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ยซรˆ stimolante lavorare in questa regione perchรฉ, oltre a essere un autentico paradiso di natura incontaminata, bellissimi borghi e cittadine affascinanti, รจ anche una regione ricca di storia, tradizioni e arte in tutte le sue espressioniยป.

Umbro di nascita, Armando Moriconi ha il suo atelier a Foligno, dove vive e lavora tra attrezzi del mestiere e calchi a cui dare forma e sostanza. รˆ proprio nel suo studio, nel cuore dellโ€™Umbria, che le sue sculture e installazioni prendono vita.

Alla scultura lei approda da giovanissimo, portavoce di uno stile scultoreo primitivo e istintuale, esperto conoscitore di tutte le tecniche nella lavorazione dei materiali. Ci racconta come nascono le sue opere?

Le mie opere nascono da visioni interiori; un poโ€™ riflettendo come Henri Focillon: ยซla forma fintanto che non vive nella materia, รจ una visione dello spiritoยป. Per me la scultura รจ pensiero, visione, segue poi il processo di lavorazione, ma รจ come respirare, cโ€™รจ la gioia non la fatica. Lโ€™idea nella materia marmo vive di luce propria, respira, emana luce, comunica. Allโ€™inizio, circa nel 1995, dallโ€™idea passavo direttamente alla lavorazione del blocco di marmo, tracciavo giusto qualche riferimento sulle facce del blocco avendo ben in mente la forma da cercare al suo interno. Si trattava di forme non articolate ma semplici, essenziali. Negli anni successivi, con lโ€™evolversi della ricerca che mi portava a sviluppare forme organiche con piรน dinamismo plastico e tensioni, ho iniziato ad adottare un metodo diverso, andando dallโ€™idea allโ€™argilla e sviluppandola al meglio, per poi iniziare a trasferire il progetto sul blocco di marmo mediante la tecnica di cavar punti, con uno strumento particolare che ha degli snodiย  in ottone. Su un’estremitร  scorre unโ€™asta appuntita in acciaio che tocca i punti indicandone le loro rispettive profonditร ; questo viene ripetutamente trasferito dal bozzetto al blocco in fase di lavorazione per evidenziare la quantitร  di marmo da rimuovere in quel determinato punto, avendo cura di non andare oltre altrimenti si compromette lโ€™esito dellโ€™intero lavoro. Per quanto riguarda la creazione delle mie opere in bronzo, si entra nel magico e affascinante spazio della fusione a cera persa: viverla e attuarla in prima persona in tutte le sue fasi รจ unโ€™esperienza unica. Si apprendono nuovi modi di operare, quelli che potrebbero sembrare errori tecnici in molti casi si rivelano fantastiche sorprese che stimolano la ricerca artistica e aprono nuove possibilitร  espressive. Attraverso lโ€™esperienza di fonditore e formatore ho appreso tante cose utili per sviluppare nuovi progetti, come quello attuale sullโ€™archeologia del tempo. Mentre i lavori in ceramica si concretizzano in modo piรน diretto rispetto al marmo e bronzo: lavorare lโ€™argilla per me รจ fondamentale, sia come studio per generare poi opere in marmo o bronzo, sia per creare opere finite con smalti oppure trattate con procedimenti di ossidoriduzione e in terzo fuoco.

 

Quanto รจ fondamentale per lei lavorare nel suo atelier? Da dove trae ispirazione?

Il mio atelier รจ immerso nella natura, da un lato ci sono gli alberi di ulivo, dei vitigni di Trebbiano, Grechetto e Merlot, un orto grande dove si alternano vari ortaggi di stagione che coltivo insieme a mio padre. รˆ fondamentale per me lavorare in questo contesto, dove la natura favorisce la mia ispirazione; blocchi di marmo, di onice, quando la luce del sole li coglie i loro spigoli si illuminano cosรฌ da far sembrare che al loro interno ci sia unโ€™anima. Lavorare nel proprio studio ti fa accorgere anche di progetti incompiuti e lasciati a metร  strada o in attesa di ripresa. Ogni volta che finisco una scultura non vedo lโ€™ora di fotografarla, in questo contesto la fotografia diventa uno strumento divulgativo ed espressivo che contribuisce ad accrescere il mito dellโ€™arte, Mi piace fotografare lo sviluppo dei miei lavori e metterli in relazione con lโ€™ambiente, spesso in situazioni di luce suggestiva.

 

Quanto รจ stato importante per lei e per la sua arte lavorare in questa regione?

รˆ stimolante lavorare in questa regione perchรฉ, oltre a essere un autentico paradiso di natura incontaminata, bellissimi borghi e cittadine affascinanti, รจ anche una regione ricca di storia, tradizioni e arte in tutte le sue espressioni. In Umbria si puรฒ contemplare Giotto, Perugino, Beato Angelico, Piero della Francesca, Dottori, Leoncillo, Burri, Afro e musei e siti archeologici di grande importanza. Lโ€™Umbria รจ anche la regione di San Francesco, in particolare la mia cittร , Foligno, fu a lui la piรน cara e vicina dopo quella di Assisi.

Solitamente concludiamo questa chiacchierata con una domanda: se ci lascia con una parola su cui meditare che per lei rappresenti il connubio tra la sua arte e lโ€™Umbria.

La parola armonia, intesa come connessione tra la mia energia creativa e il territorio in cui vivo e lavoro, ma anche come equilibrio plastico nelle mie opere.

Al Ristorante Dรจco di Ponte San Giovanni a Perugia – un luogo dove lโ€™arte รจ di casa poichรฉ ha sempre ospitato eventi artistici e vanta una interessante collezione dโ€™arte contemporanea – fino a gennaio 2024 Teresa Chiaraluce espone i suoi dipinti negli ambienti interni e Daniele Covarino ha portato le sue sculture in terracotta nel giardino che circonda i locali. Lโ€™esposizione รจ curata da Antonella Pesola, storica e critica dellโ€™arte.

Lโ€™artista Chiaraluce vive e lavora a Corciano (PG). Dopo aver conseguito la maturitร  artistica all’Istituto d’Arte Bernardino di Betto, nella sezione Disegnatori di Architettura e Arredamento, ha frequentato il corso di nudo del Maestro Franco Venanti, all’Accademia di Belle Arti, e il corso di Arte della Stampa all’Istituto d’Arte. Dal 2007 ha esposto i suoi lavori in innumerevoli mostre collettive in Umbria e allโ€™estero.

 

Opere di Teresa Chiaraluce

 

La pittura di Teresa Chiaraluce si ispira alla quotidianitร  e alla natura, in una visione fantastica e trasfiguratrice. Le opere dellโ€™artista parlano un linguaggio comune, ma in accostamenti di scene dellโ€™assurdo: non cโ€™รจ fuga dalla realtร  ma rappresentazioni di una concretezza piรน profonda indagata dalla categoria del contrasto. Daniele Covarino, artista nato a Roma, vive e lavora a Perugia. Diplomatosi allโ€™Istituto d’Arte di Deruta nel 1996, sezione ceramica, successivamente si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Perugia, sezione scultura, dove si diploma nel 2004. Lo scultore ha iniziato un percorso di ricerca legato allo studio delle forme primarie in relazione all’utilizzo dell‘argilla, specializzandosi nella scultura in ceramica. Le sue prime esposizioni si svolgono fra Perugia e Deruta, e in seguito, su invito e selezione, partecipa a numerose collettive. Le sculture dellโ€™artista sono lavorate con lโ€™argilla e ambientate in un luogo che le riconduce al loro elemento naturale, come la terra. Dalle caratteristiche forme organiche e biomorfe, esse evocano processi formativi biologici come fossili primitivi, forgiati dalle mani dellโ€™artista con lโ€™antica sapienza del ceramista.

 

Opere di Daniele Covarino

Intervista ad Antonella Pesola, curatrice della mostra

Una mostra รจ a tutti gli effetti un progetto e un sistema di rappresentazione in cui lo spazio espositivo diventa il luogo in cui convergono e dialogano tra loro opere dโ€™arte e lavori, che vengono ricollocati e riconfigurati. Ci puรฒ raccontare come รจ nata lโ€™idea della mostra di Teresa Chiaraluce e Daniele Covarino?

Apparentemente non esiste un filo conduttore che unisce le esperienze dei due artisti. Il mio intento era di proporre un linguaggio espressivo diversificato, dopo la mostra inaugurale della stagione svoltasi in estate dedicata a Danilo Fiorucci, che ha esposto bellissime opere astratte sia in pittura che in scultura. Lโ€™immediatezza dei dipinti di Teresa Chiaraluce mi รจ sembrata adatta per offrire un altro punto di vista. Lโ€™idea inoltre era sempre quella di affiancare opere di scultura accanto alla pittura e ho pensato alle opere di Covarino, che si possono apprezzare al meglio nellโ€™immediato spazio esterno del ristorante.

Quali sono state le principali difficoltร , se ci sono state, nella realizzazione ed esposizione della mostra?

Trovare un giusto equilibrio nellโ€™esposizione dei dipinti: gli ambienti interni offrono spazi vissuti con molti elementi di arredo che possono renderne difficile lโ€™apprezzamento, tenendo conto che ci sono due inamovibiliย e impegnative opere di Domenico Bruschi di fine XIX secolo.

Comโ€™รจ articolata la mostra essendo esposta presso il Ristorante Dรฉco?

Teresa Chiaraluce espone dipinti della sua ultima produzione che sono raggruppati in temi, riguardanti la natura, gli animali e la musica. La natura รจ lโ€™elemento preponderante di opere come Giardino interiore, che invade stanze e case abbandonate, in un gioco di rimandi di geometrie visionarie alla Escher, un procedimento adottato anche per opere che trattano di animali e musica, o meglio strumenti musicali. In un divertito contrasto, gli strumenti musicali sono raffigurati in un paradosso, diventando abitazioni o stanze dove rifugiarsi, spesso dalle dimensioni giganti fanno da sfondo a paesaggi immaginari. Lโ€™animale piรน raffigurato รจ il gatto, presenza costante nei suoi dipinti, dalla vivida coscienza di essere parte di rappresentazioni. Ecco la caratteristica piรน spiccata della pittrice, la teatralitร , per raccontare infatti rappresenta in un chiaro intento scenografico. Covarino invece allestisce sculture in simbiosi con la natura, perfette nellโ€™ambiente naturale dove sono messe, quasi ad indicare la strada al visitatone nellโ€™avvicinarsi allโ€™ingresso. La semplicitร  delle forme evoca archetipi di immagini biomorfe, sono animali o rifugi, o bozzoli o larve o vasi veri propri, che armoniosamente si collocano naturalmente, associazioni offerte anche dalla tecnica del colombino adottata dallโ€™artista e lโ€™illuminazione notturna non fa che esaltarne le forme.

Una mostra si presenta agli occhi del visitatore come una visione dโ€™insieme, in cui collaborano piรน artisti, in questo caso Teresa Chiaraluce e Daniele Covarino. Il percorso fisico che lo spettatore compie รจ un percorso narrativo che il curatore pensa. Come si lavora a questo?

Sin dallโ€™esterno con le sculture di Covarino, lo spettatore scopre man mano un percorso che lo introduce gradualmente verso gli ambienti interni, quasi possa essere un bosco o giardino animato da strane, ma familiari presenze che nella loro semplicitร  ci riportano a immagini primordiali dellโ€™inconscio comune, infatti riuniscono esperienze della specie umana e della vita animale che la precedette, costituendo elementi simbolici delle favole, delle leggende e dei sogni. Gli spazi interni dellโ€™ingresso, le due sale principali e la parete di fondo della scalinata ospitano i dipinti di Chiaraluce che allestisce vere e proprie rappresentazioni che esprimono stati dโ€™animo, impressioni, o riflessioni in vere e proprie scene teatrali, sempre improntate ad una pittura di veritร . Accomuna questi artisti cosรฌ diversi, il desiderio di alludere alla soglia, allโ€™attraversamento, infatti cโ€™รจ sempre un pertugio, una ferita, uno spiraglio, una porta, una finestra che non fa che simboleggiare che cโ€™รจ un oltre che puรฒ essere in ognuno superamento della realtร .

ยซIl mio modo di manifestare lโ€™Arte รจ per me una profonda riflessione sullโ€™umanitร  dellโ€™artista; dico spesso che รจ lโ€™opera che fa lโ€™artistaยป

Bruno Ceccobelli

 

Bruno Ceccobelli, allievo di Toti Scialoja, รจ un artista spirituale che ha sviluppato un linguaggio formale del tutto autonomo e scevro dalle influenze dettate dalla moda. Dalla seconda metร  degli anni โ€™70 fa parte degli artisti che si insediarono nellโ€™ex pastificio Cerere a Roma, nel quartiere san Lorenzo, gruppo poi divenuto noto come Nuova scuola Romana o Officina san Lorenzo. Lโ€™artista tiene la sua personale nel 1976 presso la Galleria Spazio Alternativo di Roma; successivamente espone a Parigi e New York. Nel 1984 e nel 1986 รจ invitato alla Biennale di Venezia ed espone in diverse mostre in Europa, Canada e Stati Uniti.

Cโ€™รจ stato un momento in cui ha capito che lโ€™arte avrebbe fatto parte della sua vita e che lei sarebbe diventato un artista?

Beh, era il 1959 e frequentavo la prima elementare, vinsi un premio di pittura promosso dallโ€™I.N.A.- Istituto Nazionale Assicurativo, un libretto di risparmio a mio nome; vivevo in campagna e i miei erano contadini: fu uno sconvolgimento per tutto il circondario. Dipinsi un pastorello che conduceva le pecore, prendendo spunto dalla raffigurazione pubblicitaria della scatola dei colori Giotto che avevano per icona emblematica Cimabue, il quale guardava con entusiasmo il piccolo Giotto, che diverrร  poi suo allievo, mentre disegnava una pecora su una roccia. Mi ero cosรฌ impressionato da quel romanzato episodio artistico che credetti nel sogno totalmenteโ€ฆ e come Giotto anchโ€™io stavo con le pecore, in fondo mi mancava solo un futuro maestro: giร , d’altronde non si racconta anche nella Bibbia che ยซquello che credi ti sarร  datoยป?

Lei รจ stato un allievo di Toti Scialoja: questa relazione quanto ha influito sulla sua arte? Se vuole, ci puรฒ raccontare un aneddoto che ricorda con piacere?

Quattordici anni dopo aver vinto quel mio primo premio, allโ€™Accademia di Belle Arti di Roma, Sezione Scenografia, arrivรฒ il mio primo maestro, Toti Scialoja, un uomo coltissimo, pittore, poeta, giร  famoso per aver avuto allievi importanti come Pino Pascali, Jannis Kounellis, Giosetta Fioroni e Carlo Battaglia. Toti era un istrione, un perfetto narratore, un rigoroso insegnante e infine un bonario amico. Ricordo con piacere lโ€™ultima sua lezione, che fece anni dopo la sua uscita dallโ€™Accademia; per il suo ottantesimo compleanno organizzammo una festa di reincontro: lui e i suoi allievi piรน affezionati, pranzammo a San Lorenzo, al ristorante Pommidoro, per poi scegliere il mio studio allโ€™ex Pastificio Cerere per un ulteriore saluto. Toti, emozionato, non si trattenne e si caricรฒ per darci una sua definitiva prolusione sulla gnoseologia dellโ€™arte; finito il discorso con applausi e commozione, io rimasi scosso perchรฉ, ancora una volta, non solo lo ritrovai empatico, ma quello che il prof. aveva appena detto era esattamente il mio pensiero sullโ€™arte. Dunque, non ero io allievo che avevo un pensiero artistico originale, ma si ergeva in me lo spirito del maestro e ne fui felice.

 

”Motore Universale”, 2011, tecnica mista su legno

Lโ€™arte รจ quindi il saper rappresentare la visione olistica-filosofica e ontologica dellโ€™umana esistenza; infatti nelle sue opere รจ molto forte e preponderante lโ€™aspetto spirituale, il modo di ricercare lโ€™essenza attraverso lโ€™arte. Ci puรฒ raccontare?

A diciassette anni, a Roma, incontrai il mondo della Teosofia grazie a Emma Cusani della L.U.T. – Logge Unite Teosofiche, cosรฌ approfondii il pensiero filosofico di Madame Helen Blavatsky che tanto aveva influenzato pittori del Novecento come Hilmaaf Klint, Kazimir Malevic, Vasilij Kandinskij, Paul Klee e Piet Mondrian. Poi, nel 1985 fui uno dei pochi artisti italiani viventi a partecipare al Los Angeles County Museum of Art, quell’esposizione storica itinerante dallโ€™America allโ€™Europa dal titolo The Spiritual artabstract painting 1890-1985. Il mio modo di manifestare lโ€™Arte รจ per me una profonda riflessione sullโ€™umanitร  dellโ€™artista; dico spesso che รจ lโ€™opera che fa lโ€™artista. Senza dubbio i miei dipingere e scolpire sono iconico-simbolici e i miei temi sono le profonditร  del cosmo e dellโ€™anima.

Vorrei concludere chiedendole di lasciarci con una parola su cui riflettere; una parola che per lei rappresenti il connubio tra la sua arte e lโ€™Umbria.

Sono nato a Todi, nel cuore dellโ€™Umbria che รจ il cuore dโ€™Italia. Mi sento fortunato, vorrei abbinare allโ€™Umbria i miei quadri fatti con la parola cuore.

Lโ€™Abbazia di Sassovivo, una delle piรน antiche testimonianze della presenza benedettina in Umbria, con il suo chiostro duecentesco realizzato con 128 colonnine di marmo bianco, in parte lisce e in parte a spirale[1], accolgono la personale di Giuliano Giuman, Silentium, inaugurata il 7 maggio.

Giuliano Giuman

Una grande mostra, che si sviluppa nei bellissimi ambienti e negli spazi dell’Abbazia: un viaggio intorno al concetto del sacro, un percorso di amplificazione della percezione esterna e interna. Il maestro umbro Giuliano Giuman torna a esporre e lo fa con un percorso di 23 opere tra pittura, fotografia e installazioni site specific; la personale รจ stata presentata presso l’Accademia di Belle Arti: alla conferenza stampa sono intervenuti, oltre all’artista Roberta Taddei,ย presidente Associazione Amici dell’Abbazia di Sassovivo, Antonella Pesola,ย critica d’arte e presentatrice della mostra ed Emidio De Albentiis, direttore Accademia Belle Arti di Perugia. La mostra, promossa in collaborazione con i Piccoli Fratelli di Jesus Caritas discepoli di Charles de Foucauld, che abitano e custodiscono l’Abbazia, e con l’Associazione Amici dell’Abbazia di Sassovivo, sarร  visitabile, a ingresso libero, fino al 7 ottobre 2022.

Giuman[2] mette in evidenza il tema del silenzio per favorire l’osservazione e la percezione. Una dimensione, quella di Silentium, che in questo particolare momento storico post-pandemico, di crisi e guerra anche in Europa, non rappresenta un vuoto o un’assenza ma, al contrario, รจ il modo in cui si organizza la presenza: essere nel presente, adesso. Proprio ora che il rapporto con il mondo รจ stato totalmente messo in discussione, catapultandoci in un presente che non ci saremmo mai aspettati, l’arte diventa una chiave di lettura indispensabile per indagare il nostro spirito. L’artista infatti, per tutto il tempo del primo lockdown, ha avuto la fortuna di trascorrere, ogni giorno ore in solitudine, proprio allโ€™interno di un chiostro cinquecentesco adiacente alla sua casa-studio, ad approfondire, meditare e cercare risposte e ispirazioni.

 

ULTIMA CENA 2015, pittura su vetro a gran fuoco

 

Antonella Pesolaย ha spiegato come ยซIl progetto, nato specificatamente per questo luogo, segue un importante percorso artistico che potremmo dire fondato sulla regola benedettina del silenzio, qui reso vivo, tangibile, vibrante dall’opera dell’artista. Giuman rievoca quell’arte che va verso un pensiero spirituale e lo fa usando il vetro come materia predominanteยป, inoltre prosegue sostenendo che ยซGiuliano Giuman, interpreta nella contemporaneitร  anche il sentimento religioso attraverso una estremizzazione delle valenze simboliche della luce e del colore. Fondendo questi due elementi, studiando le linee direttrici simultanee di sensibilitร  atmosferiche, cromatiche e sensoriali, l’artista ha costruito un percorso peculiare che lo ha portato a indagare i fenomeni della realtร  attraverso una lettura puntuale, dove la geometria costruisce e simultaneamente si annulla nel colore, creando ambienti psichici e reali. Giuman si muove tra scultura e pittura, dove tradizione e innovazione convivonoยป.
La mostra Silentium raccoglie sia la documentazione di progetti e realizzazioni di opere di arte sacra del suo percorso artistico, sia opere ispirate proprio dal luogo sacro in cuiย รจ ospitata:ย apoteosi del silenzio, dove ognuno di noi puรฒ trovare il proprio concetto di bellezzaย e sacralitร .

 


[1] L. Zazzerini, Umbria eremitica. Ubi silentium sit Deus, Edizioni Luoghi Interiori, Cittร  di Castello, 2019, p. 80.

[2] Per approfondimento si veda From Burri to Giuman. Gli artisti incendiari, in AboutUmbria Collection Red, pp. 32-40.

Fino al 9 gennaio 2022 sarร  esposta al Museo l’originale lettera autografa di Benozzo Gozzoli, datata 27 giugno 1452.
La missiva รจ entrata a far parte della collezione stabile del museo di Montefalco nellโ€™aprile del 2014 e rappresenta unโ€™importantissima testimonianza storica che offre alla cittร  di Montefalco, allโ€™Umbria e al grande pubblico lโ€™opportunitร  unica di ammirare il documento manoscritto nel suo luogo di redazione. La lettera, infatti, รจ stata scritta di suo pugno da Benozzo Gozzoli nel complesso in cui ha sede il museo ed era indirizzata a Michele di Felice Brancacci, esponente della nota famiglia fiorentina, il quale viene informato dal pittore che potrร  raggiungerlo solo dopo aver completato il lavoro commissionategli per la chiesa.

La bellezza di Perugia non deriva da maestosi monumenti e imponenti piazze, ma dallโ€™intima esperienza che si prova camminando per i vicoli del centro storico.

Chiesa di Sant’Ercolano

Immergendosi per le vie della cittร  รจ possibile ritrovarsi in angoli magnifici con panorami sensazionali che vengono puntualmente immortalati dai turisti, spinti a venire ad ammirare Perugia proprio per questa peculiaritร . Come unโ€™irripetibile caccia al tesoro di straordinari e unici scorci, ispirazione per quadri di artisti di tutti i secoli.
Negli affreschi della Cappella dei Priori, una cappella interna alla Galleria Nazionale dellโ€™Umbria, รจ raffigurato il ciclo pittorico della vita di San Ludovico da Tolosa e di Santโ€™Ercolano, ad opera dellโ€™artista perugino Benedetto Bonfigli. Gli episodi della vita di Santโ€™Ercolano, uno dei tre santi patroni di Perugia, ci regalano una rappresentazione della Perugia quattrocentesca, con le innumerevoli torri non ancora distrutte. Anche se, a oggi, il panorama appare differente, vi sono comunque degli elementi riconoscibili.

 

La presa di Perugia da parte di Totila, Benedetto Bonfigli (1461-1480). Affresco Cappella dei Priori, Galleria Nazionale dellโ€™Umbria, Perugia

 

Lโ€™episodio La presa di Perugia da parte di Totila raffigura la conquista da parte dei Goti della cittร  di Perugia e il martirio di Santโ€™Ercolano, le cui esequie sono rappresentate in basso a destra, di fronte alla ben individuabile facciata della omonima chiesa.

Prima traslazione del corpo di Santโ€™Ercolano dalla prima sepoltura alla Basilica di San Pietro, Benedetto Bonfigli, Galleria Nazionale dellโ€™Umbria.

Lโ€™episodio successivo, Prima traslazione del corpo di Santโ€™Ercolano dalla prima sepoltura alla Basilica di San Pietro, raffigura lo spostamento delle esequie del santo dalla chiesa di Santโ€™Ercolano alla basilica di San Pietro, con tanto di processione cittadina. In questo affresco รจ ben visibile, in primo piano sulla destra, la Chiesa di San Pietro, con la facciata bianca e rossa e lโ€™imponente campanile, ma anche, al centro in secondo piano, il retro della Chiesa di San Domenico, con la sua famosa vetrata e il campanile, la cui parte superiore venne demolita in seguito alla costruzione della Rocca Paolina.
Un altro esempio di rappresentazione rinascimentale di Perugia, ci viene proposta dal Perugino nella tavola Gonfalone della Giustizia. In questo quadro, conservato alla Galleria Nazionale dellโ€™Umbria, รจ presente sullo sfondo una veduta del rione di Porta Eburnea, uno dei cinque rioni perugini, che si presenta come una cinquecentesca cartolina della cittร .

Gonfalone della Giustizia, Perugino (1501). Galleria Nazionale dellโ€™Umbria.

Uno dei simboli di Perugia รจ la Rocca Paolina. Realizzata per volere di Papa Paolo III Farnese, da cui prende il nome, venne realizzata tra il 1540 e il 1543, come emblema del dominio papale sulla cittร . In seguito allโ€™annessione di Perugia nel Regno dโ€™Italia, venne progressivamente demolita, fino ad arrivare alla minima parte oggi visibile. Due piccoli dipinti del pittore perugino Giuseppe Rossi, conservati alla Galleria Nazionale dellโ€™Umbria, ci mostrano la maestositร  e imponenza della Rocca che, prima della sua demolizione, inglobava tutta la parte meridionale della cittร . Interessante รจ notare come sia rimasto ben poco della struttura originale: il Palazzo Papale, in alto a destra, รจ oggi sostituito da Piazza Italia, dal Palazzo della Prefettura e dai Giardini Carducci, mentre la cosiddetta Tenaglia, in basso a sinistra, sorgeva nel punto in cui oggi รจ presente Piazza Partigiani.
La rappresentazione pittorica delle bellezze di Perugia non รจ una prerogativa esclusiva di artisti perugini, ma si riscontra anche in artisti stranieri o di altre zone italiane che, dopo un soggiorno prolungato, si sono innamorati della cittร  e lโ€™hanno ritratta in suggestivi dipinti.

Arco Etrusco, Luigi Marzo. (Stampa su carta – 1998).

Il pittore Luigi Marzo, nato nel Salento ma perugino di adozione, affascinato dalla cittร  che lo ha accolto durante il suo percorso universitario, decide di legarsi indissolubilmente a Perugia, cittร  nella quale vive tuttโ€™oggi. Nel piccolo quadro intitolato Arco Etrusco, dal sapore espressionista, il pittore rappresenta uno dei luoghi simbolo della cittร , la porta nord della cinta muraria etrusca. La scelta di Marzo รจ di ritrarre lโ€™Arco focalizzandosi non su una fedele e oggettiva rappresentazione, ma comunicando con la pittura le sue sensazioni ed emozioni riguardo il luogo raffigurato. Il risultato รจ unโ€™opera intima e personale.

 

Dipinto Rocca Paolina, Giuseppe Rossi. Olio su tavola. Galleria Nazionale dellโ€™Umbria.

Il piccolo quadro dellโ€™artista tedesco Christian Seebauer mostra una veduta della cittร  dalla zona del Pincetto. Paragonando il dipinto ad una fotografia, il confronto รจ sorprendente. La puntualitร  e lโ€™accortezza con cui il pittore ha ritratto i particolari รจ veramente notevole e testimonia lโ€™amore di Seebauer per Perugia, coltivato durante gli studi allโ€™Universitร  per Stranieri.

 

Perugia, Christian Seebauer (Olio su tela, 2009).

Lโ€™ultimo quadro proposto appartiene allโ€™artista pesarese Valerio Lombardelli, in arte Wallas. La stampa, intitolata Perugia, Quando Scende La Notte, Si Accendono Le Luci E Inizia Lo Spettacolo Dellโ€™amore, raffigura il luogo piรน emblematico della cittร , Piazza IV Novembre, con la Fontana Maggiore e la scalinata del Palazzo dei Priori. Lโ€™opera, facente parte di una serie di quadri dedicati alla cittร , presenta le caratteristiche tipiche dello stile del pittore, con colori accesi e innaturali e una veduta luminosa nonostante la notte stellata. Una rappresentazione duale, intima ed esplosiva, che si propone come un invito a visitare Perugia.

Perugia, Quando Scende La Notte, Si Accendono Le Luci E Inizia Lo Spettacolo Dellโ€™amore. Wallas (stampa glicรฉe ritoccata a mano).

La raffigurazione di monumenti e vedute di Perugia non si esaurisce con questo minimo racconto, vi sono innumerevoli quadri e disegni di artisti piรน o meno famosi, che ogni anno si cimentano nella rappresentazione della cittร . Un puro e semplice gesto dโ€™amore, un ringraziamento nei confronti di una cittร  che li ha ospitati e fatti sentire a casa. Infatti, che sia scrittura, musica o pittura, lโ€™arte รจ una necessaria espressione di sentimenti, e non cโ€™รจ niente che ispiri di piรน di un intimo e tranquillo panorama.

La parola selfie รจ entrata a pieno titolo nel nostro vocabolario. Quotidianamente sentiamo molte persone pronunciarla e ne abbiamo visto altrettante rivolgere verso di sรฉ uno smartphone per scattare una foto.

Nel corso degli anni i selfie non hanno certo rallentato la loro crescita. Viviamo nellโ€™era dellโ€™immagine, in un mondo sempre connesso: in un mondo sempre piรน frenetico, gli autoscatti sono diventati uno strumento di comunicazione visiva istantanea. Nel corso della storia, specchi, autoritratti e fotografie si intrecciano, descrivendo come muta il rapporto dellโ€™uomo con la sua immagine.
Anticamente lo specchio aveva un ruolo chiave nella societร : raccontava il bisogno dellโ€™uomo di specchiarsi, di vedere la propria immagine, fondamentale per sviluppare al meglio lโ€™idea della propria identitร .
I primissimi metodi sfruttati dallโ€™uomo furono quelli di vedere riflessa la propria immagine o il proprio corpo in specchi dโ€™acqua, corsi o laghetti: Narciso, personaggio della mitologia greca, รจ identificato come lโ€™amore, spesso esagerato, che una persona prova per la propria immagine e per se stesso.

 

Presunto ritratto di Simone Martini. Cappella di San Martino. Basilica inferiore Assisi

Il primo autoritratto

La prima comparsa dellโ€™autoritratto avvenne nel Medioevo, durante il quale si svilupparono nuove esigenze rappresentative. Si pensava infatti che lโ€™immagine, riflessa in uno specchio dโ€™acqua, fosse semplicemente lโ€™immagine materiale; lโ€™immagine artistica invece, compreso il ritratto, era lโ€™immagine che dimorava nellโ€™anima di ogni uomo. Non a caso nel Medioevo si diffuse la credenza che Cristo fosse stato pittore della propria immagine.
Lโ€™autoritratto acquistรฒ dignitร  artistica a partire dal Rinascimento: in questo periodo nuove tecniche di pittura iniziano a diffondersi, aiutando i pittori a realizzare ottimi chiaroscuri e a rendere i colori piรน naturalistici. Certamente significativa fu la visione antropocentrica, che si stava ampiamente diffondendo: tanti artisti si interessarono alla rappresentazione di volti umani.
Giorgio Vasari, nelle Vite, attribuisce la pratica del ritratto a due grandi maestri: Cimabue e Giotto. Cimabue infatti si sarebbe raffigurato nella Crocifissione dipinta nella Basilica superiore di San Francesco ad Assisi.[1]
Si pensa invece che il ritratto di Giotto sia presente nella raffigurazione del Fanciullo di Suessa. Nella cappella di San Martino, la prima cappella a sinistra della basilica inferiore di San Francesco dโ€™Assisi, invece รจ raffigurato il presunto autoritratto di Simone Martini nella Resurrezione di un fanciullo. La cappella, voluta e finanziata dal cardinale Gentile Partino da Montefiore, fu interamente affrescata dallโ€™artista nel 1313-1318.

 

Il Perugino. Collegio del Cambio. Perugia

I selfie del Perugino e Pinturicchio

Nel Quattrocento, in Umbria, celebri sono gli autoritratti di Pietro Vannucci, detto il Perugino, e del suo allievo Bernardino di Betto Betti, noto come il Pinturicchio, entrambi inquadrati in una cornice che pone lโ€™artista in una posizione di rilievo. Il primo si ritrae allโ€™interno di una cornice nella Sala dellโ€™Udienza del Collegio del Cambio a Perugia. Lโ€™ambiente รจ interamente affrescato con un programma iconografico in cui sono inserite figure mitologiche, Sibille, Profeti e personaggi illustri sia della storia greca che romana.[2]
Su un pilastro intermedio della parete sinistra, inserito in un quadro appeso tra nastri e collane di corallo con effetto trompe-lโ€™oeil, รจ visibile il ritratto dellโ€™artista e un’iscrizione che testimonia il compiacimento per la fama raggiunta.
Lโ€™iscrizione in italiano recita: ยซPietro perugino, pittore insigne. Se era stata smarrita l’arte della pittura, egli la ritrovรฒ. Se non era ancora stata inventata egli la portรฒ fino a questo puntoยป.
I dettagli fisici e psicologici dell’autoritratto sono molto curati: il volto รจ tondeggiante, gli occhi sono sicuri, fieri e guardano senza esitazione davanti a sรฉ, le guance arrossate, le labbra sono sottili, i capelli fluenti e il mento ha una fossetta. La veste nera e il cappello rosso, su uno sfondo blu monocromo, conferiscono al pittore un tono di severa nobiltร .
Il ritratto del Pinturicchio si trova allโ€™interno di un suo ciclo di affreschi, databili tra il 1500 e il 1501, presso la cappella Baglioni, nella collegiata di Santa Maria Maggiore a Spello.
In un ambiente contornato da un maestoso loggiato rinascimentale, รจ dipinta lโ€™Annunciazione: Maria leggente รจ sorpresa dallโ€™angelo che si avvicina benedicendola e recando in mano il giglio bianco, simbolo della sua purezza. In alto appare lโ€™Eterno in una mandorla di angioletti che invia, tramite un raggio luminoso, la colomba dello Spirito Santo.[3]
In lontananza, oltre lโ€™hortus conclusus, si apre un paesaggio ricco di dettagli. Posta sulla destra dellโ€™Annunciazione, si apre una finestrella con una grata su cui รจ appoggiata un’anfora e una mensola di libri, al di sotto della quale รจ presente lโ€™autoritratto del pittore e unโ€™iscrizione dedicatoria.
Questi accorgimenti sono la prova tangibile che lโ€™autore non ha piรน bisogno di celarsi tra i personaggi raffigurati, ma assume il vero ruolo di protagonista, distinguendosi in maniera netta allโ€™interno dellโ€™opera.

 

Luca Signorelli. Cappella di San Brizio. Duomo di Orvieto

Signorelli e Beato Angelico in mezzo all’opera

Tra le tante personalitร  della pittura rinascimentale spicca Luca Signorelli, artista che lavorรฒ in Umbria, soprattutto a Cittร  di Castello e Orvieto presso la Cattedrale di Santa Maria Assunta. Il suo selfie รจ presente nella scena piรน evocativa dell’intero ciclo, almeno in termini di originalitร  narrativa e di evocazione fantastica: la Predica e i fatti dellโ€™Anticristo.
Lโ€™artista, presente allโ€™estrema sinistra, vitale e di bella presenza – come lo descrisse Vasari che lโ€™aveva conosciuto personalmente in tenera etร  – indossa un copricapo e un mantello nero.
Accanto a Signorelli รจ presente un altro personaggio con il classico abito domenicano: รจ Beato Angelico. Lโ€™artista aveva iniziato il ciclo pittorico nel 1447, poi completato dal Signorelli. Scalpellini scrisse che la sua presenza a margine della scena assomiglia a quella di un regista compiaciuto per la riuscita del suo spettacolo e si presenta alla platea per ricevere lโ€™applauso. [4]

 


[1] Enio Sindona, Cimabue e il momento figurativo pregiottesco, Rizzoli Editore, Milano, 1975.
[2] Umbria, Touring Club Editore, Milano, 1999.
[3] Cristina Acidini, Pinturicchio, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004.
[4] Antonio Paolucci, Luca Signorelli, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004.

Bernardino di Betto, noto come il Pinturicchio, nasce a Perugia nel 1454 da Benedetto di Biagio, nel quartiere di Porta Santโ€™Angelo.[1] Probabilmente venne chiamato Pinturicchio a causa della sua statura minuta.

Fu lโ€™erede di una tradizione pittorica e miniaturista di rilievo che ha i suoi precedenti in Bartolomeo Caporali, Fiorenzo di Lorenzo e Benedetto Bonfigli. Il Pinturicchio spiccรฒ come uno degli artefici della grande stagione rinascimentale di riscoperta della classicitร : infatti sarร  tra coloro che si avventureranno nel sottosuolo romano, copiando gli affreschi della Domus Aurea, dando inizio al gusto del revival archeologico e contribuendo alla diffusione delle grottesche. Entrรฒ a bottega dal Perugino e collaborรฒ con il maestro a Roma, tra il 1481 e il 1482, realizzando due affreschi: il Battesimo di Cristo e la Circoncisione dei figli di Mosรจ nella Cappella Sistina.
Nel 1486 eseguรฌ le Storie di S. Bernardino che decorano la cappella Bufalini in S. Maria in Ara Coeli. Tali affreschi sono stati commissionati al pittore da messer Niccolรฒ di Manno Bufalini, avvocato concistoriale, per ricordare la vicinanza avvenuta tra la sua famiglia e i Baglioni di Perugia, proprio per merito di S. Bernardino.
A Roma venne in contatto anche con la pittura del Ghirlandaio e del Botticelli, i quali contribuirono alla sua formazione artistica. Nella seconda metร  del Quattrocento, lโ€™artista realizzรฒ una piccola ma deliziosa tempera su tavola raffigurante la Madonna con il Bambino e San Giovannino, conservata nel Museo del Duomo a Cittร  di Castello.

 

Madonna con Bambino e San Giovanni. Museo del Duomo. Cittร  di Castello

 

La piccola tavola raffigura Maria, Gesรน bambino, in piedi sulle ginocchia della madre e San Giovanni Battista, che sostiene la scritta Ecce Agnus Dei. Le tre figure sono luminose su ampio sfondo, con un linguaggio stilistico composto e severo.
Lโ€™artista rientrรฒ a Perugia il 14 febbraio 1495, stipulando, con i religiosi del convento di S. Maria degli Angeli a Porta S. Pietro, il contratto per la realizzazione del Polittico di S. Maria deโ€™ Fossi, ora nella Galleria Nazionale dellโ€™Umbria. Il contratto per lโ€™opera, ci รจ pervenuto e contiene dettagliatissime istruzioni circa la realizzazione dell’opera, che era destinata all’altare maggiore per la chiesa, detta dei Fossi. Il pittore era all’epoca allโ€™apice del suo successo, favorito da Papa Alessandro VI per il quale aveva appena concluso la grande impresa della decorazione dellโ€™appartamento Borgia.

 

Pala di Santa Maria dei Fossi. Dettaglio

 

Anche per la cornice lignea le prescrizioni dei religiosi furono precise ed essa venne realizzata a imitazione dell’architettura della facciata della chiesa. Il Vasari non vide lโ€™opera, sebbene essa venne ampiamente lodata dagli studiosi locali anche nei secoli successivi. La pala รจ oggi composta da sette pannelli principali; al centro campeggia la Madonna con il bambino e san Giovannino, affiancata dai santiย Agostino, vestito con un riccoย piviale eย Girolamo, vestito daย cardinaleย e con un modellino della chiesa in mano, forse la stessa Santa Maria degli Angeli. Sopra di essi due riquadri con l’Angelo annuncianteย e laย Vergine annunciata. Sullaย cimasaย campeggia ilย Cristo morto sorretto da due angeliย e laย Colomba dello Spirito Santo.
Nel 1497 vennero eseguiti gli affreschi per la decorazione della cappella Eroli nel Duomo di Spoleto, raffigurante la Madonna con il Bambino tra San Giovanni Battista e Leonardo, immersa in un dolcissimo paesaggio lacustre tipico della scuola umbra.
Nel 1501 Pinturicchio realizzรฒ unโ€™altra delle sue opere migliori la cappella bella, ovvero la cappella Baglioni in Santa Maria Maggiore a Spello. La decorazione venne commissionata dal priore Troilo Baglioni, poi vescovo di Perugia. Lโ€™impresa fu l’ultima commissione importante del Pinturicchio in Umbria, prima di partire per Roma e Siena.

Autoritratto Pinturicchio. Cappella Baglioni a Spello

Lโ€™impresa, come uso del il pittore perugino, venne condotta con notevole rapiditร  grazie all’utilizzo di una ben organizzata bottega, con lโ€™impiego di altri maestri che dipingevano su suo disegno. Tali affreschi recano la firma Bernardius Pictoricius Perusinus e rappresentano sulle pareti: lโ€™Annunciazione, lโ€™Adorazione dei Magi, Gesรน fra i dottori, nelle vele invece le quattro Sibille e un Autoritratto.
La libreria Piccolomini a Siena, del 1502, รจ lโ€™opera considerata il suo capolavoro assoluto: potente cromatismo, gusto del particolare, grande attenzione allโ€™aspetto decorativo, caratterizzano lโ€™intervento di Pinturicchio nella biblioteca fatta edificare nel 1495 dal cardinale Todeschini Piccolomini in onore di Enea Silvio Piccolomini, poi papa Pio II.
Lโ€™ultima opera documentata dellโ€™artista รจ la Madonna in Gloria tra i Santi Gregorio Magno e Benedetto, per gli Olivetani della chiesa di Santa Maria di Barbiano presso San Giminiano. Fu Vasari, grazie a un aneddoto, a raccontare i suoi ultimi anni. Il pittore aveva trovato alloggio presso i Frati di San Francesco a Siena e chiese con insistenza di togliere dalla sua cella un cassone, ma durante il trasloco questo si ruppe rivelando il suo tesoro: cinquecento ducati dโ€™oro, i quali spettarono ai frati riempiendo il pittore di tristezza fino a condurlo alla morte.[2]
Lโ€™artista morรฌ lโ€™11 dicembre 1513 a Siena. Riposa nella parrocchia dei SS. Vincenzo e Anastasio.

 


[1] Giorgio Vasari, Le Vite deโ€™ piรน eccellenti pittori, scultori e architetti, a cura di G. Milanesi, III, Firenze 1878, pp. 493-531.โ‡‘

[2] Giorgio Vasari, Vite deโ€™piรน eccellenti pittori, scultori e architetti, edizione commentata del 1878, vol. III, pag. 503-505.โ‡‘

Nei vari centri di cultura che emergono in Italia e in particolar modo in Umbria, la produzione tessile sostiene un ruolo non secondario nellโ€™esprimere il gusto, lโ€™idea di bellezza e i valori di unโ€™epoca. Il settore tessile รจ una forma di artigianato fortemente radicata nella realtร  economico-sociale umbra.

Arte popolare

Il fascino di questa regione si scopre anche attraverso questa gloriosa arte popolare, che si traduce nella produzione tra il Trecento e il Quattrocento delle famose Tovaglie Perugine, realizzate in tela di lino bianco. I cosiddetti pannili alla peroscina furono apprezzati e commercializzati in tutta Europa dal Medioevo al Rinascimento. Nel centro storico di Perugia, ancora si trova lo storico laboratorio di tessitura a mano di Giuditta Brozzetti. รˆ uno degli ultimi laboratori di tessitura d’Italia dove vengono usati esclusivamente telai originali.

Oltre a Perugia un punto di riferimento interessante รจ a Cittร  di Castello dove, nelle splendide sale di Palazzo Tommasini, si trova il laboratorio Tela Umbra, nato come istituzione a carattere benefico per opera della baronessa Alice Franchetti Hallgarten al fine di tutelare la conservazione di questa antica arte. 

Madonna della Misericordia

Tecniche e ricami

In Umbria le lavorazioni su tessuto vengono riprodotte anche da pittori locali e forestieri nelle splendide pale dโ€™altare e gonfaloni, attraverso una varietร  di forme e di tecniche; i tessuti cosรฌ sottolineano la bellezza quasi irreale di Madonne coperte da ampi mantelli interamente dipinti, ma che sembrano ricamati sulla tela. Nel Quattrocento e sempre di piรน nel secolo seguente, molte officine tessili si dotano della presenza di artisti, di maestri sempre piรน imprenditori e di forestieri che portano nuove tecniche e fanno conoscere nuovi ricami: gli artisti quindi si appoggiano anche alle botteghe dei ricamatori, che godono di una considerazione non inferiore a quella dei pittori.

Le vesti cosรฌ raffigurate nelle varie opere presenti nel territorio umbro sono grandiose. I tessuti che vengono maggiormente dipinti sono velluti, damaschi, lampassi e broccati, simboli di grande preziositร . Accanto alla lavorazione dei tessuti anche quella dei ricami, raffigurati a punti tagliati o sfilati, รจ di grande prestigio. Nei pittori le vesti dei personaggi sono ricche di fascino ed eleganza e lโ€™abito diventa parte integrante della figura. Il disegno รจ costruito con una magnifica e solenne concezione di equilibrio: i decori floreali nelle vesti della Vergine si fanno sempre piรน importanti, ricordando i tralci di acanto, di memoria classica, che si snodano lungo un percorso sontuoso. Il vestito dipinto sul personaggio lo completa: รจ lo spirito della sua eleganza e lโ€™espressione della sua raffinatezza.

Madonna del Belvedere di Ottaviano Nelli

Abito, specchio di unโ€™epoca

Osservando il modificarsi della foggia dellโ€™abito e dei tessuti, รจ possibile intuire lโ€™alternarsi nelle opere dโ€™arte, di epoche e di stili. Di particolare importanza, per la ricchezza delle vesti, รจ la Madonna del Belvedere (1413), capolavoro del piรน celebre pittore eugubino Ottaviano Nelli. Lโ€™abito segue con delicatezza la linea del corpo, mentre le ampie maniche testimoniano lโ€™estro del tempo: non solo le vesti sono impreziosite in oro, ma con la stessa tecnica sono stati riprodotti anche gli abiti degli angeli musicanti. Lโ€™indumento fondamentale nel Quattrocento era infatti la gamurra: un abito lungo fino ai piedi, chiuso da bottoni o da stringhe laterali, piรน o meno ricco a seconda della classe sociale.

Beato Angelico di Polittico Guidalotti

Non solo la Vergine ha ampi e preziosi vestiti, ma nella pala di gusto tardogotico (1420-1430) di Antonio Alberti, conservata nella Pinacoteca di Cittร  di Castello, anche San Benedetto e San Bartolomeo rispettivamente a destra e a sinistra della Vergine, hanno abiti molto ricercati con decorazioni floreali in oro. San Nicola invece, del Polittico Guidalotti (1437), opera celebre di Giovanni da Fiesole, noto come Beato Angelico, รจ assorto nella lettura. Nelle sue vesti, lโ€™oro non รจ un elemento sovrapposto, ma รจ tessuto insieme alla tela. Il broccato prezioso del piviale รจ indagato con unโ€™ottica fiamminga della luce che scorre tra le pieghe e crea motivi a losanghe, segmenti e riflessi di luce. Lo stesso trattamento รจ usato per la veste bianca e rossa che fuoriesce decisa dal piviale. Percepiamo la morbidezza e il fruscio della seta che si adatta in mille pieghe rese vive dalla luce.

Madonna dell’Orchestra di Giovanni Boccati

Allโ€™interno di un hortus conclusus, inveceรจ dipinta in modo monumentale la Madonna dellโ€™Orchestra (1448-1458) di Giovanni Boccati. Quello che piรน colpisce รจ il vestito della Vergine in broccato azzurro scuro con motivi floreali in oro. Una tipologia di Madonna molto rappresentata in Umbria รจ la Madonna della Misericordia, cioรจ la Vergine che accoglie i fedeli sotto il proprio manto. La bellissima Vergine di un seguace di Niccolรฒ di Liberatore (seconda metร  XV sec.), oggi conservata nel Museo Civico di Trevi, indossa un abito rosso amaranto decorato con ornamenti floreali sulla tonalitร  del rosso, un sontuoso mantello grigio olivastro, anche esso decorato, le scende sulle spalle. Molto simile รจ unโ€™altra Madonna della Misericordia (1482) di Bartolomeo Caporali, conservata nel Museo Comunale di Montone: una tunica stretta in vita in oro con fiori dalle sfumature rosse e rosa รจ la protagonista di tutta la scena. Infine degne di essere ricordate, per la preziositร  delle loro stoffe dipinte sono la Madonna in trono e Santi (1462) di Matteo da Gualdo, oggi conservata nel Museo Comunale di Gualdo Tadino e la Madonna del Soccorso (fine XV sec.) di Francesco Melanzio, nel Museo Comunale di S. Francesco a Montefalco, da poco restaurata, la pala รจ tornata a comunicare quei valori di bellezza per i quali era stata commissionata.

Madonna in trono e Santi di Matteo da Gualdo

Infine belle donne elegantemente vestite, sono raffigurate nei piatti da pompa, tipici della ceramica derutese: le dame ricordano, per delicatezza dei tratti e per fisionomia, la tipologia di Vergine dipinta dal Pinturicchio. Una di esse, conservata nel Museo Civico della Ceramica di Deruta (XVI sec.), รจ raffigurata con un vestito azzurro e oro. A Deruta anche Santa Caterina dโ€™Alessandria, di epoca piรน recente alle nobildonne precedenti, รจ vestita con un lungo e raffinato abito con una decorazione in blu e arancio. La Santa, protettrice dei ceramisti derutesi, fa da cornice allโ€™antica arte di tessuti, merletti e decorazioni, non ricamati sulla stoffa ma bensรฌ dipinti sulla tela, nelle opere dโ€™arte umbre.

Madonna del Soccorso di Francesco Melanzio

I depositi di un museo sono luoghi che nellโ€™immaginario collettivo prendono spesso la forma di polverosi magazzini pieni di opere meravigliose, a volte sottratte alla vista del pubblico. Alcune di esse vengono esposte in sostituzione di altre temporaneamente in prestito o in restauro, altre aspettano ancora la visita di studiosi o conoscitori che possano studiarle e meglio valorizzarle, altre infine, pur pregevoli e talvolta bellissime, portano su di sรฉ troppe offese del tempo perchรฉ possano essere esposte al pubblico.

Giovanni Baronzio. Imago Pietatis. Terzo quarto del XIV secolo

 

La Galleria Nazionale dellโ€™Umbria di Perugia completa il suo programma di celebrazioni per i suoi primi cento anni di vita conย una mostra visibile fino al 6 Gennaio 2019 dal titolo: Lโ€™altra Galleria. Opere dei depositi, che porta alla luce proprio le opere meno conosciute. La mostra offre al visitatore lโ€™opportunitร  di scoprire opere inedite tra le bellezze pittoriche del Duecento fino alla metร  del Cinquecento.

Tecniche allโ€™avanguardia

Le opere sono state dapprima oggetto di indagini diagnostiche e interventi conservativi, grazie a unโ€™รฉquipe di specialisti di restauro del territorio umbro e toscano che hanno usato sistemi innovativi di pittura e metodologie conservative allโ€™avanguardia. Nuove attribuzioni, nuove datazioni e scoperte sulla provenienza: la tecnica e i vecchi restauri hanno consentito di precisare la carta dโ€™identitร  di ciascun manufatto e di poterne valutare al meglio le qualitร .
Cesare Brandi diceva: ยซIl restauro costituisce il momento metodologico del riconoscimento dellโ€™opera nella sua consistenza fisica e nella duplice polaritร  estetico-storica, in vista della sua trasmissione al futuroยป.

 

Madonna in trono con il Bambino tra i santi Giovanni Battista e Benedetto. Eusebio da San Giorgio. 1506-1508

La scoperta

Sono cosรฌ riemersi colori sgargianti nascosti da spessi depositi di sporco e da pesanti strati di vernice ingiallita, come nel Crocifisso e Santa Maria Maddalena di ambito folignate, nella Madonna con il Bambino, San Girolamo e Santโ€™Antonio da Padova di Matteo di Giovanni o nel Dio Padre e Angeli di Mariano di Ser Austerio. Policromie inedite sono affiorate da tavole fortemente danneggiate a causa di puliture eseguite con sostanze aggressive; sono stati inoltre scoperti dettagli di intensa suggestione, come le stimmate sulle zampe dellโ€™Agnello Mistico o la preghiera della Vergine incisa dallโ€™autore della Santa Caterina.

 

Le beate margherita da Cittร  di Castello, Margherita d’Ungheria, angnese da Montepulciano. Ludovico di Angelo mattioli. Inizio del XVI secolo

Il percorso

Lโ€™altra Galleria si configura pertanto come un ampliamento del percorso museale della galleria perugina, nella quale troviamo nomi giร  conosciuti – come Giovanni Boccati, Bartolomeo Caporali e Perugino – assieme a figure che invece fanno ritorno dopo molto tempo nel circuito espositivo, o vi fanno la loro prima comparsa, come il Maestro dei Dossali di Subiaco, Melozzi da Forlรฌ, Meo da Siena, Allegretto Nuzi, Rossellino di Jacopo Franchi, Eusebio da San Giorgio, Berto di Giovanni, Domenico Alfani e Dono Doni.
Nel percorso espositivo sono visibili anche alcuni affreschi staccati dal monastero di Santa Giuliana in origine presenti nel coro, nel refettorio e nellโ€™aula capitolare della chiesa stessa. Da questi ambienti proviene lโ€™affresco con la rara raffigurazione di San Galgano.
La mostra offre al visitatore unโ€™occasione unica e speciale per ammirare una raffinata selezione di tavole di autori appartenenti allโ€™epoca dโ€™oro della scuola umbra.

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