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Spettacoli, scoperte e delizie. Venerdì 18 alle ore 18:00 presso il Teatro comunale in Piazza Pontano si terrà il convegno inaugurale.

Sabato 19 e domenica 20 agosto torna nella meravigliosa cornice del castello di Cerreto di Spoleto il Festival del Ciarlatano. Due giorni di pura spensieratezza ricchi di appuntamenti: 6 spettacoli per un totale di 9 repliche e un workshop dedicato a bambini e famiglie. Giornate in cui luoghi ed eventi dialogano tra arte, cultura, eccellenze gastronomiche sulle orme della mitica figura del Ciarlatano, nata a Cerreto e poi diffusasi in tutta Europa. L’evento, la cui direzione artistica e organizzazione è affidata a Fontemaggiore Centro di Produzione Teatrale, è promosso e sostenuto dal Comune di Cerreto che ha fortemente voluto dare una nuova e ricchissima veste al Festival già dalla scorsa edizione.

Il Festival del Ciarlatano è realizzato grazie al contributo del G.A.L. Valle Umbra e Sibillini a valere sul Fondo FEASR del PSR per l’Umbria 2014-2022 Misura 19.

 

Il programma

Splendidi contesti architettonici e panorami mozzafiato faranno da scenografia agli spettacoli per sorprendere e divertire il pubblico di tutte le età. L’iniziativa sarà inaugurata sabato 19 ore 17:00 in Piazza Pontano con lo spettacolo incentrato sulla figura del ciarlatano Il Principe dei Ciarlatani, l’evento sarà allietato con musiche dal vivo. A seguire, alle ore 17:45 e alle ore 18.30, presso il cortile dell’Ex Chiesa di San Nicola si terranno due repliche dello spettacolo di magia comica e di giocoleria Capitan Bretella Supershow. La serata sarà animata dalla replica dello spettacolo Il Principe dei Ciarlatani in Piazza Pontano alle ore 19:15, a seguire nel medesimo luogo alle ore 21:30 si terrà l’esibizione comica Imitamorfosi.

 

La giornata del 20 agosto, nonché l’ultima del Festival, si aprirà alle ore 16:00 presso il Museo del Ciarlatano con il workshop di origami a cura del duo artistico Grimm Twins: Ayumi Makita & Barbara Lachi. Il laboratorio sviluppato sui temi del ciarlatano e delle sue tradizioni è destinato ai bambini e ai loro genitori, i quali sono invitati a partecipare alla scoperta e alla creazione dell’origami. Successivamente la giornata prevedrà lo spettacolo La favola del vendifrottole a cura di Fontemaggiore alle ore 17:00 presso Piazza Pontano; poi alle ore 17:40 presso il cortile dell’Ex Chiesa di San Nicola si svolgerà lo spettacolo dedicato a grandi e piccini Pulcinellata assieme alla realizzazione del laboratorio sulla costruzione dei burattini. Il sabato sera sarà allietato dalla replica dello spettacolo La favola del vendifrottole alle ore 19:00 presso Piazza Pontano, a seguire ci sarà la meravigliosa rappresentazione comica Vladimir&Olga – Charlatans Circus  alle ore 21:00. Il tutto sarà arricchito da rievocazione di antichi mestieri e degustazioni eno-gastronomiche con prodotti tipici ed erbe locali selvatiche.

Tutti gli appuntamenti sono ad ingresso libero.

 


INFO

Comune di Cerreto di Spoleto

cell. 338 4831542 – tel. 0743/91231- 91307

info@fontemaggiore.it

www.festivaldelciarlatano.it

Facebook: Festival del Ciarlatano

www.fontemaggiore.it

«La bellezza salverà il mondo», scriveva Fedor Dostoevskij in una delle sue più celebri fatiche letterarie, LIdiota.

E se è vero che la bellezza salverà il mondo, sta al mondo salvare la bellezza. Sì, vogliamo concederci la licenza poetica di riadattare uno degli aforismi più in voga nel XXI secolo al disorientamento di queste ultime settimane. Non c’è nulla, come la bellezza, che possa sopravvivere ai secoli e all’oblio, trasformandosi in modo da trascendere tempo e spazio.

 

Panorama Vallo di Nera

Vallo di Nera, foto di Enrico Mezzasoma

La bellezza resiste al virus

Che la bellezza non sia solamente una questione soggettiva ce lo testimoniano anche le ricerche del dottor Semir Zeki, precursore e pioniere della Neuroestetica, scienza che studia i meccanismi biologici alla base della percezione estetica. Che si tratti di uno scorcio, di un qualunque affresco, di una pala d’altare, di una torre medioevale o di un santuario, quando osserviamo un qualcosa di esteticamente bello stiamo entrando in empatia con la mano di chi l’ha plasmato. Ed è altrettanto provato, più sul piano emotivo che su quello scientifico, che non esiste virus, malanno di stagione o pandemia in grado di offuscare la bellezza del mondo.
Specie in Valnerina, l’armonica bellezza della natura, la quiete dei piccoli borghi e la vita semplice regalano al visitatore immagini indimenticabili, sempre ricche di profondità e non solo sul piano esclusivamente estetico. Percorrendo un itinerario che tocchi le città in cui santi, pittori, cavalieri ed eremiti hanno vissuto lasciando importanti testimonianze, è possibile ammirare le imponenti opere architettoniche e artistiche a loro dedicate, comprendendo quanto il loro passaggio sia stato significativo per chi ha avuto il privilegio di conoscerli e apprezzarli. È allora possibile percepire la magica essenza di questi luoghi e comprendere perché spiritualità, natura, arte, tradizioni e bellezza abbiano trovato in Valnerina naturali radici.

 

Panorama di Cerreto di Spoleto,

Panorama di Cerreto di Spoleto, foto by Enrico Mezzasoma

Come quadri impressionisti

Con lo sguardo rapito dal Pian di Chiavano, da Castelluccio di Norcia e dalla Valle del Nera che, da Cerreto di Spoleto scorre fino a Scheggino, abbiamo richiamato i libri di storia dell’arte che hanno accompagnato la nostra formazione. E come un lampo, un nome è balzato alla mente: Pierre-Auguste Renoir, artista francese considerato come la sublimazione espressiva dell’Impressionismo d’Oltralpe.
Come mai? Perché i paesaggi di questo angolo di Umbria ricordano incredibilmente la centralità paesaggistica dei pittori impressionisti, la supremazia del colore rispetto alle forme, la continua ricerca dell’emozione come fonte di ispirazione e di bellezza. Curiosamente fu proprio Renoir a scrivere: «Il dolore passa, la bellezza resta». Un pugno di parole che oggi, come non mai, è divenuto un vero e proprio mantra per chi ha scelto di vivere in Valnerina e di Valnerina, uno slogan capace di unire tutti coloro che hanno saputo preservare il fascino arcaico di questa terra: dai cavatori di tartufo ai mastri norcini, dalle guide escursionistiche e alle comunità religiose del territorio, dagli albergatori e agli imprenditori dell’agroalimentare, dagli allevatori e agli artigiani, dai ristoratori ai commercianti.

Dai testi di geografia ai sussidiari scolastici, passando per le fiere internazionali sul turismo, l’Umbria viene identificata da una definizione straordinariamente calzante: cuore verde d’Italia.

Secondo la simbologia tradizionale, il verde, espressione cromatica nella quale i buddisti individuano l’origine della vita, celebra l’elevazione dello spirito e del corpo che, per chi percorre l’Umbria, assume i contorni di un’esperienza ascetica in cui convergono identità e tradizioni, cultura e memoria storica, in cui la contemplazione del creato genera armoniche vibrazioni della mente. Se ci venisse chiesto di illustrare la frequenza cardiaca del cuore verde d’Italia, la matita traccerebbe linee sottili dall’incedere incredibilmente geometrico che, chi conosce l’Umbria, non tarderebbe a identificare nella profilo della piccola Preci, borgo immerso nel verde della Valnerina.

Lasciando la Valle del Nera, per risalire la Valle Campiano verso il paese di Preci si entra nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini

Il Piantamaggio

Avamposto medioevale sorto in prossimità di un oratorio benedettino – come testimoniato dall’etimologia del toponimo della città (preces, cioè preghiera) – Preci segna l’impercettibile transizione fra la Valle del Nera, risalendo da Cerreto di Spoleto, e il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, mosaico di storia e tradizioni secolari, pentagramma in cui nubi di paesaggi e borghi seguono il ritmo sempiterno della natura. Ed è proprio dalla natura che qui alloggia che trae origine il rito del Piantamaggio, cerimoniale di pagana memoria le cui origini risalgono alle feste di primavera, successivamente trasformate in Baccanali, che si svolgevano in onore del dio Bacco Dioniso e avevano lo scopo di introdurre i giovani nel mondo degli adulti, spesso sfociando, a causa delle prolungate libagioni, in pratiche iniziatiche e orgiastiche. Tale versione è avvalorata dall’utilizzo, nell’uso popolare, della perifrasi piantar maggio, espressione dal forte allusivo significato, che è quello di consumare l’atto sessuale.

 

L’aspetto cinquecentesco del castello di Preci, immortalato in una foto storica conservata nell’archivio

 

La sera tra il 30 aprile e il 1 maggio, un albero di faggio o di pioppo, simbolo di fertilità, preso, anzi rubato, nelle campagne circostanti dai giovani del paese, viene tagliato e portato nella pubblica piazza. Dopo essere stato spogliato e ripulito dalle fronde e dalla corteccia, viene integrato nella parte alta con un ramo di ciliegio fiorito, a simboleggiare il matrimonio tra gli alberi e l’unione carnale con cui i fanciulli vengono iniziati alla vita adulta. Successivamente viene anche legata, nella parte più alta dell’albero, una bandiera nazionale, forse un antico ricordo degli alberi della libertà, che tra la fine del Settecento e l’inizio del secolo successivo venivano innalzati in ogni luogo dove arrivavano i venti e gli entusiasmi della Rivoluzione francese. La larga diffusione della celebrazione è testimoniata, inoltre, da una toponomastica estremamente ricca: il Monte Maggio, che domina la splendida Cascia, e il Monte Galenne – situato tra Meggiano, Cerreto di Spoleto e Sellano, il cui toponimo rimanda verosimilmente alle Calende di Maggio – ci raccontano di un territorio che cambia nell’aspetto, ma che conserva il suo più intimo fondamento ontologico.

 

Le Cascate de lu Cugnuntu, una stretta forra di circa 20 metri situati presso i Casali di S.Lazzaro al Valloncello.

«Pulchra sabina Preces Prisca chirurgis patria» (Preci, il bel castello sabino, antica patria dei chirurghi).

Così esordisce nel Subsidium medicinae Durante Scacchi, capostipite e antesignano della secolare scuola chirurgica preciana.

Un passato controverso quello castoriano, che riecheggia tra le pievi e i santuari di una valle dal fascino arcano; terra di eremiti, percorsa dall’energia primordiale dei Monti Sibillini che, nel culto dei dioscuri Castore e Polluce – patroni della medicina classica – cela echi di gloriose vestigia pagane. È lecito chiedersi il perché, nel cuore della Valnerina, sorse una tradizione chirurgia senza eguali in Europa: basti pensare che nel 1700 Durante Scacchi liberò dal tormento della cataratta sua maestà Elisabetta I, regina di Inghilterra.

La scuola preciana

Tuttavia attribuire alla genesi della scuola preciana all’evangelizzazione anacoretica operata dagli eremiti siriani in Valnerina equivarrebbe a collocare le origini della tecnica chirurgica in un contesto storico-antropologico troppo lontano nel tempo. Appare dunque logico ricollegare sviluppo e decadenza dalla scuola preciana all’ascesa, e parallelamente, al declino, della vicina Abbazia di Sant’Eutizio, roccaforte anacoretica in cui a veleggiare furono i vessilli di Benedetto da Norcia, patrono d’Europa.
Perché la tecnica chirurgica conobbe in Preci e nella Valle Castoriana un fertile terreno su cui svilupparsi? La risposta va individuata nel tessuto socio-antropologico del luogo e nella specializzazione dei preciani nella mattazione del maiale, da cui ne derivarono profonde competenze anatomiche, tradotte successivamente nell’asportazione di cisti e calcoli.

 

Museo della Scuola chirurgica di Preci

 

Eppure nel percorrere questo viaggio nella storia della chirurgia preciana occorre distinguere nettamente i due orientamenti in cui si articolava la celebre corporazione dei chirurghi: se da una parte campeggiava il pensiero empirico – che trovava supporto in chirurghi provetti che tornavano all’amata Preci dai borghi di tutta Europa in cui dispensavano la secolare sapienza umbra – dall’altra spiccano austeri profili di chirurghi di professione, figli dell’élite cittadina e dell’erudizione accademica. Particolare menzione, nella disputa tra gli empirici e i professionisti della chirurgia, merita una citazione del Durante Scacchi, sostenitore del pragmatismo scientifico e dell’applicazione tecnica: «La dottrina cederà alla dotta mano».

La nascita del ciarlatano

Ed è proprio all’interno di questo scenario socio-antropologico che la figura del chirurgo preciano entra inevitabilmente in collisione con uno dei personaggi più dibattuti ed enigmatici del suo tempo: il ciarlatano, da cerretano: abitante di Cerreto di Spoleto che la Treccani definisce letteralmente come colui il quale cavava sulla pubblica piazza i denti o vendeva rimedi che decantava miracolosi.
In seguito ai numerosi abusi empirici di chirurghi ambulanti, provenienti perlopiù dal contado di Cerreto di Spoleto, fu richiesta a coloro che esercitavano la professione la Patente di Mezza Chirurgia, vale a dire una rudimentale abilitazione che autorizzava chi ne era in possesso a procedere chirurgicamente sui pazienti.

 

Museo della Scuola chirurgica di Preci

Il chirurgo di Cerreto di Spoleto

La figura di Durante Scacchi, divenuto celebre per l’utilizzo del rasoio cauterizzatore, che limitava le emorragie, trovò in Baronio Vincenzo, illustre medico e chirurgo di Foligno nonché marito dell’aristocratica Delia Nobili da Cerreto di Spoleto, un degno successore. A Borgo Cerreto, crocevia di itinerari e viandanti, costui fece erigere un ambulatorio ospedaliero in cui esercitò per decenni la nobile professione di chirurgo e, successivamente, commissionò la realizzazione della Chiesa di Gesù e Maria, divenuta mausoleo della famiglia Vincenzi. Nella cripta del santuario sono state recuperate importanti testimonianze degli interventi effettuati dal Vincenzi: trattasi di crani che esibiscono tracce di perforazioni chirurgiche, praticate verosimilmente come esperimenti, uno dei quali mostra visibili segni di rimarginazione, comprovando l’ipotesi che il paziente sopravvisse a lungo grazie alla buona riuscita dell’intervento.