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Stefano de Majo, attore e autore ternano, con il duo jazz Angelici-Graziani, sabato 4 marzo al Teatro Secci di Terni, presenterà in prima assoluta il nuovo spettacolo dal titolo evocativo 1971 l’anno che cambiò il rock.

Il connubio tra teatro e rock vide già quattro anni fa Stefano de Majo interpretare con successo la figura del leggendario Syd Barrett con la musica dal vivo dei Final Cut, la famosa cover band dei Pink Floyd. Sabato al teatro Secci sarà la prima di una nuova produzione che abbina il teatro di affabulazione dell’attore alla musica rock suonata dal vivo da una nutrita band di 10 valentissimi elementi: Alberto Cipolla, Emanuele Cordeschi, Tonino Cuzzucoli, Andrea Dominici, alle voci e chitarra, Claudio Baccani e Michele Cricco alle chitarre, Paolo Scappiti al basso, Gian Paolo Ionni alle tastiere, Mirko Brizzi alla batteria e Chiara Pistecchia danzatrice.

Lo spettacolo dal titolo 1971, utilizzando anche proiezioni di video art, come «…quell’anno il dio del Rock decise di cambiare la storia della musica, ispirando una straordinaria produzione discografica da parte di tutti i principali interpreti della scena mondiale» spiega de Majo.

 

 

«Sarà un viaggio nel tempo attraverso la musica rock, la musica sarà la vera protagonista,  il propellente che ci spedirà in orbita, sulle note del rock rivedremo le vicende straordinarie di quell’anno in cui il mondo già schierato nei due blocchi tra Usa e Urss, era diviso tra imprese lunari e sonde su Marte, guerre nel Vietnam e rivendicazioni ai confini dell’Irlanda del nord, l’anno in cui i Beatles intraprendevano una battaglia legale nei tribunali per la divisione del patrimonio e la civilissima Svizzera concedeva solo quell’anno il diritto di voto alle donne, l’anno in cui il mondo sognava col rock di raggiungere nuove dimensioni di pace e fratellanza universale, mentre David Bowie si chiedeva se ci fosse vita su Marte e John Lennon incideva la sua Imagine. Intanto in Italia tra golpe sventati ed elezioni sofferte del nuovo capo di Stato, votato in extremis alla vigilia di Natale di quell’anno 1971, il mite giurista Giovanni Leone, che entrò poi nella storia per le dimissioni a seguito del caso Lockeed, nel frattempo anche i gruppi rock nostrani come le Orme e la Pfm, dallo stivale volgevano lo sguardo al cielo nella malinconica bruma di settembre. Tra la grigia rugiada della campagna e i suoni sintetici della zona industriale. Insomma quel 1971 fu un anno speciale e lo spettacolo sarà un viaggio rock spaziale tra missili, sonde e moduli lunari, ma anche il ricordo della prima e-mail che quell’anno fu inviata dagli Usa, così come del primo E-book della storia che trascrisse per intero la dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America, mentre la sporca guerra del Vietnam invadeva anche il Laos, ma il vero spartiacque fu quando a Pompei i Pink Floyd al minuto 22.40 del loro concerto, l’unico a porte chiuse della storia,  nel silenzio degli scavi cari, mandarono in orbita un eco sintetico e primordiale che cambierà da quel momento la storia, non solo  del rock, ma anche la storia globale. Da quel momento il mondo non sarà più lo stesso, quel misterioso suono si propagherà dell’anfiteatro di Pompei fino allo spazio riecheggiando magari anche sulla luna, forse persino su Marte…».

Tutto pronto per La Congiura al Castello, lo spettacolo multisensoriale che, da stasera 19 luglio fino al 23 e poi, ancora, dal 26 al 30 luglio, porterà lo spettatore a rivivere gli eventi passati alla storia come la Congiura di Magione, ordita dal Cardinale Orsini ai danni di Cesare Borgia. L’evento, organizzato dal CRAL Domenico Cancelloni, è ospitato nel Castello di Magione (PG), location d’eccellenza capace di restituire sensazioni e atmosfere inedite.

Nelle stesse sale in cui l’ordito dei congiurati prese forma, lo spettatore potrà rivivere, gustare e ammirare un’esperienza a tutto tondo: rivivere il complotto del 1502 attraverso lo spettacolo itinerante della Compagnia Teatrale Magionese diretta da Giampiero Frondini; gustare i piatti elaborati dallo chef Paolo Trippini, ispirati all’arte della caccia e alle erbe spontanee del territorio umbro; ammirare la mostra d’arte di Giorgio Lupattelli, L’altra congiura, in cui i personaggi della vicenda offrono lo spunto per raccontare le loro origini e il loro territorio.

LA VICENDA

«Avvedutisi li Orsini, tardi, che la grandezza del Duca e della Chiesa era la loro ruina, feciono una dieta alla Magione, nel Perugino». Così narra Niccolò Machiavelli nella sua celebre opera, Il Principe: tra il gennaio del 1500 e l’estate del 1502 Cesare Borgia si era infatti impossessato dell’intera Romagna e di parte delle Marche. Lui e suo padre, Alessandro VI, avevano dunque conquistato l’egemonia sui territori ecclesiastici. La famiglia Orsini tentò di opporsi a quello che sembrava un destino ineluttabile, tramando con alcuni dei signori dell’Italia centrale che furono convocati proprio nel castello di Magione.

RIVIVI

Giampiero Frondini, con i suoi sessant’anni di esperienza e il grande merito di aver fondato la compagnia teatrale professionista più antica della regione, restituirà al pubblico un avvincente connubio tra storia e fiction. Gli attori ricreeranno, nelle suggestive sale del Castello, quei momenti drammatici sospesi fra realtà e finzione, coinvolgendo gli spettatori in un immersivo percorso multisensoriale.è

 

GUSTA

Paolo Trippini, segnalato dalla Guida Michelin e Ambasciatore del Gusto Italiano, si è immerso nell’atmosfera del tempo per rielaborare alcuni ingredienti tipici, capaci di esprimere l’essenza autentica dell’Umbria. In un menu ispirato all’arte della caccia, la selvaggina regna sovrana, sposandosi con le erbe spontanee del territorio selezionate da Luciano Loschi, presidente dell’Accademia Italiana Piante Spontanee. Il risultato è un connubio inedito capace di richiamare l’atmosfera e le suggestioni del passato.

AMMIRA

Partendo dagli scatti dei vari personaggi protagonisti della rievocazione storica, Giorgio Lupattelli, ne L’altra congiura, ha realizzato 16 tavole in pittura digitale, capaci di rappresentare l’incastro tra i vari piani spazio-temporali su cui è articolato lo spettacolo e di creare un mondo onirico e surreale, in cui tutti i personaggi sono inscenati in luoghi-non luoghi arricchiti da elementi prelevati dalla storia dell’arte contemporanea e dall’iconografia propria dell’artista.

IL MENU

I tesori dello scrigno: Fagottini di breasola di cervo e miniburger di selvaggina

Come un nido nel bosco: Il Nido del Colombaccio (nido di erbe cotte – spinacini selvatici, amaranto e altre erbe spontanee della stagione estiva – con pâté di colombaccio e di daino, crostini di grano saraceno, uova di quaglia e tartufo)

Capriolo coronato: Farrotto alle erbe di bosco (portulaca e aglio orsino) e ragù bianco di capriolo
Fette di limone caramellato

Il boccone del Cardinale: Medaglione di Cinghiale con «piselli fricti in carne salata» e cipolle rosse in agrodolce

Nobiltà a banchetto: Frolla di segale con mousse ai frutti di bosco e crema allo zafferano

 

Al teatro Mancinelli di Orvieto il 16 e 17 aprile, la satira racconta i tempi attuali.

Questo è un periodo di sconvolgimenti e cambiamenti, di perdita di sicurezza e di riferimenti. Tutti noi viviamo dentro questa bolla di indeterminatezza, in cui ognuno prova a proteggersi con gli strumenti che più gli sono congeniali. Lo strumento che utilizza Gianluca Foresi è la satira. Sin dai tempi antichi, da Aristofane, Persio o Giovenale, la satira serviva a castigare e sottolineare le storture, le incongruenze e le ingiustizie della società: ciò veniva fatto mettendo alla berlina determinati comportamenti in modo da suscitare ilarità negli spettatori o negli ascoltatori. Ma non è la necessità di suscitare il riso il primo obiettivo della satira, bensì quello di suscitare una riflessione e provocare uno scarto netto fra la realtà e quello che dovrebbe essere. In molti si sono cimentati nel genere, chi sotto mentite spoglie, chi sotto una veste più filosofica e moraleggiante: pensiamo a Dante Alighieri, che ha utilizzato la poesia, la forma letteraria forse più lontana dalla satira, per mettere in evidenza e criticare costumi, modi di essere e personaggi della sua epoca.

Oggi la satira è un contenitore, è una forma, ma è anche un modo d’essere e di tentare di intervenire in qualche modo sulla realtà sociale, culturale, intellettuale, e politica; lo fa con strumenti che compendiano quelli del passato, aggiungendone di nuovi. Il primo a subire l’effetto della satira deve essere il satiro stesso, che in questo caso da Nemo profeta in patria diventa Scemo profeta in patria.

 

Lo spettacolo Scemo profeta in patria cerca di attraversare questi tempi difficili per sezionare e difendersi in qualche modo dalle vicende che hanno caratterizzato questo ultimo anno in particolare. Ma non tralascerà di attingere a fatti, eventi, e notizie che hanno caratterizzato la storia passata, anche remota. Uno spazio sarà dedicato appunto anche al grande Poeta toscano di cui ricorrono i 700 anni della morte.

Per rimanere al presente invece, la satira di Gianluca Foresi prende spunto principalmente da notizie, verificate nella loro veridicità, che riguardano politica, religione, cronaca, e che vengono affrontate con sarcasmo, corrosività e con un pizzico di quel politicamente scorretto che le rende esplosive: in negativo e in positivo. Tutto questo però sarà affrontato senza però mai perdere l’eleganza verbale e il rispetto implicito per quello che è il bersaglio di turno. Più che governare la satira, Gianluca Foresi è e sarà governato da essa, è e sarà trasportato e quasi ipnotizzato.

In questo spettacolo non sempre il suo pensiero coinciderà con quello della battuta: la battuta diventerà il pretesto per mettere in evidenza quello che la notizia ci ha fatto dimenticare o quello che altre persone potrebbero davvero aver pensato: assolve a una funzione maieutica, terapeutica quasi, porta alla coscienza quello che era stato rimosso. Anche in Scemo profeta in patria Foresi, però, non perderà la consueta verve istrionica e soprattutto la capacità di improvvisare e di creare momenti estemporanei: il pubblico come sempre sarà una parte importante dello spettacolo e verrà chiamato a giocare sulle assi del palcoscenico. Dunque mettetevi comodi, ne avrete bisogno!

“La sera dei Miracoli” è lo spettacolo che si è tenuto, con un grande consenso di pubblico, al Teatro dell’Accademia di Tuoro sul Trasimeno, dove il binomio musica e sand art ha donato emozioni e catturato gli animi.

Dire Antonio Ballarano, Gabriella Compagnone, Antonio Ruvo, Gianni Maestrucci e Sara Jane Ceccarelli, vuol dire regalare emozioni in un’esibizione che ha appagato pienamente i sensi dello spettatore che ha assistito entusiasta a La sera dei miracoli, il cui nome prende spunto dalla celebre canzone di Lucio Dalla, brano riproposto, insieme a suoi altri, durante la serata. I cinque artisti, nel loro specifico linguaggio, sono stati complementari e integrativi nel messaggio composto da musica, voce e figurativo, ampiamente apprezzato da tutti quelli che hanno colmato, in ogni ordine di fila, i posti disponibili.
Gabriella Compagnone, sand artist italiana, in una sorta di magia, ha giocato con la sabbia e prodotto con delicata maestria: le sue figure sono state trasmesse sul fondale del palco per la visione e il meritato apprezzamento della platea. Le realizzazioni di Gabriella, fin da subito, sono apparse in perfetta sintonia con le note musicali prodotte dal trio composto dalla voce di Antonio Ballarano, dalla chitarra di Antonio Ruvo e dalle percussioni di Gianni Maestrucci, il tutto impreziosito dalla voce di un altro pezzo da novanta, Sara Jane Ceccarelli.

 

In scena “La sera dei Miracoli”. Foto by Proloco di Tuoro sul Trasimeno

 

«Io e Gabriella abbiamo unito i nostri progetti, così che i giochi di sabbia e la musica sono in perfetta armonia. Il risultato è stato ottenuto dopo lunghe prove che ci hanno visto impegnati per la preparazione di questo spettacolo, che offre delle visioni incantevoli e ascolti suggestivi per il pubblico. Così come la soave musica di Antonio e Gianni e la splendida voce di Sara Jane» racconta Antonio Ballarano.
Fabrizio Magara, presidente della locale Proloco ci ha detto: «È una grande soddisfazione aver avuto a Tuoro sul Trasimeno questi artisti, che sono di un’elevatissima caratura. Il pubblico che è venuto anche da lontano, ha riempito il nostro teatro, dimostrando che la buona arte attira le persone con i suoi messaggi sociali e di pace, come La sera dei Miracoli che ne presenta nelle sue forme e contenuti».
Impeccabile l’organizzazione della Proloco che con tutto lo staff capitanato da Fabrizio Magara e dal suo vice, Andrea Grasselli, hanno reso possibile assistere all’unicità del graditissimo evento.