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ยซTutti i dialetti sono metafore e tutte le metafore sono poesiaยป. (Gilbert Keith Chesterton)

Cittร  della Pieve รจ una cittร  di confine. Per questo il suo dialetto risente delle influenze delle terre vicine: dalla Toscana orientale al nord del Lazio, fino a contaminazioni ternane e perugine. Insomma, un mix di linguaggi che si fondono per dare vita alla parlata pievese. Con lโ€™ultima tappa (forse!) di Dialettiamoci andiamo alla scoperta della lingua di Cittร  della Pieve e a guidarci รจ Ario Acquarelli, pievese doc e curioso appassionato dellโ€™argomento.

Ario Acquarelli

ยซOramai il dialetto si sta perdendo, รจ legato prevalentemente a una cultura contadina e a una popolazione anziana o che non cโ€™รจ piรน. I giovani lo parlano poco, molti termini sono scomparsi e spesso loro nemmeno li conosconoยป spiega il signor Acquarelli.
Se girando per la cittadina umbra vi diranno: ยซChe te pijร sse โ€˜n colpoโ€ฆ quanto tempo che โ€˜n te vedoยป o ยซChe te pijร sse โ€˜na paralisi!ยป, tranquilli lโ€™insulto รจ a scopo amichevole, perchรฉ qui si salutano โ€“ come in altre zone dellโ€™Umbria โ€“ mandandosi non proprio degli auguri. Te pijasse sonno invece รจ una frase bonaria di rimprovero.
I rimproveri appunto e le male parole sono tradizionali nel vernacolo e quindi se sei un perditempo ti diranno: โ€˜nte sudร  oppure aspetta maggio che giugno vene o se’ lungo come la messa cantata.
I babbani per i pievesi sono gli abitanti della vicina Toscana, mentre un cacanizzolo รจ una persona piccola di statura e fastidiosa, invece quando รจ solo fastidiosa รจ gnรฒrgna. Se cerchi di barare ma non ci riesci sei uno che: sapรฉlla giusta ma โ€˜n sapรฉlla raccontร .
A Cittร  della Pieve sono curiosi come le cecche (gazza ladra) e gli impiccioni formano una chiucchiurlร ia (gruppo di persone che sparla) che spesso tra trippole e trappole (tra una cosa e unโ€™altra) te rimagnร no coโ€™ panni addosso (ti rimproverano), soprattutto se fe nisdรจa (fai un disastro), ma occhio a non aver il can guasto (sei arrabbiato), anche se cโ€™รจ un baldresco (gruppo di persone che fa confusione). Inoltre mi raccomando stร  โ€˜al balzello (stare a controllare, aspettare al varco).

 

Palazzo Bandini

 

Purtroppo, come ci spiega Ario Acquarelli, i frรจgni (ragazzi: frรจgno โ€“ ragazzo, frรจgna โ€“ ragazza. Il fregnรฒne invece รจ un burlone) non conoscono molti termini che si usavano anticamente: ยซNon diranno mai abbiricchiร  (attorcigliare. Come facevano le donne quando attorcigliavano i panni per strizzarli), addรฒpio (sonnolenza โ€“ doppo aveโ€™ magnato me pija sempre lโ€™addรฒpio) oppure mโ€™ha preso il pujร no (preso sonno) cosรฌ come mโ€™ha preso โ€˜na starna o mโ€™ha preso โ€˜na stoppa (mi sono ubriacato). Meno ancora lippe lappe (quando cโ€™รจ qualcosa che fa gola, che piace)ยป.
Se corri forte a Cittร  della Pieve fai le lute (le scintille del camino), quando balugina vuol dire che sta per arrivare un temporale, mentre acciuetร  si traduce con acchiappare; puoi essere arronchettato (piegato) o appindolone (appeso), ma attenti a non sguillร  (scivolare).
E poiโ€ฆ quando le cose vanno veramente male: Piovessero gli incudini co le falce fienaie a vento.

 


Le puntate precedenti

Perugino
Eugubino
Castellano
Folignate
Spoletino
Ternano
Orvietano

ยซMolta parte dellโ€™anima nostra รจ dialettoโ€ฆยป. (Benedetto Croce)

Con la nuova puntata di dialettiamoci siamo arrivati a Terni. Guarda che a Terni famo lโ€™acciaio, mica li cioccolatini: vengono subito messe le cose in chiaro, dopotutto il ternano รจ un dialetto verace, schietto e tosto come lโ€™acciaio.

Eleonora

A Terni mandarsi colpi e accidenti โ€“ in modo benevolo, anche come saluto – รจ una legge non scritta. Vengono inseriti in modo del tutto naturale, come un intercalare, nelle conversazioni quotidiane, da tutte le generazioni. Nessuno รจ immune.
Che pozzi fa lโ€™urdima! (potessi fare lโ€™ultima cosa o lโ€™ultimo respiro). Ecco, prima di fare lโ€™ultima, ho fatto una chiacchierata molto divertente con Eleonora e Carlo, appassionati di veracitร  ternana, che per gioco hanno realizzato adesivi e magliette con scritte dialettali: ยซNzenzati (insensati) รจ il nostro nome e per gioco abbiamo stampato questi gadget che hanno avuto un discreto successo in cittร . I ternani infatti tengono molto al dialetto e a tutto il territorio che si trova dentro la conca della provincia: vorrebbero annettere Spoleto – che per parlata sentono molto vicino – e cedere Orvieto a Perugia (scherza!). Il ternano puro viene parlato in cittร  e nella campagna circostante, ma basta spostarsi di pochi chilometri e cambia. Ad esempio, gli schiaffi da noi si chiamano sbarbazzoni, mentre in alcuni paesi limitrofi diventano le frappe. Per noi le frappe sono i dolci di Carnevaleยป.

 

chiese di terni

Basilica di San Valentino

Tra un colpo e insulto

La vera peculiaritร  di questo dialetto รจ insultarsi o mandarsi gli accidenti: ne esiste una gamma cosรฌ vasta che sarebbe difficile ricordarseli e scriverli tutti. Con Eleonora abbiamo provato a fare una carrellata dei piรน usati e piรน divertenti (ci scusiamo in anticipo perchรฉ qualcuno ci sarร  sicuramente sfuggito!). ยซI colpi e gli insulti sono unโ€™antica tradizione a Terni, vengono detti anche in modo benevolo. Le U molto presenti; la D al posto delle T, le R, la Z che sostituisce la S: tutto questo rende la pronuncia molto rude e aumenta lโ€™aggressivitร  dellโ€™insulto, risultando tutto piรน veraceยป spiega Eleonora.
Ed ecco quindi gli immancabili nel vocabolario del ternano D.O.C.: Che te pozzano guardร  e piagne, Che pozzi fa lโ€™urdima (Che potessi fare lโ€™ultima cosa o lโ€™ultimo respiro), Agguastate quantu si bruttu (Guarda quanto sei brutto), Che te pozza pijร  ‘n gorbu a tracolla cuscรฌ non te lu perdi, รˆ arrivatu penzace (รˆ arrivato quello che capisce tutto), Quanno pozzo mโ€™appallozzo, spessu pozzo (Quando posso mi rilasso, spesso posso), Cazzuvoli?, Ma che dormi da piedi? (Si dice quando una persona non รจ molto sveglia), Te svago li denti (Ti butto giรน i denti con un cazzotto), Che pozzi fa la fiamma e te smorzano co la naffetta, (Che tu possa prendere fuoco e che ti vengano a spegnere con la nafta), Pozzi arnasce millepiedi co tutte lโ€™ogne โ€˜ncarnite, (Che tu possa rinascere millepiedi con tutte le unghie incarnite), Che te pozza pija ncorbu e โ€˜na sassataโ€ฆ cuscรฌ se non te pija lu corbu, te pija la sassata (Che ti possa prendere un colpo e una sassata, cosรฌ se non ti arriva il colpo, ti arriva la sassata. Insomma, qualcosa ti succede sicuro) e Nโ€™gorbu chetteggeli.

Portamo a spasso li dolori

La parlata di Terni si contraddistingue anche per i modi di dire e per le parole che riassumono alla perfezione situazioni e caratteristiche. Non possiamo non ricordare: Non facessi lu muffo (Non fa lo gnorri), Guarda quillu che bajengo (Bajengo vuol dire cafone ed รจ riferito in genere ai reatini), Venemo facenno (lo faccio un poโ€™ alla volta), Sโ€™รจ jitu Preci? (sei andato a Preci, in riferimento al terremoto del 1300. Si dice quando va tutto male), Si fattu co lu ronciu (Sei fatto con la falce, non sei cortese, educato), Magnace lu pane (Facci la scarpetta si usa quando si incontra una coppia di amici in atteggiamenti amorosi).

Palazzo Spada

ยซNon posso non citare anche Stago stago poi te dago (Aspetto aspetto e alla fine ti do addosso, ti meno, ti sbatto al muro) โ€“ che รจ tra i miei preferiti โ€“ e Ce sendi cerqua? (Ci senti – Hai capito come?). Oppure parole che sono nel nostro vocabolario quotidiano: come birrocchiu (tamarro, coatto), fiarati (gasati), bardascio (ragazzo), lu svejamammocci (una cosa che ti sveglia di soprassalto o un evento inaspettato), Che frasca! (quando una persona ha bevuto troppo), a ventogne (a venti unghie, a carponi quando si รจ troppo ubriachi) poro cillittu (poverino) e lโ€™immancabile, scappamo? (usciamo?). Infine, un motto importantissimo per la provincia di Terni, un vero state of mind Portamo a spasso li dolori (un po’ cosรฌ…), tornato di moda anche grazie a noi.
Il dialetto ternano e tutte le sue numerose sfaccettature sono un bagaglio culturale importante per la nostra cittร  e per la provincia di Terni: mantenere vive le tradizioni ci rende parte di una storia che hanno scritto i nostri nonni, di una storia che forgia il nostro futuro come si forgia lโ€™acciaioยป conclude Eleonora.

 


Le puntate precedenti

Perugino
Eugubino
Castellano
Folignate
Spoletino

ยซIl dialetto non si salva solo con le poesie, le commedie e i festival. Si tramanda anche infilandolo nel discorso, come un cetriolino in un panino. รˆ un po’ snob, lo ammetto. Ma mica possiamo parlare tutti ingleseยป. Beppe Severgnini

Con la quarta puntata di #Di(a)lettiamoci – il tour che vi porta alla scoperta dei dialetti umbri – ci spostiamo a Foligno: cittร  in cui il patriottismo locale regna sovrano, dove non amano particolarmente Perugia โ€“ vorrebbero avere una provincia tutta loro – e dove l’attaccamento al territorio e il dialetto sono molto sentiti. Dopotutto sono sempre lu centru de lu munnu!
Giovanni Ruiu folignate D.O.C. che fa parte della redazione della rivista Stuzzicadenti ย – che racconta il territorio e le storie di Foligno – senza pensarci troppo, ha scritto lโ€™articolo e me lo ha inviato bell’e pronto: ยซPur di non farci mettere mano a una perugina, hai fatto tutto tu!ยป ho esclamato. ยซDovrei dire che non รจ cosรฌ, perรฒ un pochetto sรฌ, via!ยป. Quindi vi lascio condurre da Giovanni alla scoperta del dialetto folignate, delle sue parole e dellโ€™essenza di Foligno.

Facemo a capisse…

Giovanni Ruiu

Semo jente de Fulignu, semo fatti cuscรฌ: queste le parole cantate da Massimo Bagnato di cui ogni folignate un poโ€™ si risente, sia quelli che non je sta vene (non gli sta bene) – la j la mettemo dappertutto – sia a quelli che je sta vene (gli sta bene). Perchรฉ semo fatti realmente cuscรฌ, un poโ€™ incazzosi e un poโ€™ rompi scatole, ma tanto socievoli. Il patriottismo folignate ci contraddistingue, basta chiedere anche a un solo vecchietto che trovi in piazza da dove viene e lui ti risponderร  da Fulignu, al massimo forse dalla zona de appartenenza. Eh giร  perchรฉ, noi ce litigamo le zone, Prato Smeraldo e Sportella Marini se possono vedรฉ poco, Cave e Maceratola non so stati mai troppo amici, li Vurruni – un paesino che si chiama Borroni – e limitrofi non ne parliamo.
Comunque, in qualsiasi zona tu ti trovi, sentirai le parole finire sempre e solo con una lettera: la U, infatti, approposito de esse incazzusu, basta pocu pe piร  focu.

Nรฉ capoluogo nรฉ marchigiani

E quello che non sopportiamo piรน di tutto รจ quando i nostri meriti li associano agli altri: perchรฉ non ci nascondiamo dietro a un dito, a noi il capoluogo non ci piace, non ce la facemo a sentรฌ parlร  co ‘n gatto nta la vocca – la B e la V per noi sono uguali – i folignati pensano che i perugini parlano con un gatto in bocca, il famoso donca.
E quando ci dicono di essere simili ai marchiciani (marchigiani) io vorrei far notare questo: la storia insegna che il popolo degli Umbri insediรฒ i territori dallโ€™attuale Lazio, arrivando a Foligno e dirigendosi verso il mare, quindi diciamo la veritร , non semo noi quelli fori luogo, ecco. E se questa puรฒ sembrare una magra consolazione, pacenza (pazienza) a noi ce basta, e come se dice da noi, chi spizzica non digiuna (meglio poco che niente, lโ€™importante รจ accontentarsi).

 

La cattedrale di San Feliciano. Foto di Enrico Mezzasoma

Velli e impossibili

E non posso non dedicare due parole ai paesetti de montagna, perchรฉ so il nostro collegamento al mare, il nostro motore agricolo, lโ€™origine delle parole piรน strane, e poi perchรฉ me sentirei rinfacciร  la frase chi fiji chi fijiastri? (Alcuni sรฌ e alcuni no?). Quindi o tutti o nessuno. Foligno รจ questo e molto di piรน: ma dโ€™altronde non basterebbe un articolo per spiegare quanto semo velli (siamo belli) ma anche quanto semo intoccabili, praticamente come una bella donna che perรฒ รจ accompagnata; ma dโ€™altronde, come direbbe un mio caro amico de Cifo: ยซLi rigori se tirano da lu portiere, mica a porta votaยป (non รจ sempre facile fare delle coseโ€ฆ). Per concludere: forza Foligno sempre!

 


Le puntate precedenti

Perugino

Eugubino

Castellano

ยซIo non penso in italiano, penso in dialetto perchรฉ sono un popolanoยป (Gianni Brera).

Con il Castelรจno ci spostiamo allโ€™estremo nord dellโ€™Umbria per scoprire โ€“ in questa terza puntata (dopo il perugino e l’eugubino) โ€“ un dialetto che potremmo definire un vero e proprio insieme di varietร  proprie dalle zone limitrofe: da un lato lโ€™influenza marchigiana, dallโ€™altro quella della Toscana orientale. Ma lo stesso tifernate si differenzia, per intonazioni fonetiche e lessicali, in quello parlato drรจnto i muri – Cittร  di Castello centro – e in quello della periferia e delle campagne.
ยซA sud verso Umbertide si dice ta me, ta teโ€ฆ come nella zona perugina, che diventa ma te, ma me a Castello. Il dialetto comunque si รจ molto italianizzato – o andacquรจto – in quanto le nuove generazioni ne stanno perdendo lโ€™uso: parole e modi di dire tipici della cultura dialettale vengono utilizzati in prevalenza solo dalle persone piรน anziane. Ma il difficile del dialetto non รจ tanto parlarlo, quanto scriverlo e soprattutto leggerloยป spiega Fabio Mariotti, componente del gruppo folkloristico Paguro Bernardo e appassionato di dialetto.
Il gruppo – formato da Massimo, Marcello, Fabio, Stefano, Matteo e Diego – รจ molto famoso nella zona dellโ€™Alto Tevere e vanta venti anni di attivitร , con allโ€™attivo cinque CD, un libro e un DVD. Giocano con i testi delle canzoni famose traducendoli e reinterpretandoli in dialetto castelรจno cosรฌ da raccontare storie della tradizione popolare e non solo.

 

Il gruppo Paguro Bernardo

Lโ€™Accademia de la Sรจmbola

ยซDiversi anni fa, proprio per insegnare a scrivere e a leggere correttamente il castellano, era stata creata lโ€™Accademia de la Sรจmbola (crusca, cereali) in cui si tenevano lezioni ed esercitazioni mirate. Ci eravamo ispirati allโ€™Accademia del Donca e agli insegnamenti del dialetto peruginoยป prosegue Mariotti.

La caratteristica principale del tifernate sono le vocali (A, E, O) che vengono aperte o chiuse in modo quasi opposto rispetto allโ€™italiano: bachรจtto (aperta), melรฉ (chiusa).
Ci sono poi parole che vanno ricordate, perchรฉ fanno parte della vita di un castellano, ma il tempo sta facendo piano piano scomparire: galรฒpola (caviglia), razi (animali da cortile), โ€˜n vรจlle (da nessuna parte: Quรจllo รจ uno che nโ€™ vร  nvรจle, si dice di un uomo presuntuoso o di scarsa intelligenza), ghiottirรณla (imbuto), sinรฒ (sennรฒ, altrimenti) e bompรณco (grossa quantitร ).
A Cittร  di Castello se vi dovessero dire che siete un tontolomรฉo, non offendetevi! รˆ una parola che si usa in tono familiare, non offensiva, come lo stesso tรฒnto. Puรฒ assumere diversi significati a seconda delle situazioni, quindi si hanno le varianti: tontolรณne, tontolino, tontolacio, tontolerรฌa, tontolร gine.
Tra le chicche dialettali ci sono: mรจnadritta (mano destra) e mรจnmancina (mano sinistra). Con lo stesso termine si danno anche le indicazioni stradali (Per gi a Umbรฉrtide girรจte a mรจndritta dรฒppo che lโ€™albero) e si indicano le parti del corpo: ochio a mรจnmancina (occhio sinistro), piede a mรจndritta (piede destro). Una menzione va fatta per i giorni de la sitimรจna: Lonedรฉ, Martedรฉ, Mercรฒldรฉ, Giรณvedรฉ, Venardรฉ, Sabito e Dรณmรจnnica; e i mรฉsi de lโ€™ร no: Genรจio, Febrรจio, Marzo, Aprile, Mร gio, Giรฒgno, Lรฒjjo, Agรฒsto, Setรฉmbre, Otรณbre, Novรฉmbre e Dicรฉmbre.

Filosofia popolare

Si sa, il dialetto spesso parla con i proverbi e i modi di dire, e il castellano non รจ da meno. Ne conserva tantissimi che ancora oggi vengono utilizzati nel parlato comune: una filosofia popolare spontanea e veritiera, che racconta un tempo passato ma sempre e comunque attuale e reale. ยซIl modo di dire che piรน spesso si dice nellโ€™Alta Valle del Tevere รจ: La Montesca cโ€™ha l capรจlo, castelan porta lโ€™ombrelo (Se sopra La Montesca ci sono le nuvole, sicuramene pioverร ). Ma non posso non ricordare anche: A โ€˜na cรฉrta etร  โ€˜gni acqua trร pia (a una certa etร  i dolori vengono fuori tutti); E armannรฉte โ€˜n pochino che sโ€™รจ tรฒtto sbudelรจto (ricomponiti che sei tutto in disordine – relativo al modo di vestirsi); Te caciarรฌbbono la rรฒba da magnรจ pโ€™ i รฒchi (quando sei ospite in casa di qualcuno e ti vogliono offrire qualcosa da mangiare a ogni costo. Lo si dice di solito per indicare le brave persone); Cโ€™รจ la tรจsta cรณme โ€˜na bachjรนccรณla (si riferisce a una persona poco intelligente); โ€˜L chรจne, la mojji e lu schiรฒpo โ€˜n se prรจstono ma nisuno (il cane, la moglie e il fucile non si prestano mai) e Per gnenta โ€˜nnu sdringรณla manco la coda โ€˜l chรจne (nessuno fa niente per niente)ยป conclude Mariotti.

 

Terme di Fontecchio

Tutti a… el bagno

I castellani le terme di Fontรจcchio le chiamano affettuosamente el bagno: raramente usano il vero nome. Questo dimostra lโ€™attaccamento che hanno con le vecchie terme, dove nel corso dei secoli hanno curato i loro mali e dato refrigerio durane il caldo estivo. Al bagno ci sโ€™amparea anche a notรจ (“Al bagno” ci si imparata anche a nuotare) visto che cโ€™era lโ€™unica piscina (a parte le dighe) e quelli con piรฒ guadrini se poteon permรจtte de paghรจ amparรจono anche a giochรจ a tennisโ€ฆย (quelli con i soldi si potevano permettere di pagare per imparare a giocare a tennis). Inoltre, liberamente si poteva attingere la famosa acqua sรฒlfa che faceva e, fa ancora, guarรฌ e rinfreschi lu stombico.

 


Paguro Bernardo

Per saperne di piรน cโ€™รจ il Vocabolario del dialetto castellano di Francesco Grilli.