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Amelia รจ stata una cittร  cosรฌ famosa da far scomodare Cicerone per difendere Roscio Amerino dallโ€™accusa di parricidio. Un processo stile Perry Mason, che ribaltรฒ completamente il quadro accusatorio scoprendo gli inganni che si nascondevano dietro la falsa accusa.

Non si sa se Cicerone arrivรฒ ad Amelia a cavallo oppure in carrozza, ma รจ certo che seguรฌ la via Amerina. Amelia, quando Cicerone la vide, aveva giร  un teatro e uno stadio, molti templi e una strabiliante e antichissima cinta muraria in opera poligonale. Le mura sono la presentazione imponente della cittร  verticale; Amelia si svolge infatti tutta in verticale, dalle mura fino al Duomo situato al vertice, dove allโ€™epoca di Cicerone si ergevano due templi.
Oggi, le mura e la porta Romana, ci accolgono arrivando da sud e, dopo aver visto i basoli della via Amerina dove passarono i calzari di Cicerone, girando lโ€™angolo si arriva al Museo Archeologico Edilberto Rosa. Che sarร  mai il museo di una piccola cittร ? Qualche reperto allineato in bacheca e poi un poโ€™ di polvere? Assolutamente no, in quanto dietro quellโ€™angolo si cela un museo moderno, multimediale, di facile lettura, senza polvere e con reperti di enorme valore.

 

Amelia romana

Il museo archeologico

Erma del dio Termine

La potenza di una nazione – passatemi la parola moderna di nazione – si percepisce meglio in periferia che nella capitale. La potenza dello Stato della Chiesa si percepisce ad Avignone, davanti al grandioso palazzo dei papi. Il valore dellโ€™impero inglese lo si toccava con mano nelle colonie, piรน che a Londra. La stessa cosa vale per Roma. Perchรฉ quella di Roma รจ stata una civiltร  che ha lasciato tracce in ogni settore: politico, religioso, ingegneristico e legislativo. Cosรฌ, dai reperti trovati ad Amelia e conservati al museo, non si fatica a capire il significato delle parole Civiltร  romana. Roma regolava ogni attivitร  e la marcava in maniera inequivocabile. Al museo รจ conservato un piccolo cippo che, insieme a tanti altri, serviva a marcare il territorio segnando il confine dei poderi. Il cippo con lโ€™abbozzo dellโ€™erma del dio Termine rappresenta proprio questo: segnalare dove finisce una proprietร  e ne inizia unโ€™altra.
Come tutti i luoghi importanti, anche Amelia era preceduta da una necropoli monumentale e lo dimostrano i magnifici corredi funebri in mostra nelle bacheche. Si tratta dei corredi che si esponevano al pubblico prima delle esequie affinchรฉ tutti li potessero ammirare. Gente ricca gli Amerini, gente che seppelliva il morto con gioielli dโ€™oro e suppellettili in abbondanza.

Il Germanico

L’Amelia romana doveva avere una notevole importanza se la grande statua di Germanico venne trovata proprio lรฌ, fuori dalle sue mura. Morto a soli 34 anni, forse avvelenato, Caio Giulio Cesare Germanico era nipote, fratello e padre di imperatori, condottiero e poeta e sarebbe dovuto diventare imperatore ma, come dicevano i latini: Muore giovane colui che al cielo รจ caro.

La statua del Germanico

Germanico venne celebrato, pianto e rimpianto. Per la sua morte furono eretti archi di trionfo in tutto lโ€™Impero. Il suo mito รจ stato poi coltivato per secoli: Haendel ne fece unโ€™opera nel 1709, Poussin lo ritrasse sul letto di morte nel 1627 e Rubens dipinse il profilo di Germanico e di sua moglie Agrippina nel 1614. Mito cancellato dagli eroi dellโ€™Ottocento, ma la sua figura รจ riemersa ad Amelia, possente e di bronzo: una grande statua loricata, cioรจ con la corazza da parata, alta 2 metri e 9 centimetri. La statua lo ritrae in piedi con il braccio teso nel gesto di chi si appresta a parlare (adlocutio).
Il museo archeologico Edilberto Rosa ci propone Germanico come lโ€™eroe che รจ stato, ma con le tecniche di oggi grazie alla Mizar di Paco Lanciano, una societร  multimediale che ha ridato vita a tanti monumenti e ad Amelia ha fatto parlare il generale. La parete attorno e dietro Germanico si anima e noi veniamo a scoprire tutto di lui: lo vediamo bambino, ritratto nel bassorilievo dellโ€™Ara Pacis (Roma) mentre sfila nel corteo di suo nonno Augusto, lo seguiamo nelle sue campagne militari, conosciamo la sua amata moglie Agrippina e partecipiamo al suo trionfo post mortem. Un film davvero avvincente.
Ma รจ pure emozionante rivedere il ritrovamento della statua e il suo meticoloso restauro che ha rimesso assieme i pezzi di un delicato puzzle di un bronzo unico nel suo genere, trovato nel 1963 e arrivato ad Amelia solo nel 2001.


Per saperne di piรน su Amelia

ยซIo non penso in italiano, penso in dialetto perchรฉ sono un popolanoยป (Gianni Brera).

Con il Castelรจno ci spostiamo allโ€™estremo nord dellโ€™Umbria per scoprire โ€“ in questa terza puntata (dopo il perugino e l’eugubino) โ€“ un dialetto che potremmo definire un vero e proprio insieme di varietร  proprie dalle zone limitrofe: da un lato lโ€™influenza marchigiana, dallโ€™altro quella della Toscana orientale. Ma lo stesso tifernate si differenzia, per intonazioni fonetiche e lessicali, in quello parlato drรจnto i muri – Cittร  di Castello centro – e in quello della periferia e delle campagne.
ยซA sud verso Umbertide si dice ta me, ta teโ€ฆ come nella zona perugina, che diventa ma te, ma me a Castello. Il dialetto comunque si รจ molto italianizzato – o andacquรจto – in quanto le nuove generazioni ne stanno perdendo lโ€™uso: parole e modi di dire tipici della cultura dialettale vengono utilizzati in prevalenza solo dalle persone piรน anziane. Ma il difficile del dialetto non รจ tanto parlarlo, quanto scriverlo e soprattutto leggerloยป spiega Fabio Mariotti, componente del gruppo folkloristico Paguro Bernardo e appassionato di dialetto.
Il gruppo – formato da Massimo, Marcello, Fabio, Stefano, Matteo e Diego – รจ molto famoso nella zona dellโ€™Alto Tevere e vanta venti anni di attivitร , con allโ€™attivo cinque CD, un libro e un DVD. Giocano con i testi delle canzoni famose traducendoli e reinterpretandoli in dialetto castelรจno cosรฌ da raccontare storie della tradizione popolare e non solo.

 

Il gruppo Paguro Bernardo

Lโ€™Accademia de la Sรจmbola

ยซDiversi anni fa, proprio per insegnare a scrivere e a leggere correttamente il castellano, era stata creata lโ€™Accademia de la Sรจmbola (crusca, cereali) in cui si tenevano lezioni ed esercitazioni mirate. Ci eravamo ispirati allโ€™Accademia del Donca e agli insegnamenti del dialetto peruginoยป prosegue Mariotti.

La caratteristica principale del tifernate sono le vocali (A, E, O) che vengono aperte o chiuse in modo quasi opposto rispetto allโ€™italiano: bachรจtto (aperta), melรฉ (chiusa).
Ci sono poi parole che vanno ricordate, perchรฉ fanno parte della vita di un castellano, ma il tempo sta facendo piano piano scomparire: galรฒpola (caviglia), razi (animali da cortile), โ€˜n vรจlle (da nessuna parte: Quรจllo รจ uno che nโ€™ vร  nvรจle, si dice di un uomo presuntuoso o di scarsa intelligenza), ghiottirรณla (imbuto), sinรฒ (sennรฒ, altrimenti) e bompรณco (grossa quantitร ).
A Cittร  di Castello se vi dovessero dire che siete un tontolomรฉo, non offendetevi! รˆ una parola che si usa in tono familiare, non offensiva, come lo stesso tรฒnto. Puรฒ assumere diversi significati a seconda delle situazioni, quindi si hanno le varianti: tontolรณne, tontolino, tontolacio, tontolerรฌa, tontolร gine.
Tra le chicche dialettali ci sono: mรจnadritta (mano destra) e mรจnmancina (mano sinistra). Con lo stesso termine si danno anche le indicazioni stradali (Per gi a Umbรฉrtide girรจte a mรจndritta dรฒppo che lโ€™albero) e si indicano le parti del corpo: ochio a mรจnmancina (occhio sinistro), piede a mรจndritta (piede destro). Una menzione va fatta per i giorni de la sitimรจna: Lonedรฉ, Martedรฉ, Mercรฒldรฉ, Giรณvedรฉ, Venardรฉ, Sabito e Dรณmรจnnica; e i mรฉsi de lโ€™ร no: Genรจio, Febrรจio, Marzo, Aprile, Mร gio, Giรฒgno, Lรฒjjo, Agรฒsto, Setรฉmbre, Otรณbre, Novรฉmbre e Dicรฉmbre.

Filosofia popolare

Si sa, il dialetto spesso parla con i proverbi e i modi di dire, e il castellano non รจ da meno. Ne conserva tantissimi che ancora oggi vengono utilizzati nel parlato comune: una filosofia popolare spontanea e veritiera, che racconta un tempo passato ma sempre e comunque attuale e reale. ยซIl modo di dire che piรน spesso si dice nellโ€™Alta Valle del Tevere รจ: La Montesca cโ€™ha l capรจlo, castelan porta lโ€™ombrelo (Se sopra La Montesca ci sono le nuvole, sicuramene pioverร ). Ma non posso non ricordare anche: A โ€˜na cรฉrta etร  โ€˜gni acqua trร pia (a una certa etร  i dolori vengono fuori tutti); E armannรฉte โ€˜n pochino che sโ€™รจ tรฒtto sbudelรจto (ricomponiti che sei tutto in disordine – relativo al modo di vestirsi); Te caciarรฌbbono la rรฒba da magnรจ pโ€™ i รฒchi (quando sei ospite in casa di qualcuno e ti vogliono offrire qualcosa da mangiare a ogni costo. Lo si dice di solito per indicare le brave persone); Cโ€™รจ la tรจsta cรณme โ€˜na bachjรนccรณla (si riferisce a una persona poco intelligente); โ€˜L chรจne, la mojji e lu schiรฒpo โ€˜n se prรจstono ma nisuno (il cane, la moglie e il fucile non si prestano mai) e Per gnenta โ€˜nnu sdringรณla manco la coda โ€˜l chรจne (nessuno fa niente per niente)ยป conclude Mariotti.

 

Terme di Fontecchio

Tutti a… el bagno

I castellani le terme di Fontรจcchio le chiamano affettuosamente el bagno: raramente usano il vero nome. Questo dimostra lโ€™attaccamento che hanno con le vecchie terme, dove nel corso dei secoli hanno curato i loro mali e dato refrigerio durane il caldo estivo. Al bagno ci sโ€™amparea anche a notรจ (“Al bagno” ci si imparata anche a nuotare) visto che cโ€™era lโ€™unica piscina (a parte le dighe) e quelli con piรฒ guadrini se poteon permรจtte de paghรจ amparรจono anche a giochรจ a tennisโ€ฆย (quelli con i soldi si potevano permettere di pagare per imparare a giocare a tennis). Inoltre, liberamente si poteva attingere la famosa acqua sรฒlfa che faceva e, fa ancora, guarรฌ e rinfreschi lu stombico.

 


Paguro Bernardo

Per saperne di piรน cโ€™รจ il Vocabolario del dialetto castellano di Francesco Grilli.

L’Alchermes รจ un liquore italiano di colore rosso cremisi e veniva prodotto a Firenze giร  nel XV secolo, dove ancora oggi viene preparato, con l’antica ricetta, presso un emporio.

Tra i suoi ingredienti, oltre all’alcool etilico, zucchero, chiodi di garofano, cannella, acqua, cardamomo, acqua di rose e lamponi, c’รจ la cocciniglia. La cocciniglia รจ il colorante tipico, di colore rosso cremisi, e viene ricavato da un insetto della famiglia Coccoidea.

 

 

Attraverso una lunga e particolare lavorazione si ottiene l’acido carmico, da cui si otterrร  il colorante. Un chilogrammo ha origine da circa centomila insetti. Il colorante siffatto, da sempre รจ stato destinato principalmente all’industria alimentare (E 120 รจ la sigla dell’additivo) e, in piccola misura, alla tintura dei tessuti. Ovviamente l’estrazione dell’acido carnico dagli insetti ha un costo molto elevato e pertanto, nel tempo, la cocciniglia รจ stata sostituita in modo importante da coloranti di origine sintetica (E 122, E 124, E 132).
Oltre che nell’alchermes, la cocciniglia รจ stata presente in molte bevande di colore rosso, come aperitivi, bitter e bevande gassate. Il nome cremisi e alchermes derivano dall’arabo qirmizi che significa prodotto da insetti.

 

dolci pasquali umbri

La ciaramicola

In molti dolci umbri…

La ciaramicola รจ il tipico dolce della provincia di Perugia, di colore rosso con glassa bianca, dove l’alchermes รจ utilizzato in maniera importante, cosรฌ come per gli strufoli e le frappe, che vengono spruzzati con il rosso liquore. Non sono da meno l’arrocciata o rocciata, la zuppa inglese, il salame del re, la pizza di Pasqua dolce, i ravioli dolci con ricotta, le pesche dolci e le castagnole sono tipiche e tradizionali preparazioni di dolci umbri che prevedono l’uso dell’alchermes, che piaceva molto ai Medici e piace ancora a molti. D’ora in avanti, quando assaggerete il tipico liquore rosso cremisi o un dolce che preveda il suo utilizzo, vi sorgerร  un dubbio: questo alchermes utilizza il colorante fatto con gli insetti o con gli additivi sintetici? Tra gli ingredienti potrebbe esserci scritto E 120… basterร  leggere l’etichetta.

 


Ricetta tradizionale della ciaramicola

Avere il coraggio di cambiare, avere il coraggio di affrontare nuovi orizzonti, avere il coraggio di nuove sfide. Si puรฒ fareโ€ฆ questo รจ quello che ci ha fatto capire Caterina Betti, perugina, artista dโ€™animo e di pensiero, che ha trascorso i passaggi della propria vita e maturazione personale trovando la forza, dapprima, di fare una lunga esperienza come fotografa professionista per poi catapultarsi in quella di chef di successo.

Caterina Betti รจ apprezzata e riconosciuta fin dai suoi primi passi culinari, tantโ€™รจ vero che รจ stata scelta come rappresentante dellโ€™Umbria nella seguitissima trasmissione televisiva Cuochi dโ€™Italia condotta dal famoso chef Alessandro Borghese.
Chef Caterina, durante la nostra intervista avvenuta come unโ€™amabile conversazione, ha raccontato di sรฉ e della sua esperienza, e ci ha trasmesso la passione e lโ€™amore per il suo lavoro. Nellโ€™emozione della narrazione, ci ha orgogliosamente confidato del sostegno e del grande affetto di suo marito Roberto Fattori e della loro figlia, la dolcissima Maria Letizia, fan e prima tifosa di mamma Caterina.

 

Caterina Betti

Caterina, ci racconti come sei diventata chef?

Il mio lavoro รจ stato da sempre quello di fotografa, che ho fatto per ventโ€™anni, e poi il destino mi ha fatto incontrare Diana Capodicasa, la mia attuale socia, con la quale ho iniziato a collaborare con lโ€™azienda e la scuola di cucina che lei aveva al tempo. Ci siamo trovate, fin da subito, in forte sintonia. Da quel momento ho capito che quella che era stata da sempre una mia grande passione, che praticavo solo tra le mura domestiche e per gli amici, stava sbocciando e piano piano, quando le cose si incastravano, ho capito che il lavoro nel mondo della cucina era quello che volevo fare. Dopo una consultazione familiare, ho fatto un salto nel buio, lasciando la mia attivitร  di fotografa. Allโ€™inizio non รจ stato facile, soprattutto per mia figlia Maria Letizia, anche perchรฉ lei mi ha conosciuto come fotografa ed รจ stata sempre abituata a frequentare lo studio, dove รจ cresciuta tra scatti e foto. Adesso Maria Letizia รจ la mia prima sostenitrice. A quasi cinquantโ€™anni ho deciso che dovevo cambiare rotta e con il cuore ho fatto questa follia, seguendo il mio sogno.

Piรน che follia hai avuto il coraggio di scegliere, passando dal certo allโ€™incerto.

Per un anno e mezzo ho tenuto i piedi in due staffe. Per un periodo ho continuato a lavorare come fotografa di matrimoni e contemporaneamente mi occupavo di cucina. Piano piano sentivo che il lavoro di fotografa si stava spegnendo e a quel punto mi sono gettata sempre piรน nella mia nuova sfida. Dopo aver fatto per tanti anni la fotografa di matrimoni, dove ero esposta in prima persona, adesso mi ritrovo sempre negli eventi matrimoniali, ma dietro le quinte, in cucina; mentre Diana, la mia socia, รจ in sala e cura le relazioni di marketing con clienti e aziende. Oggi organizziamo, tramite la nostra azienda Cucinare Catering Eventi, anche delle cooking class per turisti, a cui faccio conoscere i piatti della tradizione, oltre a lavorare per gli eventi in genere.

Raccontaci la strada della tua formazione da chef, in modo che possa essere un esempio per qualcuno che volesse intraprendere questo percorso.

Iniziare questo lavoro non piรน da giovanissimi รจ piรน difficile e serve maggior impegno. Per la mia formazione ho sempre fatto ricerca in tutti i campi, prima allโ€™Istituto dellโ€™Arte e poi per raggiungere la mia laurea in Storia dellโ€™Arte. Il lato artistico, la progettualitร  e la sperimentazione sono anche in cucina, mia costante valvola di sfogo. Mio padre era bravissimo nella preparazione dei piatti e anche mia madre era unโ€™ottima cuoca, che appuntava le sue ricette tradizionali umbre in un prezioso libricino che ancora oggi custodisco gelosamente. Tutto ciรฒ mi ha sempre portato a far ricerca, nel rispetto delle tradizioni culinarie locali e, quando mi sono accorta che la cucina stava diventando un lavoro, ho frequentato lโ€™Accademia Italiana Chef a Roma e mi sono diplomata. Questa certificazione ha rappresentato lโ€™avvio ufficiale della mia nuova attivitร .

Caterina, comโ€™รจ stata la tua partenza da chef?

Sono partita, grazie al costante lavoro di Diana come esperta di marketing, preparando le mie ricette durante gli eventi organizzati per aziende private e istituzioni pubbliche. Un mio ricordo bellissimo รจ quello di aver preparato il buffet, alla Biennale di Venezia, per la mostra di apertura dellโ€™artista americana Beverly Pepper, scomparsa recentemente e che ha vissuto per molto tempo a Todi, dove รจ stata amorevolmente apprezzata e a cui ha donato le sue opere per un parco monumentale. Lei ha rappresentato lโ€™Umbria alla Biennale veneziana e noi abbiamo curato il catering per la sua mostra.

Recentemente hai partecipato alla trasmissione Cuochi dโ€™Italia di Alessandro Borghese. Le tue sensazioni?

Dopo varie selezioni, ho fatto il provino finale e dopo una trepidante attesa, mi hanno comunicato che ero stata scelta a rappresentare lโ€™Umbria. รˆ stata unโ€™emozione fantastica! Partecipare con i miei piatti mi ha fatto crescere e riflettere per migliorarmi professionalmente.

 

Caterina Betti con Alessandro Borghese in “Cuochi d’Italia”

Le tue preferenze culinarie e i tuoi progetti?

Per i profumi e i ricordi, ho una preferenza per la lavorazione dei lieviti. Mentre il mio prossimo e ambizioso progetto รจ quello di pubblicare un libro di cucina, a cui sto giร  lavorando. Sarร  molto particolare e non voglio anticipare niente.

Caterina, vuoi mandare un saluto ai nostri lettori, regalandogli una tua ricetta?

Volentieri. In questo lungo periodo di difficoltร  legato al Covid, dobbiamo sorridere e andare avanti. รˆ un momento durissimo dove il lavoro latita ed รจ precario, ma nelle difficoltร  vediamo gli aspetti positivi, dove la natura si รจ riappropriata di alcuni spazi e noi abbiamo potuto ripensare alla progettazione del nostro lavoro. Bisogna guardare oltre e tutto rifiorirร , in quanto la gente ha voglia di uscire e incontrare persone, tornando alla normalitร . Saluto tutti con una ricetta, a me molto cara…

 


TORTA DELLA NONNA IDA

 

Per la frolla:

150 g di farina 00

1 tuorlo

40 g di zucchero

70 g di burro

 

Per la farcia:

250 g di ricotta

50 g di zucchero

Mezzo cucchiaino di estratto di vaniglia

Buccia di mezzo limone grattugiata

1 tuorlo dโ€™uovo

1 bicchierino di maraschino

Per la meringa:

2 albumi

100 g di zucchero

 

 

 

Procedimento:

Impastare velocemente gli ingredienti per la frolla, fare una palla e lasciare riposare in frigorifero per 10 minuti. Stendere poi in una teglia imburrata o antiaderente, senza fare i bordi. Cuocere a forno moderato per 15 /20 minuti. Intanto mescolare gli ingredienti del ripieno, quando la base di frolla sarร  cotta estrarla dal forno e coprirla con questa farcia. Infornare nuovamente e cuocere per altri 15 minuti circa. Intanto montare a neve i due albumi con lo zucchero, sfornare la torta e ricoprirla interamente con la meringa, lasciandola cuocere a 100ยฐ per circa 30/40 minuti, o almeno finchรฉ non vedrete che la meringa si sarร  leggermente dorata.

ยซInsegnare ai bambini il dialetto รจ affondarne le radici nellโ€™humus della propria stirpe e comunitร ยป. (Cesare Marchi)

Il tour dei dialetti umbri – in questa seconda puntata – punta dritto a nord, a Gubbio. Nella terra dei ceri, del picchiarume e del fร nfeno; dove lo stesso dialetto, vista la vastitร  del comune, cambia da zona a zona, con piccole sfumature che i veri eugubini sanno riconoscere.

Simone Zaccagni

ยซSe uno vive a Branca o a Mocaiana si capisce, la parlata รจ un poโ€™ diversa: a Branca pronunciano la C con il suono SCI, invece verso Mocaiana, soprattutto le persone piรน anziane, sostituiscono la A con la E (gimo a chesa, per dire andiamo a casa); mentre chi abita nella zona di Burano ha influenze marchigiane. Il dialetto eugubino come tutti i dialetti ha una sua dignitร : parlarlo non deve essere di nicchia o relegato alle persone anziane o poco istruite, sta tornando di moda ed รจ giusto cosรฌ. Moltissime parole dialettali hanno origine latina e vantano una lunga storiaยป spiega Simone Zaccagni, scrittore, insegnante, giornalista e appassionato di dialetti (ha pure creato un dizionario di eugubino-italiano: Dopo lo Zanichelli, Zingarelli, sempre con la Zโ€ฆ รจ arrivato lo Zaccagni!) che ci guiderร  tra i segreti dellโ€™eugubino. Un dialetto che, come tutti i dialetti umbri, รจ inimitabile e poco riconoscibile da chi non vive nella regione. Un dialetto che condivide molte parole con il marchigiano e il romagnolo e che ha subito contaminazioni dallo Stato Pontificio e dal Ducato di Urbino.

ยซPer parlare lโ€™eugubino devi essere nato a Gubbio. Questa รจ una certezza. Ma come tutti i dialetti umbri anche lโ€™eugubino ha alla base lโ€™italiano, che viene colorito e farcito con parole dialettali. Non รจ una vera e propria lingua come puรฒ essere il siciliano, il veneto o il napoletano (per citarne alcuni): loro passano dal dialetto allโ€™italiano facendo un vero e proprio switch e questo non gli fa commettere errori sullโ€™individuare una parola dialettale o italiana. Noi umbri invece cadiamo in questo tranello: da ragazzino mi capitรฒ di chiedere i succini (prugne) a un fruttivendolo marchigiano, ovviamente non capรฌ. Errori del genere sono molto frequenti nel nostro caso, non รจ facileโ€ฆ il dubbio spesso viene! Tipico nostro รจ il troncamento delle parole che appare evidente nella frase: Ma me si diโ€™ i fij, que li fiโ€™ a faโ€™? (Mi sai dire perchรฉ continui a fare bambini)ยป spiega Zaccagni.

 

Gubbio, Palazzo dei Consoli. Foto di Enrico Mezzasoma

Picchiarume, tausana eโ€ฆ tanto buligame!

Una parola che non manca mai nelle chiacchiere eugubine รจ picchiarume. Picchiarume vuol dire tutto, dipende dal contesto, ha diversi significati: dal fare un lavoretto in casa, al piccolo impegno (lasceme gรฌ, chรจ cโ€™ho da fa โ€˜n picchiarume, lasciami andare che devo fare un lavoretto) fino allโ€™avere un flirt con una ragazza (cโ€™ho โ€˜n picchiarume con una!). Si dicono spesso anche frego/a (ragazzo/a) o buligame (confusione, caos): forzando lโ€™etimologia, potremmo farlo derivare dallโ€™inglese bowling game, per il rumore che cโ€™รจ nei luoghi dove si pratica questo sport.
Immancabili per le vie di Gubbio anche vocaboli come tausana, noiosa esposizione orale volta a ottenere qualcosa, ma anche un rumore continuo (ma quรจ โ€˜sta tausana? Cosโ€™รจ questa noia?), furattola (salvadanaio), che viene usata anche in relazione agli occhi semi chiusi: Te cโ€™hi glโ€™occhi a furattola, per dire che hai uno sguardo sonnolento; o fร nfeno, una persona furba e sorniona (sete certi fร nfeni!).

 

L’alzata dei Ceri. Foto by URP di Gubbio

Dialetto e ceri

Ma a Gubbio, dialetto e ceri sono legati a doppio filo. I ceri hanno una terminologia tecnica molto specifica che si unisce e ispira parole e modi di dire dialettali: ยซTa quello glie dร  du stradoni deriva dalla corsa dei ceri: infatti si dice quando un cero sale bene sul monte e distanzia di molto lโ€™altro, appunto di due stradoni. Ritroviamo questa frase anche nella parlata comune per dire: cโ€™รจ una distanza abissale, รจ molto piรน bravo. Questo รจ un modo di dire talmente radicato a Gubbio che un mio amico in discoteca a Palinuro per corteggiare una ragazza le disse: Te, ta la cubista glie diโ€™ du stradoni! Lui voleva farle un complimento, lei ovviamente non capรฌ. Un altro modo di dire molto comune legato ai ceri รจ: fatte sto pezzo a capodieci (guarda che bella cosa che ti aspetta). Indica la parte migliore, qualcosa di prelibato, perchรฉ nella corsa il Capodieci รจ il ruolo di massima autoritร . รˆ una terminologia ceraiola che usiamo anche nella vita di tutti i giorni quando vogliamo offrire qualcosa di buono, di pregiato. Narra la leggenda che qualche sposa lโ€™abbia pronunciata al marito, che finalmente poteva avere la giusta ricompensa di tanta attesa, nella prima notte di nozze. Invece, quando uno sta troppo vicino a una persona si dice: que me fiโ€™ โ€˜l braccere? ย (non mi stare troppo appiccicato). Il braccere รจ colui che dร  una mano a chi porta il cero, corre appunto abbracciato a lui e lo aiuta a scaricare il peso. Dovete sapere che la vita degli eugubini รจ legata ai ceri, fin dalla prima infanzia. I bambini a Gubbio dicono: giochiamo ai ceri? che vuol dire prendere un bastone, una scopa, un ombrello metterselo sulle spalle e rincorrersi. A Gubbio non giochiamo a chiapparellaโ€ฆ giochiamo ai ceri! E se questo viene detto a un bambino non eugubino, lui sicuramente non capirร ยป conclude Simone Zaccagni.

 


Il dizionario eugubino-italiano lo trovate presso cartolibreria Pierini e edicola Shangai di Gubbio.

Comune di Gubbio

Todi รจ una piccola cittร  ricca di storia, con una splendida piazza e ripide stradine medievali, con il nido dellโ€™aquila e tanto altro, ma รจ pure ricca di bellezze nascoste.

Todi possiede infatti un gioiello purtroppo non piรน aperto al pubblico: la galleria dipinta e la sala del trono dellโ€™Arcivescovado. Il palazzo vescovile fu costruito alla fine del 1500 per volere del vescovo Angelo Cesi, inviato lรฌ da Papa Paolo V per prendere saldamente in mano le redini della diocesi che entrava definitivamente sotto il dominio dello Stato della Chiesa. Era da poco finito il Concilio di Trento e le operazioni della Controriforma erano iniziate ovunque affidando le redini del governo ai vescovi, che le tenevano saldamente in mano. Angelo Cesi proveniva da una nobile famiglia romana che giร  aveva dei possedimenti in Umbria, tra cui un castello nel borgo con il suo stesso nome: Cesi. Una famiglia particolare, dove tutti i maschi furono ordinati cardinali e solo Angelo rimase vescovo fino alla morte nel 1606. Per Todi Cesi fece molto: con lui anche lโ€™acqua arrivรฒ in cima alla collina e la fonte prese, guarda caso, il nome di Fonte Cesia.

 

Arcivescovado di Todi costruito da Angelo Cesi

Palazzo Cesi

Angelo Cesi si comportรฒ come un vero signore rinascimentale, facendo costruire subito la sua dimora sul luogo di un palazzo vescovile considerato troppo modesto e poi dette lโ€™impulso per costruire in cittร  altri palazzi rinascimentali. Lโ€™epoca dei palazzi fortezza era finita, non era piรน necessario mostrare la forza; adesso i signori volevano abitare in palazzi eleganti dove potere e ricchezza si mostravano attraverso lโ€™arte. Grandi artisti venivano chiamati a costruire e abbellire le nuove dimore. In quellโ€™epoca Venezia, Firenze e Roma si arricchirono a dismisura di palazzi principeschi e Angelo Cesi non volle essere da meno. Il suo palazzo si trova accanto al Duomo ed รจ collegato alla chiesa da un passaggio segreto.

Affreschi all’interno del palazzo

La facciata si presenta semplice e austera, il portone dโ€™ingresso, forse disegnato dal Vignola – lโ€™architetto dello splendido palazzo Farnese a Caprarola e del palazzo di Todi detto del Vignola – รจ un portone elegante e di linee sobrie, tanto da non lasciar presagire come sarร  lโ€™interno. Chiaramente Angelo Cesi doveva essere entusiasta del suo ruolo e lo volle esaltare nella sala del trono. Prima fece dipingere dal Faenzone un fregio che gira attorno alla stanza, con i ritratti dei vescovi di Todi che si sono succeduti nel tempo. Poi, per mostrare la sua apertura verso la popolazione, ha voluto che fossero ritratte delle persone colte in vari atteggiamenti: chi chiacchiera, chi si sistema una scarpa, chi suona il liuto, chi indica lโ€™uscita.
Per fugare ogni dubbio sul luogo dove si trovava il suo trono, fece dipingere sul muro un ricco baldacchino entro una cornice architettonica importante. Ventโ€™anni dopo la morte del Cesi, subentrรฒ un altro romano dal nome importante: il vescovo Lodovico Cenci. Lui volle abbellire ulteriormente il palazzo e chiamรฒ Andrea Polinori, noto pittore barocco umbro, per affrescare il corridoio di passaggio accanto alla sala del trono. Solitamente i palazzi rinascimentali e barocchi venivano affrescati con storie mitologiche oppure con storie desunte dalla Bibbia o dai Vangeli, a maggior ragione se il palazzo in questione apparteneva a dei religiosi. Qui invece abbiamo unโ€™eccezione: il corridoio che affaccia sulla cittร  รจ il trionfo dei vescovi di Todi, reali o mitologici, e ai lati del corridoio sono rappresentate le virtรน indispensabili a un vescovo per governare: giustizia, benignitร , vigilanza, intelletto, origine di amore, orazione e meditazione. Nella galleria รจ stata dipinta, con lo stesso stile delle carte geografiche vaticane, tutta la diocesi di Todi: un capolavoro di cartografia che riporta tutti i castelli, i borghi, i monasteri e le chiesette presenti sul territorio, si possono inoltre vedere sia il Tevere sia i piccoli fiumi.

 

Carta topografica del territorio tudertino

 

รˆ una Google map molto grande, con la differenza che la visione รจ orizzontale, cioรจ Ovest/Est e non Nord/Sud come siamo abituati. Una mappa affascinante che sorprende per la precisa descrizione geografica e per il numero sterminato di castelli, quasi uno per ogni collina. La galleria รจ riportata anche sulla guida di Todi pubblicata nel 2019 da La Repubblica ma purtroppo resta sempre chiusa al pubblico… e chissร  fino a quando!

ยซPedalare come un criceto attorno a casa non fa per me, cosรฌ a giugno del 2019 ho iniziato ad allenarmi per partire a gennaio del 2020ยป.

Lorenzo Barone a Pokrovsk

Abbiamo scoperto le imprese di Lorenzo Barone, ventitreenne di San Gemini, tramite i suoi canali social โ€“ Facebook e Instagram โ€“ e lo abbiamo contattato. Non credevo che avrebbe risposto, dopotutto รจ a Pokrovsk, nella Russia nord-orientale, non proprio dietro lโ€™angolo. E invece, dopo uno scambio di messaggi, ho avuto la possibilitร  di fargli qualche domanda. Conoscere la sua impresa mi stuzzicava parecchio!
Lorenzo รจ un biker estremo – cosรฌ potremmo definirlo – che in sella alla sua bici non si ferma davanti a nulla. Ha visitato 37 paesi nel mondo, percorrendo 57.000 chilometri: Corea, Giappone, Marocco, India, Lapponia, Kirghizistan e Tagikistan, per citarne alcuni. Ora si trova immerso nel ghiaccio e nel freddo piรน estremo della Siberia, a pochi chilometri da Yakutsk, la cittร  piรน fredda del mondo, dove in inverno si raggiungono i -50ยฐC.
รˆ partito proprio un anno fa da Magadan e, con il suo inseparabile mezzo di trasporto bello carico (65 kg di peso), ha percorso 5.000 km in tre mesi, dormendo in tenda e cucinando con un fornello da campo. L’obiettivo eraย  quello di percorrere la Siberia in bicicletta, poi perรฒ la pandemia lo ha bloccato lรฌ.
ยซDopo quasi un anno qui il mio punto di vista riguardo al freddo รจ cambiato radicalmente. Nelle ultime settimane la temperatura media a Pokrovsk, nel villaggio dove vivo, รจ stata di -50ยฐ C e la temperatura minima di -57.5ยฐ C; quando รจ salita a -39ยฐ C mi รจ sembrato relativamente caldoยป. Questa avventura gli ha regalato anche lโ€™amore, e venerdรฌ scorso si รจ sposato con Aygul, una ragazza siberiana. ยซHo pedalato per il mondo in lungo e in largo con la mia bici e mai avrei pensato di incontrare lโ€™amore proprio qui, in uno dei luoghi piรน freddi del mondoยป.

Lorenzo, in questo momento di preciso dove sei?
Mi trovo a Pokrovsk โ€“ nella Russia nord-orientale – un villaggio/cittadina di circa 10.000 abitanti sulla costa del fiume Lena, a 70 km dalla cittร  piรน fredda del mondo, Yakutsk.

Quanti gradi?
Al momento ci sono -45ยฐ C ed รจ una giornata calda, dato che da piรน di un mese la temperatura non saliva sopra i -40ยฐ C ed รจ stata spesso sotto i -50ยฐC, con una minima di -59ยฐ C tre giorni fa (di notte ha sicuramente raggiunto i -60ยฐ C). Sembra essere lโ€™inverno piรน freddo degli ultimi 10 anni.

Nel 2019 hai attraversato il deserto del Sahara ora sei immerso nel ghiaccio: รจ una notevole escursione termicaโ€ฆ
Avevo da un poโ€™ l’idea di voler superare i 100ยฐ C di escursione termica viaggiando in bici e cosรฌ ho conosciuto i due estremi, dai -56ยฐ C dello scorso inverno dormendo in tenda ai +50ยฐ C, trasportando 24 litri di acqua nello zaino e cercando di arrivare in tempo ai pozzi perchรฉ bevevo 12 litri al giorno.

รˆ piรน difficile sopportare il caldo estremo o il freddo estremo?
Il freddo estremo (dai -40ยฐ C in giรน) รจ pericoloso perchรฉ anestetizza la carne in poco tempo e, se non si sta attenti, si rischia di venire amputati. Perรฒ io, con il giusto equipaggiamento, lo preferisco al caldo, anche se รจ molto molto piรน difficile, soprattutto accamparsi, montare la tenda cucinare e tutto il resto. Tutto diventa rigido come il cemento, dal cibo ai materiali.

 

Lorenzo a Yakutsk

Come ci si prepara fisicamente e psicologicamente a una sfida del genere?
Bisogna sicuramente avere esperienze con le basse temperature: io prima di venire qui avevo giร  passato cinque mesi al freddo, nei quali avevo percorso 7.000 km tra Lapponia ed est Europa, piรน Kirghizistan e Tagikistan, pedalando sul Pamir in inverno.

Dove ti sei allenato?
Pedalare come un criceto attorno a casa non fa per me, cosรฌ a giugno del 2019 ho iniziato ad allenarmi per partire a gennaio del 2020. Il tutto dopo essermi ripreso da un tuffo in cui mi ero rotto una vertebra cervicale, che mi aveva tenuto fermo per 8 mesi.
Ho pedalato prima 2.700 km in Marocco, poi mi รจ stato offerto un biglietto per la Corea quattro giorni dopo il mio ritorno in nave dal Marocco: lรฌ ho fatto 3.100 km tra Corea e Giappone, poi a fine agosto sono volato in India risparmiando i soldi per tornare in Italia – dato che era alta stagione – e mi sono fatto 4.000 km in India e Himalaya, tornando poi a casa a fine ottobre con un volo molto piรน economico.

Parlaci del progetto che hai per l’inizio di febbraio.
Voglio tentare la strada piรน a nord del mondo. Partendo da qui sono 2.770 km da Pokrovsk fino a Yuryung Khaya: รจ un percorso solo invernale, dato che in parte viene usato un fiume ghiacciato come strada.

Qual รจ stato il momento piรน difficile di questa impresa?
Lo scorso inverno il momento piรน difficile รจ stato quando iniziava a congelarmisi il naso, diventando bianco e perdendo sensibilitร . Era la mia paura piรน grande: ma questo inverno ho risolto costruendomi da solo, con la macchina da cucire, delle maschere, giร  testate a -51ยฐC.

 

E in altri viaggi cโ€™รจ stata una situazione veramente difficile?
Ogni avventura ha situazioni impegnative. Per esempio, quando pedalavo in Himalaya oltre i 5.000 metri, allโ€™inizio ero uno straccio, vomitavo e avevo un mal di testa fortissimo con sangue dal naso. Ma continuavo a pedalare per raggiungere un villaggio, perchรฉ altrimenti avrei finito il cibo… Ho avuto senza dubbio altre situazioni impegnative anche negli altri viaggi.

Come riesci a curare i tuoi canali social e, al tempo stesso, continuare lโ€™avventura?
Prima di questo viaggio usavo davvero poco i social e viaggiavo soltanto; ora mi ci sto dedicando e, quando viaggio, un mio amico ha le credenziali per accedere al mio account e pubblica le foto e i video che gli mando in anticipo.

 

Lorenzo e Aygul

Ora รจ arrivato anche lโ€™amore e la scorsa settimana ti sei sposato: quandโ€™รจ che la porterai in Umbria?
Spero di tornare in Umbria prima dellโ€™estate, ma bisogna vedere la situazione alle frontiere come sarร .

La prima cosa che le farai fare qui in Umbria?
La prima cosa credo sarร  andare a trovare i miei amici che non vedo da oltre un anno; poi magari andremo a fare una bella passeggiata sul Terminillo o sul Gran Sasso ma, chissร , magari anche qualche bel giro in kayak a al lago di Piediluco o in qualche fiume.

Manda un saluto alla tua Umbriaโ€ฆ
Un saluto allโ€™Umbria! Spero di vedervi tutti presto!

 


Qui trovate i suoi canali social per seguirlo e sostenerlo: Facebook, Instagram

Un importante traguardo รจ stato raggiunto da alcuni prodotti agricoli e agroalimentari umbri, che sono stati inseriti nel Registro Regionale delle Risorse Genetiche Autoctone di Interesse Agrario, grazie allโ€™interessamento del 3A-PTA, il Parco Tecnologico Agroalimentare dellโ€™Umbria, insieme alla sintonica e determinata perseveranza di alcuni avveduti operatori del mondo dellโ€™agricoltura e della pesca.

Olivo Ornellona

I prodotti agricoli e agroalimentari di una volta possono rappresentare unโ€™importante opportunitร  per la filiera delle aziende coinvolte a livello di produzione, trasformazione, commercializzazione e somministrazione. Nel processo sono ovviamente coinvolti tutti coloro i quali ne fanno parte e con particolari ricadute nei settori: agricoltura, pesca, commercio, artigianato, cultura, enogastronomia e turismo. รˆ fondamentale, per le specie iscritte, aver ricevuto questo ambito riconoscimento, in quanto attorno a questi prodotti certificati si possono costruire strategie di business e di marketing, innescando importanti implicazioni economiche per tutti quelli che partecipano al percorso di valorizzazione e commerciale della singola eccellenza, che come una cassa di risonanza puรฒ ampliare lโ€™attrattivitร  e la promozione dellโ€™areale sotteso, al fine di cogliere una maggiore opportunitร  anche economica allโ€™interno dei contesti coinvolti.
I prodotti agricoli e agroalimentari che hanno una presenza certa e continuativa su un territorio da piรน di 50 anni potrebbero essere definiti come Risorse Genetiche Autoctone di Interesse Agrario e iscrivibili al Registro Regionale.
Lโ€™iscrizione avviene a seguito di unโ€™approfondita analisi del dossier presentato, dove i membri del Comitato Tecnico-scientifico esprimono il loro parere per lโ€™inserimento nellโ€™agognato registro.

 

Aglione

 

A oggi, nel Registro Regionale Umbro, sono iscritte 69 risorse genetiche tra varietร  erbacee, arboree e animali. รˆ evidente che un prodotto iscritto al registro certifica un passo fondamentale per la sua tutela e la sua valorizzazione e ha immediati vantaggi sugli operatori che coltivano o allevano o commercializzano la specifica risorsa genetica che, altresรฌ, ha la ghiotta possibilitร  di entrare a far parte della rete di Conservazione e Sicurezza regionale e della Rete Nazionale della Biodiversitร .
Recentemente, il Registro Regionale Umbro, si รจ arricchito di sei risorse genetiche:

  • Lโ€™Aglione, da alcuni chiamato anche lโ€™aglio del bacio, per la delicatezza del sapore e la morbidezza del profumo, che รจ una specie diversa dallโ€™aglio comune. รˆ presente da piรน di 50 anni nella Val di Chiana sia umbra (detta romana) sia toscana, dove gli agricoltori hanno tramandato nei secoli la sua coltivazione e le casalinghe le ricette (es. umbricelli o pici allโ€™aglione). In questo caso lโ€™Aglione Umbro รจ stato iscritto qualche giorno prima di quello toscano e ovviamente ciascuno nei rispettivi registri regionali.
  • Il Luccio del Trasimeno: specie a forte rischio di erosione in tutta Italia per lโ€™inquinamento genetico dovuto allโ€™immissione di altre specie, che invece, grazie allโ€™attivitร  del Centro Ittiogenico e della Cooperativa dei Pescatori, al Trasimeno ha mantenuto, unico caso in Italia, le sue caratteristiche originarie.
  • Il Cardo Gobbo della Media Valle del Tevere: varietร  locale conservata da un agricoltore di Papiano, residuo di una vecchia, molto apprezzata, varietร  tipica della Media Valle del Tevere.
  • Lโ€™Olivo Limona, ad Assisi chiamata Cimignolo: varietร  presente nellโ€™Umbria centro-occidentale e centro-settentrionale con esemplari di etร  ragguardevole, coltivata sporadicamente anche in alcuni areali di regioni limitrofe.
  • Lโ€™Olivo Pocciolo: presente in pochi vecchi esemplari nella fascia olivata Assisi-Spoleto, dove ha dimostrato una notevole adattabilitร  a difficili condizioni di clima e terreno.
  • Lโ€™Olivo Ornellona: varietร  presente con soli due esemplari molto vecchi nel comune di Narni, dalle olive piuttosto grandi che danno un olio di qualitร .

Luccio del Trasimeno

Il 3A-PTA

Il 3A-PTA (Parco Tecnologico Agroalimentare) della Regione Umbria รจ stato il fulcro sviluppatore delle 6 new entry nel registro regionale, come peraltro per tutte le altre risorse genetiche regionali. Il 3A-PTA, opera da piรน di due decenni per garantire il miglioramento e il mantenimento della qualitร  dei prodotti agricoli e agroalimentari, tramite certificazioni per la sicurezza e la tutela del consumatore, la formazione, la ricerca a sostegno delle imprese, i progetti internazionali, lโ€™informazione e il marketing; questi sono alcuni dei servizi e delle attivitร  che fornisce lโ€™Ente regionale guidato dal dott. Marcello Serafini, Amministratore Unico del 3A-PTA con sede a Pantalla (PG).
Tra le persone del 3A-PTA, fautrici di questi importanti ingressi nel registro regionale, ricordiamo il dott. Luciano Concezzi, responsabile dellโ€™Area Innovazione e Ricerca e i suoi collaboratori, il dott. Mauro Gramaccia, il dott. Marco Caffarelli, la dott.ssa Livia Polegri e la dott.ssa Marta Giampiccolo. Oltre alle eccellenze agricole e agroalimentari umbre conosciute e apprezzate in tutto il mondo, si tenga presente che il 3A-PTA della Regione Umbria viene annoverato tra gli Enti istituzionali di indiscusso prestigio e di notevole vanto regionale.

ยซLa passione per la dispositio รจ il filo rosso che lega i miei interessi. Lโ€™organizzazione degli spazi, degli oggetti e soprattutto delle informazioni in sistemi complessi esercita su di me un fascino irresistibile – dal gioco dei Lego allโ€™urbanistica, dal testo letterario al webยป.

Luca Rosati fa un lavoro che in pochi conoscono, ma che in molti usano. Luca รจ un architetto dellโ€™informazione: semplifica lโ€™interazione tra le persone e lโ€™informazione, sia in spazi digitali (web, app o banche dati) sia in quelli fisici (musei, negozi). In pratica, se un sito, dopo una tua ricerca, ti consiglia anche altro รจ perchรฉ dietro cโ€™รจ il suo lavoro.
Dopo la laurea in Lettere allโ€™Universitร  di Perugia e un master in tecnologia e comunicazione multimediale al Politecnico di Torino, inizia il suo percorso lavorativo, che lo ha portato a essere uno dei fondatori di Architecta โ€“ lโ€™associazione italiana degli architetti dellโ€™informazione โ€“ a scrivere quattro libri, lโ€™ultimo รจ Sense-making: Organizzare il mare dellโ€™informazione e creare valore con le persone e a insegnare dal 2015 allo IULM di Milano – oltre a essere richiesto da aziende pubbliche e private per facilitare il loro lavoro. In questa chiacchierata abbiamo parlato di tante cose, ma soprattutto abbiamo cercato di farci spiegare come funziona la sua professione, oggi piรน importante che mai.

 

Luca Rosati

Qual รจ il suo rapporto con lโ€™Umbria?

รˆ la mia terra, una terra che amo. Sono nato a Perugia e ho scelto di rimanere ad abitare in cittร  nonostante il mio lavoro mi porta spesso in giro per lโ€™Italia. รˆ un luogo che mi piace, che ha contribuito anche alla mia formazione e ha alimentato le mie passioni.

In che modo?

Le cittร  piccole a misura dโ€™uomo, il contatto con la natura che ho avuto fin da piccolo e il suo modo di essere appartata – peculiaritร  che perรฒ a volte la penalizza perchรฉ non viene adeguatamente valorizzata e non si esaltano le sue potenzialitร  โ€“ mi hanno reso quello che sono.

Lei รจ un architetto dellโ€™informazione: cosa significa in concreto?

Lโ€™etichetta che si usa รจ architettura dellโ€™informazione e design dellโ€™esperienza. Come un architetto progetta edifici fatti di mattoni, io progetto edifici fatti di informazioni. Lโ€™obiettivo รจ quello di organizzare le informazioni per renderle a misura di persona e per essere facilmente individuate. Progetto ambienti โ€“ fisici o digitali โ€“ affinchรฉ siano confortevoli e consultabili agevolmente, in modo che la gente non si perda. Oggi esistono spazi digitali molto complessi che spesso si fondono con il reale: ad esempio, i musei hanno entrambi gli ambienti. Ecco, con il mio lavoro cerco di rendere tutto questo accessibile.

Quanto รจ importante il suo lavoro, vista la mole dโ€™informazioni che riceviamo ogni giorno?

Oggi diventa strategico. La grande informazione che abbiamo รจ una ricchezza ma puรฒ causare anche un effetto boomerang. Siamo sopraffatti, e fondamentale รจ filtrarla per usufruire solo di quella che ci occorre in quel momento o scartare quella dannosa. 10-20 anni fa era un lavoro piรน di nicchia, oggi รจ diventato molto importante.

Chi รจ che richiede i suoi servizi?

Aziende digitali, musei, enti pubblici, grande distribuzione. Negli spazi fisici faccio sรฌ che le persone non si perdano, personalizzando i percorsi su misura. Intervengo sul web, sulle appโ€ฆ dove cโ€™รจ una grossa mole di informazioni, cosรฌ chi ne usufruisce riesce facilmente a trovare quello che sta cercando.

Netflix e Spotify โ€“ per fare due esempi โ€“ utilizzano, quando ti consigliano film e musica in base alle scelte fatte in precedenza, una raffinata architettura informativa. Ci spieghi meglioโ€ฆ

Noi vediamo lโ€™esito finale – il film consigliato – ma perchรฉ questo avvenga in modo mirato cโ€™รจ unโ€™organizzazione, fatta in base a delle specifiche caratteristiche. Cโ€™รจ dietro un lavoroโ€ฆ il mio.

Ci racconti: come sia arriva, dai mattoncini Lego, al suo lavoro?

Dai mattoncini Lego al linguaggio il passo รจ stato breve. Fin da piccolo ero molto affascinato da quello che era organizzazione: guardavo i negozi di giocattoli per capire comโ€™erano sistemati e restavo affascinato dalle cassettiere delle farmacie. Per me era un mondo perfetto, perchรฉ tutto era ordinato. รˆ arrivata poi la laurea in Lettere, con la tesi in linguistica generale e del linguaggio: il salto successivo verso lโ€™architettura dellโ€™informazione รจ stato quasi scontato. I mattoncini Lego li puoi montare e smontare: cosรฌ faccio nel mondo del web per avere la casa perfetta.

Quindi i suoi cassetti della biancheria sono ordinati?ย ย 

Non arrivo a questi estremi (ride).

Mentre parlava mi รจ venuto in mente il film di Christopher Nolan, Inception, in cui cโ€™รจ lโ€™architetto dei sogni, che crea scenari nei quali i personaggi si muoveranno durante lโ€™esperienza onirica. Un poโ€™ le due cose si avvicinanoโ€ฆ

Sรฌ, รจ un accostamento azzeccatissimo. Anche il film in sรฉ รจ perfetto per raccontare il mio lavoro. perchรฉ รจ strutturato a piรน livelli come i sogni della pellicola che si incastrano. I princรฌpi con cui lavoro sono trasversali e si collegano tra loro: li puoi ritrovare nel web, ma anche in un film, in un libro, in una serie tv o nella musica.

Insegna allโ€™universitร  IULM: cosa consiglia ai suoi studenti?

Consiglio la capacitร  di saltare tra mondi apparentemente distanti: dal digitale alla musica o alla letteratura. Cโ€™รจ bisogno, in questo momento, di figure ibride – come lo sono io – per unire appunto diversi mondi. Spesso mi capita di fare da collante tra figure specializzate in un settore, che perรฒ non riescono a comunicare tra loro. Oggi questo รจ fondamentale!

Seguendo il suo lavoro, come riorganizzerebbe lโ€™Umbria se ne avesse la possibilitร ?

Lโ€™Umbria ha una base di partenza eccellente, perรฒ i percorsi per far scoprire le sue potenzialitร  non vengono sufficientemente spinti, ci sono tesori che spesso restano nascosti. Cercherei di rilanciare le strade โ€“ non parlo solo di quelle fisiche – per far scoprire questo mondo. Ci sono esperienze come il Sagrantino che lo ha fatto, lโ€™esclusivitร  รจ diventata unโ€™eccellenza; questo andrebbe realizzato su piรน parti del territorio anche creando dei consorzi. Manca una visione completa e unita per incentivare anche altri percorsi. In concreto: chi visita Assisi o Spoleto dovrebbe non fermarsi lรฌ e scoprire altri luoghi, e questo รจ possibile non solo valorizzando il singolo ma la completezza. Un poโ€™ come fanno i siti di e-commerce: se compri questo ti puรฒ interessare anche questโ€™altro.

Come definirebbe lโ€™Umbria in tre parole?

Appartata, aerea, inclusiva.

La prima cosa che le viene in mente pensando alla regione?

La stratificazione dei borghi costruiti sulle colline.

La Galleria vaticana delle Carte Geografiche รจ di grande interesse artistico e geografico e attualmente viene attraversata per andare a visitare la Cappella Sistina.

 

Fu istituita, sul finire del XVI secolo, da Papa Gregorio XIII, il pontefice noto soprattutto per la riforma del calendario e vi hanno lavorato diversi artisti come Girolamo Muziano, Cesare Nebbia, i due fratelli fiamminghi Matthijs e Paul Bril, Giovanni Antonio Vanosino da Varese e Antonio Danti, che la decorarono e affrescarono tra il 1580 e il 1585, seguendo le indicazioni del monaco e geografo perugino Ignazio Danti.
La galleria, lunga centoventi metri e larga sei, contiene quaranta carte geografiche, affrescate sulle pareti, raffiguranti le regioni italiane, i possedimenti papali del tempo e in aggiunta gli affreschi dei quattro principali porti italiani dell’epoca (Genova, Civitavecchia, Venezia e Ancona) e di due episodi fondamentali della storia della cristianitร , lโ€™assedio di Malta da parte dei Turchi (1565) e la battaglia di Lepanto (1571).

 

La Battaglia del Trasimeno

 

Lโ€™appennino รจ considerato lโ€™elemento divisorio. Infatti Ignazio Danti, nella progettazione, ha immaginato di camminare su di esso e di raffigurare su una parete le regioni a ovest bagnate dal mar Tirreno e Ligure e, sullโ€™altra, quelle a est corrispondenti al versante Adriatico. La galleria costituisce una grande testimonianza delle conoscenze geografiche dellโ€™epoca e sul soffitto sono dipinti alcuni episodi religiosi in corrispondenza della mappa regionale dove sono avvenuti.
รˆ interessante vedere le zone dโ€™Italia poste lungo il percorso della via Romea Germanica e, in particolare, quelle a ridosso del lago Trasimeno che si sono mantenute pressochรฉ inalterate rispetto a quelle descritte tre secoli prima negli Annales redatti dal Monaco Alberto di Stade.
In uno degli affreschi si puรฒ vedere la rappresentazione mappale del territorio della Val di Chiana e del comprensorio dellโ€™antico lago Tarsminass, chiamato cosรฌ dagli Etruschi e un particolare, aggiunto nel 1597 dal pittore Pietro Oldrado, sullโ€™affresco dei territori di Perugia e Cittร  di Castello di Ignazio Danti, che richiama la Battaglia del Trasimeno del 217 a.C. avvenuta tra gli antichi Romani e i Cartaginesi.

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