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«L’Umbria è un posto magico, pieno di bellezza e natura. È una regione ricca di storia e suggestione»

L’Umbria può essere una bellissima terra d’adozione. Lo sa bene Luca Argentero che vicino a Città della Pieve ha una casa dove trascorre molto tempo e dove ha passato – in attesa della nascita della sua bambina – insieme alla compagna Cristina Marino, anche il lockdown. «Considero l’Umbria una patria d’adozione, sono convinto che decidere di costruire una base qui sia stata una delle decisioni più felici della mia vita» ci ha confessato.
L’attore, che ritroviamo da stasera nei panni del medico Andrea Fanti nella fiction di Rai Uno DOC – Nelle tue mani, ha una relazione con l’Umbria che è anche professionale. Qui infatti ha girato la serie Carabinieri che lo ha lanciato nel mondo della recitazione, e tre film: Lezioni di cioccolato 1 e 2 e Copperman, uscito proprio lo scorso anno. «Oramai è un luogo che conosco piuttosto bene, spesso la giro anche come turista. È un posto magico, pieno di bellezza e natura. Non manca anche il buon cibo, che è solo un corollario tipicamente italiano di una regione che emana una fortissima energia positiva, ricca di storia e suggestione. Se devessi descriverla in tre parole, per me l’Umbria sarebbe vera, forte e saporita» ci racconta l’attore torinese.

 

Luca Argentero

Argentero nel camice di Doc

La fiction DOC – Nelle tue mani – in sette prime serate – racconta la storia del medico Andrea Fanti che, a causa di un trauma cerebrale, ha perso la memoria dei suoi ultimi dodici anni e, per la prima volta, si ritrova a essere non più il luminare di un tempo, ma un semplice paziente. Amputato di molti dei suoi ricordi, precipita in un mondo sconosciuto: famiglia, figli, amici, colleghi, tutti diventano improvvisamente estranei. Anche la sua carriera torna indietro: da primario a meno di uno specializzando. «Il mio orgoglio è sapere di aver fatto un prodotto di altissima qualità. Ho cercato di capire cosa significhi passare dal ruolo di medico a quello di paziente. Questa serie insegna la velocità del mondo attorno a noi» ha spiegato Argentero durante la conferenza stampa di presentazione della serie.

L’Umbria, rappresentata da IdeattivaMente, alla scuola di Vò con la Parete della Creatività Digitale.

IdeattivaMente è protagonista nella scuola di Vò Euganeo, la località padovana che è stata una delle prime zone rosse della pandemia Covid-19. All’interno dell’edificio scolastico infatti è stata installata la Parete della Creatività Digitale, realizzata dalla startup umbra e presentata alla presenza della Ministra dell’Istruzione e della Ricerca, Lucia Azzolina, in occasione dell’inaugurazione del nuovo anno scolastico avvenuta proprio a Vò Euganeo. Una cerimonia che ha visto partecipare le massime cariche dello Stato, un momento solenne presieduto dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella e dalla Ministra dell’Istruzione.

 

Lo staff di IdeAttivaMente insieme alla Ministra Azzolina

La parete di IdeattivaMente

IdeattivaMente era stata contatta dal Dirigente Scolastico, Alfonso D’Ambrosio, per portare nella scuola di Vò qualcosa di innovativo: una scuola all’avanguardia ora arricchita da una parete interattiva, frutto del progetto e della realizzazione dello staff di IdeAttivaMente.
La Parete della Creatività Digitale copre una superficie di circa sette metri quadrati ed è stata collocata su uno dei corridoi della scuola a ribadire come anche semplici spazi, fino a ora utilizzati per altri scopi, possano diventare ambienti di apprendimento. La parete si ispira all’ambiente dei Colli Eugani con il Monte Lozzo a farla da padrone, e si focalizza sulle eccellenze locali, come l’agricoltura, il vino e l’olio. Ogni elemento è reso interattivo grazie all’utilizzo di schede elettroniche, sensori, sintetizzatori musicali e barre led programmabili: si tratta di un esempio di come la didattica possa trasformarsi, aprendosi a nuove esperienze e inglobando il digitale come strumento innovativo capace di coinvolgere alunni e docenti. Un laboratorio aperto, accessibile e infinito, che inizia dalla parete, passa tra i banchi delle aule e si evolve continuamente, per dare vita a nuove applicazioni alimentate dalla fantasia di tutta la comunità scolastica e di ogni suo singolo componente.

 

Installazione completata e funzionante

 

Questo pannello interattivo è stato progettato e realizzato dell’interno nei laboratori di IdeAttivaMente da un gruppo di lavoro composto da maker con diverse competenze: Roberto Raspa, Francesco Repola, Giacomo Piccioni, Luca Berichillo (Progetto OpenTech) solo per citare coloro che sono stati in prima linea. Un supporto importante è arrivato anche da altri amici e collaboratori che si sono occupati della redazione dei testi (Arcangela Andreoli), dell’impaginazione e dei bozzetti grafici (Riccardo Raspa), della progettazione grafica e stampa del disegno (a cura di Grafiche 2G di Lozzo Atestino).

 


IdeAttivaMente ha sede nel territorio di Assisi e Bastia Umbra mentre a Santa Maria degli Angeli si trova IdeAttivaMente PLAY SHOP diventato oramai punto di riferimento per il territorio in tema di giochi educativi e innovazione applicata alla didattica.

Le arti e i mestieri al Trasimeno, con i loro saperi, si compenetrano, da tempo immemore, nelle varie attività che dimorano intorno all’antico lago Tarsminass, lo specchio d’acqua così chiamato dagli Etruschi.

La pesca, con i suoi antichi metodi e gli atti millenari dei suoi pescatori, ha rappresentato e rappresenta un volano per molte altre attività artigiane, agricole e commerciali. Immaginiamo chi costruiva le barche, chi ne faceva la ferramenta, chi le corde, chi gli accessori, chi le reti da pesca, chi pescava, chi trasformava il pesce e, ancora, chi merlettava o ricamava, chi faceva i cesti, chi lavorava le cannine e chi…

Antiche arti

Un mondo di mani capaci ed esperte che dava forma, vita e attribuzione, con le loro specialità o specializzazioni, a ciascun manufatto richiesto o necessario. Il cordaio, il maestro d’ascia, il cestaio o intrecciatore, lo stuoiaio, il cantastorie, il bottaio, il boscaiolo, lo scalpellino, l’arrotino, lo stagnino o calderaio, il materassaio, il fabbro, il falegname, il carradore, il casaro, il frantoiano, il seggiolaio, il mugnaio, il carbonaio, il sellaio, il vasaio o cocciaio, il sensale, la sfilettatrice, lo scrivano, la lavandaia, il pastore, l’orologiaio, il calzolaio, il sarto, la tessitrice, l’arellaia, il banditore, lo stracciaio, il castrino, il ceraiolo, il tintore, il maniscalco, lo scopettaio, il legatore, il conciapelli, il contadino, il ghiacciaiolo, il norcino, il chiodaio, il minatore, il selcino, il pettinaio e il decoratore, …
Molte di queste attività artigianali sono scomparse o sono in via di estinzione; alcune si sono confermate per passione e non certo per redditività, talune si sono trasformate e altre sopravvivono a fatica e solo con personale dedizione, amore e sacrificio.

 

Foto di Cooperativa dei Pescatori del Trasimeno

 

Come per i pescatori del Trasimeno, che sono ancora oggi i detentori del sapere della cattura del pesce, con metodi e strumenti rimasti ancora ancestrali, come il giacchio, il tufo e il martavello; le loro gesta sono tramandate oralmente e nella pratica dalle generazioni che perdono le proprie origini pescatorie nelle notti lontane.
Allo stesso modo il ricamo e il merletto delle donne, nell’utilizzazione della tecnica del Filet Modano di San Feliciano o dell’Ars Panicalensis di Panicale o del Pizzo d’Irlanda dell’Isola Maggiore o del Punto Umbro del Pischiello, hanno rappresentato la realizzazione di mirabili elaborati artistico-artigiani attraverso le trame e i filati avvolti nelle loro matassine, a integrazione economica familiare o nell’affrancata similitudine della lavorazione delle reti che gli uomini del lago usavano per la pesca.
Siamo di fronte a delle eccellenze umbre apprezzate a molte latitudini del globo, con delle tipiche unicità lacustri, tramandate gelosamente da molte generazioni, fino ad arrivare ai giorni nostri, dove sono residuali le poche testimonianze che portano avanti antichi e differenti saperi.

Il Barchetto del Trasimeno

Poco tempo fa è stata completamente riprodotta una vecchia imbarcazione lacustre, andata distrutta in un incendio, chiamata Il Barchetto del Trasimeno. Una volta terminata, è stata esposta agli occhi affascinati dei visitatori nel piazzale antistante il Museo della Pesca e del lago Trasimeno a San Feliciano di Magione.
Talvolta la barca si può ammirare in acqua, per le occasioni e ricorrenze importanti, dove la copia gemella dell’antico legno è attesa da protagonista. Alla sua ricostruzione ha partecipato un’intera comunità lacustre, in un afflato comune, dove le sinergie tra pubblico e privato hanno fatto sì che un’imbarcazione navigante sia stata riprodotta fedelmente sia nell’essenze lignee sia nelle forme, nelle dimensioni come negli antichi metodi costruttivi. Un vero capolavoro artigiano!

 

Barchetto del Trasimeno

 

Nell’occasione, gli artigiani hanno dato sfoggio ad antichi e ritrovati saperi, con la perizia e i suggerimenti di esperti e titolati artieri e storici che hanno donato un particolare, anche minimo, per la riproduzione fedele del Barchetto del Trasimeno.
La tipologia del modello Barchetto ha origine lontane, prima dell’anno mille, e veniva detto del Gorro: era usato per la pesca a strascico che si praticava sul lago più antico d’Italia. Nel secolo scorso, tale pesca è stata definitivamente vietata.
Il Barchetto del Trasimeno, nella sua omologazione, era stato costruito, nelle forme e dimensioni, come quello del Gorro, successivamente integrato da una cabina passeggeri e da un motore per divenire un piccolo traghetto privato che ha navigato sul Trasimeno fino a qualche decennio fa. Infatti con l’avvento di nuovi materiali, tecnologie e imbarcazioni di moderna concezione, il Barchetto fu accantonato e posizionato in bella mostra ma, purtroppo, dimenticato e disusato. Un recente incendio ha decretato la fine dell’imbarcazione originale ma ha dato l’abbrivio a un vento ispiratore che ha portato al suo rifacimento in un’identica e bella copia e, come l’araba fenice, è rinato a nuova vita. Alcuni fantastici e volenterosi artigiani, supportati dalla società civile locale, con passione, dedizione, collaborazione e pazienza, hanno fatto sì che tutto ciò accadesse e soprattutto che la manuale creatività artigiana trionfasse su quella seriale dei macchinari industriali.
Anche San Francesco si fermò al Trasimeno e con un tipico barchino lacustre dei pescatori, certamente realizzato da un artigiano, fu trasportato sull’Isola Maggiore. Nell’occasione prendiamo in prestito una frase di Francesco, il Santo Patrono d’Italia, sintonica e celebrativa sul tema: Un uomo che lavora con le sue mani è un operaio; un uomo che lavora con le sue mani e il suo cervello è un artigiano; ma un uomo che lavora con le sue mani, il suo cervello e il suo cuore è un artista.

Olga Urbani è il nuovo Presidente della Fondazione Giulio Loreti, a Campello sul Clitunno, nata per offrire assistenza medica e diagnostica gratuite per persone indigenti.

Succede al grande Prof. Valerio Di Carlo, rettore della Cattedra di Chirurgia Generale dell’Università del San Raffaele di Milano e Presidente della Fondazione umbra per ben 9 anni. A scegliere Olga Urbani, Sandro, Mariella e Anna Teresa Loreti, fondatori della prestigiosa Onlus che si è distinta per l’attività svolta in campo sociale ed in campo medico.

Olga Urbani

“Sono sicuramente orgoglioso di dire che oltre ad essere la stupenda mamma dei miei figli, Olga è sicuramente la persona giusta che può aggiungere valore all’opera fin qui svolta da noi e dal Prof. Di Carlo” afferma Sandro Loreti. Mariella, moglie di Giulio Loreti e madre dei suoi due figli Andrea e Maria Giulia aggiunge: “La Fondazione è arrivata al grande traguardo di quasi 9.000 visite specialistiche gratuite, tra cui anche Mammografie e vari esami diagnostici”.

Olga Urbani, che da sempre è alla guida dell’azienda di famiglia, la Urbani Tartufi, è sempre stata vicina alle attività della Fondazione di cui è anche membro del Consiglio Direttivo. “Sono onorata – ha detto la neo-Presidente – per il compito che mi è stato assegnato, consapevole dell’importanza del ruolo svolto nel territorio umbro dalla Fondazione Giulio Loreti, che è destinato a diventare ancor più significativo nel momento difficile e critico che stiamo vivendo a causa del Covid-19. Nei miei intenti programmatici ci sono tre principi: solidarietà, ascolto e volontariato”.

Secondo una recente indagine ISTAT infatti, 6,6 milioni di italiani svolgono attività gratuite a favore di altri, dentro un’organizzazione o anche individualmente. Le motivazioni di tanti volontari vanno dal sentirsi meglio con sé stessi, all’allargare la rete dei rapporti sociali e per cambiare il modo di vedere le cose ampliando gli orizzonti di ognuno.

“È solo attraverso iniziative di questo genere che possiamo davvero contribuire a rendere questo mondo un luogo migliore dove vivere e lottare. La Fondazione, con il suo Direttore Generale, dottoressa Raffaella Bartesaghi, e tutto il suo team, è già oggi un grande punto di riferimento per tanti malati che, di fronte alla scoperta di un problema, si sentono confusi e non sanno quale sia la strada giusta da intraprendere, ma spero davvero di riuscire ad essere un elemento di coesione che renda il lavoro di tutti ancora più importante per il nostro territorio” aggiunge Olga Urbani.

“Ricevo un’eredità morale importantissima, non solo da Giulio Loreti che fu la ragione primaria di tutto questo, ma anche dal Prof. Valerio Di Carlo che per primo ci insegnò L’Amore per il Malato. La Fondazione Loreti avrà già vinto se, oltre ad elargire cure, avrà saputo comunicare, sorridere, ascoltare, se sarà riuscita ad assistere il malato condividendolo pienamente, coltivando con lui una vera e propria amicizia” conclude la neo presidente.

Sarà un’edizione più breve, ma di grande impatto. Tre categorie di concorso, webinar, proiezioni online e la mostra Lo Spazio che Occupo, negli spazi di affissione comunale.

Malditos, di Elena Goatelli, Angel Esteban

 

PerSo – Perugia Social Film Festival non si ferma e torna in città con la sesta edizione, dal 7 all’11 ottobre. L’evento internazionale dedicato al cinema documentario metterà in scena il meglio delle produzioni internazionali del cinema del reale: cinque giorni di proiezioni a ingresso gratuito (su prenotazione), tre categorie di concorso, eventi speciali fuori concorso e workshop. «Abbiamo deciso di organizzare una forma ridotta di soli 5 giorni, ma con la scelta coraggiosa di puntare sui film in anteprima» spiega Luca Ferretti che, con Giacomo Caldarelli e Ivan Frenguelli – coadiuvati da Giovanni Piperno, presidente del Festival e documentarista di grande esperienza – organizza l’evento.

L’arte scende in strada

La vera novità di questa edizione è Lo Spazio che Occupo, un progetto di arte pubblica che coinvolgerà, con sette percorsi, diverse zone e quartieri di Perugia occupando gli spazi di affissione del Comune. Un evento multidisciplinare che coinvolge undici artisti fra cui pittori, scultori, performer e filmmaker come Riccardo Palladino – regista umbro di grande spicco – e Oskar Alegria, reduce dal Festival di Venezia. Le opere, da rintracciare in giro per la città come in una caccia al tesoro artistica, offrono prospettive e punti di vista sulle possibili declinazioni dello spazio: che sia quello che gli artisti occupano nella società o quello che occupano come esseri umani. «Abbiamo deciso di far dialogare il linguaggio del cinema con altre arti e ampliare il Festival inserendo altri linguaggi e coinvolgendo la città. Quest’idea è nata anche in relazione alla situazione che si sta vivendo con il Covid: gli spazi al chiuso sono limitati e quindi usciamo e usiamo gli spazi di affissione pubblica e la strada. Le opere, che saranno affisse dal 7 al 21 ottobre, verranno poi raccolte in un catalogo» prosegue Luca Ferretti.

 

Lo spazio che occupo di Alice Gosti

Cinque giorni di cinema

Ma il cinema resta il vero protagonista. Il cinema che racconta storie, ambiente, lotta per i diritti delle donne, disuguaglianze e il presente con tutte le sue contraddizioni, le sue crisi e le possibili vie d’uscita. Questi i temi affrontati nelle tre categorie in concorso: PerSo Award per il miglior film documentario in anteprima italiana; PerSo Short Award per il miglior cortometraggio; PerSo Umbria in celluloide dedicato ai lavori sull’Umbria e/o di autori umbri. Prevista anche una categoria fuori concorso, il PerSo Masterpiece, rassegna che offre una panoramica dei film documentari di maggior rilievo e prestigio dell’ultima stagione cinematografica internazionale.
«Con il PerSo Short siamo tornati nel carcere di Capanne, qui i detenuti della sezione maschile voteranno il miglior cortometraggio. Quest’anno per ovvie ragioni la presenza in carcere si è interrotta nei mesi del lockdown ed è potuta riprendere solo nel mese di settembre. Perciò, i percorsi di formazione che negli ultimi anni avevano previsto visioni durante diversi mesi dell’anno, per garantire un approccio più completo al cinema del reale, non si sono potuti avviare. Per questa ragione, in via eccezionale, sono stati coinvolti nuovamente i detenuti formati per la giuria 2019» illustra l’organizzatore.

 

Gli appunti di Anna Azzori / Uno specchio che viaggia nel tempo, di Constanze Ruhm

 

Il Festival, organizzato dall’Associazione RealMente e che racchiude nel claim Differente. Non indifferente tutto il suo spirito, non si è fermato e, con grande impegno da parte degli organizzatori, promette cinque giorni imperdibili: «Abbiamo fatto uno sforzo immane e non sappiano se tutto questo sarà ripagato, anche economicamente, dai vari enti e istituzioni. È stato costruito tutto con quel poco che avevamo, ma ne siamo orgogliosi» conclude Ferretti.

 

PerSo Award

  • Beco, di Camilo Cavalcante, Brasile
  • Broken head, di Maciej Jankowski, Polonia
  • Si c’était de l’amour, di Patric Chiha, Francia
  • El father plays Himself, di Mo Scarpelli, Venezuela / Regno Unito / Italia /USA
  • Gli appunti di Anna Azzori / Uno specchio che viaggia nel tempo, di Constanze Ruhm, Austria / Germania / Francia
  • Malditos, di Elena Goatelli, Angel Esteban
  • Se ho vinto se ho perso, di Gian Luca Rossi, Italia
  • Still-lifes, di Filippo Ticozzi, Italia

 

PerSo Short

  • All on a mardi gras day, di Michal Pietrzyk, USA
  • I need the handshakes, di Andrei Kutsila, Bielorussia / Polonia.
  • Le veilleur (The watchman), di Lou du Pontavice, Belgio / Cina
  • Les aigles de Carthage, di Adriano Valerio, Francia / Tunisia / Italia
  • Polyfonatura, di Jon Vatne, Norvegia
  • Rewild, di Nicholas Chin e Ernest Zacharevic, Indonesia
  • Se asoma la marea, di Clara Cambadelis, Belgio
  • Selected milk, di Jose Luis Ducid, Spagna
  • Zu dritt, di Benjamin Bucher e Agnese Làposi, Svizzera / Francia

 

Umbria in celluloide

  • Amori, di Stefano Ceccarelli e Gabriele Anastasio
  • L’anima errante, di Alberto Brizioli
  • Mio fratello ciclotimico, di Emilio Seri
  • Palla prigioniera, di Hermes Mangialardo
  • Pantagral, di Andrea Greco

 


Per informazioni e programma:  www.persofilmfestival.it

Un importante riconoscimento nazionale è arrivato all’Associazione umbra Federico II di Svevia Hohenstaufen, nata a Perugia  nel 2018 dall’impegno di un gruppo di storici e appassionati studiosi umbri che condividono interessi e obiettivi comuni.

Il sodalizio ha infatti ottenuto il prestigioso Premio Italia Medievale 2020, un riconoscimento annuale che dal 2004 viene assegnato a personalità, istituzioni e privati che si sono particolarmente distinti nella promozione e valorizzazione del patrimonio medievale del Paese. Un’iniziativa che sostiene concretamente l’impegno di coloro che operano per la ri-scoperta e la ri-nascita di un’epoca per nulla buia e barbara, come ancora troppo spesso si vorrebbe far credere.

 

 

“È per noi motivo di orgoglio e soddisfazione – commenta il presidente Calogero Alessi – che ci ripaga degli sforzi profusi, i quali, anche se siamo una giovane associazione, sono notevoli. Voglio ricordare che lo scorso anno abbiamo messo a segno con grande successo un convegno ad Assisi, per ricordare l’incontro di Francesco nel 1219 con il Sultano Malik Al-Kamil, con cui Federico II trattò la pacifica soluzione della VI crociata.  Il risultato della XVII edizione del Premio Italia Medievale era già stato annunciato domenica 27 settembre scorso al Festival del Medioevo, ma ora è arrivata la notizia ufficiale. È un bel viatico anche per il nuovo impegno che ci attende, un convegno in programma per novembre sui rapporti tra Frate Elia da Cortona, San Francesco e l’Imperatore Federico II, che è sempre al centro dei nostri interessi”.

Oltre ad alcuni riconoscimenti speciali, sono sette le sezioni nelle quali si articola il Premio Italia Medievale, dall’editoria all’arte, allo spettacolo, al turismo, al multimediale, passando per i gruppi storici e per le istituzioni. La cerimonia di consegna degli attestati ai vincitori della XVII edizione del Premio Italia Medievale 2020 si terrà sabato 28 novembre nella prestigiosa Sacrestia del Bramante nella Basilica di Santa Maria delle Grazie a Milano.

Mostra itinerante Le Forme dell’Aria. Arte e Moda attraverso i sensi, dal 4 al 24 ottobre 2020 alla Sala Cannoniera della Rocca Paolina di Perugia.

Un autentico connubio tra Arte e Moda, dove da un’idea collaborativa tra Laura Cartocci, Carla Medici, Francesco Minelli e Marco Pareti ha preso vita un evento itinerante in cui la moda, l’arte, la fotografia e la poesia diventano complementari e s’intersecano in nome della bellezza etica ed estetica, oltre i canoni tradizionali.

Il visitatore potrà ammirare i mondi della moda e dell’arte che vanno di pari passo nella visione di come trasmettere emozioni e sensazioni, sia per chi immagina e sia per chi osserva attraverso le proprie percezioni sensoriali. Alla manifestazione parteciperanno più di 40 artisti nazionali e internazionali, l’Accademia delle belle Arti P.Vannucci, l’istituto Italiano Design, l’I.I.S. Cavour-Marconi-Pascal, il Liceo Artistico B. di Betto e il Nuovo Istituto Design. Altresì saranno allestite alcune istallazioni legate al mondo della moda e dell’arte a cura di Fiora Baglioni, CONVID 13, Kim Hee Jin, Michele & Co, Profumi di Perugia, Carla Tejo e Cinzia Verni. Taluni personaggi illustri, ospiti della mostra durante il periodo espositivo, impreziosiranno ulteriormente l’evento.

 

 

L’inaugurazione della mostra Le Forme dell’Aria. Arte e Moda attraverso i sensi, avrà luogo alle ore 18,00 di domenica 4 ottobre 2020 presso la Sala Cannoniera della Rocca Paolina, mentre per essere in linea con le disposizioni Covid 19, si potrà assistere solo su invito, alla presentazione della mostra che avverrà, poco prima, alle 16,30 presso la Sala dei Notari.

All’evento interverranno, Leonardo Varasano, Assessore alla Cultura del Comune di Perugia, Erika Borghese, in rappresentanza della Provincia di Perugia, il critico d’Arte Andrea Baffoni, Eleonora Pieroni, attrice e Ambasciatrice del made in Italy in America, Catia Rogari, poetessa e l’attore Stefano de Majo.

L’evento è organizzato da Laura Cartocci, dalla Casa degli Artisti di Perugia e da Marco Pareti che, nell’occasione, sveleranno le località dei successivi appuntamenti. Gli organizzatori, hanno semplicemente anticipato che le prossime due tappe dell’intrigante kermesse, saranno accolte in un suggestivo borgo del Trasimeno e in un affascinante borgo medievale ternano.

Dopo la presentazione e fino al 24 ottobre compreso, la mostra sarà visitabile presso la Rocca Paolina di Perugia, dal martedì alla domenica dalle ore 15,30 alle 19,00. Per eventuali informazioni chiamare il numero telefonico 348 5275776. L’evento è patrocinato dalla Provincia e dal Comune di Perugia e supportato dal GAL Trasimeno-Orvietano. Numerosi gli sponsor.

La palomba alla ghiotta è un’antica specialità di Todi, che nei ristoranti si trova in autunno e neanche sempre, mentre fuori stagione è quasi introvabile.

La ghiotta, quella della palomba, è solo la leccarda dove si raccoglie il sugo di cottura degli uccelli, che girano adagio sullo spiedo senza essere lambiti dalla fiamma e, mentre sono spennellati di olio, i loro umori scendono nella ghiotta. Gustare la palomba alla ghiotta è, scusate la ripetizione, una vera ghiottoneria!
Io l’ho mangiata per la prima volta quest’estate, cotta in maniera raffinata dalla mia amica Pina. Pina ha imparato a cucinare prima ancora di camminare e nel forno dei genitori ha preparato pane, dolci e ogni genere di squisitezze: delicatessen per gli stranieri della zona. Adesso che si è ritirata, solo poche persone fortunate possono gustare i suoi piatti speciali.
Tornando alla palomba, dopo una cottura di due giorni si presenta a pezzi, immersa in un sughetto denso da mettere sul pane bruscato. Ci sono varie scuole di pensiero disposte a scannarsi per affermare che il loro sughetto sia il solo valido. Cosa contiene quel sughetto così denso e saporito: olive nere o verdi, fegatelli, vino rosso e chissà quali altre prelibatezze.

 

Regina delle tavole umbre

Queste palombe sono uccelli migratori che, volando dall’Ungheria all’Africa, passavano sopra i boschi di Todi e di Amelia. Lì erano attese dai cacciatori che, fra capanni, richiami e uccelli addestrati (i palombini), studiarono ogni genere d’inganno per far scendere le palombe verso le pentole che le aspettavano. La caccia alla palomba era un’attività tipicamente umbra, anche se ora che i boschi sono stati sostituiti dai seminativi le palombe hanno modificato il loro percorso migratorio. Certi piatti, che oggi sono diventati prelibate rarità, qualche decennio fa erano invece piatti di sussistenza per i poveri, che mangiavano una palomba di tanto in tanto, di nascosto dai proprietari terrieri.
I signori, proprietari dei latifondi, ne cacciavano invece a centinaia, ma mai da soli, sempre con amici. La caccia alla palomba piaceva inoltre ai laici e ai religiosi; anzi i religiosi erano molto attenti che la caccia si svolgesse secondo le regole.
Con un editto del 1815 rivolto ai tuderti, il Cardinal Bartolomeo Pacca, Camerlengo di Santa Romana Chiesa, proibì a «ciascuna persona, secolare o ecclesiastica» di «tagliare legna, far chiassi, e qualsiano altri rumori nei siti, ove sono i palchi de’ cacciatori» nella stagione della caccia ai palombacci, «sotto pena di scudi cinquanta per ciascheduno, ed altre pene anche corporali». Multa e botte per i disturbatori della caccia alla palomba: se lo dice un cardinale vuol dire che era un rito della massima importanza. Fino a pochi anni fa sulla tavola delle famiglie benestanti di Todi il pranzo di Natale prevedeva la palomba alla ghiotta che, prima dell’entrata in uso dei frigoriferi, veniva conservata nelle neviere (o ghiacciaie) dall’autunno al Natale: tradizioni che sarebbero scomparse se non ci fosse il Club della palomba.
Cecanibbi di Todi è la sede dell’Università della Palomba, ovvero dell’associazione venatoria da dove provenivano i migliori capocaccia e che è fondamentale per la promozione di eventi dove la palomba è la regina e i commensali sono i suoi adoratori.

«Sono appassionata di arte e in questo modo ho unito la mia passione con il mio lavoro di chimica, in più do un contribuendo alla salvaguardia di opere che fanno parte della nostra storia e cultura».

Essere una salvatrice di opere d’arte, fermare – o quantomeno rallentare –  il loro invecchiamento, unire passione e lavoro, amalgamare alla perfezione chimica e arte è il lavoro della dottoressa Letizia Monico (35 anni), ricercatrice perugina che lavora al CNR e fa parte di un team che collabora col Dipartimento di Chimica di Perugia per salvare quadri in fase di deterioramento. I Girasoli di Van Gogh e l’Urlo di Munch sono passati sotto la sua lente e, con studi curati e approfonditi, si è scoperto che i colori – in particolare il giallo – perdono la loro bellezza: la causa è l’umidità. Recuperare queste opere non si può, però si può prevenire. Vincitrice di diversi riconoscimenti e premi, Letizia vanta anche pubblicazioni in riviste internazionali come Analytical Chemistry.

Letizia, la prima domanda è d’obbligo per tutti: qual è il suo legame con l’Umbria?

Sono nata a Umbertide e cresciuta a Perugia, dove ho anche studiato. Mi considero una perugina D.O.C.

Come è avvenuta la scoperta del degrado dell’Urlo di Edvard Munch?

Faccio parte di un’équipe di chimici che fa indagini sui materiali e collaboriamo con conservatori e storici dell’arte. Proprio i conservatori si erano accorti del degrado in atto, per la precisione avevano notato degli sbiancamenti del colore giallo presente sul quadro e lo sfaldamento della pittura stessa.

Come si può intervenire per evitare il peggio?

Occorre capire quali sono le cause e cercare di prevenirle. Con i nostri studi abbiamo sia studiato l’opera sia ricreato in laboratorio dei pigmenti quanto più simili a quelli utilizzati da Munch. In questo modo si è arrivati a scoprire quale potesse essere la situazione ambientale migliore affinché questi pigmenti non subissero modificazioni. Le opere sono a stretto contatto con l’ambiente, in primis luce e umidità e abbiamo visto come i due fattori – separatamente – possono incidere sull’opera. La scoperta è che non è tanto la luce che incide, quanto l’umidità.

 

Letizia Monico mentre cura i Girasoli

Quindi cosa si può fare?

Si può rallentare il degrado di questa tipologia di pigmenti e tenere l’opera in condizioni di umidità controllata.

Questo studio può essere utilizzato anche per salvare altri quadri?

Ogni quadro ha una storia a sé ed è realizzato con altrettanti materiali. La prima cosa da fare è capire la storia dell’opera, come è stata conservata e quali sono i materiali che la compongono. In teoria lo studio può essere rivendibile per le opere che hanno il giallo di cadmio, sul quale abbiamo fatto lo studio.

In passato si era anche occupata dei Girasoli di Van Gogh…

Sì, ma in quel caso si trattava di un altro tipo di giallo, giallo di cromo, che tende a scurirsi avendo una chimica del pigmento diversa rispetto al giallo di cadmio. Il fenomeno a livello visivo è diverso. In entrambi i casi però, ora si può intervenire per rallentare o interrompere il peggioramento.

Per questo ha vinto il Premio Levi 2015, riconoscimento nazionale della Sezione Giovani della Società Chimica Italiana…

Sì, l’ho vinto con la pubblicazione legata proprio al lavoro sui Girasoli: questo studio nasce con la mia tesi di dottorato. Ma non è stato il primo: già nel 2013 avevo vinto altri premi – il Premio miglior tesi di dottorato e Eric Samuel Scholarship Award in America – sempre legati allo studio del giallo di cromo.

In questo momento si sta occupando di qualche altra opera d’arte?

Di recente abbiamo lavorato su opere di Rubens e continuiamo su Munch e su un’altra versione dei Girasoli di Van Gogh che si trova a Londra.

Ha mai lavorato su qualche dipinto umbro?

Ancora il lavoro è nelle fasi iniziali, ma mi sto occupando anche degli affreschi del Cimabue di Assisi, quelli danneggiati durante il terremoto del 1997.

Com’è arrivata da chimica a studiare le opere d’arte?

A Perugia c’è un gruppo di ricerca nel dipartimento di Chimica che lavora proprio sui beni culturali. Io ho iniziato con loro perché sono appassionata di arte. In questo modo sono riuscita a unire il lavoro con la passione. Sono molto fortunata!

Quanto è difficile essere ricercatori oggi?

È un lavoro molto difficile e faticoso, ci vuole pazienza. Ma se uno è attivo, pubblica e collabora a livello internazionale – che è fondamentale – si pongono le basi per un futuro, per fare concorsi e per riuscire a entrare nel mondo del lavoro. Certo, le posizioni sono poche. Ripeto, non è facile.

Qual è il bello di questo lavoro?

La possibilità – come detto – di unire due delle mie più grandi passioni: la chimica e l’arte; la grande opportunità di stare a stretto contatto con oggetti di straordinaria bellezza e la consapevolezza che, nel mio piccolo, sto contribuendo un po’ alla salvaguardia di opere che fanno parte della nostra storia e cultura.

Come descriverebbe l’Umbria in tre parole?

Natura, arte e tartufo.

La prima cosa che le viene in mente pensando a questa regione?

Casa.

Il primo ottobre verrà presentata a Perugia la prima Guida dei 27 Borghi più belli d’Italia in Umbria.

 

Si tratta di un’opera di rilievo che racconta la bellezza della regione, attraverso i suoi piccoli comuni di eccellenze certificata. Gli è stato dedicato un anno di lavoro, intensificato durante la quarantena e continuato fino all’estate, grazie al prezioso contributo di tutte le amministrazioni comunali coinvolte, coordinate dall’associazione I Borghi più belli d’Italia e con la realizzazione grafica di qualificate imprese umbre. È un volume snello in formato tascabile, bilingue e gratuito, finanziato esclusivamente con i fondi associativi e messo a disposizione delle comunità e dei turisti.

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