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Allโ€™alba del 28 giugno 1992, sul Monte Subasio, uno sprovveduto in buona fede inseguรฌ con un fuoristrada, quindi catturรฒ con le mani, un ยซbrutto cagnolino neroยป che portรฒ al campo-tendopoli del Comitato regionale umbro della Croce Rossa Italiana, realizzato in localitร  gli Stazzi, a non piรน di 300 metri dal luogo del โ€œsalvataggioโ€, dove era in addestramento insieme ad altre centinaia di volontari.

Questo รจ lโ€™inizio del racconto di Nerina, un lupo appenninico incappato in uno strano destino che lโ€™ha portato a condividere con lโ€™uomo tutta la sua lunga vita.

 

Nerina nel recinto di Villa Redenta, foto Mauro Magrini.

 

Quel giorno del 1992 ilย ยซbrutto cagnolino neroยป passรฒ di mano in mano fino ad arrivare sotto gli occhi di una veterinaria della ASL2 dellโ€™Umbria che si accorse subito che cโ€™era qualcosa di strano. Senza esitare allertรฒ gli zoologi dellโ€™Universitร  di Perugia e della Provincia, che si precipitarono sul posto.
Giunti sul Monte Subasio gli studiosi non trovarono lโ€™animale perchรฉ qualcuno aveva deciso di portarlo in un canile di Assisi. Raggiunto il rifugio, gli zoologi trovarono lโ€™animaletto chiuso nella carcassa di un’automobile, a stretto contatto con escrementi e peli di cane, con vicino una ciotola di latte contenente resti di cibo. Non appena videro lโ€™animale capirono subito che non si trattava di un cane, ma di un lupo appenninico (Canis lupus italicus) femmina di 40-50 giorni.

Nerina nell’area faunistica di Monte Tezio, foto Francesca Vercillo.

Lโ€™animale fu sequestrato dai funzionari della Provincia e la Procura della Repubblica di Perugia lo affidรฒ allโ€™Universitร , nella persona del Prof. Bernardino Ragni, esperto di Carnivori. Lโ€™ipotesi รจ che una famiglia di lupi avesse la tana con i piccoli non distante dalla zona del campo-tendopoli e lโ€™improvviso disturbo provocato dalla manifestazione aveva indotto i genitori a trasferire lโ€™unitร  sociale in luogo piรน tranquillo.
Lโ€™arrivo del fuoristrada probabilmente aveva perรฒ isolato la lupetta dal gruppo e lโ€™intervento dellโ€™uomo aveva poi definitivamente interrotto il contatto con il resto del branco; da quel momento il destino dellโ€™animale si era intrecciato indissolubilmente con quello degli uomini.
La giovane lupa fu trasferita nel Centro faunistico di Villa Redenta, a Spoleto, dove i custodi la battezzarono Nerina, visto il colore scuro-focato del mantello. Lโ€™etร  dellโ€™animale, il contatto fisico con lโ€™uomo e con i cani non consentirono un immediato ritorno in natura, sul Monte Subasio, anche se si cercรฒ di verificare – senza successo – se la famiglia dellโ€™animaletto fosse ancora nella zona di ritrovamento.
Gli zoologi si imposero la regola di non umanizzare il loro rapporto con la lupa appenninica. Quindi, per molto tempo, il nome non fu divulgato, per la preoccupazione che questa confidenza incrinasse, involontariamente, il rigore del proponimento di riportare la giovane lupa in natura, anche se non prima del raggiungimento del primo anno dโ€™etร .
Gli studiosi fecero di tutto, ma si scontrarono con lโ€™ostilitร  delle amministrazioni locali e dei residenti, che si opposero duramente alla possibilitร  di liberare lโ€™animale in natura, paventandone una brutta fine. Dopo vari tentativi di trovare una giusta collocazione allโ€™animale, il Comune di Perugia si rese disponibile a verificare la possibilitร  di realizzare unโ€™apposita struttura nel Parco comunale del Monte Tezio.

Nerina nell’area faunistica di Monte Tezio con un operatore addetto alla sua cura, foto Francesca Vercillo.

Andรฒ cosรฌ: lโ€™area faunistica fu realizzata, ma lโ€™ostilitร  della gente – anche di aree diverse, ma ecologicamente compatibili per un eventuale rilascio – rese impossibile pensare a qualsiasi forma di ritorno alla libertร , anche in considerazione del fatto che una specie a socialitร  molto complessa come il lupo non consentiva il rilascio di un soggetto in etร  avanzata.
Con rammarico tutto il gruppo di lavoro si rassegnรฒ e si concentrรฒ sulla necessitร  etica di consentire alla lupa appenninica di vivere la sua esistenza in cattivitร  nel migliore dei modi, furono messe in campo tutte le energie possibili per far sรฌ che Nerina potesse condurre una vita dignitosa.
Allโ€™etร  avanzatissima di 17 anni e 5 mesi e a quindici anni dal suo arrivo a Monte Tezio, allโ€™alba del 28 ottobre 2009 Nerina ha cessato di vivere. Nerina รจ stata sepolta sul Monte Tezio, nella suaย Area faunistica, e riposa sotto una umile pietra, come si conviene ad una figlia semplice e selvaggia della Montagna Appenninica.

 


  • Ragni B. (a cura di) 2013. Nerina e altri lupi in Umbria. Scritti in memoria di un’amica. Comune di Perugia, Regione Umbria e Universitร  degli Studi di Perugia.

ยซQuando cantiamo รจ fondamentale andare a tempo e andare nella stessa direzione, e ciรฒ dipende da due elementi: la guida del direttore e la sintonia tra di noi. Il direttore per noi รจ come un faro che ci guida e ci illumina la stradaยป.

Lโ€™amicizia sta alla base del gruppo vocale Trรฌtonus, nato a Perugia nel 2016 con lโ€™intento di dar vita a una realtร  musicale in grado di trasmettere quellโ€™intensitร  e quei valori, sia artistici sia umani, propri del canto corale. Lโ€™organico di voci, guidate e dirette dal Maestro Franco Radicchia con la collaborazione del Maestro Mauro Presazzi, comprende cantori di diverse etร , di differente formazione artistica e con un considerevole ed eterogeneo bagaglio di esperienza corale alle spalle: Francesca Maraziti (soprano), Costanza Mignini (soprano), Sabrina Alunni (contralto), Emilio Seri (tenore), Luca Rondini (tenore), Riccardo Forcignanรฒ (basso) e Alessandra Ligori (contralto). ยซPrima รจ nata lโ€™amicizia poi il gruppo, non il contrarioยป spiega Riccardo Forcignanรฒ, che si รจ fatto portavoce del coro per farci scoprire tutti i segreti e la storia dei Trรฌtonus.
Sebbene di recente formazione, la corale si รจ giร  esibita in vari contesti sia a livello locale sia nazionale, come la rievocazione storica Perugia 1416 o la Sagra Musicale Umbra nelle edizioni 2016, 2017 e 2018; ha tenuto concerti a Montepulciano, a Cortona e durante la 2ยฐ Rassegna Corale G. Costi a Crema. Nel maggio 2019 รจ arrivata la prima esperienza internazionale che li ha portati in Ungheria per la 30ยฐ edizione del Festival Corale Internazionale Miskolci Kamarakรณrus Fesztivรกl a Miskolc. ยซรˆ stata unโ€™esperienza fantastica e molto importante dal punto di vista formativoยป.

 

Trรฌtonus in esibizione nella Basilica di San Francesco ad Assisi. Foto di Claudia Ioan per gentile concessione del gruppo vocale.

Riccardo, qual รจ il vostro legame con lโ€™Umbria?

Siamo nati e cresciuti qui e proveniamo da diversi quartieri di Perugia.

Raccontaci in breve la vostra storiaโ€ฆ

Il gruppo รจ nato nel 2016 da una mia iniziativa: volevo tornare a cantare e conoscevo le persone giuste per farlo. Durante il liceo avevamo partecipato a un progetto corale col maestro Franco Radicchia: da quel momento il canto ci รจ entrato dentro e non lo abbiamo abbandonato piรน. Cโ€™รจ un detto che circola nellโ€™ambiente: ยซQuando inizi a cantare in un coro o lo abbandoni subito perchรฉ non ti piace, oppure non lo abbandoni piรนยป. Cosรฌ รจ stato anche per noi!

รˆ sicuramente una realtร  diversa rispetto al cantare da solistaโ€ฆ

Assolutamente sรฌ. Ci teniamo a sottolinearlo.

Qual รจ la differenza?

La cosa piรน bella nel cantare in un coro รจ la sensazione di inclusione che ti dร . รˆ un gioco di squadra, soprattutto quando il gruppo รจ piccolo come il nostro: non sei solo una voce, ma sei un supporto anche per gli altri.

Cโ€™รจ una parte difficile del cantare in coro a piรน voci?

Durante un concerto รจ importante andare a tempo e andare nella stessa direzione, e ciรฒ dipende da due elementi: la guida del direttore che sincronizza il lavoro e la sintonia tra di noi, e per questo lโ€™essere amici รจ fondamentale. Con il direttore formiamo un triangolo in cui il lui sta al vertice ed รจ il faro che illumina e ci guida.

Avete mai litigato?

No. Ci sono stati dei momenti di confronto, ma litigi veri e propri assolutamente mai.

 

Trรฌtonus. Foto di Claudia Ioan per gentile concessione del gruppo vocale.

Da dove arriva la scelta di questo nome? Ha un significato?

Il Trรฌtonus โ€“ lโ€™accento รจ sulla i โ€“ รจ lโ€™intervallo di tre toni tra una nota e lโ€™altra: nel Medioevo, siccome รจ un suono fastidioso e tetro, veniva definito il diavolo fatto musica e molti compositori dellโ€™epoca evitavano di inserirlo nelle loro musiche. Questo ci ha sempre molto affascinato e ci ha convinto per la scelta del nome. In piรน si discosta dalla nostra filosofia, che รจ quella della cura del suono anche dove ci sono contrasti. Abbiamo appunto giocato su questa opposizione.

Perchรฉ avete scelto di cantare musica medievale e rinascimentale?

La scelta risale fin dai tempi del liceo. Il Maestro Radicchia, che รจ tra i piรน esperti in Italia di musica medievale e rinascimentale, ce lโ€™ha fatta scoprire e con il tempo ha attecchito dentro di noi, ci ha appassionato e dunque abbiamo intrapreso questo percorso.

Eseguite anche altri generi musicali?

Il genere musicale รจ sempre quello, musica vocale a cappella in prevalenza, anche se ci รจ capitato di cantare accompagnati da musicisti. Il repertorio invece cambia: passiamo dalla musica sacra a quella profana, e anche se eseguiamo brani piรน contemporanei manteniamo sempre la vocalitร  che ci contraddistingue. Ci stiamo anche affacciando al vocal pop. Di recente un compositore ha scritto per noi un madrigale, che lo scorso ottobre abbiamo eseguito durante un concerto nella Basilica Superiore di San Francesco ad Assisi. รˆ stata una vera emozione e un onore poter cantare qualcosa scritto appositamente per noi.

Come avvengono le vostre prove?

In condizioni normali proviamo in media una volta a settimana per un paio di ore. Sono prove molto intense e faticose. Studiamo le note, la contestualizzazione e la storia del brano; il Maestro ci guida, ma aspetta sempre che il dettaglio per lโ€™esecuzione esca da noi, fa sรฌ che ci maturi in testa.

Ora con il distanziamento come fate?

Come durante il precedente lockdown, abbiamo deciso di sospendere le prove perchรฉ non possono prescindere dalla convivenza, ma ci siamo incontrati online per studiare e parlare di progetti futuri. Abbiamo sospeso, ma non interrotto.

E quali sono i vostri progetti futuri?

Lโ€™idea รจ quella di incidere un cd, vedremo cosa si potrร  fare. รˆ prevista anche una collaborazione con un compositore e chitarrista francese per fare dei concerti: รจ ancora un progetto embrionale.

Cosa sognate? Dove vorreste arrivare?

Il gruppo รจ nato da unโ€™amicizia e non il contrario e ognuno di noi ha un lavoro extra coro. Per ora รจ una passione anche se lโ€™atteggiamento e lโ€™impegno sono a livello professionistico. รˆ un hobby, ma รจ vissuto come un vero lavoro. Il nostro intento รจ mantenerlo come un qualcosa che duri per sempre e abbiamo in cantiere bellissimi progetti, non ci siamo dati un limite. Vediamo come andrร ! Non escludiamo nulla.

In questo periodo spesso avete fatto esibizioni da remoto, ognuno a casa sua: cosa vi manca dei concerti dal vivo?

Il contatto con il pubblico e cantare dal vivo ci manca tantissimo. Il concerto di ottobre ci ha dato una boccata di ossigeno visto che venivamo da mesi di isolamento; inoltre, ci siamo esibiti allโ€™interno della rassegna internazionale di musica sacra Assisi Pax Mundi in cui erano presenti tanti direttori dโ€™orchestra e questo รจ stato davvero emozionante.

Quanto รจ difficile oggi il mondo della musica?

Molto. Ci vuole coraggio, talento e fortuna per vivere in questo mondo. รˆ un mondo difficile soprattutto per noi che siamo nati spontaneamente senza unโ€™impostazione predefinita per arrivare da qualche parte. Il nostro obiettivo รจ quello di non compromettere la vera essenza della nostra musica.

Ingredienti

  • 40 g di tartufo nero di Norcia o bianco di Gubbio
  • 6 uova
  • 6 cucchiai di olio extravergine dโ€™oliva
  • Sale

 

Preparazione

Fare a scaglie il tartufo; rompere in una terrina le uova, salarle e sbatterle leggermente. Versare lโ€™olio in una padella per friggere, aspettare che sia ben caldo e versarvi le uova sbattute. Lasciar rapprendere la frittata in modo che sotto sia leggermente dorata e rimanga morbida in superficie. Togliere la padella dal fuoco, cospargrte rapidamente la superficie morbida con le scagliette di tartufo e ripiegare la frittata su sรฉ stessa. Servire subito.

 

 

Molti mescolano il tartufo alle uova sbattute, ma questo era il modo in cui un tempo a Norcia e Gubbio preparavano la frittata di tartufi; la tecnica usata, รจ di fatto, quella delle omelettes ma mi pare piรน giusto il termine frittata, che era quello usato in queste due cittadine umbre del tartufo.

 


Per gentile concessione diย Calzetti&Mariucci.

I perugini che videro nascere nel 1478 Giovan Battista Danti non immaginavano di certo che qualche anno piรน tardi quel ragazzo universitario pieno di talento li avrebbe fatti stare con il naso all’insรน per ammirare le sue evoluzioni aeree, per la prima volta in assoluto effettuate con un mezzo ad ala fissa (simile all’attuale deltaplano).

Questo Dedalo umbro– chiamato anche il perugino volante – dopo approfonditi studi e ricerche da precoce e illuminato ventenne, realizzรฒ una struttura alare con un telaio di legno e superfici in pelle. Siamo negli anni dove l’altro scienziato, il ben noto e stimato Leonardo da Vinci, era convinto che l’uomo potesse volare con macchine che imitassero il volo degli uccelli, per lo sbattere delle ali, oppure con una macchina a volo elicoidale, tipo l’elicottero odierno. Danti, dal canto suo era, invece convinto che l’uomo potesse volare grazie a una macchina ad ala fissa, sfruttando il vento e le correnti ascensionali.

I due si incontrarono nel 1502 a Castiglione del Lago, dove Leonardo stava ipotizzando opere di ingegneria idraulica per realizzare una rete di comunicazione tra la Chiana, il Trasimeno, l’Arno e il Tevere. Grazie a Giampaolo Baglioni, il signore di Perugia, si confrontarono sui loro studi, teorie e imprese riguardo il volo. Al termine dell’incontro ognuno rimase della propria idea, ma Leonardo, qualche anno piรน tardi, si ricredette sul volo ad ala fissa proposto da Danti.
Il perugino volante, al momento dell’incontro con Leonardo, aveva giร  volato con la sua macchina e quindi non solo teorizzato quello che riteneva il miglior metodo di volo umano. Infatti Danti si sperimentรฒ per la prima volta nel 1498, lanciandosi dalla sommitร  di Isola Maggiore con la sua macchina di legno, tessuto e pelli e, dopo un breve volo, planรฒ sulle acque del Trasimeno. Provรฒ piรน volte nel tempo, perfezionando il suo sistema, e ogni volta veniva recuperato, dalle acque del lago, da un suo fedele assistente.

Il volo su Perugia

L’occasione ufficiale per presentare la sua macchina volante fu nel 1498 (per alcuni il 1503), durante la celebrazione delle nozze tra Pantasilea Baglioni e Bartolomeo d’Alviano, capitano di ventura.
Durante la festa, quando la Piazza Grande perugina (oggi Piazza IV Novembre) era gremita di festante gente, Danti iniziรฒ a volare, lanciandosi da un tetto e volteggiando sulle teste della folla incredula e stupita, tra applausi, silenzi apprensivi e grida di stupore. A un tratto, un supporto del telaio ebbe un cedimento e il Dedalo perugino cadde violentemente su un tetto, rompendosi malamente una gamba e rimanendo offeso per sempre da una zoppia. Da allora non riuscรฌ piรน a volare, ma l’onore e la gloria lo accompagnarono a seguito dell’impresa. In seguito andรฒ a lavorare come ingegnere a Venezia, dove morรฌ a soli 39 anni, nel 1517.
Il Dedalo umbro, colui che effettuรฒ per la prima volta il volo umano con una macchina ad ala fissa sulle acque del Trasimeno, fu come precursore di altri fatti aereonautici che accaddero qualche secolo piรน tardi sempre sul vecchio Tarminass: l’istituzione della prima Scuola di Guerra per Piloti di Idrovolanti d’Italia a San Feliciano, inaugurata nel 1914 dal tenente Anselmo Cesaroni, l’inaugurazione del campo per aerei terrestri nel 1918, poi aeroporto, a Castiglione del Lago e l’avvento nel 1931 della Scuola Caccia e l’istituzione dell’azienda aeronautica SAI Ambrosini a Passignano sul Trasimeno nel 1934. Quella di Giovan Battista Danti รจ un primato di orgogliosa eccellenza per il Trasimeno, per Perugia e per l’Umbria. Se il perugino volante avesse potuto osservare le conseguenze di ciรฒ a cui aveva dato inizio…

Monteluco รจ il bosco sacro del monte sopra Spoleto, coperto di faggi, lecci e carpini.

Lo hanno considerato sacro i Romani e poi i benedettini, lo hanno considerato sacro i francescani e anche molte signore; ma di questo ne parleremo piรน avanti. Il monte รจ stato amato dagli eremiti, che mille anni fa arrivavano a piedi fin lassรน ed erano in stretto contatto con la natura e con il cielo.

 

Eremo di San Francesco

 

San Francesco non poteva tralasciare un luogo simile tanto che con i confratelli ha costruito un convento; poi vi passarono Michelangelo, Pirandello, il Gabibbo, la Sora Lella, Fiorenzo Fiorentini ed anche il tenore Beniamino Gigli. Non รจ necessario essere famosi per farsi prendere dal fascino del luogo.
Nel convento cโ€™รจ ancora la stanzetta dove ha dormito il poverello dโ€™Assisi, ma ci anche sono le celle dei frati che risalgono al 1218. Sono ambienti minuscoli e nudi, costruiti con una tecnica molto spartana; le pareti sono state costruite con i materiali che offriva il posto: due strati di vimini intrecciati, dentro i quali, come in un cesto, sono state versate le pietre, e sopra hanno dato una mano dโ€™intonaco. Il letto, quando cโ€™รจ, รจ un tavolaccio e il cuscino รจ un semplice pezzo di legnoโ€ฆ del resto allโ€™epoca di San Francesco si usava dormire sul duro, soprattutto quando cโ€™erano non cโ€™era altra scelta.

Tariffario delle camere

Durante la Grande Guerra

In seguito, durante la Prima Guerra Mondiale, toccรฒ ai prigionieri austriaci di costruire la strada, e da allora lโ€™eremo non รจ piรน stato tale. Nel 1921 รจ stato costruito uno chalet con camere sicuramente piรน confortevoli delle celle dei frati: talmente confortevoli da venire affittate a ore, a mezze ore e a quarti dโ€™ora; la targa allโ€™interno dellโ€™Hotel Ferretti รจ lรฌ a dimostrarlo. Era un luogo riservato in mezzo al bosco sacro, lontano da occhi indiscreti. Pochi anni dopo lo chalet divenne Hotel Ferretti e cambiรฒ la destinazione dโ€™uso. I proprietari dellโ€™hotel collezionano moto dโ€™epoca, alcune ancora funzionanti, e tra i memorabilia fa bella figura la locandina dellโ€™Estate Spoletina del 1933. Ventโ€™anni prima di Giancarlo Menotti, Spoleto aveva giร  una propensione per il festival.

Il bosco sacro

Il bosco di lecci รจ particolarmente bello e molto ben tenuto, ma descriverlo non รจ facile sapendo che Pirandello ha soggiornato lรฌ nel 1924: il confronto รจ impari. Il bosco sacro รจ gestito con molta attenzione, senza confliggere con lโ€™ecosistema.
Non cโ€™รจ sottobosco, cosรฌ le piante morte rimangono in sito per nutrire insetti, larve e quantโ€™altro: cosa che รจ determinante per il corretto mantenimento del bosco.
La gestione del bosco, cosรฌ come quella dei boschi attorno a Spoleto, รจ stata oggetto di grande cura anche in epoca romana: i Romani per istinto regolamentavano tutto, anche i boschi. Al centro del bosco sacro non puรฒ sfuggire un blocco di pietra calcarea, dove รจ incisa la inflessibile
Lex Spoletina: gli alberi potevano essere asportati, abbattuti e rimossi solo nei giorni del sacrificio a Giove, mentre per i trasgressori era prevista una multa consistente e si faceva anche obbligo di offrire un bue in sacrificio a Giove. Nel III secolo a.C. i Romani si preoccupavano di preservare il bosco.

 

Lex Spoletina all’interno del Bosco Sacro di Monteluco

Nellโ€™ambito delle attivitร  dedicate alla ยญfigura di Giovanni Carandente, il Comitato nazionale a lui intitolato e formatosi con decreto ministeriale nel dicembre del 2019, ha elaborato una serie di azioni volte a far luce su una ยญgura fondamentale della storia culturale italiana e diโ€‘cilmente riconducibile a classiยญcazioni speciยญche.

 

 

Le attivitร  del Comitato Nazionale per le celebrazioni del Centenario della nascita di Giovanni Carandente prevedono una mostra tematica dal titolo Giovanni Carandente. Archives and Documents (a cura del Comitato e di Lorenzo Fiorucci e Antonella Pesola) con documenti inediti dal suo archivio privato, fotografiยญe, una selezione di una serie di opere dedicategli da grandi artisti e provenienti dalla sua donazione conservata presso Palazzo Collicola, realizzazione di video documentari con immagini e riprese di archivio.

Lโ€™esposizione sarร  preceduta, sempre a Spoleto, tra il 12 e 13 novembre da un convegno internazionale in streaming (a cura del Comitato Nazionale per le celebrazioni del Centenario della nascita di Giovanni Carandente e della prof.ssa Stefania Petrillo) dal titolo Giovanni Carandente: una vita per lโ€™arte, che vedrร  la partecipazione di illustri relatori italiani e stranieri, docenti universitari, funzionari della sovrintendenza, storici dellโ€™arte, direttori di museo tra cui ยญgure di fama internazionale in rappresentanza delle Fondazioni Alexander Calder, Eduardo Chillida, Henry Moore, Beverly Pepper, Anthony Caro.

ยซLa mia cucina parte dai colori, dai profumi e dai sapori della terra in cui vivo. Lโ€™Umbria รจ in tutti i miei piatti come espressione del mio legame con il territorio, con le sue tradizioni e con le materie. Proporre un menu significa per me far percorrere un viaggio multisensoriale tra i paesaggi e i sentori di questa regioneยป.

ยซSe mi assegnano la Stella Michelin faccio una festa che dura tre giorni. Devi venire anche tu!ยป (scherza). Paolo Trippini, classe 1979, topย  chef umbro di Civitella del Lago (Terni), deve attendere solo fino al 25 novembre per sapere se lui e il suo Ristorante Trippini saranno insigniti di questo ambito riconoscimento. ยซรˆ lโ€™Oscar della cucina?ยป chiedo. ยซEsatto, รจ inutile far finta che non interessi. A me interessa eccomeยป. Nel frattempo lo chef รจ stato nominato Ambasciatore Italiano del Gusto, primo e unico umbro entrato a far parte della prestigiosa associazione italiana che promuove, sostiene e valorizza, nel mondo, il patrimonio agroalimentare ed enogastronomico di eccellenza made in Italy e made in Umbria. Dal 2015 รจ membro dei Jeunes Restaurateurs dโ€™Europe, associazione che riunisce i migliori e i piรน giovani rappresentanti dellโ€™alta gastronomia; รจ, inoltre, docente della scuola del Gambero Rosso e partner della famiglia Eataly, per cui, nel food district Eataly di Roma, ha portato il suo Bosco Umbro.
Trippini, stagione dopo stagione, racconta il suo territorio attraverso il menu e regala aneddoti – tramandati di padre in figlio – come fosse un diario di bordo, per un viaggio alla scoperta di unโ€™intera regione, dei suoi usi e costumi, del suo tessuto sociale, economico e culturale.

รˆ forse troppo facile farle questa domanda: qual รจ il suo legame con lโ€™Umbria?

รˆ un legame viscerale. Sono nato e cresciuto in Umbria e ho un amore spassionato per tutto quello che รจ umbro: dal cibo ai panorami fino alla cultura.

Ritroviamo i sapori dellโ€™Umbria anche nei suoi piatti e nella sua filosofia in cucinaโ€ฆ

Assolutamente. Negli ultimi anni abbiamo fatto un percorso per portare nel piatto tutti gli ingredienti tipici umbri, anche contaminati con altre cucine.

Diventare chef รจ stato quasi un passo obbligato – visto il ristorante di famiglia – oppure รจ quello che ha sempre sognato di fare fin da piccolo?

Ho sempre sognato di fare questo lavoro e non penso di essere capace di farne un altro. Non ho mai avuto dubbi a riguardo, per me รจ il lavoro piรน bello del mondo! Sono una persona fortunata, faccio ciรฒ che mi piace e non รจ un lusso che tutti possono avere.

 

Paolo Trippini, 41 anni

รˆ il primo e unico umbro nominato Ambasciatore Italiano del Gusto: cosa significa per lei questo riconoscimento?

Per me รจ un bellissimo riconoscimento di cui sono molto orgoglioso, ancora di piรน perchรฉ sono lโ€™unico umbro. Essere Ambasciatore del Gusto vuol dire far conoscere al mondo quali sono le proprie tradizioni e la propria cultura del cibo. รˆ una bella responsabilitร .

E cosa significa per la regione?

Avere un umbro che si puรฒ sedere al tavolo con i rappresentati delle altre regioni รจ molto importante. Cosรฌ comโ€™รจ importante confrontarsi con altri chef e presentare loro tutti i sapori dellโ€™Umbria: parlo di Antonino Cannavacciuolo, Carlo Cracco, di top chef o stellati.

A proposito di stellati, la stella Michelin รจ un obiettivo?

Le stelle le vedo tutte le sere! (scherza). รˆ ovviamente un obiettivo, ogni anno lavoriamo anche per questo e se arrivasse saremmo felicissimi, anche per lโ€™Umbria. Sono onesto, se la ottengo faccio una festa che dura tre giorni. รˆ il riconoscimento piรน importante per un cuoco, รจ inutile far finta che non interessi. I risultati di questโ€™anno escono il 25 novembre. Chissร ! Vedremo!

Allora, incrociamo le ditaโ€ฆ

Ve lo faremo sapere. Vi invito alla festa!

La ristorazione รจ uno dei tanti settori colpiti dal lockdown localizzato: come affronta questo periodo? Pensa che sia una giusta precauzione?

Finora abbiamo fatto tutto ciรฒ che cโ€™era da fare. Sicuramente non vorrei essere nei panni di chi ci governa in questo periodo, sai a livello nazionale sia regionale. Il problema cโ€™รจ ed รจ inutile nascondersi: il DPCM che ha ufficializzato la chiusura dei ristoranti ci ha lasciato un poโ€™ amareggiati; avevamo fatto tanto: distanziato i tavoli e istallato le varie protezioni per scaglionare la gente. Questa chiusura andava gestita in maniera diversa, magari con la prenotazione e unโ€™autocertificazione avremmo potuto continuare a lavorare come prima. I bar e i ristornati sono due realtร  distinte e si potevano gestire in modo diverso: nel ristorante gira meno gente, lโ€™apertura รจ ridotta โ€“ non piรน di tre ore โ€“ e tutto si controlla piรน facilmente.

Ci racconti la sua Umbria a tavolaโ€ฆ

รˆ una regione genuina. La sua cucina รจ molto radicata nel territorio e fonda tutto il suo gusto sui prodotti del bosco, sia a livello vegetale sia animale. Un giornalista una volta mi disse: ยซLโ€™autunno รจ la primavera umbraยป, in effetti questo periodo รจ il piรน bello, per lโ€™Umbria. Abbiamo funghi, tartufi, castagneโ€ฆ

Se lโ€™Umbria fosse un piatto, quale sarebbe?

Senza dubbio il Bosco umbro. รˆ una mia specialitร  vegetale che si rinnova con le stagioni, ma sempre inconfondibilmente legata al cuore dellโ€™Umbria. Oppure, se vogliamo pensare alla tradizione, il piatto che piรน ci rappresenta รจ il piccione, uno dei piรน ambiti nei ristoranti gourmet di tutto il mondo. Ho un aneddoto legato a questa cucina: ancora oggi non sono riuscito a cucinare un piccione in salmรฌ buono come quello che fa mio padre. Il piccione in salmรฌ rappresenta proprio lโ€™Umbria, in tutto e per tutto.

La nostra regione non รจ molto famosa per il cibo: come mai?

รˆ vero. In pochi sanno che in Umbria si mangia bene. Al di fuori non viene mani riconosciuta per questa peculiaritร ; ad esclusione dei romani, che vengono qui per mangiar bene. Inoltre, ci sono tanti chef famosi e stellati che comprano nelle aziende umbre che garantiscono prodotti eccellenti, ma anche questo รจ poco conosciuto. รˆ un vero peccato: a volte non abbiamo la consapevolezza del potenziale che cโ€™รจ qui, dobbiamo presentarci al di fuori con il vestito migliore. Questo รจ un mio obiettivo da ambasciatore.

Nella sua cucina non manca maiโ€ฆ

Come ingrediente, nella mia cucina, non manca mai la ricotta. Come status, non deve mancare mai il rispetto e la voglia di scoprire e conoscere.

Cโ€™รจ un piatto o un ingrediente che odia cucinare o mangiare?

Uno in particolare no, cerco di assaggiare tutto e mangio di tutto, ma direi che i cachi non mi danno nessun gusto quando li mangio. รˆ un frutto che non utilizzo nemmeno in cucina. Non mi dร  soddisfazione.

Facciamo un gioco: panpepato o pinoccate?

Panpepato.

Norcina o umbricelli al tartufo?

Norcina.

Rocciata o ciaramicola?

Rocciata.

Castagnole o torcolo di San Costanzo?

Castagnole.

Lenticchie o cicerchiata?

Cicerchiata.

Per finire, come descriverebbe lโ€™Umbria con tre prodotti locali?

Legumi, ricotta, piccione.

La prima cosa che le viene in mente pensando a questa regione?

Burbera.

L’isola Maggiore รจ stata lo scenario perfetto per l’evento tutto al femminile organizzato da Maria Pia Minotti.

Il Filo dellโ€™Acqua. Chiara Vigo e lโ€™arte del bisso รจ stato un evento particolare e ricco di fascino dedicato al mondo femminile: fa parte di un progetto iniziato nel 2016 e dedicato a I Talenti delle Donne fortemente voluto e organizzato da Maria Pia Minotti.
Vibrazioni, arte e bellezza sono state le protagoniste di questa giornata, realizzata anche con il prezioso sostegno del GAL Trasimeno Orvietano, che ha avuto la sua culla allโ€™isola Maggiore, sul lago Trasimeno, luogo in cui acqua e natura si fondono alla perfezione. Ospite dโ€™onore รจ stata Chiara Vigo che, collegata via Skype dalla Sardegna, ha raccontato la sua esperienza e la tradizione nella raccolta del bisso โ€“ o seta di mare โ€“ un filamento splendente come lโ€™oro e soffice, ma allo stesso tempo molto forte, che viene raccolto nel mar Mediterraneo. Questo filamento รจ prodotto dalla Pinna Nobilis, un mollusco in estinzione, di cui Chiara con molta attenzione taglia solo gli ultimi 5 centimetri dei circa 40 di bioccolo che ciascun esemplare adulto produce. Lei รจ la ventottesima di una lunga generazione che si รจ dedicata a questโ€™arte di raccolta e lavorazione: un processo impegnativo che prevede – dopo la raccolta – lโ€™immersione del bisso per 25 giorni in acqua dolce, poi nel succo di limone per schiarirlo e il passaggio in un mix segreto di 15 alghe, che lo rendono elastico. Ma non solo Chiara Vigo: altre donne hanno reso la giornata magica e ricca di esperienze.

 

Un momento particolare dell’evento

 

ยซMolto interessante รจ stato anche lโ€™incontro con Maria Sonia Baldoni, la Sibilla delle Erbe, una delle piรน complete conoscitrici delle erbe spontanee. Ha infatti fondato Case delle Erbe e ha collaborato con alcune facoltร  di Scienze Forestali. Inoltre, dopo il pranzo in giardino, abbiamo alimentato le relazioni con le nostre energie vitali grazie alla seduta di Arte Terapia condotta da Monica Grelli. Silvia Orciari invece ci ha fatto immergere nel vibrante suono delle campane di cristallo e nelle tonalitร  della sua voce calda ed evocativa che intonava canti sciamanici. Tutto questo, unito alla leggiadria della danza di Chiara Zucchini, hanno reso questa giornata bella, ricca, gioiosa e calda.ยป racconta Maria Pia Minotti.

 

S’innalza verso il cielo e si staglia come se fosse sul monte degli Dei, a guardia austera del confine umbro-toscano e delle colline dove รจ poggiato, incutendo rispetto e curiositร .

Quando si arriva nei suoi pressi, si rimane ancor piรน stupiti: si ha la sensazione di essere in cima al mondo e lo sguardo vaga cosรฌ lontano da perdersi tra colline, monti, laghi, pianure e borghi… si ha una vasta visione d’insieme e da qui si puรฒ capire che tipo di emozione il perugino Danti – che, a cavallo del Cinquecento, volรฒ sul Trasimeno con il primo rudimentale deltaplano della storia –ย  abbia provato.
Questo luogo suggestivo e d’incanto si trova in Umbria, nel comune di Tuoro sul Trasimeno: รจ il castello o, per meglio dire il fortilizio, di Montegualandro, รจ adagiato nell’omonima localitร .

 

Fortilizio di Montegualandro, foto de I luoghi del silenzio

 

Da qui si possono ammirare l’estensione della Chiana romana e di quella toscana, la bellezza del lago Trasimeno, delle sue isole e dei borghi prospicienti le sue placide e antiche acque, cosรฌ come la corona delle colline che lo cingono su tre lati. Alzando lo sguardo, si vedono le colline aretine, i rilievi senesi, il Monte Amiata, il Cetona e, piรน distante, il laziale Soratte, il Monte Arale e il Peglia. Continuando, si scorgono i monti Martani, il lontano Terminillo, i Sibillini e l’assisano Monte Subasio. Accolti tra le pieghe di questi monti e declivi vi sono le cittadine e i borghi che sembrano incastonati come degli unici gioielli preziosi e pare siano messi lรฌ per arricchire la vista di un paesaggio che, per magia e senso storico dei luoghi, amplifica ed esalta le emozioni che nascono dal profondo di ogni animo.

Una finestra sulla storia

Questo รจ il regalo di Montegualandro con il suo fortilizio: un paesaggio unico e vasto come se fosse una finestra aperta sulla storia che ha visto l’Etruria, nella sua massima estensione, terra di cultura storia e leggenda. Semplicemente mozzafiato!
La storia del maniero e della sua evoluzione parte, secondo notizie, dal X secolo, anche se giรน una stele etrusca ne ricorda il luogo. Nel XVI secolo il letterato locale Matteo dall’Isola affermรฒ che il suo nome derivasse dal greco gala (latte) per l’abbondanza di greggi che qui pascolavano. Ma รจ dal longobardo wald e land, bosco e terra, che trae origine l’ipotesi piรน accreditata sull’etimologia del toponimo.
Per la sua posizione dominante – sulla strada che collegava Perugia ad Arezzo e quindi a Firenze – fu sempre oggetto di mire e di conquiste. Qui, anche Federico Barbarossa mise la sua firma e, tra perugini e cittร  toscane, se non anche con lo Stato della Chiesa, passรฒ spesso di mano, cosรฌ come tra le famiglie Casali, Montemelini e Ranieri.

 

Fortilizio di Montegualandro, foto by I luoghi del silenzio

Ancor prima Annibale, nel giugno del 217 a.C., qui stabilรฌ il suo campo nella battaglia e Carlo Magno, qualche secolo piรน tardi, ne divenne il proprietario. Il Castello di Montegualandro fu visitato, al tempo del GranTour, da Goethe e Byron e il Carducci ne scrisse.
Il fortilizio รจ stato ristrutturato in tutta la sua bellezza: la cinta muraria, le torri, la chiesa e il corpo centrale hanno ripreso e rinnovato gli antichi e suggestivi fasti. รˆ di proprietร  privata e normalmente non visitabile internamente, ma vale bene il tempo di una bella passeggiata per ammirare esternamente la sua magica e affascinante composizione. In particolare da lassรน, si potrร  toccare il cielo con un dito, sentire il respiro della natura ed estasiarsi guardando il pittoresco paesaggio che si rispecchia nell’antico lago che gli Etruschi appellavano Tarsminass.