Sembra incredibile, ma la tradizione dei tipici dolci umbri รจ legata al fiume che attraversa la regione per andare fino a Roma: inutile dire che si tratta del Tevere.
Una volta il Tevere era un fiume navigabile e non quel misero rigagnolo, sempre in secca, che vediamo ora. Se torniamo indietro di almeno 2500 anni scopriamo che il Tevere era un confine quasi invalicabile; ci saranno stati forse dei traghettatori, ma le due sponde non erano ancora collegate da ponti. A quellโepoca sulla sponda destra vivevano gli Etruschi, mentre sulla sponda sinistra si estendeva la regione degli Umbri, che comprendeva Foligno, Spoleto e Norcia. Possiamo dire: tanto vicini e tanto diversi.
Il territorio etrusco si estendeva fino al mare Tirreno e fu proprio attraverso il mare che gli Etruschi entrarono in contatto con popolazioni, culture e cibi diversi. Gli Umbri invece, sulla destra del fiume, erano lontani dal mare, perciรฒ si servivano solo di cibi a chilometro zero.
La mandorla e la noce
La caratteristica delle due popolazioni si puรฒ riassumere in due frutti piccoli, ma ricchi di significato: la mandorla e la noce. Gli Etruschiusavano le mandorle, gli Umbri le noci. Giacchรฉ sono state trovate tracce di mandorli nella zona di Cittร di Castello, si pensa che lโalbero fosse presente in epoca etrusca. A sinistra invece, il noce era la pianta tradizionale della civiltร contadina.
Cโรจ anche da dire che in quei tempi lontani gli alberi erano legati a un concetto di sacralitร e di buon auspicio. Il mandorlo era visto come foriero di benessere e si perde nella notte dei tempi lโuso di mangiare confetti in occasione dei matrimoni per augurare agli sposi di vivere felici e contenti per 100 anni.
Per contro il noce ha una storia cupa che parla di streghe e di malefici vari. Tuttavia, malgrado la cattiva fama dellโalbero, si mangiava il frutto e si usava il legno, esattamente come il castagno della zona di Amelia/Santa Restituta.
Torciglione
Dolci umbri
Gli usi diversi li ritroviamo ancora oggi perchรฉ la tradizione si รจ mantenuta nei dolci. Ripartiamo da destra dove sโincontra Perugia e a Perugia si mangia il Torciglione: un serpentone che si morde la coda ripieno di mandorle e canditi, tipica composizione natalizia. Lo si trova anche a Chiusi, cittร ancora piรน etrusca e pure a Cittร di Castello e sul lago Trasimeno. Forse, anzichรฉ un serpente il Torciglione rappresentava unโanguilla e serviva a propiziare le pesca.
Il Torciglione si mangia durante le feste del Natale, mentre cโรจ un altro dolce perugino, a base di mandorle, che si consuma un mese prima: le Fave dei Morti. Sono piccoli biscotti a forma ovviamente di fava, fatti di pasta di mandorle e zucchero. Le Fave dei Morti si preparavano in occasione di un funerale e si consumavano sulla tomba del defunto durante il banchetto funebre. Usare le mandorle equivaleva a dire ricchezza e per secoli le mandorle hanno fatto la loro comparsa solo sulle tavole dei ricchi e nelle spezierie, dove si allestivano medicinali sempre per ricchi.
Fave dei Morti
Noci e nocciole erano invece cibo per poveri e questo caratterizzava il lato sinistro del Tevere. ย Anche se poveri gli Umbri hanno elaborato un dolce che รจ il loro vanto e che tutti conoscono: la Rocciata. ร conosciuta come la Rocciata di Assisi, ma si tratta di un dolce che si prepara tra Umbria e Marche. Pare che la sua origine sia antichissima e se ne trova una traccia non troppo dissimile nelle Tavole Eugubine, tavole di bronzo, scritte in lingua umbra, risalenti al III secolo a.C. e che riportano fatti risalenti a secoli prima. In questo dolce poi hanno messo lo zampino anche i Longobardi: รจ infatti simile a uno strรผdel, con mele e noci e avvolte in una pasta sottile.
Per me fu una sorpresa scoprire che la pasta della Rocciata fosse fatta proprio come la pasta dello strรผdel che faceva mia nonna altoatesina, e anche mia nonna mescolava mele e noci. Sono passati piรน di 10 secoli e non cโรจ stata alcuna variazione nella pasta e poca nel ripieno. Il ripieno invece si รจ differenziato perchรฉ in Umbria รจ stata aggiunta una spruzzata di alchermes che gli conferisce quel bel colore rosato. Lโalchermes fa dunque la grossa differenza tra Nord e Centro, ma ci sono pure delle piccole differenze locali: a Spoleto รจ stato aggiunto il cacao e a Foligno si sparge sullโimpasto del pan grattato per assorbire i liquidi in eccesso.
Rocciata di Assisi
Le noci entrano anche nella ricetta dei Maccheroni dolci. Lโorigine? Potrebbe trattarsi di una parola greco-bizantina legata allโuso della cena funebre, perchรฉ maccheroni proviene dal greco makarios (beato). Si preparano infatti in occasione delle feste dei Morti, dei Santi e si mangiano anche la sera della vigilia di Natale. La ricetta prevede come ingredienti: maccheroni, noci, zucchero/miele e alchermes.
Comunque, qualunque sia lโorigine di questi dolci, rimane chiaro che a destra del fiume i dolci, ancora oggi, sono farciti o addirittura fatti con le mandorle mentre quelli di sinistra, anche se sono intervenuti i nordici Longobardi, nel loro ripieno hanno sempre le noci.
Da venticinque anni frequento lโUmbria e molte persone che ho conosciuto e con cui ho a che fare sono straniere: americani, sudafricani, inglesi, olandesi e belgi, tutte persone che vivono stabilmente sul territorio, che hanno acquistato villette e che pagano anche le tasse. I tedeschi li conosco solo di vista e so che vengono saltuariamente.
Tra gli italiani ho trovato solo lombardi e veneti. Questo รจ dovuto ai 75 anni di pace europea e alle migliorate condizioni economiche del continente, che hanno favorito i grandi spostamenti interni. Molti hanno lasciato il loro Paese perchรฉ invogliati da un clima piรน mite, da una luce piรน intensa e, non per ultimo, da un grande seduttore: il cibo italiano. Spesso sono pensionati, altrimenti sono scrittori o giornalisti, comunque persone che potevano lavorare da casa anche prima del Covid-19.
Conosco una signora sudafricana che coltiva rose, un belga che scrive romanzi, alcuni tedeschi che si spostano tra Grecia, Italia e Germania e un olandese che insegna italiano. Persone benestanti che si sono inserite nellโambiente locale. Ci sono anche extracomunitari o persone provenienti dai paesi dellโEst e questi li vedo lavorare ovunque, come nel resto dโItalia. Naturalmente qualche umbro lโho conosciuto e dal profilo ho riconosciuto in maniera inequivocabile lโorigine etrusca.
Allora sono andata a spulciare tra le statistiche dellโISTAT e ho scoperto che lโUmbria ha una popolazione di 882.015 abitanti e di questi 97.541 sono stranieri e residenti (dati ISTAT del 2019). Un numero di tutto rispetto che corrisponde a Foligno e Cittร di Castello messe insieme. Poi mi sono accorta che molti maschi umbri tra i 50 e 60 anni hanno per compagne delle donne dellโEst. Perciรฒ gli umbri stanno mescolando il loro DNA con quello di tutto il mondo.
Un bel frullato di geni
Ma per tornare agli umbri, siamo sicuri che esistano davvero? Prima, quasi tremila anni fa, cโerano le popolazioni autoctone, poi, quando sono arrivati i Romani, lโUmbria รจ diventata unโimportante via di passaggio per eserciti e merci. Si sa, ed รจ ovvio, dove ci sono i passaggi le popolazioni si mescolano e i geni fanno festa. In seguito sono arrivati i Longobardi che si sono trattenuti per oltre 200 anni e di tracce ne hanno lasciate tante. Ad esempio nei cognomi Bernardini, Nardi,ย Leonardi, Baldoni, Federici,ย Baldelli. Poi cโรจ traccia nei nomi dei paesi: Gualdo o Fara. Hanno lasciato una traccia anche nei dolci, ne รจ un esempio la famosa Rocciata di Assisi: un dolce arrotolato come lo strudel, lasciato in ereditร dai nordici longobardi, fatto con la stessa pasta dello strudel di mele che faceva mia nonna austriaca con la ricetta di famiglia. Sono passati 13 secoli e la ricetta non รจ variata o, se lo รจ, รจ stato pochissimo.
Le ricette non variano, si modifica perรฒ il DNA e lโUmbria ha continuato a essere attraversata da eserciti e da pellegrini che scendevano a Roma sulla tomba di Pietro. Viaggiare per noi ha un significato diverso da quello di un secolo fa. Noi ci muoviamo con macchine, treni, aerei e navi, mentre prima andavano soprattutto a piedi, e a piedi ci si stanca molto ed รจ opportuno fermarsi per riprendere le forze. Petrarca fa partire per Roma il ยซvecchierel canuto e stancoยป, ma questa รจ poesia, mentre la realtร รจ prosaica e vuole che chi si muoveva per viaggi cosรฌ lunghi e pericolosi fosse giovane e robusto, proprio come i ragazzi che oggi vediamo sbarcare dai barconi.
Con tutto questo andare e fermarsi, con tutti questi giovani che passavano e vedevano ragazze coetanee, bisogna mettere in conto anche la biologia, che pretende che i giovani facciano sesso per riprodursi. Si tratta di un bisogno primordiale a cui difficilmente si sfugge e ragazzi e ragazze si saranno piaciuti e avranno fatto sesso e magari molti di loro si saranno fermati qui per sempre, mettendo su famiglia e facendo figli. Perciรฒ accanto alle migrazioni cโรจ anche la biologia ad aver fatto la sua parte. Allora io adesso mi chiedo se i miei amici umbri siano davvero umbri oppure, facendo un esame del DNA, scopriamo che umbri e stranieri sono molto piรน simili di quanto noi si possa credere. Lo diceva Luca Cavalli Sforza, genetista, tanti anni fa.
ยซFare il musicista รจ una carriera lunga. Per suonare il violino serve tanto amore e sacrificio, anche perchรฉ oggi cโรจ grande competizioneยป
ยซHa fatto delle belle domandeยป. Con queste parole il violista perugino Patrizio Scarponi si congeda dallโintervista. Lo prendo come un complimento, perchรฉ la nostra รจ stata una chiacchierata sulla sua carriera e sulla musica classica in Umbria. Non certo unโintervista per mettere l’interlocutore alle strette. Quindi sรฌ, รจ un complimento e mi sento soddisfatta! Soprattutto perchรฉ arriva da Scarponi, un uomo di cultura e di spessore artistico.
Il violinista e docente al conservatorio di Perugia suona il violino da quasi 60 anni; vanta collaborazioni con le maggiori orchestre italiane – La Nuova Aidem di Firenze, lโOrchestra Sinfonica Abruzzese, lโOrchestra Sinfonica Umbra, iย Solisti della Filarmonica Romana e dellโorchestra da camera I Filarmonici di Roma – e con i piรน grandi maestri, da Ennio Morricone a Uto Ughi. Insomma, unโeccellenza umbra a tutti gli effetti.
Patrizio Scarponi durante un’esibizione
Qual รจ il suo legame con lโUmbria?
ร un legame molto profondo, non solo perchรฉ ci sono nato e cresciuto, ma perchรฉ sento una vera attrattiva per questa terra di santi, poeti e artistiโฆ un luogo di bellezza assoluta. Sono molto contento di vivere in questa terra meravigliosa.
Ha mai pensato di andarsene, visto il lavoro che fa?
Ho sempre avuto tante occasioni, ma il piacere di vivere qui mi ha fatto declinare ogni offerta.
Cosa lโha spinta a diventare un violinista, a scegliere questo strumento?
ร stata quasi unโimposizione. Sono nato in una famiglia di musicisti e mi piaceva suonare la tromba: facevo finta di suonarla usando lโimbuto che serve per imbottigliare il vino. Mio padre invece decise che dovevo suonare il violino. Oggi lo ringrazio, perchรฉ รจ uno strumento che amo molto.
A quanti anni ha iniziato a suonare?
A 6 anni.
Cosa vuol dire essere primo violino in unโorchestra?
ร una grande responsabilitร , รจ il ruolo piรน difficile in cui un musicista puรฒ imbattersi. Hai sempre un pubblico doppio: lโorchestra dove ci sono i tuoi colleghi e il pubblico che viene ad ascoltarti. ร un ruolo che potrei definire scomodo.
Perรฒ dร grande soddisfazioneโฆ
Assolutamente. Ogni ruolo nella musica รจ sempre gratificante.
Collabora stabilmente con lโorchestra sinfonica creata e diretta dal maestro Ennio Morricone: ha mai partecipato alla realizzazione di qualche traccia per il cinema?
Ho realizzato per il cinema circa 40 colonne sonore: da Cโerauna volta in America a Baarรฌa, passando per La leggenda del pianista sullโoceano, La Sconosciuta, Malena e tante altre. Ho lavorato con il Maestro per 25 anni: negli ultimi 12 con Morricone ho fatto circa 300 concerti in tutto il mondo.
Quando il Maestro ha vinto lโOscar, un pezzetto lo ha sentito anche suo?
Quando ha ricevuto lโOscar alla carriera eravamo ospiti a Hollywood e abbiamo suonato davanti a tutte le star. ร stata una bellissima esperienza. Io sono un semplice musicista, รจ lui il genio. Io e i miei colleghi abbiamo fatto sempre del nostro meglio per realizzare le sue creazioni.
Nel corso della sua carriera ha effettuato registrazioni per la RAI: di cosa si tratta?
Abbiamo fatto molte registrazioni con I Filarmonici di Roma e il maestro Uto Ughi, cosรฌ come diversi concerti negli studi RAI. Senza dimenticare la realizzazione di dischi.
Ascolta musica pop? C’รจ qualcosa che le piace?
La musica fatta bene รจ tutta bella. Ci sono stati in passato musicisti di grande valore, penso ai Queen, ai LedZeppelin e ai Theย Rolling Stones. Ora seguo di meno, ma quando ero giovane ascoltavo questi gruppi che avevano musicisti di primโordine nel loro genere.
Cosa consiglierebbe a un giovane che vuole intraprendere la sua professione?
ร una carriera molto lunga, dura e piena di sacrifici. Deve piacere tantissimo perchรฉ, soprattutto per il violino, ci vuole una dedizione estrema, altrimenti non si arriva da nessuna parte. Oggi poi cโรจ molta competizione, ci sono dei giovani che fanno davvero paura. Occorre tanto sacrificio e tanto amore.
Lei quante ore suona in un giorno?
Da giovane dalle 10 alle 8 ore. Oggi non piรน di 3 ore in un giorno.
La musica classica in Umbria crede che abbia il giusto spazio o si potrebbe fare di piรน?
Si potrebbe fare tantissimo, con cinquantamila s (scherza). LโUmbria รจ una terra bellissima e piena di arte, ma la musica non viene apprezzata. Qui ha piรน successo la sagra della porchetta. Cโรจ lโassociazione Amici dellaMusica che funziona bene, ma spesso chiama a suonare musicisti stranieri, cโรจ poi il Festival dei Due Mondidi Spoleto che โ a mio parere โ in questi anni ha avuto un notevole calo, non si realizzano piรน concerti di grande spessore artistico come accadeva un tempo.
Concretamente, cosa si potrebbe fare?
Prima cosa si dovrebbe dare piรน spazio alla musica, costruendo unโorchestra stabile che in Umbria non cโรจ. Sono stati fatti dei tentativi in passato, anche da me, ma รจ stato tutto inutile. Abbiamo insegnato al mondo la musica, la scultura, la pitturaโฆ oggi siamo lโultimo paese in questi ambiti. Basti pensare che una cittร come Dรผsseldorf ha quattro orchestre stabili: in Umbria non ce nโรจ nemmeno mezza. Mi dispiace soprattutto per i giovani e i miei allievi perchรฉ, se vogliono diventare musicisti, se ne devono andare dallโItalia. Siamo un popolo pieno di talento – quando senti suonare un italiano lo riconosci subito – ma manca la possibilitร di realizzare i sogni.
Per concludere: come descriverebbe lโUmbria in tre parole?
Terra straordinaria, ma la gente รจ ancora contadina โ lโarte รจ lโultima cosa a cui pensano. Qualcuno non avrebbe nemmeno il diritto di viverci per quanta bellezza cโรจ, ma che in pochi apprezzano. Quindi le tre parole potrebbero essere: arte, storia e gente gretta. Non lo vorrei dire, ma quello umbro รจ un popolo ignorante, e lo dico da umbro.
La prima cosa che le viene in mente pensando a questa regioneโฆ
ยซLโaspetto della regione รจ piacevolissimo, immagina: un anfiteatro immenso, quale soltanto la natura puรฒ creare. Una vasta e aperta pianura cinta dai monti; questi ricoperti fin sulla cima di antiche e maestose foreste, dove la cacciagione รจ varia e abbondante. Lungo le pendici delle montagne i boschi cedui digradano dolcemente fra colli ubertosi e ricchissimi di humus, i quali possono gareggiare in fertilitร coi campi posti in pianura [โฆ] In basso lโaspetto del paesaggio รจ reso piรน uniforme dai vasti vigneti che da ogni lato orlano le colline, e i cui limiti, perdendosi in lontananza, lasciano intravedere graziosi boschetti. Poi prati ovunque, e campi che solo dei buoi molto robusti con i loro solidissimi aratri riescono a spezzare; quel tenacissimo terreno, al primo fenderlo, si solleva infatti in cosรฌ grosse zolle che solo dopo nove arature si riesce completamente a domarlo. I prati, pingui e ricchi di fiori, producono trifoglio e altre erbe sempre molli e tenere, come se fossero appena spuntate, giacchรฉ tutti i campi sono irrorati da ruscelli perenni. Eppure, benchรฉ vi sia abbondanza dโacqua, non vi sono paludi, e questo perchรฉ la terra in pendio scarica nel Tevere lโacqua che ha ricevuto e non assorbitoโฆ. [โฆ] A ciรฒ, naturalmente, si aggiungono la salubritร della regione, la serenitร del cielo, e lโaria, piรน pura che altrove.ยป
(Lettera di Plinio il Giovane a Domizio Apollinare, Libro V, epist. 6)
Storia
I primi insediamenti dellโestremo comune a nord della regione si devono far risalire agli Umbri come attestato dal ritrovamento di numerosi bronzetti.ย In epoca romana – con il nome Meliscianum dalla ninfa Melissa il cui nome significa โproduttrice di mieleโ ed evoca una zona in cui lโapicoltura era senzโaltro largamente praticata โ divenne un importante centro commerciale lungo la via Tiberina. Del periodo romano รจ notevole attestazione la grandiosa villa rustica che Plinio il Giovane fece costruire intorno al 100 d.C. In seguito la villa venne distrutta e il territorio devastato dai Goti di Totila.
Scavi archeologici di Colle Plinio, foto gentilmente concessa dal Comune di San Giustino
Il nome odierno di San Giustino, dal santo martirizzato a Pieve deโ Saddi ai tempi dellโimperatore Marco Aurelio, appare per la prima volta in un diploma del 1027. Il territorio di San Giustino fu per secoli conteso tra Arezzo, Cittร di Castello e San Sepolcro. I primi signori del luogo furono Oddone e Rinaldo di Ramberto, i quali nel 1218 si sottomisero a Cittร di Castello. A seguito della sottomissione del 1262 Cittร di Castello lo fece munire, ma durante la sede papale vacante, a seguito della morte di Clemente IV, San Sepolcro mise a ferro e fuoco il territorio distruggendo anche il fortilizio. Una volta ricostruito il Castello, esso fu dato in custodia nel 1393 alla famiglia Dotti, fuoriuscita da San Sepolcro, con lโimpegno che venisse usato per la difesa di Cittร di Castello. Dopo alterne vicende -in cui a piรน riprese il palazzo Dotti venne distrutto e ricostruito- la famiglia Dotti lo restituรฌ al comune di Cittร di Castello nel 1481. A questo punto il governatore papale di Cittร di Castello invitรฒ suo fratello, Mariano Savelli, valente architetto, a predisporre il progetto per la trasformazione della dirupata fortezza in potente palazzo che doveva rivelarsi inespugnabile e munito di un imponente fossato. I lavori vennero iniziati, ma mancando i fondi per portarli a termine Cittร di Castello lo diede nel 1487 a un facoltoso possidente, Niccolรฒ di Manno Bufalini, dottore in utroque iure e familiare di Sisto IV, di Innocenzo VIII e di Alessandro VI, perchรฉ portasse a termine i lavori. Tanti furono i servizi e meriti nei confronti della Santa Sede che nel 1563 Giulio Bufalini e il figlio Ottavio ebbero dal Papa il titolo di conti e a loro venne assegnato il feudo e il territorio di San Giustino. Durante il periodo napoleonico San Giustino, staccato da Cittร di Castello, divenne comune autonomo, ma fu soppresso con la fine di Napoleone per venire definitivamente riconosciuto con motu proprio di Leone XIII nel 1827. San Giustino fu il primo comune umbro ad essere occupato dai Piemontesi del generale Fanti lโ11 settembre 1860.
Castello Bufalini
Castello Bufalini, foto gentilmente concessa dal Comune di San Giustino
Castello Bufalini costituisce senzโombra di dubbio lโemblema di San Giustino. Il castello vede le sue origini nel fortilizio militare della famiglia Dotti. Restituito a Cittร di Castello nel 1478 dopo che a piรน riprese era stato attaccato e distrutto, nel 1487 il legato pontificio di Cittร di Castello lo donรฒ a Niccolรฒ di Manno Bufalini perchรฉ egli terminasse i lavori di ricostruzione iniziati su progetto di Mariano Savelli, fratello del governatore, con lโobbligo in caso di guerra di difendere Cittร di Castello e di accogliere le truppe e i capitani che il comune avrebbe inviato a difesa del luogo e dei suoi abitanti. Il Bufalini, su nuovo progetto redatto da Camillo Vitelli, trasformรฒ il vecchio fortilizio in una vera e propria fortezza circondata da un fossato, dotata di un mastio e quattro torri, camminamenti merlati e ponte levatoio.
Il Rinascimento portรฒ alla trasformazione della fortezza in villa signorile. Gli autori di tale trasformazione furono i fratelli Giulio I e Ventura Bufalini dal 1530 comproprietari e residenti nel castello. I lavori, eseguiti tra il 1534 e il 1560, riguardarono sia la ristrutturazione esterna dellโedificio sia la nuova disposizione e lโammodernamento degli spazi interni. Il progetto iniziale che prevedeva la sistemazione del cortile interno, la costruzione delle finestre inginocchiate, la realizzazione di una delle due scale a chiocciola e una nuova distribuzione degli ambienti, probabilmente si deve a Giovanni dโAlessio dโAntonio, detto Nanni Ongaro o Unghero (Firenze 1490-1546), architetto fiorentino della cerchia dei Sangallo, al servizio del granduca di Toscana Cosimo I, ma i lavori proseguirono anche dopo la sua morte. Per la decorazione pittorica viene chiamato Cristoforo Gherardi (San Sepolcro 1508-1556), detto Il Doceno, che dipinge cinque stanze con favole mitologiche e decorazioni a grottesca, lavorando dal 1537 al 1554. Alla fine del Seicento, il castello fu interessato da una nuova fase di lavori su commissione di Filippo I e Anna Maria Bourbon di Sorbello. Su progetto di Giovanni Ventura Borghesi (Cittร di Castello 1640-1708), il palazzo venne trasformato in villa di campagna con giardino allโitaliana. Lโultima vicenda costruttiva del castello ha avuto luogo dopo la Seconda Guerra mondiale, in quanto non uscรฌ incolume dai bombardamenti che interessarono la zona. Nel 1989 Giuseppe Bufalini lo cedette allo Stato. Con lโintegritร dei suoi arredi, il castello costituisce oggi un raro esempio di dimora storica signorile.
Villa Magherini Graziani di Celalba
Foto gentilmente concessa dal Comune di San Giustino
La villa, sorta su un preesistente fortilizio romano, fu progettata dagli architetti Antonio Cantagallina di San Sepolcro e da un certo Bruni di Roma su commissione di Carlo Graziani di Cittร di Castello. I lavori iniziati nei primi anni del Seicento furono portati a termine nel 1616. La struttura, a pianta quadrangolare, si sviluppa su tre livelli, sormontata da una torretta di 17 metri di altezza. Il piano terra รจ decorato da archi murati al cui centro si aprono finestre e nicchie che evocano la regolaritร di un portico. Il piano nobile รจ caratterizzato da un ampio loggiato con elegante balaustra e colonne in pietra serena. Lโingresso laterale immette nella galleria carraia, costruita con volte a botte, che consentiva lโaccesso al coperto delle carrozze e collegava tra di loro la casa colonica e la chiesetta dedicata alla Santa Maria Lauretana. Lโedificio, che costituisce uno splendido esempio di villa nobiliare tardo rinascimentale รจ circondato da un parco di 6 ettari di superficie recentemente recuperato e nella parte frontale si puรฒ ammirare un meraviglioso esempio di giardino allโitaliana. Dal 1981 รจ proprietร del Comune di San Giustino che ha provveduto al restauro funzionale dellโedificio. Oggi la casa colonica รจ adibita ad attivitร socio-culturali. La chiesetta invece รจ oggi usata dal Comune di San Giustino per la celebrazione dei matrimoni civili. I locali di villa Magherini Graziani ospitano il Museo Pliniano e dal febbraio 2016 anche la mostra permanente Iperspazio di Attilio Pierelli (Sasso di Serra S. Quirico 1924-Roma 2013). Lโartista, fondatore del Movimento Artistico Internazionale Dimensionalista, ha dedicato gran parte della sua produzione alla visualizzazione del concetto di spazio relativo alla quarta dimensione geometrica e alle geometrie curve non euclidee e a Villa Magherini Graziani รจ possibile ripercorrere le diverse stagioni creative dellโautore dalle Piastre inox, ai Nodi, ai Cubi attraverso cui lโartista negli anni ha dialogato con lโiperspazio.
Museo del Tabacco
Museo storico scientifico del Tabacco, foto gentilmente concessa dal Comune di San Giustino
ร uno dei sette musei italiani dedicati al Tabacco. Sorto nella sede dellโex Consorzio Tabacchicoltori di San Giustino, ad opera dellโomonima Fondazione (costituitasi nel 1997), ha lo scopo di far conoscere lโimportanza storica che la tabacchicoltura ha avuto – ed ha – nello sviluppo sociale ed economico della zona. NellโAlta Valle del Tevere infatti la coltivazione del tabacco costituisce una tradizione che deve essere tramandata e diffusa. Non รจ un caso che proprio a San Giustino si trovi un museo dedicato al Tabacco, infatti nella penisola italiana le prime coltivazioni di una certa importanza per scopi commerciali dellโerba tornabuona โ cosรฌ chiamata perchรฉ i primi semi furono portati in Toscana dal vescovo Niccolรฒ Tornabuoni alla fine del Cinquecento – risalgono agli inizi del Seicento e risiedono proprio nella Repubblica di Cospaia, un piccolo territorio oggi frazione di San Giustino.
Tabacchine, foto gentilmente concessa dal Comune di San Giustino
Il museo comprende uffici, essiccatoi, sale di cernita: luoghi di grande fascino dove si rievoca una lunga storia di fatica e lavoro, ma anche di emancipazione, storia che ha avuto nelle donne del XX secolo le principali protagoniste. Le lavoratrici dei tabacchi, infatti, al pari delle operaie tessili, sono tra le prime donne che, abbandonato il tradizionale lavoro casalingo, vengono inserite nelle grandi industrie.
Museo storico scientifico del Tabacco, San Giustino, foto per gentile concessione del Comune
Museo storico scientifico del Tabacco, San Giustino, foto per gentile concessione del Comune
Museo storico scientifico del Tabacco, San Giustino, foto per gentile concessione del Comune
La Repubblica di Cospaia
Rievocazione storica Repubblica di Cospaia oto per gentile concessione del Comune
Veduta di Cospaia, San Giustino, foto per gentile concessione del Comune
Veduta di Cospaia, San Giustino, foto per gentile concessione del Comune
Cospaia, oggi frazione di San Giustino, รจ lโultima localitร a nord dellโUmbria. La sua storia โ la storia di un piccolissimo stato indipendente tra tre grandi potenze (lo Stato della Chiesa, il Ducato di Urbino e il Granducato di Toscana) a lungo in lotta tra loro โ merita di essere raccontata. Cosimo dei Medici aveva concesso un prestito di 25.000 fiorini a Eugenio IV per il Concilio ecumenico che nel 1431 aveva indetto a Basilea, chiedendo in garanzia la giurisdizione su Borgo San Sepolcro. Alla morte del Papa il prestito non era stato restituito e cosรฌ i due Stati mandarono i loro geometri a delimitare i rispettivi confini. I geometri lavorarono senza mai vedersi e cosรฌ i toscani stabilirono i confini sul Rio della Gorgaccia, i pontifici sul Rio Ascone. Il territorio compreso dunque tra i due fiumi, la collina di Cospaia, rimase pertanto indipendente. Dal 1441 al 1826 Cospaia ยซtrascorse quattro secoli senza avere capi, o leggi, o consigli, o statuti, o soldati, o esercito, o prigioni, o tribunali, o medico, o tasse. Sopravvisse secondo il buonsenso degli anziani. Non ebbe pesi e misureยป. Perfino la posizione del parroco, che si occupava anche di tenere il registro delle anime e di fare il maestro del paese, denunciava indipendenza, egli infatti non sottostava a nessun vescovo. Lโindipendenza finรฌ con lโaccordo dellโ11 febbraio 1826 con il quale Leone XII e Leopoldo I si spartivano il territorio. Cospaia il 28 giugno 1826 fece atto di sottomissione allo Stato pontificio e ogni cospaiese a โrisarcimentoโ della perduta libertร ebbe un papetto, ossia una moneta dโargento con lโeffigie di Leone XII. Ancora oggi il 28 giugno di ogni anno viene celebrata la โex Repubblica di Cospaiaโ.
Storiaย – Bibliografia essenzialeย San Giustino, in M. Tabarrini, LโUmbria si racconta, Foligno, s.n., 1982, v. P-Z, pp. 265-269.
E. Mezzasoma, S. Giustino, in ยซPiano.Forteยป, n. 1 (2008), pp. 43-49.
S. Dindelli, Castello Bufalini. Una sosta meravigliosa fra Colle Plinio e Cospaia, San Giustino, BluPrint, 2016
Castello Bufaliniย – Bibliografia essenzialeย
A. Ascani,ย San Giustino, Cittร di Castello, s.n., 1977.
G. Milani-P. Bร ,ย I Bufalini di San Giustino. Origine e ascesa di una casata, San Giustino, s.n., 1998.
S. Dindelli, Castello Bufalini. Una sosta meravigliosa fra Colle Plinio e Cospaia, San Giustino, BluPrint, 2016
La Repubblica di Cospaia – Bibliografia essenzialeย Cospaia, in M. Tabarrini, LโUmbria si racconta, Foligno, s.n., 1982, v. A-D, p. 447. A. Ascani,ย Cospaia. Storia inedita della singolare repubblica, Cittร di Castello, tipografia Sabbioni, 1977. G. Milani,ย Tra Rio e Riascolo. Piccola storia del territorio libero di Cospaia, Cittร di Castello, Grafica 2000, 1996 E. Fuselli,ย Cospaia tra tabacco, contrabbando e dogane, San Giustino, Fondazione per il Museo Storico Scientifico del Tabacco, 2014