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La Route 27 di John Murray III non è quell’autostrada nord-sud degli Stati Uniti che collega il capolinea meridionale Miami, in Florida, con il capolinea nord Fort Wayne, nell’Indiana. È tutto un altro percorso. Guardiamo di cosa si tratta, tornando un po’ indietro nel tempo.

Chi erano i Murray?  Una grande dinastia di editori!

Nel 1768 John Mc Murray arrivò a Londra dalla desolata landa di Scozia in cerca di fortuna. Rinunciò presto al prefisso Mc e mise su, con non poche difficoltà, un’attività di vendita di libri. Iniziò così semplicemente e forse anche per caso la sua vita di letterato vendendo e successivamente pubblicando libri. L’attività cominciò ben presto a ingranare quando fu colpito da un grave lutto familiare; sua moglie morì. Non si perse d’animo e si risposò presto con la sorella di sua moglie che gli dette un figlio, anche lui di nome John. Alla morte di Murray I, avvenuta nel 1793, l’azienda fu affidata e gestita da amministratori fiduciari per circa 10 anni, quando il figlio John Murray II divenne l’unico responsabile. Mentre suo padre era conosciuto per esagerare con l’alcol, fare baldoria e per essere un bon viveur, John Murray II si rivelò un uomo d’affari tutto d’un pezzo e lontano dal perdere tempo in frivole faccende. Divenne ben presto l’editore di Lord Byron e di Sir Walter Scott.
Alla morte di John Murray II, l’attività fu rilevata dal figlio, anche lui di nome John, che dunque sarà John Murray III. Uno dei più grandi successi di John Murray III fu la pubblicazione del libro L’origine delle specie e delle varietà attraverso la selezione naturale di Charles Darwin. La dinastia è continuata con i vari John Murray fino ad arrivare a John Murray VII, negli anni ’90 del 1900. Nel 2002 il tutto è stato venduto al gruppo Hodder Headline Ltd. Finalmente i membri della famiglia Murray sono liberi di scegliere il nome del prossimo bebé. Di John ce ne sono stati fin troppi!

John Murray III

Cenni biografici di John Murray III

John Murray III nacque il 16 aprile del 1808. Studiò alla Charterhouse School a Godalming, circa 60 km a sud-ovest di Londra, e si laureò all’Università di Edimburgo nel 1827.
Pubblicò traduzioni in inglese di Goethe e più tardi nella sua carriera tutte le opere di Charles Darwin e di Hermann Melville come il romanzo Moby Dick, considerato uno dei capolavori della letteratura americana. Nel 1847 sposò Marion, figlia del famoso banchiere Alexander Smith. Morì all’età di 84 anni il 2 aprile del 1892 e fu sepolto nella chiesa parrocchiale di Wimbledon. Lasciò quattro figli, due maschi e due femmine.

Murray’s Handbook for Travelers

John Murray III è rimasto famoso anche per la pubblicazione dei suoi Handbooks for Travelers. Altro non erano che guide di viaggio pubblicate a partire dal 1836. La serie comprendeva destinazioni turistiche in Europa e in parti dell’Asia e dell’Africa settentrionale. La sua prima guida di viaggio fu un Manuale per i viaggiatori in Olanda, Belgio e Reno. Nel 1900 la sua azienda aveva prodotto più di 400 guide turistiche. Possiamo senza ombra di dubbio affermare che le guide turistiche di Murray III del diciannovesimo secolo sono forse le più dotte e sapienti nel loro genere.

La Route 27

A Handbook for Travelers in Central Italy, di Octavian Blewitt, fu pubblicato a Londra in Albemarle Street da John Murray III nel 1850.
Nella parte introduttiva di questo volume viene specificato che la versione inglese è reperibile, oltre che in altre città, anche presso la tipografia Vincenzo Bartelli di Perugia.
Nella prefazione viene sottolineato come gli Stati dell’Italia Centrale e Meridionale sono forse di più grande interesse che di altri parti d’Europa. Viene inoltre specificato che l’opera è frutto di due viaggi per desiderio di dare giustizia al Paese e al popolo studiando le loro caratteristiche direttamente sul posto e acquisendo una personale conoscenza dei distretti più remoti ma altrettanto ricchi di storia e d’arte.
A un certo punto di questa guida di viaggio viene descritta la Route 27: Florence to Rome by Arezzo e Perugia.

Inizio la mia lettura da Foligno che così subito viene descritta: «Before arriving at Foligno, the Topino, upon which it is built, is crossed». Vengono subito indicate delle locande (Inns) dove mangiare e pernottare: Tre Mori, Grande Albergo e La Posta.
Foligno è descritta come «una attiva e industriosa città vescovile di 8.000 abitanti, gode di un’alta reputazione in tutti gli Stati limitrofi per il suo bestiame. La Chiesa di San Niccolò preserva un bellissimo altare di Niccolò Alunno, nativo di questa città. Il Corso, chiamato Canopia, permette al cittadino una piacevole passeggiata lungo l’antica cinta muraria».
«A poche miglia a ovest di Foligno, al bivio del Topino con il Timia, c’é Bevagna che conserva ancora le tracce del suo antico nome Mevania. Celebrata dai poeti latini per la ricchezza dei suoi pascoli e ancora famosa per la pregiata razza di bovini bianchi. Strabone (geografo e storico greco) cita Mevania come una delle città più considerevoli dell’Umbria. Plinio (storico) afferma inoltre che se le sue mura fossero di mattoni non potrebbero essere capaci di tanta resistenza». Questa città è inoltre memorabile come luogo di nascita di Properzio (poeta romano). «Sulla collina sopra Bevagna, distante 6 miglia, c’è il piccolo paese di Montefalco notevole per due dipinti di Benozzo Gozzoli, nelle chiese di San Fortunato e di San Francesco».
La descrizione dei luoghi continua con: «On leaving Foligno for Rome, imbocchiamo la via Flaminia e superato sant’Eraclio si valica il confine che separa le delegazioni di Perugia con quelle di Spoleto. La strada entra presto nella bella valle del Clitunno». Il percorso continua poi fino a raggiungere Roma.

Conclusioni

Oggi siamo abituati a fare le nostre escursioni spesso utilizzando Google Maps e tutto quello che ci viene offerto da internet: luoghi d’interesse, orari dei musei, dove mangiare e dormire con tanto di recensioni e poi ancora le 10 cose da vedere in un giorno, sagre gastronomiche e feste popolari. Sempre attaccati al nostro smartphone come se fosse un’estensione del nostro corpo. Un’idea interessante potrebbe essere quella di procurarsi l’Handbook for Travelers in Central Italy e seguire il percorso e i suggerimenti che ci vengono offerti. Una nuova esperienza di viaggio che di sicuro ci stimolerà la voglia di conoscere, la curiosità e il senso di avventura.

Un’impresa epica ed eroica quella del fraticello francescano Giovanni da Pian del Carpine – l’attuale Magione – che nel XIII secolo, aprì all’Occidente la conoscenza e la strada per il lontano Oriente.

Dal suo viaggio, iniziato nel 1245 verso i potenti Mongoli e il loro Gran Khan, il frate ritornò due anni e mezzo più tardi, con una serie di informazioni culturali, storiche, geografiche, etnografiche, militari e sugli usi e i costumi di quel popolo, talmente dettagliate e precise che, dopo 800 anni circa da quel viaggio, gli studiosi attingono ancora oggi alla sua Historia Mongalorum per ricerche e fonti. L’Historia Mongalorum di Fra’ Giovanni – comandato dal Papa Innocenzo IV e recatosi in Oriente per svolgere una missione dettata da motivi religiosi e diplomatici – è il più antico documento che ci è pervenuto sulle terre e sui popoli dell’Asia Centrale.

Opera di Gerardo Dottori: Giovanni da Pian di Carpine col Gran Khan

La storia di Fra’ Giovanni

Andiamo per gradi. Giovanni nasce da una famiglia umile a Pian del Carpine – detta così per i tipici alberi di cui la vallata magionese era ricca – e si rivela fin da giovane un ragazzo di grande intelligenza e propensione culturale. Fu tra i primi e fedeli seguaci di San Francesco, stimato dal mondo ecclesiastico e popolare. In quei tempi, i Mongoli stavano invadendo e terrorizzando molte popolazioni, spingendosi fino alla vicina Dalmazia con le loro scorribande e conquiste.
Il Papa, Innocenzo IV, non voleva un altro popolo avverso alla Fede, visto che già i Musulmani gli davano non poche preoccupazioni. A tale scopo inviò Fra’ Giovanni come suo ambasciatore presso il Gran Khan dei Mongoli, per portargli la missiva intimidatoria di non avanzare ulteriormente e di convertirsi alla Cristianità.
Il fraticello, già in età avanzata e di buona stazza, partì alla volta di Karakorum, la capitale mongola, insieme ad altri due frati; non senza grandi difficoltà e resistenze, attraversò – con cavalli o cammelli o muli – la Polonia,la Boemia e la Russia, per poi arrivare nei domini mongoli, tra i quali Persia e Cina. Giunto alla corte mongola, dopo lunghe attese, ricevette, dal neo eletto Gran Khan Guyuk, risposte dure e minacciose da riportare al Papa.
La lunga ed estenuante missione fu inutile per gli scopi diplomatici per cui era stata concepita, ma fu molto proficua per la realizzazione dell’Historia Mongalorum, ricca di notizie e suggerimenti sul popolo mongolo e sulle genti incontrate.
Fra’ Giovanni da Pian del Carpine è stato l’eroico apripista del viaggio che Marco Polo che avrebbe intrapreso diversi anni dopo di lui, per motivi economici. Le impressioni descritte dal commerciante veneziano si possono leggere su Il Milione. Varrebbe la pena di leggere anche la Historia Mongalorum, scritta dall’intrepido fraticello… perché, come ha detto L. Scudiero: «Non dare mai nulla per scontato. Tutto può cambiare, tutto può finire e tutto può iniziare».

«Pedalare come un criceto attorno a casa non fa per me, così a giugno del 2019 ho iniziato ad allenarmi per partire a gennaio del 2020».

Lorenzo Barone a Pokrovsk

Abbiamo scoperto le imprese di Lorenzo Barone, ventitreenne di San Gemini, tramite i suoi canali social – Facebook e Instagram – e lo abbiamo contattato. Non credevo che avrebbe risposto, dopotutto è a Pokrovsk, nella Russia nord-orientale, non proprio dietro l’angolo. E invece, dopo uno scambio di messaggi, ho avuto la possibilità di fargli qualche domanda. Conoscere la sua impresa mi stuzzicava parecchio!
Lorenzo è un biker estremo – così potremmo definirlo – che in sella alla sua bici non si ferma davanti a nulla. Ha visitato 37 paesi nel mondo, percorrendo 57.000 chilometri: Corea, Giappone, Marocco, India, Lapponia, Kirghizistan e Tagikistan, per citarne alcuni. Ora si trova immerso nel ghiaccio e nel freddo più estremo della Siberia, a pochi chilometri da Yakutsk, la città più fredda del mondo, dove in inverno si raggiungono i -50°C.
È partito proprio un anno fa da Magadan e, con il suo inseparabile mezzo di trasporto bello carico (65 kg di peso), ha percorso 5.000 km in tre mesi, dormendo in tenda e cucinando con un fornello da campo. L’obiettivo era  quello di percorrere la Siberia in bicicletta, poi però la pandemia lo ha bloccato lì.
«Dopo quasi un anno qui il mio punto di vista riguardo al freddo è cambiato radicalmente. Nelle ultime settimane la temperatura media a Pokrovsk, nel villaggio dove vivo, è stata di -50° C e la temperatura minima di -57.5° C; quando è salita a -39° C mi è sembrato relativamente caldo». Questa avventura gli ha regalato anche l’amore, e venerdì scorso si è sposato con Aygul, una ragazza siberiana. «Ho pedalato per il mondo in lungo e in largo con la mia bici e mai avrei pensato di incontrare l’amore proprio qui, in uno dei luoghi più freddi del mondo».

Lorenzo, in questo momento di preciso dove sei?
Mi trovo a Pokrovsk – nella Russia nord-orientale – un villaggio/cittadina di circa 10.000 abitanti sulla costa del fiume Lena, a 70 km dalla città più fredda del mondo, Yakutsk.

Quanti gradi?
Al momento ci sono -45° C ed è una giornata calda, dato che da più di un mese la temperatura non saliva sopra i -40° C ed è stata spesso sotto i -50°C, con una minima di -59° C tre giorni fa (di notte ha sicuramente raggiunto i -60° C). Sembra essere l’inverno più freddo degli ultimi 10 anni.

Nel 2019 hai attraversato il deserto del Sahara ora sei immerso nel ghiaccio: è una notevole escursione termica…
Avevo da un po’ l’idea di voler superare i 100° C di escursione termica viaggiando in bici e così ho conosciuto i due estremi, dai -56° C dello scorso inverno dormendo in tenda ai +50° C, trasportando 24 litri di acqua nello zaino e cercando di arrivare in tempo ai pozzi perché bevevo 12 litri al giorno.

È più difficile sopportare il caldo estremo o il freddo estremo?
Il freddo estremo (dai -40° C in giù) è pericoloso perché anestetizza la carne in poco tempo e, se non si sta attenti, si rischia di venire amputati. Però io, con il giusto equipaggiamento, lo preferisco al caldo, anche se è molto molto più difficile, soprattutto accamparsi, montare la tenda cucinare e tutto il resto. Tutto diventa rigido come il cemento, dal cibo ai materiali.

 

Lorenzo a Yakutsk

Come ci si prepara fisicamente e psicologicamente a una sfida del genere?
Bisogna sicuramente avere esperienze con le basse temperature: io prima di venire qui avevo già passato cinque mesi al freddo, nei quali avevo percorso 7.000 km tra Lapponia ed est Europa, più Kirghizistan e Tagikistan, pedalando sul Pamir in inverno.

Dove ti sei allenato?
Pedalare come un criceto attorno a casa non fa per me, così a giugno del 2019 ho iniziato ad allenarmi per partire a gennaio del 2020. Il tutto dopo essermi ripreso da un tuffo in cui mi ero rotto una vertebra cervicale, che mi aveva tenuto fermo per 8 mesi.
Ho pedalato prima 2.700 km in Marocco, poi mi è stato offerto un biglietto per la Corea quattro giorni dopo il mio ritorno in nave dal Marocco: lì ho fatto 3.100 km tra Corea e Giappone, poi a fine agosto sono volato in India risparmiando i soldi per tornare in Italia – dato che era alta stagione – e mi sono fatto 4.000 km in India e Himalaya, tornando poi a casa a fine ottobre con un volo molto più economico.

Parlaci del progetto che hai per l’inizio di febbraio.
Voglio tentare la strada più a nord del mondo. Partendo da qui sono 2.770 km da Pokrovsk fino a Yuryung Khaya: è un percorso solo invernale, dato che in parte viene usato un fiume ghiacciato come strada.

Qual è stato il momento più difficile di questa impresa?
Lo scorso inverno il momento più difficile è stato quando iniziava a congelarmisi il naso, diventando bianco e perdendo sensibilità. Era la mia paura più grande: ma questo inverno ho risolto costruendomi da solo, con la macchina da cucire, delle maschere, già testate a -51°C.

 

E in altri viaggi c’è stata una situazione veramente difficile?
Ogni avventura ha situazioni impegnative. Per esempio, quando pedalavo in Himalaya oltre i 5.000 metri, all’inizio ero uno straccio, vomitavo e avevo un mal di testa fortissimo con sangue dal naso. Ma continuavo a pedalare per raggiungere un villaggio, perché altrimenti avrei finito il cibo… Ho avuto senza dubbio altre situazioni impegnative anche negli altri viaggi.

Come riesci a curare i tuoi canali social e, al tempo stesso, continuare l’avventura?
Prima di questo viaggio usavo davvero poco i social e viaggiavo soltanto; ora mi ci sto dedicando e, quando viaggio, un mio amico ha le credenziali per accedere al mio account e pubblica le foto e i video che gli mando in anticipo.

 

Lorenzo e Aygul

Ora è arrivato anche l’amore e la scorsa settimana ti sei sposato: quand’è che la porterai in Umbria?
Spero di tornare in Umbria prima dell’estate, ma bisogna vedere la situazione alle frontiere come sarà.

La prima cosa che le farai fare qui in Umbria?
La prima cosa credo sarà andare a trovare i miei amici che non vedo da oltre un anno; poi magari andremo a fare una bella passeggiata sul Terminillo o sul Gran Sasso ma, chissà, magari anche qualche bel giro in kayak a al lago di Piediluco o in qualche fiume.

Manda un saluto alla tua Umbria…
Un saluto all’Umbria! Spero di vedervi tutti presto!

 


Qui trovate i suoi canali social per seguirlo e sostenerlo: Facebook, Instagram

In vista del venticinquesimo anno di gemellaggio con la città posta sulla costa occidentale degli Stati Uniti, AboutUmbria incontra Michele Fioroni, Assessore del Comune di Perugia al marketing territoriale, arredo urbano, sviluppo economico e progettazione europea, pronto a fare rotta proprio verso Seattle. 

Assessore Michele Fioroni

L’Assessore Michele Fioroni

 

Una qualifica che parla da sé quella dell’Assessore, e che gli permette di fare alcune brillanti osservazioni sulla promozione di un luogo come l’Umbria. Parlare di territorio e bellezze da scoprire ci viene naturale, soprattutto nel momento in cui il pretesto è un progetto editoriale bilingue che aspira a far conoscere anche all’estero l’immagine non stereotipata di una regione come la nostra.

L’Assessore concorda con noi nell’identificare come chiave di volta dell’intera operazione una comunicazione di qualità. Stiamo parlando non solo della bellezza estetica del prodotto, data dalla finezza della carta e dal progetto grafico e fotografico, ma anche del valore dei contenuti, conferito principalmente dalla fondatezza delle informazioni riportate e dall’originalità adottata nel presentarle.
Secondo Ferroni, «sebbene AboutUmbria abbia un supporto tradizionale, è un prodotto editoriale qualitativamente alto che mancava. La vera sfida – prosegue l’Assessore – sta nel replicare la stessa qualità anche su altri canali, come l’online, che è diretto a un pubblico più vasto e che richiede un minore investimento.» Un mezzo del tutto complementare quindi, che non richiede la mera presenza, ma un’elevata visibilità. E questo noi di AboutUmbria lo sappiamo bene, perché la nostra offerta comunicativa si completa con il nostro magazine online, bilingue anch’esso, costantemente aggiornato e sincronizzato con i maggiori social network. È chiaro ormai che è la rete a decretare la fama o la gogna di determinate mete turistiche. L’Assessore ci fa l’esempio di Cracovia, che fino a qualche anno fa non era particolarmente gettonata, ma poi, grazie alle compagnie low cost e ai social media, è diventata improvvisamente desiderabile.

 

 

Bisogna far sì, dunque, che la rete consacri l’Umbria come meta altamente desiderabile, e per farlo serve un buon piano di comunicazione, supportato – laddove possibile – da una presenza in loco.
E quale migliore occasione di un gemellaggio? L’Assessore Fioroni sostiene che bisognerebbe sfruttare tali momenti di incontro per dare notorietà al nome Umbria, puntando anche sulla meraviglia visiva che tale Regione è capace di offrire. Perugia, in particolar modo, vedrebbe aumentare il prestigio del proprio nome, soprattutto perché beneficerebbe delle somiglianze che la legano alla lontana Seattle. Entrambe infatti hanno una lunga tradizione musicale –l’una col jazz, l’altra con il grunge – e il capoluogo umbro, grazie alla fibra ottica, aspira a diventare ultratecnologico, avvicinandosi sempre di più alla gemella statunitense.

AboutUmbria, volando oltreoceano, intende dare il supporto comunicativo che tale operazione necessita. Non possiamo quindi che augurare all’Assessore un buon viaggio, sperando che l’Umbria incanti Seattle come ha incantato noi.

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Se esiste un modo di viaggiare etico e in piena armonia con i luoghi è sicuramente in mongolfiera. Peter Kollar è un pilota ungherese che ha vissuto per lungo tempo in Nuova Zelanda e da quattro anni si è trasferito con la sua attività tra le dolci colline tra Bevagna ed Assisi. Si prende cura dei suoi passeggeri facendo viveve loro un’esperienza unica e totalizzante. Tutto inizia una mattina alle sei, con il bel tempo e i venti moderati. Dalla Cantina Dionigi parte un minibus che conduce alla pista poco distante. L’equipaggio si prepara per l’operazione di gonfiaggio con i ventilatori industriali che producono il vento: si assiste così alla rinascita dell’enorme sfera arancione, che sembra svegliarsi insieme al sole.

Il lento fluire del tempo

Alta, gonfia e carica di persone è pronta per il decollo. Si accendono i bruciatori e lentamente s’innalza. In quel momento ci si accorge della magia che pervade ogni cosa: tutto intorno è silenzio, è lentezza. La natura penetra e ingloba l’enorme mongolfiera, le indica la rotta dirigendosi a volte verso Assisi, a volte si scorge il lago Trasimeno, con un cambio repentino di paesaggi e di colori. Sospesi, si sorvolano le ampie distese di grano e poi i gialli girasoli, gli oliveti e i filari d’uva. Un viaggio panoramico che, come in un flashback, riporta alle origini. In quell’ora padroneggia il silenzio, mentre gli sguardi voraci raccolgono tutto ciò che avviene giù sotto cercando di interpretare ogni dettaglio. È tutto talmente lento che si dimentica il tempo che passa e, mentre si scende sul primo campo non coltivato individuato dal pilota, ti ritrovi protagonista di quel paesaggio.

Una tavola imbandita

Arrivati a terra c’è la navetta ad aspettare e si raggiunge la cantina da dove si è partiti. L’esperienza continua, non si ferma qui.
Ad attendere, in cantina, una tavola colma di profumi e sapori prelibati provenienti dai prodotti tipici di queste zone e accompagnati da dell’ottimo vino prodotto proprio qui. Ancora negli occhi i paesaggi sorvolati che si riscopre, in quei sapori, tutta la terra appena attraversata. In alcuni casi, soprattutto negli eventi più esclusivi, la colazione viene allestita all’aperto, nella vicina chiesetta della Madonna Pia con tovaglie tessute dagli artigiani di Montefalco e le ceramiche di Deruta decorate a mano. La stagione da maggio a settembre ha una gamma di colori così ricca che ogni viaggio è diverso, la natura regala emozioni ed il viaggiatore si sente parte integrante del paesaggio, fuori dal contemporaneo: quasi come far parte di un antico dipinto.

 

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