degli alias, poi alla fine non lโho mai fatto, ma chissร โฆ sono ancora giovane! Antonio รจ un bel nome, ma lโultima persona che mi ha chiamato cosรฌ รจ stata la mia maestra delle elementari, perchรฉ tutti mi hanno sempre chiamato Antonello. Avevo uno zio prete e visto che Antonello non aveva il santo, mi hanno segnato allโanagrafe come Antonio, anche se poi la mia famiglia mi ha sempre chiamato Antonello. Successivamente, alla prima media sono diventato Ralf.
Ha tanti nomi e tante personalitร ?
Ho tanti nomi, ma sono sempre uno, anche se ognuno di noi ha diverse personalitร al suo interno.
Dalla sua consolle come ha visto cambiare lโUmbria in questi anni? Intendo sia a livello social, sia musicale.
Ci sono stati cambiamenti nella stessa misura in cui ci sono stati da altre parti. Ad esempio, per quanto riguarda la musica, lโUmbria ha delle manifestazioni storiche che sono diventate patrimonio italiano e non solo. Parlo di Umbria Jazz, del Festival dei Due Mondi di Spoleto, del Festival dellamusica di Todi, del Festival delle Nazioni a Cittร di Castello e, da ultimo, di UniversoAssisi. Tutte realtร molto interessanti, senza dimenticare la musica classica resa viva dagli Amici della Musica di Perugia. LโUmbria ha delle eccellenze dal punto di vista musicale e culturale, รจ una regione veramente ricca. Anche dal punto di vista religioso offre tantissimo, persino per un non credente come me: ci sono luoghi dโincontro, di scambio sociale e culturale che vanno al di lร della religione stessa.
Cโรจ qualcosa che manca allโUmbria rispetto ad altre realtร ?
La prima cosa che mi viene in mente รจ quello che ho detto allโinizio, cioรจ delle infrastrutture inadeguate. Questo perรฒ รจ anche il suo fascino: chi vuole venire in Umbria deve volerlo veramente, non ci passa certo per sbaglio. La regione ha un turismo piรน di nicchia, ma non per questo รจ meno bella di altre regioni. Sicuramente non รจ meno bella della Toscana: i nostri borghi hanno mantenuto la loro tipicitร e il loro carattere. Da noi cโรจ un tipo di turismo piรน particolare, che a me piace molto: tutto questo mi fa amare lโUmbria ancora di piรน.
Ha mai pensato di rifare un concerto a Perugia come quello che ha fatto anni fa a Umbria Jazz?
Eccome, ci penso continuamente. Lo rifarei volentieri, ma non dipende solo da me, qualcuno me lo deve chiedere. Sono molto vivace e ben disposto a realizzare questi eventi, ma perchรฉ ciรฒ accada ci deve essere una collaborazione tra piรน parti. Questi eventi mi piacciono perchรฉ ho modo di muovermi in territori musicali diversi rispetto al genere che mi contraddistingue, anche se โ devo dire โ non ho mai avuto una direzione musicale precisa: sono un intrattenitore che propone musica da ballo, non mi piace essere legato a un solo genere.
In questi anni รจ cambiato il suo pubblico?
Sรฌ e no. Il rituale che organizziamo e al quale assistiamo e partecipiamo, nel corso degli anni, non รจ cambiato molto. ร cambiata la musica, ma il senso di andare a ballare รจ rimasto inalterato. Puรฒ essere mutato il modo, ma non รจ detto che non torni di moda: la gente ama ballare e questo non cambierร mai. Ognuno predilige una certa ritmica e un certo stile di musica e ogni musica ha una sua dignitร .
Quando deciderร di spegnere definitivamente la consolle?
Non ci ho mai pensato. I lavori artistici non finiscono mai, continuano finchรฉ uno ha voglia e finchรฉ si ottengono risultati: io ho ancora entrambi. Ovviamente negli anni le cose cambiano, ma ciรฒ che faccio, lo faccio come se fosse il primo giorno.
Confessi al pubblico qualcosa che non sa di lei.
In alcune cose sono molto compulsivo, tipo il cibo. โ un aspetto che dovrei risolvere in qualche modo (ride). Mi piace mangiare, anche guardandomi si capisce.
Qual รจ il piatto del quale non puรฒ fare a meno?
La bruschetta. ร un piatto legato allโinfanzia: pane e olio, con pane bruscato o meno. Quando ho fame, perรฒ, ho voglia di pastasciutta.
Ho letto che usa fare dei gesti scaramantici prima delle esibizioni: sono sempre gli stessi o li ha cambiati?
Sono sempre gli stessi da anni. In consolle la valigia dei dischi nuovi va a sinistra, mentre quella dei dischi piรน vecchi a destra: questo รจ un rituale che non ho mai cambiato nella mia vita. Poi, se mi cade la cuffia, la batto tre volte sul mix. Infine, senza la mia pila mi sento perso: anche se cโรจ luce a sufficienza, io devo avere la mia pila per cercare le cose e i dischi.
Immancabile anche la maglietta neraโฆ
Sรฌ. Ogni tanto provo a uscire da questa routine e metto magliette con delle scritte, ma non resisto piรน di unโora. In veritร , uso magliette nere perchรฉ mi fanno sembrare piรน magro, se avessi unโaltra corporatura metterei magliette anche colorate (scherza).
Come descriverebbe lโUmbria in tre parole?
Verticale, ombrosa, leale.
La prima cosa che le viene in mente pensando a questa regioneโฆ
Nei vari centri di cultura che emergono in Italia e in particolar modo in Umbria, la produzione tessile sostiene un ruolo non secondario nellโesprimere il gusto, lโidea di bellezza e i valori di unโepoca. Il settore tessile รจ una forma di artigianato fortemente radicata nella realtร economico-sociale umbra.
Arte popolare
Il fascino di questa regione si scopre anche attraverso questa gloriosa arte popolare, che si traduce nella produzione tra il Trecento e il Quattrocento delle famose Tovaglie Perugine, realizzate in tela di lino bianco. I cosiddetti pannili alla peroscina furono apprezzati e commercializzati in tutta Europa dal Medioevo al Rinascimento. Nel centro storico di Perugia, ancora si trova lo storico laboratorio di tessitura a mano di Giuditta Brozzetti. ร uno degli ultimi laboratori di tessitura d’Italia dove vengono usati esclusivamente telai originali.
Oltre a Perugia un punto di riferimento interessante รจ a Cittร di Castello dove, nelle splendide sale di Palazzo Tommasini, si trova il laboratorio Tela Umbra, nato come istituzione a carattere benefico per opera della baronessa Alice Franchetti Hallgarten al fine di tutelare la conservazione di questa antica arte.
Tecniche e ricami
In
Umbria le lavorazioni su tessuto vengono riprodotte anche da pittori locali
e forestieri nelle splendide pale dโaltare e gonfaloni, attraverso
una varietร di forme e di tecniche; i tessuti cosรฌ sottolineano la bellezza
quasi irreale di Madonne coperte da ampi mantelli interamente dipinti, ma che
sembrano ricamati sulla tela. Nel Quattrocento e sempre di piรน nel secolo
seguente, molte officine tessili si dotano della presenza di artisti, di maestri
sempre piรน imprenditori e di forestieri che portano nuove tecniche e
fanno conoscere nuovi ricami: gli artisti quindi si appoggiano anche
alle botteghe dei ricamatori, che godono di una considerazione non
inferiore a quella dei pittori.
Le vesti cosรฌ raffigurate nelle varie opere presenti nel territorio umbro sono grandiose. I tessuti che vengono maggiormente dipinti sono velluti, damaschi, lampassi e broccati, simboli di grande preziositร . Accanto alla lavorazione dei tessuti anche quella dei ricami, raffigurati a punti tagliati o sfilati, รจ di grande prestigio. Nei pittori le vesti dei personaggi sono ricche di fascino ed eleganza e lโabito diventa parte integrante della figura. Il disegno รจ costruito con una magnifica e solenne concezione di equilibrio: i decori floreali nelle vesti della Vergine si fanno sempre piรน importanti, ricordando i tralci di acanto, di memoria classica, che si snodano lungo un percorso sontuoso. Il vestito dipinto sul personaggio lo completa: รจ lo spirito della sua eleganza e lโespressione della sua raffinatezza.
Abito, specchio di unโepoca
Osservando il modificarsi della foggia dellโabito e dei tessuti, รจ possibile intuire lโalternarsi nelle opere dโarte, di epoche e di stili. Di particolare importanza, per la ricchezza delle vesti, รจ la Madonna del Belvedere (1413), capolavoro del piรน celebre pittore eugubino Ottaviano Nelli. Lโabito segue con delicatezza la linea del corpo, mentre le ampie maniche testimoniano lโestro del tempo: non solo le vesti sono impreziosite in oro, ma con la stessa tecnica sono stati riprodotti anche gli abiti degli angeli musicanti. Lโindumento fondamentale nel Quattrocento era infatti la gamurra: un abito lungo fino ai piedi, chiuso da bottoni o da stringhe laterali, piรน o meno ricco a seconda della classe sociale.
Non solo la Vergine ha ampi e preziosi vestiti, ma nella pala di gusto tardogotico (1420-1430) di Antonio Alberti, conservata nella Pinacoteca di Cittร di Castello, anche San Benedetto e San Bartolomeo rispettivamente a destra e a sinistra della Vergine, hanno abiti molto ricercati con decorazioni floreali in oro. San Nicola invece, del Polittico Guidalotti (1437), opera celebre di Giovanni da Fiesole, noto come Beato Angelico, รจ assorto nella lettura. Nelle sue vesti, lโoro non รจ un elemento sovrapposto, ma รจ tessuto insieme alla tela. Il broccato prezioso del piviale รจ indagato con unโottica fiamminga della luce che scorre tra le pieghe e crea motivi a losanghe, segmenti e riflessi di luce. Lo stesso trattamento รจ usato per la veste bianca e rossa che fuoriesce decisa dal piviale. Percepiamo la morbidezza e il fruscio della seta che si adatta in mille pieghe rese vive dalla luce.
Allโinterno di un hortus conclusus, inveceรจ dipinta in modo monumentale la Madonna dellโOrchestra (1448-1458) di Giovanni Boccati. Quello che piรน colpisce รจ il vestito della Vergine in broccato azzurro scuro con motivi floreali in oro. Una tipologia di Madonna molto rappresentata in Umbria รจ la Madonna della Misericordia, cioรจ la Vergine che accoglie i fedeli sotto il proprio manto. La bellissima Vergine di un seguace di Niccolรฒ di Liberatore (seconda metร XV sec.), oggi conservata nel Museo Civico di Trevi, indossa un abito rosso amaranto decorato con ornamenti floreali sulla tonalitร del rosso, un sontuoso mantello grigio olivastro, anche esso decorato, le scende sulle spalle. Molto simile รจ unโaltra Madonna della Misericordia (1482) di Bartolomeo Caporali, conservata nel Museo Comunale di Montone: una tunica stretta in vita in oro con fiori dalle sfumature rosse e rosa รจ la protagonista di tutta la scena. Infine degne di essere ricordate, per la preziositร delle loro stoffe dipinte sono la Madonna in trono e Santi (1462) di Matteo da Gualdo, oggi conservata nel Museo Comunale di Gualdo Tadino e la Madonna del Soccorso (fine XV sec.) di Francesco Melanzio, nel Museo Comunale di S. Francesco a Montefalco, da poco restaurata, la pala รจ tornata a comunicare quei valori di bellezza per i quali era stata commissionata.
Infine belle donne elegantemente vestite, sono raffigurate nei piatti da pompa, tipici della ceramica derutese: le dame ricordano, per delicatezza dei tratti e per fisionomia, la tipologia di Vergine dipinta dal Pinturicchio. Una di esse, conservata nel Museo Civico della Ceramica di Deruta (XVI sec.), รจ raffigurata con un vestito azzurro e oro. A Deruta anche SantaCaterina dโAlessandria, di epoca piรน recente alle nobildonne precedenti, รจ vestita con un lungo e raffinato abito con una decorazione in blu e arancio. La Santa, protettrice dei ceramisti derutesi, fa da cornice allโantica arte di tessuti, merletti e decorazioni, non ricamati sulla stoffa ma bensรฌ dipinti sulla tela, nelle opere dโarte umbre.
Fra pochi giorni รจ Natale, la festa di tutti, ma che ognuno lo festeggia a modo suo. Nei paesi di lingua tedesca si fa lโalbero e si accendono le quattro candele dellโAvvento. Ancora piรน a nord, dove la notte รจ molto lunga, dietro ogni finestra sono posizionate delle luci che, riflettendosi sulla neve, rendono la notte meno buia. Londra Parigi e New York sfoggiano luminarie sempre piรน belle. A Piazza San Pietro, a Roma, si rispettano tutte le tradizioni, cioรจ presepe e albero.
Qui sullโaltopiano, invece, domina il presepe, che si fa in vari modi. A Massa Martana, limite sud dellโaltopiano, si allestiscono presepi fatti con ogni tipo di materiale, ghiaccio compreso. Provengono da tutte le regioni dโItalia e non solo, sono tradizionali e modernissimi, classici e astratti. Il castello รจ la cornice suggestiva dentro cui si aprono i locali dei presepi. Ogni vicolo e ogni slargo ha qualcosa di natalizio da mostrare.
Il presepe vivente di Marcellano
In un altro castello si fa il presepe vivente. Si deve andare a nord dove si incontra lโultimo castello dellโaltopiano che รจ Marcellano, ultimo possedimento orientale di Todi che ancora conserva lโaquila tuderte. Se ci andate, cercatela! Il borgo risale ai primi del 1200, รจ piccino, graziosissimo e tutto costruito allโinterno del castello. Sono ormai trentโ anni che Marcellano mette in scena il presepe vivente, un evento che richiama un pubblico sempre piรน numeroso.
Lโazione coinvolge tutti gli abitanti di Marcellano che, allโinterno del castello, ricostruiscono la vita al tempo di Gesรน a lume di candela, con una piccola aggiunta di dolcetti deliziosi.
Poi, quando si fa notte, le attivitร commerciali si fermano e sul sagrato della chiesa inizia la sacra rappresentazione. Tutto ciรฒ che dice il Vangelo viene messo in scena, partendo dallโAnnunciazione. I turisti sono pigiati davanti alla chiesa, quando si comincia a sentire una musica dolce: sulle note della Barcarola di Offenbach lโazione si sposta nella valletta. Laggiรน si รจ illuminata la grotta con i personaggi principali: Maria, Giuseppe e il Bambinello.
I turisti sono ancora fermi in paese quando appare la stella cometa che, gracchiando, scende lungo un filo fino alla grotta e guida la strada ai Magi. I re magi, elegantissimi e a cavallo, vanno a rendere omaggio a Gesรน Bambino e a portare i loro doni preziosi. Solo adesso i turisti possono muoversi e scendere. Lรฌ nella grotta, al freddo e al gelo, cโรจ lโultimo nato dellโanno, accuratamente coperto contro il freddo e sempre molto elegante per celebrare un onore che puรฒ capitare una sola volta nella vita.
Il presepe di Marcellano
La magia delle laudi del 1200
Natale perรฒ รจ caratterizzato anche dai canti. Quelli americani dominano, ma lโItalia ha canti antichi e belli che non hanno venduto milioni di dischi, ma che hanno attraversato i secoli. Questi canti sono le laudi, nate in Umbria attorno al 1200 e ancora cantate e ascoltate, soprattutto in Umbria.
Se 5.000 persone per un concerto vi sembrano poche, starete sicuramente pensando ai concerti di Vasco Rossi. Ma se pensate che 5.000 persone si sono radunate per ascoltare il Coro Polifonico Mยฐ Tommaso Frescura, diretto dal prof. Emore Paoli, vi renderete conto che รจ unโenormitร .
Si sono riuniti per ascoltare le laudi del 1200 e i canti popolari umbri, una musica cosรฌ di nicchia che di solito si rivolge a un pubblico specializzato. Quindi, per traslato, gli Umbri sono musicalmente molto colti. Di certo molti di essi, anche se non tutti e 5.000.
Accade che il prof. Paoli, umbro DOC, abbia coinvolto in unโavventura raffinata gli abitanti del suo paese, proprio quel Marcellano dove si mette in scena il presepe vivente. Egli ha dato nuovamente vita alla musica umbra, quella del territorio, ancor prima di Umbria Jazz.
La laude italiana รจ sia religiosa sia popolare e si รจ tramandata nei secoli quasi inalterata. Da qui lโinteresse di tante persone che ricordano canti sentiti in gioventรน, mente i giovani ascoltano curiosi i suoni e le parole di un passato che รจ dietro le loro spalle. Quel passato cosรฌ lontano invece รจ vicino, anzi vicinissimo. Infatti, cโรจ una laude che prende origine dai Fioretti di San Francesco, che sicuramente lโha cantata e danzata quando andava in giro per il mondo. La laude in questione lโabbiamo cantata anche noi, in gita, ma anche in chiesa; รจ stata suonata con lโarmonica, con le chitarre e cantata con cori non particolarmente intonati.
Il primo รจ stato Claudio Baglioni nel film che Zeffirelli ha girato sulla storia di San Francesco: Fratello sole e sorella luna erano sia il titolo del film che della canzone. Lโha scritta Riz Ortolani appositamente per il film. Ma Riz Ortolani era un uomo colto che conosceva le laudi del 1200 e ha rielaborato proprio quella di San Francesco.
Se Fratello sole e sorella luna รจ famosissima, le laudi natalizie riservano a loro volta delle sorprese. Sentendole si ritrova lโItalia dei pastori, dei presepi e degli zampognari con le cioce. Un piccolo piacere che il prof. Paoli regala ogni anno durante le feste di Natale e Capodanno tenendo un concerto sullโaltopiano.
I bambini provenienti da famiglie piรน povere hanno, rispetto ai loro coetanei, una maggiore probabilitร di fallimento scolastico, rischiano di lasciare precocemente la scuola e di non raggiungere i livelli minimi di apprendimento. A loro volta, questi minori soffriranno, con tutta probabilitร , di una condizione di privazione, anche economica, nella loro vita da adulti.
Queste le allarmanti considerazioni apparse in un rapporto del maggio 2018 pubblicato da Save the Children Italia, secondo cui la povertร educativa – cioรจ la privazione dellโopportunitร , per bambini e adolescenti, di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacitร , talenti e aspirazioni – tende a interessare diverse dimensioni. Impedisce loro, infatti, non solo di acquisire le competenze necessarie per vivere nel mondo odierno costruendo relazioni interpersonali e sociali, ma anche di avere stima in se stessi e nelle proprie capacitร , cosรฌ come di mantenere un controllo dei propri sentimenti anche in situazioni di difficoltร e di stress.
I numeri
In Italia, di quasi mezzo milione di studenti quindicenni oltre 100.000 non raggiungono i livelli minimi di competenze in matematica e in lettura: non riescono, insomma, a utilizzare formule matematiche relativamente semplici per descrivere la realtร che li circonda, nรฉ a interpretare correttamente il significato di un testo. La disuguaglianza รจ talmente marcata che gli studenti provenienti da famiglie svantaggiate ottengono, ai test somministrati, risultati tra i piรน bassi in Europa, mentre i loro coetanei, provenienti perรฒ da famiglie piรน abbienti, si attestano allo stesso livello dei top performer mondiali.
Ma non รจ tutto perduto
Esistono perรฒ bambini che, pur provenendo da situazioni svantaggiate, trasformano la difficoltร in unโoccasione di crescita e sviluppo personale: si tratta dei minori resilienti che, reagendo positivamente, innescano un meccanismo di apprendimento continuo, vita natural durante, utile a vivere serenamente le sfide che il mondo odierno presenta loro. Il loro numero soffre, purtroppo, di flessioni temporali e geografiche: da nord a sud della Penisola, la percentuale dei bambini resilienti cala notevolmente, senza contare che lโItalia รจ, tra i Paesi europei, quello con processi di resilienza meno sviluppati.
Stimolare la resilienza
ร indubbio, infatti, che la resilienza scaturisce non solo da un ambiente scolastico stimolante, dove gli insegnati dialogano proficuamente con i genitori e gli alunni si muovono tra infrastrutture di qualitร , ma anche da luoghi in cui sia possibile svolgere attivitร sportive, ricreative e culturali, capaci di arginare il pericolo della criminalitร , della disoccupazione e della povertร . ร importante anche una predisposizione individuale alle relazioni sociali e all’autonomia, come pure la capacitร di risolvere i problemi e di darsi degli obiettivi.
Viene da sรฉ che, al contrario, una comunitร degradata, che soffoca la motivazione e lโimpegno e che deprime il talento, sia un vero e proprio ostacolo alla resilienza, cosรฌ come le discriminazioni di genere, che si delineano addirittura come fattore predittivo della povertร educativa.
Al contrario di quanto si crede, non hanno influenza sulla capacitร di resilienza nรฉ la provenienza da una famiglia migrante, nรฉ la composizione familiare o la condizione lavorativa dei genitori.
E lโUmbria, quanto รจ povera?
Rispetto alle regioni meridionali, quelle del centro-nord, seppure avvantaggiate, restano gravemente carenti dal punto di vista delle attivitร ricreative e culturali. La partecipazione dei minori a uno spettacolo teatrale almeno una volta allโanno non supera mail il 40%; nella nostra regione, inoltre, lโ80,3% dei minori non ha mai partecipato a concerti di musica classica – e questo รจ un dato superiore persino a quello delle regioni del centro sud, che in generale offrono meno opportunitร per attivare percorsi di resilienza educativa.
Edu Sostenibile
Analizzare questi meccanismi costituisce la chiave di volta per sviluppare politiche efficaci a contrasto della povertร educativa. Con queste premesse nasce il progetto Edu sostenibile: la comunitร nella sostenibilitร educativa per lโinfanzia, che verrร presentato il 22 novembre 2018 alla Sala dei Notari di Perugia (evento).
Rivolgendosi a oltre 10.000 bambini tra gli zero e i sei anni, ai loro genitori, ai loro famigliari di riferimento – senza contare i 2.000 studenti di Scienze dellโEducazione, Consulenza Pedagogica, Scienze della Formazione Primaria e Psicologia, e gli oltre 400professionisti del campo dellโinfanzia – il progetto intende creare un sistema incentrato sulla corresponsabilitร educativa.
Attraverso dei CET (Centri Educativi Territoriali) e una campagna informativa generalista, cercherร di rendere consapevoli le famiglie dellโimportanza di un ambiente stimolante per lo sviluppo dei bambini e di proporre, conseguentemente, attivitร calibrate sui loro bisogni, come laboratori, focus group e attivitร di prossimitร .
Passo dopo passo
Lโattivitร sperimentale dei CET, volta a produrre un cambiamento culturale e la formazione di comunitร educanti fortemente inclusive, dopo una prima fase di co-progettazione – volta alla sensibilizzazione della comunitร , anche tramite la distribuzione di kit informativi – proseguirร con la mappatura di tutte le risorse sociali, sanitarie, culturali e associative che svolgono una funzione educativa nel territorio, al fine di coinvolgerle nella progettazione dellโattivitร dei CET stessi. Queste iniziative – offerte a prezzi accessibili o sostenute tramite lโintegrazione con lโapposito fondo di sostenibilitร – daranno particolare enfasi al coinvolgimento delle famiglie; e tale processo, moltiplicato in tutta la comunitร , tenderร a costituire dei patti di collaborazione che sanciscano formalmente la cooperazione tra pubblico e privato a tutela di un imprescindibile bene comune: il valore educativo di una comunitร .
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