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«L’ispirazione mi viene da dentro, non c’è un momento preciso. Ora l’obiettivo è lanciare il marchio MR». 

Monia Romanelli

Monia Romanelli è un’artista che si esprime attraverso la tela, ma anche attraverso abiti e accessori. Un’arte astratta e contemporanea che vive di colore ed estro: «Ho iniziato a 19 anni, ma la pittura è nel mio DNA da sempre. Ora voglio affermarmi con il marchio MR e magari portare i miei lavori a New York».    

 

Chi è Monia Romanelli?

Sono una pittrice, un’artista. Ho realizzato diverse opere, poi nel 2015, partendo dai miei quadri, ho pensato di unire arte e moda creando dei foulard in seta stampati con i miei disegni. Ho fuso, in questo modo, due settori che amo.  

 

L’arte è una passione che hai fin da bambina?

Ho iniziato a 19 anni, circa. Ma l’arte c’è nel DNA della mia famiglia, perché mio zio, mia zia e mia cugina, sono artisti e sto coinvolgendo anche le mie figlie.

Come definiresti i tuoi lavori?

Faccio molta ricerca in chiave contemporanea. Una mia produzione sono I mosaici dell’anima, una finestra dove guardare i sogni e le ambizioni con una geometria molto pensata e tridimensionale. Ogni tessera della tela è una finestra sul mondo e nell’insieme è proprio il mondo con la sua complessità che vuole essere rappresentato. Ogni tessera è diversa dall’altra, ha un suo cuore, una sua luce pura e uno suo stile.

 

I mosaici dell’anima

Moda o arte: qual è il settore che preferisci? 

A me piace creare, quindi amo sia l’arte sia la moda. In questo momento sto puntando a lanciare il marchio MR, anche se ovviamente non tralascio l’arte, perché è proprio dalle mie creazioni che nascono le stampe per i capi. Con molta fatica e impegno cerco di coniugare i due settori.

Come avviene la realizzazione?

La stoffa e la pelle – per foulard e borse – le faccio stampare dopo aver scelto tra le mie opere; ora sto creando anche una linea di magliette dipinte a mano, come dipinti a mano sono gli orecchini. Parto sempre da un mio quadro per creare il prodotto.   

C’è un momento preciso in cui arriva la tua ispirazione?

Vado molto a periodi. Come ogni artista ci sono momenti che non creo e altri più intensi che magari in tre mesi faccio anche 50 opere. Realizzando opere astratte l’ispirazione viene da dentro di me, devo sentire l’opera interiormente, quindi non c’è un momento preciso.

C’è un’opera a cui sei particolarmente legata?

Sì, ce n’è una in particolare che sento molto vicina: è un mosaico dell’anima con uno sfondo nero.

Hai di recente aperto una boutique in centro a Perugia…

Esatto, ho rilevato da circa un mese una boutique che era un’attività già avviata in cui ho inserito il mio brand MR – vendendo foulard, camicie, borse e altro – ma ho anche mantenuto le altre marche già presenti in negozio. Mi sto impegnando al massimo in questo nuovo progetto.

Se l’Umbria fosse un’opera d’arte, come la rappresenteresti?

La rappresenterei con mosaico che ha poche aperture ed esprime molta chiusura. Amo l’Umbria perché ci sono nata e ci vivo, ma è una regione molto chiusa, in netta contrapposizione con la mia arte che è aperta e all’avanguardia. Quindi realizzerei un mosaico abbastanza chiuso.

 

I mosaici dell’anima

Il tuo sogno?

Come prima cosa sviluppare il marchio MR, creando anche una serie di abiti. Se devo sognare in grande, vorrei portare a New York la mia arte e poi andarci a vivere.

Quali sono le tue riflessioni sul mercato dell’arte oggi in Italia?

È un mercato molto difficile. Un artista deve farsi valere e far valere le proprie idee e le proprie opere. Questo, in Italia e nel mondo in generale, è molto complicato. Però, chi fa arte, la fa a prescindere dal mercato o dai vantaggi che ne può ricavare; la fa per un’esigenza personale interiore, per un desiderio innato.

 


Per saperne di più

Appuntamento domenica 5 settembre per conoscere le due vincitrici che passeranno alla finale nazionale

Domenica 5 settembre, con inizio alle ore 21.00, presso il locale The Circle di Perugia, si terrà la finalissima umbra dell’evento Miss Grand International, la sfilata di bellezza che è finalizzata alla scelta delle due Miss che rappresenteranno l’Umbria alla finale nazionale che si terrà prossimamente a Roma.

La giuria tecnica dovrà tenere conto, non solo del lato estetico – come afferma l’organizzatore Manuel Pauselli – ma anche di fattori ugualmente importanti come l’eleganza, la personalità e lo stile.

La candidata italiana scelta a Roma sarà la rappresentante che si confronterà a dicembre con le altre 90 concorrenti a Phuket in Thailandia, dove le Miss saranno testimonial per il rispetto delle donne e per l’attenzione alle emergenze sanitarie.

Nell’ambito della stessa serata perugina, si terrà anche la prima edizione di Miss Femminilità ed Eleganza, dedicata alle over 30, 40 e 50.

L’evento prevede l’ingresso libero e gratuito e avverrà nel pieno rispetto delle normative Covid vigenti.

 

 

Un’idea poi uno schizzo: ecco come nascono i vestiti. Poi lo schizzo viene razionalizzato, sviluppato e ingrandito sino a prendere vita sotto forma di cartamodello.

Il cartamodello è la base per scegliere il tessuto più idoneo a valorizzare quello che era solo un abbozzo su carta. Come vuole la prassi, pronto il cartamodello, si può procedere a tagliare la stoffa e a cucire il vestito; la prassi però non è un dogma anche se non sembra essere così facile da ribaltare.

Se a creare vestiti, invece di un sarto, mettiamo un’artista architetto e per di più donna, le cose cambiano e la prassi va in malora. Parte integrante della mentalità dell’architetta è la geometria, ed è proprio la geometria che lei applica anche per realizzare vestiti. Emanuela Romiti è un’architetta che progetta costumi d’epoca partendo da due diversi punti che convergono, ovviamente, nel vestito elaborato e pronto da indossare. I due punti sono il tessuto e la storia rivisitata. Chi viene prima? Dipende. Lei, Emanuela Romiti, è una ricercatrice impulsiva e un’accumulatrice seriale di tessuti e oggetti d’abbigliamento che acquista e accantona dicendo: si vedrà. Finora l’accumulo ha trovato sempre un utilizzo. Come Sherlock Holmes guarda il tessuto e cerca l’indizio giusto che le farà scattare l’idea.
L’indizio può nascondersi dentro il tessuto. Se, ad esempio, il tessuto ha un ricamo a disegno sinuoso, sarà la geometria che si impadronirà del disegno per valorizzarlo.
Ho visto un abito molto bello, morbido e ricco fatto con rettangoli di stoffa: un rettangolo più un rettangolo, più un rettangolo hanno creato una meraviglia che però non ha niente di rettangolare. Magico. Alla fine ha prevalso la fantasia sulla geometria, ma è stata la geometria a guidarla.
Il cartamodello che per tutti i sarti è la base indispensabile per tagliare la stoffa lei non lo usa. All’architetta bastano tessuto, manichino e forbici.

 

 

Altro suo punto di forza è la lettura della storia. Emanuela Romiti crea costumi in base a quello che il personaggio le ispira, senza badare a quello che la storia con la S maiuscola imporrebbe sia nel tessuto sia nel colore.
Eppure, alla fine, quando l’abito è cucito ed è in mostra sul manichino non ci sono dubbi che sia il vestito di quel personaggio e di quell’epoca. I suoi costumi fanno concorrenza agli atelier specializzati in costumi teatrali. Ad agosto 2020 i suoi costumi furono esposti nelle sale del teatro comunale di Todi portando i visitatori ad attraversare i secoli con la fantasia e con le mani.

Alcune creazioni si potevano pure toccare; si partiva da Desdemona per arrivare a Josefine Baker. Immagine e fantasia sono il connubio magico di quei vestiti che invogliano a indossarli. La professoressa che per anni ha insegnato Scienza della moda e progettazione stilistica ha un bagaglio di conoscenze multiplo. Per lei guardare un vestito vuol dire entrare nell’epoca da un punto di vista stilistico, economico per la conoscenza del tessuto e tecnico perché, per deformazione professionale, guarda il tessuto in divenire, esattamente come guarderebbe un terreno che diventerà un palazzo.

Emanuela Romiti, artista dalle molte sfaccettature, non ha un atelier ma un vero e proprio laboratorio nella campagna di Todi. Le colline che vede dalle finestre del laboratorio l’hanno invogliata a riportare su carta l’emozione che le ispirano quei panorami e creare delle acqueforti.

La prossima estate, Covid permettendo, ABC eventi aprirà uno spazio espositivo nel centro di Todi, dove saranno in mostra per essere ammirati vestiti e costumi o forse saranno solo vestiti da sposa di ogni epoca. Vestiti d’artista. Forse si potranno pure provare e magari anche acquistare. Si vedrà.

Mostra itinerante Le Forme dell’Aria. Arte e Moda attraverso i sensi, dal 4 al 24 ottobre 2020 alla Sala Cannoniera della Rocca Paolina di Perugia.

Un autentico connubio tra Arte e Moda, dove da un’idea collaborativa tra Laura Cartocci, Carla Medici, Francesco Minelli e Marco Pareti ha preso vita un evento itinerante in cui la moda, l’arte, la fotografia e la poesia diventano complementari e s’intersecano in nome della bellezza etica ed estetica, oltre i canoni tradizionali.

Il visitatore potrà ammirare i mondi della moda e dell’arte che vanno di pari passo nella visione di come trasmettere emozioni e sensazioni, sia per chi immagina e sia per chi osserva attraverso le proprie percezioni sensoriali. Alla manifestazione parteciperanno più di 40 artisti nazionali e internazionali, l’Accademia delle belle Arti P.Vannucci, l’istituto Italiano Design, l’I.I.S. Cavour-Marconi-Pascal, il Liceo Artistico B. di Betto e il Nuovo Istituto Design. Altresì saranno allestite alcune istallazioni legate al mondo della moda e dell’arte a cura di Fiora Baglioni, CONVID 13, Kim Hee Jin, Michele & Co, Profumi di Perugia, Carla Tejo e Cinzia Verni. Taluni personaggi illustri, ospiti della mostra durante il periodo espositivo, impreziosiranno ulteriormente l’evento.

 

 

L’inaugurazione della mostra Le Forme dell’Aria. Arte e Moda attraverso i sensi, avrà luogo alle ore 18,00 di domenica 4 ottobre 2020 presso la Sala Cannoniera della Rocca Paolina, mentre per essere in linea con le disposizioni Covid 19, si potrà assistere solo su invito, alla presentazione della mostra che avverrà, poco prima, alle 16,30 presso la Sala dei Notari.

All’evento interverranno, Leonardo Varasano, Assessore alla Cultura del Comune di Perugia, Erika Borghese, in rappresentanza della Provincia di Perugia, il critico d’Arte Andrea Baffoni, Eleonora Pieroni, attrice e Ambasciatrice del made in Italy in America, Catia Rogari, poetessa e l’attore Stefano de Majo.

L’evento è organizzato da Laura Cartocci, dalla Casa degli Artisti di Perugia e da Marco Pareti che, nell’occasione, sveleranno le località dei successivi appuntamenti. Gli organizzatori, hanno semplicemente anticipato che le prossime due tappe dell’intrigante kermesse, saranno accolte in un suggestivo borgo del Trasimeno e in un affascinante borgo medievale ternano.

Dopo la presentazione e fino al 24 ottobre compreso, la mostra sarà visitabile presso la Rocca Paolina di Perugia, dal martedì alla domenica dalle ore 15,30 alle 19,00. Per eventuali informazioni chiamare il numero telefonico 348 5275776. L’evento è patrocinato dalla Provincia e dal Comune di Perugia e supportato dal GAL Trasimeno-Orvietano. Numerosi gli sponsor.

«Sogno di far crescere il mio brand e diventare uno tra i designer più influenti nel sistema moda».

Marco Rossi è un giovane – classe 1995 – e promettente designer di Passignano sul Trasimeno, nato sotto il segno del leone: «Sono un leoncino a tutti gli effetti» specifica. Oggi vive tra Roma e l’Umbria e da poco ha partecipato alla Vancouver Fashion Week, dove ha portato in passerella la sua collezione ispirata al Trasimeno.
«Una tela perfetta di verdi colline e vallate, antiche fortezze e il pittoresco lago Trasimeno. Scene di pesca giocavano sullo schermo mentre i modelli indossavano cappelli da pescatore e camicie oversize. Arancione, bianco e tonalità scure si mescolano per formare un bagliore che ricorda i cieli estivi in Italia», così Fashion Studio Magazine di Vancouver ha descritto la sua sfilata. Per Marco non era però la prima volta: era già stato selezionato per diverse competizioni nazionali e internazionali quali Alta Roma e Un Talento per la Scarpa.

 

Marco Rossi durante la sfilata in Canada

Marco, qual è il suo legame con l’Umbria?

Sono nato in Umbria a Passignano sul Trasimeno, anche se la mia famiglia non è originaria di questa regione. Amo l’Umbria profondamente perché è sinonimo di natura ed è una delle poche realtà italiane in cui il verde resiste al cemento. Il legame maggiore ce l’ho però con il lago Trasimeno, perché ci sono nato e perché l’acqua è un elemento in cui mi ritrovo molto.

A Vancouver ha portato una collezione del suo brand AnotherDavid ispirata proprio dall’armonia del lago Trasimeno: ci spieghi meglio.

Sì, mi sono fatto ispirare dal Trasimeno, così da far conoscere al mondo l’Umbria e in particolar modo il lago: ho raccontato, attraverso la mia collezione, i suoi tramonti, con i colori che variano dall’arancione al viola. I cappelli e gli abiti larghi ricordavano l’abbigliamento dei pescatori, così come la stoffa a righe verticali e le pashmine in cotone intrecciate come le reti da pesca. Anche nella scelta dei tessuti ho voluto richiamare l’Umbria: il denim è misto a canapa, la nostra regione è pioniera nella produzione di questo materiale. Ho riservato una attenzione particolare ai materiali, naturali e inediti, così da utilizzare la minor quantità possibile di elementi inquinanti. Devo dire che è stata una collezione progettata e realizzata in circa due mesi: Istituto Italiano Design mi ha scelto e sono partito per il Canada, il tutto molto velocemente.

È stata comunque un successo…

Non mi sento soddisfatto al centro per cento – si può sempre migliorare – però c’è stato un buon riscontro, soprattutto da parte della stampa: giornali specializzati di moda hanno parlato di me e scritto della mia collezione. Queste sono piccole soddisfazioni che mi hanno ripagato dei tanti sacrifici fatti.

Troveremo l’Umbria anche in altre collezioni?

Penso di sì, anche perché all’estero – come dicevo – è stata molto apprezzata.

Disegna sia per uomo che per donna?

Per ora realizzo solo abiti da uomo, ma il mio progetto è quello di disegnare una collezione anche da donna.

 

Collezione del brand AnotherDavid, Marco Rossi.

Quando ha deciso di diventare designer di moda?

La moda mi è sempre piaciuta fin da piccolo, da ragazzino leggevo Vogue sotto le coperte (ride). C’è un aneddoto che spiega la mia passione fin dalla tenera età: quando si è sposato mio fratello più grande tutti dovevamo vestirci allo stesso modo, ma io – nonostante fossi molto piccolo – puntai i piedi perché volevo indossare il gilet oro e il papillon rosso. Alla fine la spuntai e mia madre mi accontentò! Questo è stato il mio primo approccio concreto con la moda e la mia prima ribellione al sistema (ride). Poi ho iniziato a studiare, frequentando prima il liceo artistico e poi l’Istituto Italiano Design a Perugia.

Ora, a cosa sta lavorando?

Sto cercando di portare avanti il mio progetto e promuovere il mio marchio AnotherDavid, ma non è facile.

Ci dia qualche consiglio per la stagione appena iniziata: quest’inverno cosa non deve mancare nell’armadio di un uomo?

Il cappotto spinato over, rigorosamente con la cintura e il cappellino ispirato alla kippah.

Ha qualche grande stilista a cui si ispira?

Ce n’è più di uno: Maison Martin Margiela per come destruttura l’abito, un altro molto vicino alle mie corde è Valentino per come rielabora i contest delle sfilate, il terzo è Alexander McQueen, che per me ha fatto davvero la storia della moda. Infine, Vivienne Westwood per il personaggio che è. Tutti loro comunque li apprezzo come persone e per come hanno saputo comunicare il loro essere attraverso la moda.

Per il suo futuro cosa si augura?

Voglio far crescere il mio brand e diventare uno tra i designer influenti nel sistema moda. Per ora è un sogno, ma spero diventi realtà.

Come descriverebbe l’Umbria in tre parole?

Equilibrata, spirituale, naturale.

La prima cosa che le viene in mente pensando a questa regione…

Il lago Trasimeno.

«È un vero piacere essere intervistati da un magazine umbro elegante come il vostro. Mi chiedevo poco tempo fa: “Chissà quando farò un’intervista in Umbria!” Ed eccoci qua».

Raimondo Rossi, in arte Ray Morrison, è un fotografo e direttore artistico perugino che vive fra Perugia, Roma e Los Angeles. Dopo aver maturato diverse esperienze in numerose sfilate e backstage, oggi si dedica a lavori di styling, direzioni creative o fotogiornalismo.
«In questo periodo seguo due progetti che sono volti a rompere alcuni stereotipi di bellezza. Purtroppo nella moda molte riviste propongono sempre la stessa zuppa». Per la sua eleganza è stato inserito fra le 10 icone di stile su NZZ Magazine.
Per questo e per molto altro, non poteva non finire tra le nostre eccellenze umbre!

 

Raimondo Rossi, foto by Alessandro Amico

Raimondo qual è il suo legame con l’Umbria?

Il mio legame con l’Umbria è molto forte, è quel luogo dove sono a casa anche in una strada che non conosco o in un bosco in piena notte. È un legame che ricorda la forza degli arbusti o degli alberi della nostra regione: anche dopo un taglio, tornano con più energia di prima. Di certo non svanirà mai.

Com’è passato dalla laurea in matematica all’Università di Perugia al mondo della moda?

È stato casuale. Mi è stato chiesto di indossare dei capi di uno stilista per degli eventi a Firenze e dopo quella settimana mi è stato detto da una giornalista: «Ray ti vedo bene nel mondo della moda, sei semplice e interessante. Perché non inizi a far qualche foto e a prendere i pass per i backstage?». Da lì son partito, prima con un semplice blog e poi con collaborazioni per Asbo e FabUK, due riviste londinesi. Poi è stato un po’ un crescendo, anche a livello interiore e di conoscenza delle mie attitudini e capacità.

Vive tra Perugia, Roma e Los Angeles: dov’è che si sente a casa?

A Los Angeles vado due volte l’anno, ma mi fermo sempre un po’ e mi sento molto a casa. Ormai sono sei anni che vado. Perugia è Perugia… quindi, fra le tre, forse Roma è quella che ancora non sento mia.

Blogger, fotografo di reportage, modello e styling: quale di questi lavori preferisce? Cosa vorrà fare “da grande”?  

Modello lo sono stato solo all’inizio o per qualche collaborazione e non è una cosa che mi piace. Ora sto facendo lavori che si possono restringere a tre: fotogiornalismo, styling e direzione artistica (mi viene affidato un team che guido nella realizzazione del progetto fotografico o video, o per un evento). In questo periodo seguo due progetti che sono volti a rompere alcuni stereotipi di bellezza. Purtroppo nella moda molte riviste propongono sempre la stessa zuppa, c’è bisogno di cose nuove ma valide.

Ha cambiato nome in Ray Morrison per essere più appetibile all’estero? Ho letto che l’Italia le va un po’ stretta…

Ho cambiato nome all’inizio semplicemente per un omaggio a Jim Morrison, anima travagliata ma complessa, e perché sono abbastanza affascinato dalla musicalità di alcuni nomi e cognomi anglofoni. Nell’ultimo anno sono tornato anche a usare il nome vero. Ma capita a tutti, no? Abbiamo parti di noi che a volte non riusciamo a collegare, poi tutto si unisce e prende forma. Chissà quante parti di me ancora devo capire e poi far lavorare con le altre. (ride)

C’è qualche personaggio a cui rifarebbe volentieri il look?

Tantissimi! (ride) Mi scoccia fare nomi, ma ce ne sono. Posso dire questo: qualunque persona famosa o no che vedo vestire sempre allo stesso modo, pur bello, non ha la mia stima. Credo che lo stile nel vestire sia un po’ come per la bravura di un attore: un certo trasformismo che porti ogni volta a creare nuove armonie, siano esse hip hop style o un classico dandy style.

Quando era ragazzino e andava a scuola a Perugia era già un tipo attento alle mode?   

Assolutamente no. Zero. Non mi interessavano. Tutt’ora non sono la mia principale passione, è un po’ un gioco, che è soprattutto volto a dare un messaggio: tutti voi – tutti noi – possiamo creare dei modi di vestire interessanti, non importa l’età, il peso o l’altezza. Ricordiamoci che anche nella moda a volte non sanno che inventarsi e fanno cavolate inguardabili.

Ci dia qualche consiglio: cos’è che un uomo non dovrebbe mai indossare? E invece cosa è indispensabile nel suo guardaroba?

Non esistono regole, ogni guardaroba dovrebbe cambiare a seconda del peso, altezza ed età, come ho detto prima. Un completo di Dior può essere disastroso per un red carpet, se su un corpo sbagliato o su un modo di camminare non giusto, o può essere il top. Comunque, a livello personale, nel mio guardaroba non mancano mai vari tipi di cappelli, anche sportivi, e occhiali. Riguardo a cosa un uomo non dovrebbe mai indossare, forse direi i collant (ma ci può essere qualche eccezione). Anche cose tradizionalmente poco usate, quali le gonne lunghe, posso dire che, in tipi alla Tiziano Terzani, sono okay. Una cosa che a me non piace sono anche le bretelle, ma a certi tipi possono star bene.

 

Raimondo Rossi, foto by Alessandro Amico

Da fotografo, se dovesse scattare una foto dell’Umbria o di Perugia come la rappresenterebbe? 

Assisi, in una foto con una composizione importante. Via Maestà delle Volte, in centro a Perugia, a ritrarre più elementi curvilinei possibili. E una composizione di volti di varie etnie, che peraltro ho fatto, a Umbria Jazz, per un magazine inglese. Perugia e la sua immagine devono rimanere più internazionali possibile.

Nel futuro di Raimondo cosa c’è?

Nessun programma preciso, sicuramente un po’ più di Los Angeles per lavorare in quell’area che sta a metà fra moda e costume. Mi piace la moda che rompe i volumi e nel cinema succede spesso. Voglio comunque rimanere indipendente e fare pochi lavori ma giusti. Non classici e che siano molto miei.

Come descriverebbe l’Umbria in tre parole?

Quiete, natura e buon cibo. Ma non vorrei descriverla solo così, come in parte appare nel Sensational Umbria di Steve McCurry. Metterei ancora più in evidenza l’internazionalità.

La prima cosa che le viene in mente pensando a questa regione…

San Francesco e Assisi. Tutto il mondo, California compresa, deve qualcosa a lui. E questo è bellissimo.

Sì, era umbro Pino Lancetti, potremmo dire un umbro DOC, di quelli che nel mondo hanno lasciato un’impronta indelebile e di cui l’Umbria può essere davvero fiera.

Lancetti

Pino Lancetti con le sorelle, Vanda, Lorena ed Edda

 

Nacque a Bastia Umbra il 27 novembre 1928; qui trascorse la sua giovinezza e già da allora era evidente quell’animo gentile e quell’indole artistica, doti che lo portarono a intraprendere la carriera di disegnatore di moda e che lo videro per molti anni protagonista assoluto a livello internazionale. Recuperiamo perle preziose della vita di Lancetti dalla monografia che gli dedicò nel 2007, anno della sua morte, la professoressa Edda Vetturini, sua ex insegnante e grande sostenitrice, in un’edizione speciale del «Il Giornale di Bastia» edito dalla Pro Loco di Bastia Umbra.
Da lei apprendiamo come il giovane Pino non amasse frequentare la piazza insieme ai suoi coetanei, ma preferisse disegnare schizzi su quell’album da disegno da cui difficilmente si separava e come, già da allora, nei suoi lavori si intravedessero fantasia e talento straordinari.
Frequentò l’Accademia di Belle Arti di Perugia, e dopo un primo periodo trascorso ancora in Umbria in cui si dedicò all’attività di disegnatore, prima nel campo della ceramica, poi nel settore artistico della Perugina, nel 1954 si trasferì a Roma.

Da sarto umbro a re dell’alta moda

Qui aprì un suo laboratorio in via Margutta e lentamente iniziò a crearsi una certa fama nei salotti importanti della Capitale, che gli permise di realizzare la sua prima collezione per la principessa Lola Giovannelli. I suoi lavori ebbero il plauso della più grande giornalista di moda italiana, Irene Brin, e da lì in avanti iniziò la sua importante carriera di disegnatore d’alta moda.
L’arte fu la sua musa ispiratrice, in particolare la pittura, e ai pittori sono orientate le sue più celebri collezioni: la prima, successo del 1956, influenzata da Modigliani; nel 1977 la collezione Italian Style Rinascimento suggerita dalle stanze di Raffaello, fino alla realizzazione di veri capolavori d’arte con il lancio nel 1984 della Sophisticated Lady, stoffe impreziosite da disegni che raccontano le profonde suggestioni degli artisti che più aveva amato e che maggiormente lo avevano guidato: Cimabue, Giotto, Picasso, Matisse, Kandinskij, Modigliani.

 

bozzetto_lancetti

Collezione di Alta Moda primavera/estate, 1986

Il sarto pittore

Più che abiti, queste creazioni erano vere opere d’arte, da esporre più che da indossare, e non a caso a Lancetti venne attribuito dalla stampa specializzata l’appellativo di sarto pittore”. Quel sarto pittore che nel 1986, per i 25 anni di alta moda, presentò a Villa Medici, sede dell’Accademia di Francia, una stupenda collezione in onore di Picasso, in contemporanea con una mostra presentata dal grande pittore nel suo ultimo periodo artistico: «I modelli di Arlecchino suscitano la stessa attenzione di quelli dell’artista spagnolo unendo, dipinto e Moda, in un armonico connubio all’insegna dell’Arte».[1]

 

Tradizione e innovazione: la versatilità di Lancetti

La moda di Lancetti era una moda raffinata, preziosa, gli abiti erano spesso ornati da ricami sapienti, decorati da pietre, cristalli, paillettes. Ogni capo era un’opera unica e irripetibile, da ammirare proprio come i dipinti amati dall’artista e da cui traeva ispirazione.
Famosi in tutto il mondo divennero i suoi foulard, veri e propri quadri con tanto di cornice monocolore, che rappresentarono un simbolo di eleganza e raffinatezza fra gli anni Settanta e Novanta.
Pino Lancetti fu un artista poliedrico, lavorò per il cinema (nel ’79 creò i costumi per il film La luna di Bernardo Bertolucci), fu artefice di profonde trasformazioni frutto di uno studio costante e di un’accurata ricerca: creatività sì, ma senza improvvisazione.
Accanto all’abito-opera d’arte, lo stilista intuì la necessità di cambiamento nella moda femminile, in linea con l’emancipazione che stava vivendo la donna negli anni Settanta. Da qui l’esigenza di creare una moda veloce, pratica, facile da indossare: nacque così il prêt-à-porter che gli valse il Premio Speciale della Stampa Italiana.
Lancetti fu in effetti uno stilista molto amato dalla stampa, italiana e estera, e molti furono i premi e i riconoscimenti ufficiali che ebbe durante la sua carriera: da Cavaliere della Repubblica alla Nomination in Who’s in Italy 1997, dal Baiocco d’oro del Comune di Perugia, all’Oscar alla Carriera dalla Camera nazionale della Moda. Solo per citarne alcuni. Nel 2001 il Presidente Ciampi lo nominò Grande Ufficiale al merito della Repubblica.
Fra le numerose mostre celebrative a lui dedicate, vogliamo ricordare quella allestita nella sua regione: nel 1999 nella Sala Cannoniera della Rocca Paolina vennero esposti cento capolavori d’alta moda facenti parte della collezione privata dell’artista.

 

Collezione primavera/estate, 1986

Il tributo della sua città

A dieci anni dalla scomparsa di Pino Lancetti, Bastia Umbra, che dopo la sua morte accolse il feretro del suo concittadino in un commosso abbraccio, ha voluto intitolargli la piazzetta adiacente alla Chiesa di San Rocco. In mezzo al piccolo Largo Pino Lancetti, egli osserva con la sua aria elegante e vagamente malinconica, quelle strade che tante volte lo videro passeggiare portando sottobraccio il suo inseparabile album da disegno.

 

[1]E. Vetturini, Lancetti. Il Re dell’Alta Moda, edizione speciale de «Il Giornale di Bastia», Pro Loco di Bastia Umbra, novembre 2007.

 


Fonti:

E. Vetturini, Lancetti. Il Re dell’Alta Moda, edizione speciale de «Il Giornale di Bastia», Pro Loco di Bastia Umbra, novembre 2007. La pubblicazione è stata gentilmente messa a disposizione da Vanda Lancetti, sorella di Pino.

 

 

Per saperne di più su Bastia Umbra