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ยซLuca Signorelli ebbe un rapporto speciale con lโ€™Alto Tevere, a cui ha lasciato alcune delle sue opere piรน belle e conosciute. Sebbene visse e morรฌ a Cortona, Cittร  di Castello e la Valle del Tevere divennero una seconda casa per lโ€™artistaยป. Cosรฌ scrive Tom Henry, professore di Storia dellโ€™Arte allโ€™Universitร  di Kent, considerato uno dei maggiori esperti al mondo delle opere del maestro cortonese.

La Pinacoteca di Cittร  di Castello (della quale abbiamo parlato in un precedente articolo) รจ solo il punto di partenza per scoprire le opere di Luca Signorelli, distribuite tra i diversi borghi dellโ€™Alta Valle del Tevere. Il pittore – tifernate ad honorem – ha lasciato molte tracce del suo passaggio e, nel 2023 in occasione dei 500 anni dalla sua morte, un percorso celebrativo riunisce le undici opere visibili con un unico biglietto (fino a dicembre 2023) grazie allโ€™unione di otto comuni, una diocesi e oltre 20 musei.
La prima tappa alla scoperta della Valle del Signorelli รจ al Museo diocesano di Cittร  di Castello dove, nel suggestivo salone gotico, รจ esposta una pregevole tavola di scuola signorelliana datata 1492, che rappresenta la Madonna in trono con Bambino, San Girolamo e il beato Colombini da Siena. Anche nellโ€™ex chiesa di San Giovanni Decollato โ€“ sempre a Cittร  di Castello – sono presenti due dipinti attribuiti alla sua scuola. Se ci spostiamo nella frazione di Morra, invece, nel piccolo oratorio di San Crescentino Signorelli realizzรฒ, intorno al 1507, un ciclo di affreschi ispirati al tema della Passione di Cristo; didascalica e commovente trova il suo apice nella rappresentazione delle scene della Flagellazione e della Crocifissione.

 

Pala della Deposizione a Umbertide (Perugia)

 

Il viaggio prosegue a Citerna dove, lungo la parete destra della chiesa museo di San Francesco,ย รจ conservato, in una nicchia, lโ€™affresco raffigurante la Vergine con Bambino tra i Santi Michele Arcangelo e Francesco realizzato con largo apporto della bottega: gli angeli si pensa siano dipinti dalla mano dellโ€™artista toscano, poco prima della sua morte. Mentre per la chiesa di Santa Croce di Umbertide, oggi sede del Museo di Santa Croce, Signorelli eseguรฌ nel 1516 la Pala con la Deposizione sullโ€™altare maggiore, eccezionalmente ancora corredata di predella e cornice originali.
Le tracce della sua bottega si trovano anche al Castello Bufalini di San Giustino, dove รจ conservata una tavola raffigurante la Madonna con Bambino incoronata da due angeli mentre poggia su una nuvola con ai lati i Santi Cristoforo e Sebastiano; e nel Museo Civico di Montone dove influenza signorelliane si manifesta nellโ€™Annunciazione tra i Santi Fedele e Lazzaro e nellโ€™Immacolata tra Profeti e Sibille, riconducibili a due artisti provenienti dalla sua scuola.

 


Peruginosignorelli.it

La Valle del Signorelli

 

ยซIo non penso in italiano, penso in dialetto perchรฉ sono un popolanoยป (Gianni Brera).

Con il Castelรจno ci spostiamo allโ€™estremo nord dellโ€™Umbria per scoprire โ€“ in questa terza puntata (dopo il perugino e l’eugubino) โ€“ un dialetto che potremmo definire un vero e proprio insieme di varietร  proprie dalle zone limitrofe: da un lato lโ€™influenza marchigiana, dallโ€™altro quella della Toscana orientale. Ma lo stesso tifernate si differenzia, per intonazioni fonetiche e lessicali, in quello parlato drรจnto i muri – Cittร  di Castello centro – e in quello della periferia e delle campagne.
ยซA sud verso Umbertide si dice ta me, ta teโ€ฆ come nella zona perugina, che diventa ma te, ma me a Castello. Il dialetto comunque si รจ molto italianizzato – o andacquรจto – in quanto le nuove generazioni ne stanno perdendo lโ€™uso: parole e modi di dire tipici della cultura dialettale vengono utilizzati in prevalenza solo dalle persone piรน anziane. Ma il difficile del dialetto non รจ tanto parlarlo, quanto scriverlo e soprattutto leggerloยป spiega Fabio Mariotti, componente del gruppo folkloristico Paguro Bernardo e appassionato di dialetto.
Il gruppo – formato da Massimo, Marcello, Fabio, Stefano, Matteo e Diego – รจ molto famoso nella zona dellโ€™Alto Tevere e vanta venti anni di attivitร , con allโ€™attivo cinque CD, un libro e un DVD. Giocano con i testi delle canzoni famose traducendoli e reinterpretandoli in dialetto castelรจno cosรฌ da raccontare storie della tradizione popolare e non solo.

 

Il gruppo Paguro Bernardo

Lโ€™Accademia de la Sรจmbola

ยซDiversi anni fa, proprio per insegnare a scrivere e a leggere correttamente il castellano, era stata creata lโ€™Accademia de la Sรจmbola (crusca, cereali) in cui si tenevano lezioni ed esercitazioni mirate. Ci eravamo ispirati allโ€™Accademia del Donca e agli insegnamenti del dialetto peruginoยป prosegue Mariotti.

La caratteristica principale del tifernate sono le vocali (A, E, O) che vengono aperte o chiuse in modo quasi opposto rispetto allโ€™italiano: bachรจtto (aperta), melรฉ (chiusa).
Ci sono poi parole che vanno ricordate, perchรฉ fanno parte della vita di un castellano, ma il tempo sta facendo piano piano scomparire: galรฒpola (caviglia), razi (animali da cortile), โ€˜n vรจlle (da nessuna parte: Quรจllo รจ uno che nโ€™ vร  nvรจle, si dice di un uomo presuntuoso o di scarsa intelligenza), ghiottirรณla (imbuto), sinรฒ (sennรฒ, altrimenti) e bompรณco (grossa quantitร ).
A Cittร  di Castello se vi dovessero dire che siete un tontolomรฉo, non offendetevi! รˆ una parola che si usa in tono familiare, non offensiva, come lo stesso tรฒnto. Puรฒ assumere diversi significati a seconda delle situazioni, quindi si hanno le varianti: tontolรณne, tontolino, tontolacio, tontolerรฌa, tontolร gine.
Tra le chicche dialettali ci sono: mรจnadritta (mano destra) e mรจnmancina (mano sinistra). Con lo stesso termine si danno anche le indicazioni stradali (Per gi a Umbรฉrtide girรจte a mรจndritta dรฒppo che lโ€™albero) e si indicano le parti del corpo: ochio a mรจnmancina (occhio sinistro), piede a mรจndritta (piede destro). Una menzione va fatta per i giorni de la sitimรจna: Lonedรฉ, Martedรฉ, Mercรฒldรฉ, Giรณvedรฉ, Venardรฉ, Sabito e Dรณmรจnnica; e i mรฉsi de lโ€™ร no: Genรจio, Febrรจio, Marzo, Aprile, Mร gio, Giรฒgno, Lรฒjjo, Agรฒsto, Setรฉmbre, Otรณbre, Novรฉmbre e Dicรฉmbre.

Filosofia popolare

Si sa, il dialetto spesso parla con i proverbi e i modi di dire, e il castellano non รจ da meno. Ne conserva tantissimi che ancora oggi vengono utilizzati nel parlato comune: una filosofia popolare spontanea e veritiera, che racconta un tempo passato ma sempre e comunque attuale e reale. ยซIl modo di dire che piรน spesso si dice nellโ€™Alta Valle del Tevere รจ: La Montesca cโ€™ha l capรจlo, castelan porta lโ€™ombrelo (Se sopra La Montesca ci sono le nuvole, sicuramene pioverร ). Ma non posso non ricordare anche: A โ€˜na cรฉrta etร  โ€˜gni acqua trร pia (a una certa etร  i dolori vengono fuori tutti); E armannรฉte โ€˜n pochino che sโ€™รจ tรฒtto sbudelรจto (ricomponiti che sei tutto in disordine – relativo al modo di vestirsi); Te caciarรฌbbono la rรฒba da magnรจ pโ€™ i รฒchi (quando sei ospite in casa di qualcuno e ti vogliono offrire qualcosa da mangiare a ogni costo. Lo si dice di solito per indicare le brave persone); Cโ€™รจ la tรจsta cรณme โ€˜na bachjรนccรณla (si riferisce a una persona poco intelligente); โ€˜L chรจne, la mojji e lu schiรฒpo โ€˜n se prรจstono ma nisuno (il cane, la moglie e il fucile non si prestano mai) e Per gnenta โ€˜nnu sdringรณla manco la coda โ€˜l chรจne (nessuno fa niente per niente)ยป conclude Mariotti.

 

Terme di Fontecchio

Tutti a… el bagno

I castellani le terme di Fontรจcchio le chiamano affettuosamente el bagno: raramente usano il vero nome. Questo dimostra lโ€™attaccamento che hanno con le vecchie terme, dove nel corso dei secoli hanno curato i loro mali e dato refrigerio durane il caldo estivo. Al bagno ci sโ€™amparea anche a notรจ (“Al bagno” ci si imparata anche a nuotare) visto che cโ€™era lโ€™unica piscina (a parte le dighe) e quelli con piรฒ guadrini se poteon permรจtte de paghรจ amparรจono anche a giochรจ a tennisโ€ฆย (quelli con i soldi si potevano permettere di pagare per imparare a giocare a tennis). Inoltre, liberamente si poteva attingere la famosa acqua sรฒlfa che faceva e, fa ancora, guarรฌ e rinfreschi lu stombico.

 


Paguro Bernardo

Per saperne di piรน cโ€™รจ il Vocabolario del dialetto castellano di Francesco Grilli.

ยซLโ€™aspetto della regione รจ piacevolissimo, immagina: un anfiteatro immenso, quale soltanto la natura puรฒ creare. Una vasta e aperta pianura cinta dai monti; questi ricoperti fin sulla cima di antiche e maestose foreste, dove la cacciagione รจ varia e abbondante. Lungo le pendici delle montagne i boschi cedui digradano dolcemente fra colli ubertosi e ricchissimi di humus, i quali possono gareggiare in fertilitร  coi campi posti in pianura [โ€ฆ] In basso lโ€™aspetto del paesaggio รจ reso piรน uniforme dai vasti vigneti che da ogni lato orlano le colline, e i cui limiti, perdendosi in lontananza, lasciano intravedere graziosi boschetti. Poi prati ovunque, e campi che solo dei buoi molto robusti con i loro solidissimi aratri riescono a spezzare; quel tenacissimo terreno, al primo fenderlo, si solleva infatti in cosรฌ grosse zolle che solo dopo nove arature si riesce completamente a domarlo. I prati, pingui e ricchi di fiori, producono trifoglio e altre erbe sempre molli e tenere, come se fossero appena spuntate, giacchรฉ tutti i campi sono irrorati da ruscelli perenni. Eppure, benchรฉ vi sia abbondanza dโ€™acqua, non vi sono paludi, e questo perchรฉ la terra in pendio scarica nel Tevere lโ€™acqua che ha ricevuto e non assorbitoโ€ฆ. [โ€ฆ] A ciรฒ, naturalmente, si aggiungono la salubritร  della regione, la serenitร  del cielo, e lโ€™aria, piรน pura che altrove.ยป
(Lettera di Plinio il Giovane a Domizio Apollinare, Libro V, epist. 6)

Storia

I primi insediamenti dellโ€™estremo comune a nord della regione si devono far risalire agli Umbri come attestato dal ritrovamento di numerosi bronzetti.ย  In epoca romana – con il nome Meliscianum dalla ninfa Melissa il cui nome significa โ€œproduttrice di mieleโ€ ed evoca una zona in cui lโ€™apicoltura era senzโ€™altro largamente praticata โ€“ divenne un importante centro commerciale lungo la via Tiberina. Del periodo romano รจ notevole attestazione la grandiosa villa rustica che Plinio il Giovane fece costruire intorno al 100 d.C. In seguito la villa venne distrutta e il territorio devastato dai Goti di Totila.

Scavi archeologici di Colle Plinio, foto gentilmente concessa dal Comune di San Giustino

Il nome odierno di San Giustino, dal santo martirizzato a Pieve deโ€™ Saddi ai tempi dellโ€™imperatore Marco Aurelio, appare per la prima volta in un diploma del 1027. Il territorio di San Giustino fu per secoli conteso tra Arezzo, Cittร  di Castello e San Sepolcro. I primi signori del luogo furono Oddone e Rinaldo di Ramberto, i quali nel 1218 si sottomisero a Cittร  di Castello. A seguito della sottomissione del 1262 Cittร  di Castello lo fece munire, ma durante la sede papale vacante, a seguito della morte di Clemente IV, San Sepolcro mise a ferro e fuoco il territorio distruggendo anche il fortilizio. Una volta ricostruito il Castello, esso fu dato in custodia nel 1393 alla famiglia Dotti, fuoriuscita da San Sepolcro, con lโ€™impegno che venisse usato per la difesa di Cittร  di Castello. Dopo alterne vicende -in cui a piรน riprese il palazzo Dotti venne distrutto e ricostruito- la famiglia Dotti lo restituรฌ al comune di Cittร  di Castello nel 1481. A questo punto il governatore papale di Cittร  di Castello invitรฒ suo fratello, Mariano Savelli, valente architetto, a predisporre il progetto per la trasformazione della dirupata fortezza in potente palazzo che doveva rivelarsi inespugnabile e munito di un imponente fossato. I lavori vennero iniziati, ma mancando i fondi per portarli a termine Cittร  di Castello lo diede nel 1487 a un facoltoso possidente, Niccolรฒ di Manno Bufalini, dottore in utroque iure e familiare di Sisto IV, di Innocenzo VIII e di Alessandro VI, perchรฉ portasse a termine i lavori. Tanti furono i servizi e meriti nei confronti della Santa Sede che nel 1563 Giulio Bufalini e il figlio Ottavio ebbero dal Papa il titolo di conti e a loro venne assegnato il feudo e il territorio di San Giustino. Durante il periodo napoleonico San Giustino, staccato da Cittร  di Castello, divenne comune autonomo, ma fu soppresso con la fine di Napoleone per venire definitivamente riconosciuto con motu proprio di Leone XIII nel 1827. San Giustino fu il primo comune umbro ad essere occupato dai Piemontesi del generale Fanti lโ€™11 settembre 1860.

Castello Bufalini

Castello Bufalini, foto gentilmente concessa dal Comune di San Giustino

Castello Bufalini costituisce senzโ€™ombra di dubbio lโ€™emblema di San Giustino. Il castello vede le sue origini nel fortilizio militare della famiglia Dotti. Restituito a Cittร  di Castello nel 1478 dopo che a piรน riprese era stato attaccato e distrutto, nel 1487 il legato pontificio di Cittร  di Castello lo donรฒ a Niccolรฒ di Manno Bufalini perchรฉ egli terminasse i lavori di ricostruzione iniziati su progetto di Mariano Savelli, fratello del governatore, con lโ€™obbligo in caso di guerra di difendere Cittร  di Castello e di accogliere le truppe e i capitani che il comune avrebbe inviato a difesa del luogo e dei suoi abitanti. Il Bufalini, su nuovo progetto redatto da Camillo Vitelli, trasformรฒ il vecchio fortilizio in una vera e propria fortezza circondata da un fossato, dotata di un mastio e quattro torri, camminamenti merlati e ponte levatoio.
Il Rinascimento portรฒ alla trasformazione della fortezza in villa signorile. Gli autori di tale trasformazione furono i fratelli Giulio I e Ventura Bufalini dal 1530 comproprietari e residenti nel castello. I lavori, eseguiti tra il 1534 e il 1560, riguardarono sia la ristrutturazione esterna dellโ€™edificio sia la nuova disposizione e lโ€™ammodernamento degli spazi interni. Il progetto iniziale che prevedeva la sistemazione del cortile interno, la costruzione delle finestre inginocchiate, la realizzazione di una delle due scale a chiocciola e una nuova distribuzione degli ambienti, probabilmente si deve a Giovanni dโ€™Alessio dโ€™Antonio, detto Nanni Ongaro o Unghero (Firenze 1490-1546), architetto fiorentino della cerchia dei Sangallo, al servizio del granduca di Toscana Cosimo I, ma i lavori proseguirono anche dopo la sua morte. Per la decorazione pittorica viene chiamato Cristoforo Gherardi (San Sepolcro 1508-1556), detto Il Doceno, che dipinge cinque stanze con favole mitologiche e decorazioni a grottesca, lavorando dal 1537 al 1554. Alla fine del Seicento, il castello fu interessato da una nuova fase di lavori su commissione di Filippo I e Anna Maria Bourbon di Sorbello. Su progetto di Giovanni Ventura Borghesi (Cittร  di Castello 1640-1708), il palazzo venne trasformato in villa di campagna con giardino allโ€™italiana. Lโ€™ultima vicenda costruttiva del castello ha avuto luogo dopo la Seconda Guerra mondiale, in quanto non uscรฌ incolume dai bombardamenti che interessarono la zona. Nel 1989 Giuseppe Bufalini lo cedette allo Stato. Con lโ€™integritร  dei suoi arredi, il castello costituisce oggi un raro esempio di dimora storica signorile.

Villa Magherini Graziani di Celalba

Foto gentilmente concessa dal Comune di San Giustino

La villa, sorta su un preesistente fortilizio romano, fu progettata dagli architetti Antonio Cantagallina di San Sepolcro e da un certo Bruni di Roma su commissione di Carlo Graziani di Cittร  di Castello. I lavori iniziati nei primi anni del Seicento furono portati a termine nel 1616. La struttura, a pianta quadrangolare, si sviluppa su tre livelli, sormontata da una torretta di 17 metri di altezza. Il piano terra รจ decorato da archi murati al cui centro si aprono finestre e nicchie che evocano la regolaritร  di un portico. Il piano nobile รจ caratterizzato da un ampio loggiato con elegante balaustra e colonne in pietra serena. Lโ€™ingresso laterale immette nella galleria carraia, costruita con volte a botte, che consentiva lโ€™accesso al coperto delle carrozze e collegava tra di loro la casa colonica e la chiesetta dedicata alla Santa Maria Lauretana. Lโ€™edificio, che costituisce uno splendido esempio di villa nobiliare tardo rinascimentale รจ circondato da un parco di 6 ettari di superficie recentemente recuperato e nella parte frontale si puรฒ ammirare un meraviglioso esempio di giardino allโ€™italiana. Dal 1981 รจ proprietร  del Comune di San Giustino che ha provveduto al restauro funzionale dellโ€™edificio. Oggi la casa colonica รจ adibita ad attivitร  socio-culturali. La chiesetta invece รจ oggi usata dal Comune di San Giustino per la celebrazione dei matrimoni civili. I locali di villa Magherini Graziani ospitano il Museo Pliniano e dal febbraio 2016 anche la mostra permanente Iperspazio di Attilio Pierelli (Sasso di Serra S. Quirico 1924-Roma 2013). Lโ€™artista, fondatore del Movimento Artistico Internazionale Dimensionalista, ha dedicato gran parte della sua produzione alla visualizzazione del concetto di spazio relativo alla quarta dimensione geometrica e alle geometrie curve non euclidee e a Villa Magherini Graziani รจ possibile ripercorrere le diverse stagioni creative dellโ€™autore dalle Piastre inox, ai Nodi, ai Cubi attraverso cui lโ€™artista negli anni ha dialogato con lโ€™iperspazio.

Museo del Tabacco

Museo storico scientifico del Tabacco, foto gentilmente concessa dal Comune di San Giustino

รˆ uno dei sette musei italiani dedicati al Tabacco. Sorto nella sede dellโ€™ex Consorzio Tabacchicoltori di San Giustino, ad opera dellโ€™omonima Fondazione (costituitasi nel 1997), ha lo scopo di far conoscere lโ€™importanza storica che la tabacchicoltura ha avuto – ed ha – nello sviluppo sociale ed economico della zona. Nellโ€™Alta Valle del Tevere infatti la coltivazione del tabacco costituisce una tradizione che deve essere tramandata e diffusa. Non รจ un caso che proprio a San Giustino si trovi un museo dedicato al Tabacco, infatti nella penisola italiana le prime coltivazioni di una certa importanza per scopi commerciali dellโ€™erba tornabuona โ€“ cosรฌ chiamata perchรฉ i primi semi furono portati in Toscana dal vescovo Niccolรฒ Tornabuoni alla fine del Cinquecento – risalgono agli inizi del Seicento e risiedono proprio nella Repubblica di Cospaia, un piccolo territorio oggi frazione di San Giustino.

Tabacchine, foto gentilmente concessa dal Comune di San Giustino

Il museo comprende uffici, essiccatoi, sale di cernita: luoghi di grande fascino dove si rievoca una lunga storia di fatica e lavoro, ma anche di emancipazione, storia che ha avuto nelle donne del XX secolo le principali protagoniste. Le lavoratrici dei tabacchi, infatti, al pari delle operaie tessili, sono tra le prime donne che, abbandonato il tradizionale lavoro casalingo, vengono inserite nelle grandi industrie.

 

 

La Repubblica di Cospaia

 

Cospaia, oggi frazione di San Giustino, รจ lโ€™ultima localitร  a nord dellโ€™Umbria. La sua storia โ€“ la storia di un piccolissimo stato indipendente tra tre grandi potenze (lo Stato della Chiesa, il Ducato di Urbino e il Granducato di Toscana) a lungo in lotta tra loro โ€“ merita di essere raccontata. Cosimo dei Medici aveva concesso un prestito di 25.000 fiorini a Eugenio IV per il Concilio ecumenico che nel 1431 aveva indetto a Basilea, chiedendo in garanzia la giurisdizione su Borgo San Sepolcro. Alla morte del Papa il prestito non era stato restituito e cosรฌ i due Stati mandarono i loro geometri a delimitare i rispettivi confini. I geometri lavorarono senza mai vedersi e cosรฌ i toscani stabilirono i confini sul Rio della Gorgaccia, i pontifici sul Rio Ascone. Il territorio compreso dunque tra i due fiumi, la collina di Cospaia, rimase pertanto indipendente. Dal 1441 al 1826 Cospaia ยซtrascorse quattro secoli senza avere capi, o leggi, o consigli, o statuti, o soldati, o esercito, o prigioni, o tribunali, o medico, o tasse. Sopravvisse secondo il buonsenso degli anziani. Non ebbe pesi e misureยป. Perfino la posizione del parroco, che si occupava anche di tenere il registro delle anime e di fare il maestro del paese, denunciava indipendenza, egli infatti non sottostava a nessun vescovo. Lโ€™indipendenza finรฌ con lโ€™accordo dellโ€™11 febbraio 1826 con il quale Leone XII e Leopoldo I si spartivano il territorio. Cospaia il 28 giugno 1826 fece atto di sottomissione allo Stato pontificio e ogni cospaiese a โ€œrisarcimentoโ€ della perduta libertร  ebbe un papetto, ossia una moneta dโ€™argento con lโ€™effigie di Leone XII. Ancora oggi il 28 giugno di ogni anno viene celebrata la โ€œex Repubblica di Cospaiaโ€.

 

Per saperne di piรน su San Giustino

 

 

 

 

 


Storiaย – Bibliografia essenzialeย 
San Giustino, in M. Tabarrini, Lโ€™Umbria si racconta, Foligno, s.n., 1982, v. P-Z, pp. 265-269.
E. Mezzasoma, S. Giustino, in ยซPiano.Forteยป, n. 1 (2008), pp. 43-49.
S. Dindelli, Castello Bufalini. Una sosta meravigliosa fra Colle Plinio e Cospaia, San Giustino, BluPrint, 2016

Castello Bufaliniย – Bibliografia essenzialeย 
A. Ascani,ย San Giustino, Cittร  di Castello, s.n., 1977.
G. Milani-P. Bร ,ย I Bufalini di San Giustino. Origine e ascesa di una casata, San Giustino, s.n., 1998.
S. Dindelli, Castello Bufalini. Una sosta meravigliosa fra Colle Plinio e Cospaia, San Giustino, BluPrint, 2016

La Repubblica di Cospaia – Bibliografia essenzialeย 
Cospaia, in M. Tabarrini, Lโ€™Umbria si racconta, Foligno, s.n., 1982, v. A-D, p. 447.
A. Ascani,ย Cospaia. Storia inedita della singolare repubblica, Cittร  di Castello, tipografia Sabbioni, 1977.
G. Milani,ย Tra Rio e Riascolo. Piccola storia del territorio libero di Cospaia, Cittร  di Castello, Grafica 2000, 1996
E. Fuselli,ย Cospaia tra tabacco, contrabbando e dogane, San Giustino, Fondazione per il Museo Storico Scientifico del Tabacco, 2014