Cโรจ un grande fermento nel tuderte dove le novitร fioccano come i pollini in primavera e nascono nuove ciclabili e pedonabili: “Transameria”, “Slow food del territorio”, “Benvenuti a Casa Mia” e il “Circuito del Furioso”.
Tutto porta a godere, o forse รจ meglio dire a scoprire il territorio, immergendosi profondamente e gustando ogni suo particolare che va dalla posizione del sentiero alla natura che si attraversa, dalla conoscenza dei castelli al cibo.
Circuito del Furioso
Qui in Umbria si sta mettendo in pratica il famoso detto: festinare lentoย = sbrigarsi adagio. I latini dicevano che per fare le cose bene bisognava sbrigarsi, ma al contempo bisognava gustare lentamente quello che si faceva.
Lโultimo nato รจ il Circuito del Furioso: un sentiero ciclopedonale che si snoda tutto sul lato destro del Tevere tra Todi e Montecastello di Vibio e che potrebbe sembrare un circuito come un altro da un lato qualsiasi di Tevere e basta. Ma non รจ proprio cosรฌ. Per capirlo bisogna fare un salto indietro nel tempo.
La storia
Fino a pochi decenni fa chi stava a destra del Tevere non aveva modo di andare a sinistra, salvo raggiungere a distanza di tanti chilometri un traghetto oppure un ponte. La divisione era netta, come lโAutostrada del Sole, che perรฒ ha tanti attraversamenti da sopra o da sotto. Qui invece niente. Tra Todi e Perugia si stava a destra o a sinistra. Un ponte si trovava a Ponte San Giovanni (Perugia) e collegava lโest e lโovest dellโItalia mentre lโaltro era 50 chilometri piรน a sud a Pontecuti.
Questโultimo permetteva di salire a Todi a chi proveniva da Orvieto. Nel mezzo: il nulla, perchรฉ il fiume era troppo largo. Nel Medioevo vi era un ponte anche a Montemolino, ma fu distrutto attorno al 1300 e non se ne fece piรน niente.
Le strade erano solo sentieri che andavano di paese in paese e salivano sulle colline dove dominavano i castelli e dove si erano sviluppati borghi di poche anime. Il Circuito del Furioso, che presto verrร inaugurato, รจ un anello di 17 chilometri che seguendo rigorosamente i tracciati storici passa accanto a sei castelli e a un convento.
In Umbria i castelli non mancano mai, come del resto in Trentino o in Valle dโAosta; qui non saranno altrettanto belli, ma sicuramente sono piรน numerosi.
Per conventi ed eremi invece la partita รจ ancora aperta. Ci troviamo sulla destra del fiume e il percorso passa da Piandiporto, Pian San Martino e sfiora Pontecuti.Il Tevere adesso non รจ piรน un fiume maestoso e non fa piรน paura. Ormai il volume delle acque si รจ molto ridotto, le piene sono sempre piรน rare e le dighe controllano quello che resta. Nel passato perรฒ il fiume era ricco di acque, vorticoso e pericoloso, tanto che sotto lo sperone di Montemolino per la sua violenza si meritรฒ lโappellativo di Furioso. Ed era proprio lรฌ quel ponte che nel 1300 fu distrutto nella lotta spietata tra guelfi e ghibellini, ponte che non venne piรน ricostruito ma sostituito da un traghettatore. Per ben sei secoli vi hanno lavorato i traghettatori, poi con lโavvento delle automobili si pensรฒ che un ponte potesse essere ancora utile. Era il 1924.
Abazia San Bartolomeo
Ormai in dirittura di arrivo, il progetto Circuito del Furioso dovrebbe essere inaugurato a giugno prossimo 2021 con interessanti proposte per chi soggiorna a Todi almeno due notti. Tra queste, un tour domenicale in bici (per un massimo di 25 persone) guidato da Walter NiloCiucci che, appassionato e grande conoscitore del territorio, ha esplorato le vecchie tracce e disegnato il nuovo tracciato sullโantico, valorizzandone la natura e quella storia che lui ben conosce.
Gli antichi viaggiatori si dovevano portare al seguito ogni sorta di cibo e bevande, oggi invece seguendo questo percorso ci si porterร solo dellโacqua perchรฉ questa ciclabile offre anche unโesperienza gastronomica. Lungo il suo percorso si potranno infatti gustare tutti quei piatti che prima erano riservati solo a chi si muoveva sulla destra del fiume come: la brosega, la ciaramicola, i crostini alla ghiotta e le fave in insalata e la famosa frittata al tartufo. Molti si chiederanno cosa sono questi nomi insoliti? Sono i piatti della tradizione contadina che volutamente non spiego per stimolare la vostra curiositร e soprattutto lasciarvi la sorpresa. La passeggiata sarร a pagamento.
ยซIo non penso in italiano, penso in dialetto perchรฉ sono un popolanoยป (Gianni Brera).
Con il Castelรจno ci spostiamo allโestremo nord dellโUmbria per scoprire โ in questa terza puntata (dopo il perugino e l’eugubino) โ un dialetto che potremmo definire un vero e proprio insieme di varietร proprie dalle zone limitrofe: da un lato lโinfluenza marchigiana, dallโaltro quella della Toscana orientale. Ma lo stesso tifernate si differenzia, per intonazioni fonetiche e lessicali, in quello parlato drรจnto i muri – Cittร di Castello centro – e in quello della periferia e delle campagne.
ยซA sud verso Umbertide si dice ta me, ta teโฆ come nella zona perugina, che diventa ma te, ma me a Castello. Il dialetto comunque si รจ molto italianizzato – o andacquรจto – in quanto le nuove generazioni ne stanno perdendo lโuso: parole e modi di dire tipici della cultura dialettale vengono utilizzati in prevalenza solo dalle persone piรน anziane. Ma il difficile del dialetto non รจ tanto parlarlo, quanto scriverlo e soprattutto leggerloยป spiega Fabio Mariotti, componente del gruppo folkloristico Paguro Bernardo e appassionato di dialetto.
Il gruppo – formato da Massimo, Marcello, Fabio, Stefano, Matteo e Diego – รจ molto famoso nella zona dellโAlto Tevere e vanta venti anni di attivitร , con allโattivo cinque CD, un libro e un DVD. Giocano con i testi delle canzoni famose traducendoli e reinterpretandoli in dialetto castelรจno cosรฌ da raccontare storie della tradizione popolare e non solo.
Il gruppo Paguro Bernardo
LโAccademia de la Sรจmbola
ยซDiversi anni fa, proprio per insegnare a scrivere e a leggere correttamente il castellano, era stata creata lโAccademia de la Sรจmbola (crusca, cereali) in cui si tenevano lezioni ed esercitazioni mirate. Ci eravamo ispirati allโAccademia del Donca e agli insegnamenti del dialetto peruginoยป prosegue Mariotti.
La caratteristica principale del tifernate sono le vocali (A, E, O) che vengono aperte o chiuse in modo quasi opposto rispetto allโitaliano: bachรจtto (aperta), melรฉ (chiusa).
Ci sono poi parole che vanno ricordate, perchรฉ fanno parte della vita di un castellano, ma il tempo sta facendo piano piano scomparire: galรฒpola (caviglia), razi (animali da cortile), โn vรจlle (da nessuna parte: Quรจllo รจ uno che nโ vร nvรจle, si dice di un uomo presuntuoso o di scarsa intelligenza), ghiottirรณla (imbuto), sinรฒ (sennรฒ, altrimenti) e bompรณco (grossa quantitร ).
A Cittร di Castello se vi dovessero dire che siete un tontolomรฉo, non offendetevi! ร una parola che si usa in tono familiare, non offensiva, come lo stesso tรฒnto. Puรฒ assumere diversi significati a seconda delle situazioni, quindi si hanno le varianti: tontolรณne, tontolino, tontolacio, tontolerรฌa, tontolร gine.
Tra le chicche dialettali ci sono: mรจnadritta (mano destra) e mรจnmancina (mano sinistra). Con lo stesso termine si danno anche le indicazioni stradali (Per gi a Umbรฉrtide girรจte a mรจndritta dรฒppo che lโalbero) e si indicano le parti del corpo: ochio a mรจnmancina (occhio sinistro), piede a mรจndritta (piede destro). Una menzione va fatta per i giorni de la sitimรจna: Lonedรฉ, Martedรฉ, Mercรฒldรฉ, Giรณvedรฉ, Venardรฉ, Sabito e Dรณmรจnnica; e i mรฉsi de lโร no: Genรจio, Febrรจio, Marzo, Aprile, Mร gio, Giรฒgno, Lรฒjjo, Agรฒsto, Setรฉmbre, Otรณbre, Novรฉmbre e Dicรฉmbre.
Filosofia popolare
Si sa, il dialetto spesso parla con i proverbi e i modi di dire, e il castellano non รจ da meno. Ne conserva tantissimi che ancora oggi vengono utilizzati nel parlato comune: una filosofia popolare spontanea e veritiera, che racconta un tempo passato ma sempre e comunque attuale e reale. ยซIl modo di dire che piรน spesso si dice nellโAlta Valle del Tevere รจ: La Montesca cโha l capรจlo, castelan porta lโombrelo (Se sopra La Montesca ci sono le nuvole, sicuramene pioverร ). Ma non posso non ricordare anche: A โna cรฉrta etร โgni acqua trร pia (a una certa etร i dolori vengono fuori tutti); E armannรฉte โn pochino che sโรจ tรฒtto sbudelรจto (ricomponiti che sei tutto in disordine – relativo al modo di vestirsi); Te caciarรฌbbono la rรฒba da magnรจ pโ i รฒchi (quando sei ospite in casa di qualcuno e ti vogliono offrire qualcosa da mangiare a ogni costo. Lo si dice di solito per indicare le brave persone); Cโรจ la tรจsta cรณme โna bachjรนccรณla (si riferisce a una persona poco intelligente); โLchรจne, la mojji e lu schiรฒpo โn se prรจstono ma nisuno (il cane, la moglie e il fucile non si prestano mai) e Per gnenta โnnu sdringรณla manco la coda โl chรจne (nessuno fa niente per niente)ยป conclude Mariotti.
Terme di Fontecchio
Tutti a… el bagno
I castellani le terme di Fontรจcchio le chiamano affettuosamente el bagno: raramente usano il vero nome. Questo dimostra lโattaccamento che hanno con le vecchie terme, dove nel corso dei secoli hanno curato i loro mali e dato refrigerio durane il caldo estivo. Al bagno ci sโamparea anche a notรจ (“Al bagno” ci si imparata anche a nuotare) visto che cโera lโunica piscina (a parte le dighe) e quelli con piรฒ guadrini se poteon permรจtte de paghรจ amparรจono anche a giochรจ a tennisโฆย (quelli con i soldi si potevano permettere di pagare per imparare a giocare a tennis). Inoltre, liberamente si poteva attingere la famosa acqua sรฒlfa che faceva e, fa ancora, guarรฌ e rinfreschi lu stombico.
Sembra incredibile, ma la tradizione dei tipici dolci umbri รจ legata al fiume che attraversa la regione per andare fino a Roma: inutile dire che si tratta del Tevere.
Una volta il Tevere era un fiume navigabile e non quel misero rigagnolo, sempre in secca, che vediamo ora. Se torniamo indietro di almeno 2500 anni scopriamo che il Tevere era un confine quasi invalicabile; ci saranno stati forse dei traghettatori, ma le due sponde non erano ancora collegate da ponti. A quellโepoca sulla sponda destra vivevano gli Etruschi, mentre sulla sponda sinistra si estendeva la regione degli Umbri, che comprendeva Foligno, Spoleto e Norcia. Possiamo dire: tanto vicini e tanto diversi.
Il territorio etrusco si estendeva fino al mare Tirreno e fu proprio attraverso il mare che gli Etruschi entrarono in contatto con popolazioni, culture e cibi diversi. Gli Umbri invece, sulla destra del fiume, erano lontani dal mare, perciรฒ si servivano solo di cibi a chilometro zero.
La mandorla e la noce
La caratteristica delle due popolazioni si puรฒ riassumere in due frutti piccoli, ma ricchi di significato: la mandorla e la noce. Gli Etruschiusavano le mandorle, gli Umbri le noci. Giacchรฉ sono state trovate tracce di mandorli nella zona di Cittร di Castello, si pensa che lโalbero fosse presente in epoca etrusca. A sinistra invece, il noce era la pianta tradizionale della civiltร contadina.
Cโรจ anche da dire che in quei tempi lontani gli alberi erano legati a un concetto di sacralitร e di buon auspicio. Il mandorlo era visto come foriero di benessere e si perde nella notte dei tempi lโuso di mangiare confetti in occasione dei matrimoni per augurare agli sposi di vivere felici e contenti per 100 anni.
Per contro il noce ha una storia cupa che parla di streghe e di malefici vari. Tuttavia, malgrado la cattiva fama dellโalbero, si mangiava il frutto e si usava il legno, esattamente come il castagno della zona di Amelia/Santa Restituta.
Torciglione
Dolci umbri
Gli usi diversi li ritroviamo ancora oggi perchรฉ la tradizione si รจ mantenuta nei dolci. Ripartiamo da destra dove sโincontra Perugia e a Perugia si mangia il Torciglione: un serpentone che si morde la coda ripieno di mandorle e canditi, tipica composizione natalizia. Lo si trova anche a Chiusi, cittร ancora piรน etrusca e pure a Cittร di Castello e sul lago Trasimeno. Forse, anzichรฉ un serpente il Torciglione rappresentava unโanguilla e serviva a propiziare le pesca.
Il Torciglione si mangia durante le feste del Natale, mentre cโรจ un altro dolce perugino, a base di mandorle, che si consuma un mese prima: le Fave dei Morti. Sono piccoli biscotti a forma ovviamente di fava, fatti di pasta di mandorle e zucchero. Le Fave dei Morti si preparavano in occasione di un funerale e si consumavano sulla tomba del defunto durante il banchetto funebre. Usare le mandorle equivaleva a dire ricchezza e per secoli le mandorle hanno fatto la loro comparsa solo sulle tavole dei ricchi e nelle spezierie, dove si allestivano medicinali sempre per ricchi.
Fave dei Morti
Noci e nocciole erano invece cibo per poveri e questo caratterizzava il lato sinistro del Tevere. ย Anche se poveri gli Umbri hanno elaborato un dolce che รจ il loro vanto e che tutti conoscono: la Rocciata. ร conosciuta come la Rocciata di Assisi, ma si tratta di un dolce che si prepara tra Umbria e Marche. Pare che la sua origine sia antichissima e se ne trova una traccia non troppo dissimile nelle Tavole Eugubine, tavole di bronzo, scritte in lingua umbra, risalenti al III secolo a.C. e che riportano fatti risalenti a secoli prima. In questo dolce poi hanno messo lo zampino anche i Longobardi: รจ infatti simile a uno strรผdel, con mele e noci e avvolte in una pasta sottile.
Per me fu una sorpresa scoprire che la pasta della Rocciata fosse fatta proprio come la pasta dello strรผdel che faceva mia nonna altoatesina, e anche mia nonna mescolava mele e noci. Sono passati piรน di 10 secoli e non cโรจ stata alcuna variazione nella pasta e poca nel ripieno. Il ripieno invece si รจ differenziato perchรฉ in Umbria รจ stata aggiunta una spruzzata di alchermes che gli conferisce quel bel colore rosato. Lโalchermes fa dunque la grossa differenza tra Nord e Centro, ma ci sono pure delle piccole differenze locali: a Spoleto รจ stato aggiunto il cacao e a Foligno si sparge sullโimpasto del pan grattato per assorbire i liquidi in eccesso.
Rocciata di Assisi
Le noci entrano anche nella ricetta dei Maccheroni dolci. Lโorigine? Potrebbe trattarsi di una parola greco-bizantina legata allโuso della cena funebre, perchรฉ maccheroni proviene dal greco makarios (beato). Si preparano infatti in occasione delle feste dei Morti, dei Santi e si mangiano anche la sera della vigilia di Natale. La ricetta prevede come ingredienti: maccheroni, noci, zucchero/miele e alchermes.
Comunque, qualunque sia lโorigine di questi dolci, rimane chiaro che a destra del fiume i dolci, ancora oggi, sono farciti o addirittura fatti con le mandorle mentre quelli di sinistra, anche se sono intervenuti i nordici Longobardi, nel loro ripieno hanno sempre le noci.
ยซLa cercan qui, la cercan lร . Dove si trovi, nessun lo saยป.
Sono i versi famosi della Primula Rossa, lโeroe a doppia personalitร come Superman, che ha sottratto tanti nobili al lavoro della ghigliottina durante la Rivoluzione Francese, dando filo da torcere a Robespierre e soci. Anche le strade possono dare filo da torcere se sono molto antiche e un poโ abbandonate.
La nostra Primula Rossa รจ una via a nord di Roma che ha piรน di 2.200 anni e che collegava la cittร di Faleri, capitale dell’antica popolazione laziale dei Falisci, con Amelia, poi Todi e Perugia, per finire a Chiusi. Attraversava la Tuscia andando verso Nord e scendeva a sud senza arrivare a Roma. Ci penseranno i Romani a farla arrivare in cittร . I Falisci avevano sottovalutato i rissosi vicini emergenti che, nel 214 a.C., uscirono da Roma e li spazzarono via. Del mondo Falisco non resta molto. Quello che i Romani non hanno distrutto รจ stato modificato nel tempo.
Via Amerina
Che cosโรจ una strada?
La strada รจ una striscia di terra che collega due luoghi per motivi sociali e commerciali fin da quando Lucy ha lasciato lโAfrica. Le strade sono state costruite anche per far muovere meglio gli eserciti, in particolare quello romano, tanto da creare una rete viaria che attraversava tutto lโimpero. Doveva essere impressionante vedere lโesercito romano avanzare, compatto, ordinato, costruendo strade, ponti e trascinandosi dietro le macchine da guerra. Solo la pozione magica di Asterix รจ stata in grado di fermarlo.
La rete stradale romana รจ ancora percorribile, un poโ mutata ma non poi tanto, e ce lo confermano le mappe stradali di allora confrontate a quelle di oggi. I percorsi toccano le stesse cittร e i nomi delle vie consolari non sono cambiati: SS1 Aurelia, SS2 Cassia, SS3 Flaminia, SS7 Appia. Anche la nostra Primula Rossa ha un nome: via Amerina. ร lโantico nome di Amelia, che si chiamava Ameria, ed รจ caduta in disuso un paio di secoli fa, ma adesso sta riemergendo dalle nebbie della storia per la volontร di un gruppo di ciclisti, storici, archeologi e passeggiatori. Ottima strada commerciale per i Falisci, ottima strada per i Romani che andavano a Nord, ottima strada per lo Stato della Chiesa che si collegava a Ravenna.
Qua e lร lungo la strada sono sparse delle mansioche, per dirlo con parola moderna, sono Autogrill, posti di ristoro dove si mangiava, dove si trovava biada per i cavalli e, come si vede a Ostia Antica, cโera anche il lavaggio carri. In quei luoghi non mancavano mai le prostitute per sollevare i viandanti dalle fatiche del viaggio.
Luogo di tante lotte
La strada andava dritta fino al Tevere: lรฌ si fermava per riprendere di lร del fiume. Niente ponti, ma traghetti. Infatti, allโaltezza di Orte, sono stati ritrovati i resti del porto di Seripola che accoglieva viaggiatori e merci. Passato il fiume, la via Amerina proseguiva in quella che oggi รจ la regione Umbria. Se guardate una carta stradale dellโUmbria, il percorso piรน evidente รจ quello della superstrada E45 che percorre tutta la valle del Tevere.
Nei tempi andati, una strada seria mai sarebbe passata a fondo valle. Troppo rischioso. Le strade passavano in alto o a mezza costa o, come in questo caso, sullโaltopiano. Nel VII secolo d.C. fu chiaro che la zona era in pericolo e che andava difesa. Castelli fortificati e borghi spuntarono come funghi. Su ogni cocuzzolo รจ sorto un castello posizionato in modo da avvistare amici e nemici. Tutti si tenevano dโocchio. Alto Medioevo e Rinascimento hanno una storia cupa, violenta e cruenta. Le lotte tra Bizantini e Longobardi, tra Papato e Impero, tra Guelfi e Ghibellini, tra signorotti locali e principi romani sono state di una violenza inaudita e, รจ il caso di dire, la via Amerina ne ha viste di tutti icolori. Quello che รจ successo piacerebbe a Quentin Tarantino.
Anche il mite San Francesco, uomo di pace, che parlava agli uccelli e ai lupi e sperava di farsi ascoltare da chi praticava solo guerra e violenza, si รจ avventurato su questa strada. Le storie sono tante e cominceremo a svelarle piano piano, scoprendo assieme, tratto per tratto, la nostra nuova strada dal nome antico la Via Amerina.
ยซSono un perugino di Ponte San Giovanni, nato e cresciuto lungo il Tevere. Questo fiume ha rappresentato โ e rappresenta โ molto per meยป.
Il mio telefono squilla.
ยซBuongiorno, sono Serse Cosmi. Possiamo fare lโintervista ora, che piรน tardi sono impegnato?ยป.
ยซVa bene, mi dia cinque minutiยป.
Ammetto che ancora non avevo acceso il computer ed ero mezza assonnata, ma mi sono subito svegliata. Rare volte qualcuno mi ha chiamato per anticipare unโintervista e non per annullarla: non Serse Cormi, lui รจ uno di parola!
Non glielโho confessato (ora lo leggerร qui), ma ero sugli spalti dello stadio Curi quando allenava il Perugia. Chiacchierare con lui รจ stato divertente, cโรจ scappata piรน di una risata. Nonostante abbia girato lโItalia per allenare tante squadre – dalla Pontevecchio allโArezzo, dal Perugia al Genoa, fino allโUdinese, Brescia, Livorno, Palermo, per citarne alcune, resta un perugino D.O.C. anzi come tiene a specificare lui: ยซun perugino di Ponte San Giovanniยป.
Mister qual รจ il suo legame con lโUmbria?
Gli umbri sono legati in maniera viscerale alla loro terra e alle loro radici: io, facendo una professione che mi porta in giro per lโItalia, sento molto questo legame. Quando sei fuori apprezzi ancora di piรน dove sei nato e la tua terra. Per me รจ, e rimane, un legame fortissimo.ย ย
Si considera ancora lโUomo del fiume, uomo di Ponte San Giovanni?
Assolutamente sรฌ. Io sono un perugino di Ponte San Giovanni (n.d.r. frazione di Perugia) e in questo cโรจ differenza: quando ero piccolo cโerano i perugini del centro e quelli dei ponti. Io rivendico a gran voce di essere di Ponte San Giovanni e di essere nato vicino al Tevere, un fiume al quale sono legato fin dallโinfanzia.
Il Tevere cosa ha rappresentato per lei?
La mia generazione รจ forse lโultima che ha fatto il bagno nel Tevere: ho imparato a nuotare nelle sue acque, giocavo lรฌ e ovviamente andavo a ballare al Lido Tevere. Ho passato la mia infanzia vicino al fiume, crescere vedendolo scorrere รจ qualcosa che ti porti dentro per sempre. ย ย ย ย
Oggi cโรจ unโondata di allenatori che non ha fatto una vera gavetta, partendo da squadre di categoria minore come ha fatto lei: cosa ne pensa, รจ un cambiamento del nostro tempo o la fretta di mettere un “nome” in panchina?
ร un poโ tutte e due. Chi รจ stato un grande calciatore ha giร avuto in quel mestiere dei grandi privilegi, ma non reputo giusto che, nel momento in cui si cimenta in un altro mestiere – cioรจ quello di allenatore – non debba fare la stessa gavetta che ha fatto per arrivare ai massimi livelli di calciatore. Mi spiego meglio: chi ha giocato con la Juve, lโInter o il Milan ha fatto un suo percorso, partendo dalle serie minori per arrivare a vestire quella maglia. Stessa cosa dovrebbe valere per un allenatore, considerando che si tratta di un altro mestiere. Se poi lโallenatore viene visto come il prolungamento della carriera di calciatore, allora sto zitto! Ovviamente un grande calciatore puรฒ diventare anche un grande allenatoreโฆ
Perรฒ non รจ scontato nemmeno il contrario: che un grande calciatore per forza diventi un grande allenatoreโฆ
Sรฌ, infatti. Io ricordo sempre una frase di Arrigo Sacchi: ยซNon รจ che per essere un buon fantino devi essere stato un cavalloยป. ย ย ย ย
Gaucci, Zamparini, Preziosiโฆ ha incontrato dei veri mastini: in questi anni pensa che sia cambiato il rapporto tra allenatori e presidenti? ย ย
I tempi sono decisamente cambiati. I presidenti ora sono piรน dei manager, lโaspetto passionale รจ diminuito – fermo restando che il loro ruolo manageriale cโรจ sempre stato. Col tempo nel calcio sono cambiate tante figure, di conseguenza รจ cambiata anche quella dei presidenti, che oggi si occupano di aspetti molto diversi rispetto a 20-30 anni fa. Si confrontano apertamente con gli allenatori e parlano con loro di calcio come se facessero lo stesso mestiere, ma la cosa non รจ intercambiabile. Gaucci, ad esempio, รจ stato uno dei presidenti meno invadenti con cui ho lavorato. Lui era piรน un tifoso e le sue reazioni erano di conseguenza da tifoso, perรฒ non ho mai avuto la sensazione che mi spingesse โ anche in modo velato โ a far giocare un calciatore al posto di un altro. Se รจ successo, รจ stato talmente abile che non me ne sono mai accorto! (ride).
Cโรจ un calciatore al quale รจ particolarmente legato?
Ce ne sono tanti, ma sono rimasto piรน legato con quelli di inizio carriera con i quali ho condiviso tanti avvenimenti umani e sportivi. Penso ai ragazzi della Pontevecchio, dellโArezzo e dei primi anni del Perugia. Poi ho conosciuto anche altri calciatori che spesso sento, ma il rapporto piรน diretto lโho mantenuto con quelli con i quali ho iniziato.ย
Chi avrebbe voluto allenare e non lo ha mai fatto?
Francesco Totti. ร un giocatore che mi ha sempre incuriosito.
Ha nostalgia del Perugia? Ha mai pensato di tornare ad allenarlo o รจ unโepoca che si รจ conclusa?
Nostalgia no. Si รจ nostalgici di un qualcosa che non si potrร mai piรน verificare. Finchรฉ farรฒ questo mestiere ci potrebbe essere sempre unโopportunitร per ritornare sulla panchina del Perugia, fatto sta che – in 30 anni che alleno – non sono mai ritornato in una societร dove sono giร stato. Questo รจ un dato indicativo.
Magari per il Perugia lo farebbeโฆ
Diciamo che รจ una delle poche squadre per cui lo farei.
Cโรจ un episodio della sua carriera che ricorda con piรน affetto?
La telefonata di Luciano Gaucci nello spogliatoio dopo la vittoria a San Siro contro il Milan: era prima di Natale e prima del suo compleanno. Quellโepisodio per me rimarrร indelebile perchรฉ ho avuto la percezione di quanto tenesse alla squadra, ai giocatori e di quando fosse coinvolto umanamente. In quel momento non era un presidente, ma un tifoso che aveva capito che la propria squadra aveva fatto unโimpresa eccezionale: era la prima volta nella sua storia che il Perugia vinceva a San Siro. ย ย
Se non avesse fatto lโallenatore quale mestiere avrebbe fatto, il dj?
In realtร sono un dj che per hobby fa lโallenatore! (scherza). Sono un insegnate di attivitร motoria, ho avuto per 10 anni una palestra quindi credo che sarei rimasto nellโambito sportivo. Anche se, a 60 anni, a volte penso di reinventarmi e fare un altro mestiere. Per me la musica รจ un hobby ed รจ rimasto tale, il calcio รจ iniziato come hobby, ma poi รจ diventato un lavoro.
Ci racconti qualcosa di lei che i suoi tifosi non sannoโฆ
Quando ho vinto il campionato con la Pontevecchio e siamo andati in serie D, siccome mio padre era stato un fondatore della societร e la squadra non era mai arrivata in quella categoria, ho girato con la macchina per tutta la notte, pensando alla mia infanzia e a tante altre cose. ร stata la cosa piรน coinvolgente da quando alleno.ย ย
E un suo segreto non legato al calcio?
Mi piacerebbe lavorare a teatro, conoscere persone e scoprire tutto di questo mondo. ร un mondo che mi affascina molto.ย ย
Fa dei gesti scaramantici?
Quando allenavo i dilettanti cambiavo per ogni partita lโindumento intimo, non mettevo mai lo stesso. Oppure dopo aver vinto una partita facevo sempre lo stesso percorso, ma col tempo le scaramanzie sono molto diminuite.
Ha un aneddoto legato al Perugia, quando era solo un tifoso?
Col Perugia club di Ponte San Giovanni andai a vedere lo spareggio a Foggia: a metร strada eravamo giร mezzi morti, tra birre e bevute varie. Per fortuna le tante ore di pullman ci hanno fatto recuperare e siamo arrivati allo stadio in modo dignitoso.ย ย
Come vede le scuole calcio umbre, come andrebbero potenziate?
Quando smetterรฒ di fare lโallenatore, il mio sogno รจ quello di creare o far qualcosa nel settore giovanile del calcio. Sicuramente non si chiamerร scuola calcio, ma settore giovanile. Secondo me, uno dei mali peggiori in questo ambiente รจ quello di aver abbinato la parola scuola a calcio: la parola scuola ha un valore ed รจ un luogo in cui ci sono insegnati che formano i ragazzi, nelle scuole calcio invece il vero problema sono proprio coloro che insegnano perchรฉ presentano il calcio in modo distorto o comunque nel modo in cui non lo vedo io. Per questo il mio sogno รจ creare un settore giovanile dove non si paghi, dove emerga il talento e dove il calcio possa essere un vero valore sociale. Un luogo aperto a tutti, dove si premia il talento, ma anche dove tutti posso giocare.
Come descriverebbe lโUmbria in tre parole?
Aspra – nellโatteggiamento delle persone – autentica, lontana.
La prima cosa che le viene in mente pensando a questa regioneโฆ