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ยซLa pellicola ci presenta un territorio – quello dellโ€™Alta Umbria – in un prossimo futuro dalle vesti post-apocalittiche, quindi gli scenari che vedremo saranno stravolti dalla realtร  e condurranno lo spettatore alla scoperta di location conosciute, ma viste sotto una luce diversa, creando una distopia interessanteยป.

“Alla ricerca di Rose” backstage

Potremmo giร  considerarlo un Guinness World Record il film Alla ricerca di Rose scritto e diretto dai due registi umbri Lorenzo Lombardi e Nicola Santi Amantini e prodotto dalla Whiterose Pictures nellโ€™ambito del Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola promosso da MiC e Ministero dellโ€™Istruzione.
I protagonisti sono oltre 60 bambini under 10 e solo un adulto: lโ€™attrice Valentina Lodovini. Il film – interamente girato in Umbria e che ha coinvolto le scuole del territorio, precisamente quelle del Comune di San Giustino (PG) sotto la Direzione Didattica Statale F.T. Bufalini – gioca su un mondo senza adulti composto da soli bambini e sul rispetto verso lโ€™ambiente e la natura.
Alla ricerca di Rose narra di un ipotetico futuro prossimo (il 2029), dove un gruppo di bambini, dopo un evento misterioso, si ritrova a fare i conti con un mondo senza adulti, elettricitร  e tecnologia, e parte alla ricerca di colei che sembra essere lโ€™unica donna rimasta in vita: Rose. I protagonisti della storia intraprenderanno un viaggio alla scoperta di loro stessi, di una natura incontaminata e alla ricerca di una figura materna. Il regista Lorenzo Lombardi ci svela il dietro le quinte e soprattutto comโ€™รจ andata lโ€™esperienza di dirigere un cast composto da piccoli attori emergenti.

Dirigere dei bambini รจ piรน o meno difficile rispetto agli adulti?

รˆ una situazione completamente diversa. Veniamo da numerosi cortometraggi realizzati con bambini, ma questa รจ la prima volta che ci cimentiamo in un film vero e proprio con un cast completamente composto da bambini di 9 anni. รˆ sicuramente molto piรน difficile, anche considerando il fatto che non sono dei veri attori e hanno unโ€™esperienza della vita piuttosto breve. Dโ€™altro canto devo riconoscere che la loro spensieratezza, il loro mettersi in gioco completamente e lโ€™impegno che hanno apportato durante le riprese sono stati impareggiabili. Si sono fidati delle nostre indicazioni, affidandosi completamente. Molti di loro si sono ritrovati in situazioni estranianti, come lโ€™essere a capo di una spedizione o addirittura di una comunitร . Hanno sperimentato esperienze nuove, che magari non avrebbero avuto modo di fare e in alcuni casi, la forza di volontร  gli ha fatto superare anche alcune paure. Ad esempio, le vertigini quando hanno attraversato un vecchio ponte ferroviario a picco sul fiume, o imparato ad andare in bicicletta (per alcuni era la prima volta) durante le scene di raccordo fra una location e lโ€™altra.

 

Backstage del film

Sono piรน disciplinati?

Sono stati molto ubbidienti, anche quando hanno dovuto recitare per numerose ore al giorno, magari in condizioni climatiche fredde, sempre cercando di rimanere sul pezzo per non perdere la concentrazione a ritmi di vere star.

Il film รจ anche un manifesto per lโ€™Umbria?

Il film vuole essere anche questo: far conoscere i nostri paesaggi naturalisti, anche quelli meno battuti. Scenari che secondo noi sono affascinanti e perfetti per un film. Abbiamo girato anche unโ€™intera sequenza di scene allโ€™interno di Castello Bufalini di San Giustino e lo abbiamo scenografato in una chiave piรน unica che rara, perchรฉ nel film รจ il quartier generale di una banda di bambini detti Gli Orfani.

In che modo la racconta?

La pellicola ci presenta un territorio – in particolar modo quello dellโ€™Alta Umbria – in un prossimo futuro dalle vesti post-apocalittiche, quindi gli scenari che vedremo saranno stravolti dalla realtร  e condurranno lo spettatore alla scoperta di location conosciute, ma viste sotto una luce diversa creando una distopia interessante.

I bambini hanno partecipato anche alla stesura della sceneggiatura?

Con i bambini abbiamo realizzato lezioni teoriche e pratiche in classe, perchรฉ il progetto era volto anche allโ€™insegnamento e alla conoscenza del cinema. Grazie a questo hanno scoperto cosa cโ€™รจ dietro la realizzazione di un film, attraverso analisi di lungometraggi, backstage, lo studio della grammatica delle inquadrature e dei movimenti di camera, per poi arrivare anche ai casting. Tutto ciรฒ li ha resi attori consapevoli sul set. Per quanto riguarda la sceneggiatura era impensabile realizzarla totalmente con loro, ma tramite laboratori creativi hanno dato gli incipit per il concept del film: un mondo senza adulti e perchรฉ? Sono quindi gli autori dellโ€™idea che poi รจ stata, da me e N. Santi Amantini, elaborata in una vera e propria sceneggiatura, la cui stesura ha richiesto piรน di 2 mesi.

โ€œAlla ricerca di Roseโ€ richiama un poโ€™ โ€œAlla ricerca di Nemoโ€: cโ€™รจ qualche legame o รจ solo coincidenza?

Il titolo del film prende senzโ€™altro spunto da titoli blasonati come appunto Alla ricerca di Nemo o La ricerca della felicitร  o Alla fine arriva Polly, ma solo ed esclusivamente come sonoritร  e gioco di parole. La storia narrata in Alla ricerca di Rose รจ totalmente diversa da questi film, sia per contenuti sia per genere.

 

Il regista Lorenzo Lombardi con Valentina Lodovini

La presenza di Valentina Lodovini รจ sicuramente la ciliegina sulla tortaโ€ฆ

La presenza di Valentina Lodovini รจ la torta! A parte gli scherziโ€ฆ รˆ stata una sorpresa inaspettata. Perchรฉ proprio il primo giorno di riprese ho avuto modo di parlare con lei e spiegarle il nostro progetto. Per noi sarebbe stato un sogno poterle regalare il ruolo di Rose. Sarร  stata lโ€™enfasi dellโ€™inizio riprese o il fatto che alle volte i sogni si avverano, ma la storia le รจ piaciuta molto, e i temi toccati dal film li ha sentiti sin da subito molto vicini. Ha quindi accettato di partecipare e la torta รจ diventata cosรฌ di sicuro molto piรน bella e buona!

Cโ€™รจ giร  una data dโ€™uscita?

In questo momento siamo ancora in fase di post-produzione e non abbiamo una data confermata per lโ€™anteprima del film. Stiamo lavorando sodo, ma non avverrร  prima di ottobre/novembre 2023.

Tra San Giustino (PG) e Sansepolcro (AR), cโ€™รจ una zona di terreno che per secoli, tra il 1441 e il 1826, ha goduto di un’indipendenza dovuta a un errore dei cartografi vaticani e toscani. Cosรฌ รจ potuta nascere la libera Repubblica di Cospaia.

I delegati cartografi dello Stato Pontificio e del Granducato di Toscana, che dovevano tracciare i confini in quella zona di territorio, sbagliarono la delimitazione del luogo nei loro termini mappali, lasciando cosรฌ fuori dalle rispettive giurisdizioni quella minuscola area nellโ€™Alta Valtiberina, che si trova tra i torrenti Riascone e Rio di Gorgaccia.

 

Repubblica di Cospaia, foto via La storia di Cospaia

 

La zona, rimasta fuori dalle mappe dei cartografi, era una piccolissima striscia di terra, larga cinquecento metri e lunga due chilometri. Gli abitanti di Cospaia, il borgo appoggiato su quella piccolissima porzione di territorio, accorgendosi dellโ€™errore, si dichiararono fin da subito indipendenti e liberi da altre sovranitร ; tale condizione rimase immutata per secoli. E cosรฌ Cospaia visse dimenticata per quasi quattrocento anni, senza appartenere a nessuno se non a sรฉ stessa. Non esisteva un codice, una legge o imposte e in questa situazione, prese vita il contrabbando con gli Stati confinanti. In tal modo la Repubblica di Cospaia ha rappresentato per diversi secoli, un territorio franco e spesso i contrabbandieri vi trovarono accoglienza per i loro traffici che avvenivano tra Umbria, Toscana e Marche, attraverso la percorrenza di sentieri ben definiti da parte dei contrabbandieri/trasportatori che venivano chiamati spalloni.

 

 

I principali prodotti agroalimentari, oggetto di questi traffici illeciti, erano il tabacco e il grano. La Valtiberina, ancora oggi, รจ una terra di vocazione per la coltivazione del tabacco, una delle tipicitร  del territorio e rappresenta una fonte economica importante per gli abitanti della zona. La Repubblica di Cospaia ebbe la sua fine nel 1826 con la restaurazione post Napoleonica e il suo territorio venne poi suddiviso tra il comune umbro di San Giustino e quello toscano di Sansepolcro.
La Repubblica di Cospaia non ha riconoscimento giuridico corrente, ma il suo originario motto, scritto sul portale della chiesa parrocchiale della cittadina, รจ sempre attuale: Perpetua et firma libertas (Perpetua e sicura libertร )โ€ฆ e nei tempi correnti questo antico detto assume un significato di immenso valore e rimane sempre ร  la page.

Inaugura oggi la XIX edizione della Mostra Mercato Nazionale del Libro Antico e della Stampa Antica, al Palazzo Vitelli a Santโ€™Egidio di Cittร  di Castello.

La manifestazione, in programma fino a domenica 1 settembre, non รจ solo lโ€™occasione per ammirare manoscritti e stampati di pregevole foggia provenienti da tutta la Penisola, ma anche per ricordare la grande tradizione tipografica tifernate come della regione intera. รˆ cosรฌ che anche noi ci apprestiamo a ricordarne le pietre miliari, in un elenco che non ha la pretesa di essere esaustivo, ma solo uno stimolo per la curiositร  del lettore.

Il museo vivente: la Tipografia Grifani-Donati

L’interno della Tipografia Grifani-Donati

A Cittร  di Castello lโ€™attivitร  di stampa fa rima con la Tipografia Grifani-Donati, che nel 1799 si impianta nei locali soprastanti la chiesa di San Paolo a seguito del trasferimento da Assisi di Francesco Donati e di Bartolomeo Carlucci. Fino a quel momento, la produzione era stata di carattere esclusivamente religioso, nonchรฉ piuttosto scarsa.
La tipografia si distinse ben presto per le pubblicazioni di pregio, a seguito anche dellโ€™introduzione โ€“ nel 1817 โ€“ dei caratteri bodoniani; nel 1842, con il torchio di legno, comincia a stampare Le Memorie Ecclesiastiche e Civili di Cittร  di Castello, ventotto fascicoli scritti dal vescovo Giovanni Muzi.
Attualmente, la tipografia รจ il museo vivente piรน antico dellโ€™Umbria, nonchรฉ lโ€™unico in Europa ancora in attivitร  a usare la calcografia, la litografia e la tipografia, condotte con metodi artigianali. Oltre ai numerosi torchi antichi, la Tipografia Grifani-Donati puรฒ vantare ben 536 casse di caratteri in lega, legno e rame, fregi clichรฉ, silografie e galvanotipie, tutti originali.

 

Immutato nel tempo: il Museo dello Stabilimento Tipografico Pliniana

Una delle macchine conservate presso il museo dello Stabilimento Tipografico Pliniana

Poco piรน a nord, a Grifani-Donati si affianca il Museo dello Stabilimento Tipografico Pliniana di Selci Lama, nel Comune di San Giustino, certamente piรน recente (nasce infatti nel 1913), ma non per questo meno pregevole. Nel 1922 si aggiudica la stampa della rivista ยซIl Foro Venetoยป, alla quale succederanno lโ€™Archivio Segreto Vaticano, lโ€™Istituto Storico per il Medioevo, il Centro Storico Benedettino, il Seminario Vescovile di Padova e la Deputazione di Storia Patria per lโ€™Umbria.
Oggi, tutti i vecchi macchinari sono lรฌ al loro posto, cosรฌ come lโ€™inchiostro che ancora impregna il rullo della macchina a piombo, dismesso negli anni Novanta di fronte alla modernizzazione. Sono ancora lรฌ le cassettiere ripiene di caratteri di piombo divisi per tipologia e dimensione, le matrici provenienti dallโ€™Inghilterra, i clichรฉ in zinco, i manuali e gli strumenti per la manutenzione.

 

Lโ€™editio princeps della Divina Commedia

Il colophon della Divina Commedia stampata a Foligno.

Ma la storia della produzione tipografica in Umbria inizia molto prima, almeno lโ€™11 aprile del 1472, quando viene stampata a Foligno lโ€™editio princeps della Divina Commedia. La prima copia a stampa dellโ€™opera dantesca sembra aver visto la luce nella casa dellโ€™orafo e zecchiere pontificio Emiliano Orfini, fondatore, assieme al trevano Evangelista Angelini, della prima societร  tipografica della cittร . Per molto tempo si รจ ritenuto che socio fondatore fosse anche il maguntino Johannes Numeister, ma da un contratto per la fornitura di carta recentemente rinvenuto sembra che fosse solo un abile copista, sebbene i debiti che contrasse furono la causa della fine dellโ€™attivitร .
Ma torniamo alla splendida editio princeps della Commedia. Nei rari esemplari completi, usciti originariamente dai tipi folignati in 800 copie di 252 carte โ€“ di cui la prima e lโ€™ultima bianche, cosรฌ come quelle terminali della prima e della seconda Cantica โ€“ si nota il nitido disegno in chiaroscuro delle maiuscole romane, senza dubbio opera dellโ€™orafo Orfini. Pregevoli sono anche lโ€™architettura della pagina, divisa in tre colonne di trenta righe โ€“ corrispondenti a dieci terzine โ€“ con spaziature e interlinee che la rendono compatta e solenne, cosรฌ come la carta, ordinata appositamente da Numeister ai monaci benedettini che gestivano le cartiere di Pale e Belfiore.
La stessa qualitร  non risulta perรฒ nella composizione, dove appaiono numerosi refusi, errori di lettura, ripetizioni, trasposizioni di versi e lacune, specie nellโ€™ultima parte del testo. Mancano altresรฌ i segni di interpunzione. Tutto ciรฒ รจ dovuto al fatto che lโ€™opera fu copiata dal cosiddetto Codice Lolliano, conservato nella biblioteca del Seminario di Belluno.

In arte scripturarum librorum: il primato trevano

La societร  tipografica folignate fu perรฒ solo la seconda in Umbria. รˆ infatti a Trevi, piccolo borgo produttore di olio, che si deve il primato mondiale, almeno dal punto di vista dellโ€™assetto societario: il notaio che si occupรฒ della redazione dellโ€™atto, data lโ€™assenza di precedenti, non sapeva come identificare la produzione della costituenda e cosรฌ scrisse semplicemente ยซin arte scripturarum librorumยป, cioรจ lโ€™arte di scrivere libri. Che la societร  sia durata soltanto un anno, o che abbia edito solo due incunaboli, รจ di rilevanza secondaria: ciรฒ che conta รจ che, accanto ai centri di produzione nazionale come Venezia, Roma e Subiaco che in quegli anni si andavano affermando, pure lโ€™Umbria tentรฒ di far sentire la sua voce e, puntando piรน sulla qualitร  che sulla quantitร , in qualche modo sembrรฒ riuscirci.

ยซIl sol, la luna ed ogni sfera or misura Barbanera, per poter altrui predire, tutto quel che ha da venireยป: lโ€™almanacco di Barbanera

ยซUscito dalla stamperia di Pompeo Campana, con la bisaccia stretta al corpo, il venditore raggiunse con passo rapido Piazza Grande. Brulicante di gente, la Piazza accoglieva quel giorno i banchi della Fiera di Santo Manno. Era il 15 settembre del 1761. Tra mercanzie di ogni genere, broccati e monili, l’ambulante decise di attendere il momento migliore per tirare fuori quel carico per lui tanto prezioso. Una giornata calda e limpida aveva infatti spinto compratori e curiosi, di Foligno e di fuori cittร , a trascorrere alla fiera le prime ore del mattino. La campana della Cattedrale battรฉ le dieci. All’ultimo rintocco un richiamo attraversรฒ l’aria: Barbanera! Barbanera di Foligno! Santi, fiere, tempo e lune. E per tutti, il Discorso generale del famoso Barbanera, per l’anno 1762ยป.

Un almanacco Barbanera del 1780

รˆ impossibile parlare di Foligno senza citare Barbanera, lunario uscito per la prima volta nel 1761 dai tipi di Pompeo Campana. Barbanera, in quanto astronomo, astrologo e filosofo eremita era rappresentato con compasso, cannocchiale, mappa coeli, libri e sguardo rivolto al cielo, secondo lโ€™iconografia del solitario misuratore del tempo che osserva le stelle per dedurre i ritmi dellโ€™anno e previsioni di pratica utilitร , che realmente egli dispensava a chi gli avesse chiesto consiglio.
Nel 1761 decise di affidare le sue considerazioni a un unico foglio da affiggere alla parete, un lunario ricco di informazioni e decorato da pregevoli xilografie che, in poco tempo, trovรฒ ampia diffusione in tutta Italia come strumento per le attivitร  agricole e per la conoscenza delle previsioni del tempo, dei santi, delle feste e degli eventi. Dal 1793, allโ€™unico foglio da parete si aggiunse il libretto, piรน ricco di contenuti e di maggiore maneggevolezza.
Specchio dei tempi, il Barbanera contava, tra i piรน affezionati lettori, nientemeno che Gabriele Dโ€™Annunzio, che cosรฌ sorprendentemente scrisse in una lettera del 1934 indirizzata al parroco di Gardone Riviera:

ยซLa gente comune pensa che al mio capezzale io abbia l’Odissea o l’Iliade, o la Bibbia, o Flacco, o Dante, o l’Alcyone di Gabriele D’Annunzio. Il libro del mio capezzale รจ quello ove s’aduna il โ€œfiore dei Tempi e la saggezza delle Nazioniโ€: il Barbanera.ยป

Nel 2015, lโ€™UNESCO ha iscritto la Collezione di almanacchi Barbanera, conservata a Spello presso la Fondazione omonima, nel Registro della Memoria Mondiale.

 


FONTI:

http://www.unicaumbria.it/musei/museo-della-tipografia-grifani-donati/
http://www.tipografiagrifanidonati.it/
http://www.unicaumbria.it/musei/museo-dello-stabilimento-tipografico-pliniana/
http://www.pliniana.it/it/photogallery/il-museo_15.html
https://www.sistemamuseo.it/ita/3/mostre/647/trevi-umbria-trevi-culla-del-libro/#.XWT1WXtS9PY
www.barbanera.it

ยซLโ€™aspetto della regione รจ piacevolissimo, immagina: un anfiteatro immenso, quale soltanto la natura puรฒ creare. Una vasta e aperta pianura cinta dai monti; questi ricoperti fin sulla cima di antiche e maestose foreste, dove la cacciagione รจ varia e abbondante. Lungo le pendici delle montagne i boschi cedui digradano dolcemente fra colli ubertosi e ricchissimi di humus, i quali possono gareggiare in fertilitร  coi campi posti in pianura [โ€ฆ] In basso lโ€™aspetto del paesaggio รจ reso piรน uniforme dai vasti vigneti che da ogni lato orlano le colline, e i cui limiti, perdendosi in lontananza, lasciano intravedere graziosi boschetti. Poi prati ovunque, e campi che solo dei buoi molto robusti con i loro solidissimi aratri riescono a spezzare; quel tenacissimo terreno, al primo fenderlo, si solleva infatti in cosรฌ grosse zolle che solo dopo nove arature si riesce completamente a domarlo. I prati, pingui e ricchi di fiori, producono trifoglio e altre erbe sempre molli e tenere, come se fossero appena spuntate, giacchรฉ tutti i campi sono irrorati da ruscelli perenni. Eppure, benchรฉ vi sia abbondanza dโ€™acqua, non vi sono paludi, e questo perchรฉ la terra in pendio scarica nel Tevere lโ€™acqua che ha ricevuto e non assorbitoโ€ฆ. [โ€ฆ] A ciรฒ, naturalmente, si aggiungono la salubritร  della regione, la serenitร  del cielo, e lโ€™aria, piรน pura che altrove.ยป
(Lettera di Plinio il Giovane a Domizio Apollinare, Libro V, epist. 6)

Storia

I primi insediamenti dellโ€™estremo comune a nord della regione si devono far risalire agli Umbri come attestato dal ritrovamento di numerosi bronzetti.ย  In epoca romana – con il nome Meliscianum dalla ninfa Melissa il cui nome significa โ€œproduttrice di mieleโ€ ed evoca una zona in cui lโ€™apicoltura era senzโ€™altro largamente praticata โ€“ divenne un importante centro commerciale lungo la via Tiberina. Del periodo romano รจ notevole attestazione la grandiosa villa rustica che Plinio il Giovane fece costruire intorno al 100 d.C. In seguito la villa venne distrutta e il territorio devastato dai Goti di Totila.

Scavi archeologici di Colle Plinio, foto gentilmente concessa dal Comune di San Giustino

Il nome odierno di San Giustino, dal santo martirizzato a Pieve deโ€™ Saddi ai tempi dellโ€™imperatore Marco Aurelio, appare per la prima volta in un diploma del 1027. Il territorio di San Giustino fu per secoli conteso tra Arezzo, Cittร  di Castello e San Sepolcro. I primi signori del luogo furono Oddone e Rinaldo di Ramberto, i quali nel 1218 si sottomisero a Cittร  di Castello. A seguito della sottomissione del 1262 Cittร  di Castello lo fece munire, ma durante la sede papale vacante, a seguito della morte di Clemente IV, San Sepolcro mise a ferro e fuoco il territorio distruggendo anche il fortilizio. Una volta ricostruito il Castello, esso fu dato in custodia nel 1393 alla famiglia Dotti, fuoriuscita da San Sepolcro, con lโ€™impegno che venisse usato per la difesa di Cittร  di Castello. Dopo alterne vicende -in cui a piรน riprese il palazzo Dotti venne distrutto e ricostruito- la famiglia Dotti lo restituรฌ al comune di Cittร  di Castello nel 1481. A questo punto il governatore papale di Cittร  di Castello invitรฒ suo fratello, Mariano Savelli, valente architetto, a predisporre il progetto per la trasformazione della dirupata fortezza in potente palazzo che doveva rivelarsi inespugnabile e munito di un imponente fossato. I lavori vennero iniziati, ma mancando i fondi per portarli a termine Cittร  di Castello lo diede nel 1487 a un facoltoso possidente, Niccolรฒ di Manno Bufalini, dottore in utroque iure e familiare di Sisto IV, di Innocenzo VIII e di Alessandro VI, perchรฉ portasse a termine i lavori. Tanti furono i servizi e meriti nei confronti della Santa Sede che nel 1563 Giulio Bufalini e il figlio Ottavio ebbero dal Papa il titolo di conti e a loro venne assegnato il feudo e il territorio di San Giustino. Durante il periodo napoleonico San Giustino, staccato da Cittร  di Castello, divenne comune autonomo, ma fu soppresso con la fine di Napoleone per venire definitivamente riconosciuto con motu proprio di Leone XIII nel 1827. San Giustino fu il primo comune umbro ad essere occupato dai Piemontesi del generale Fanti lโ€™11 settembre 1860.

Castello Bufalini

Castello Bufalini, foto gentilmente concessa dal Comune di San Giustino

Castello Bufalini costituisce senzโ€™ombra di dubbio lโ€™emblema di San Giustino. Il castello vede le sue origini nel fortilizio militare della famiglia Dotti. Restituito a Cittร  di Castello nel 1478 dopo che a piรน riprese era stato attaccato e distrutto, nel 1487 il legato pontificio di Cittร  di Castello lo donรฒ a Niccolรฒ di Manno Bufalini perchรฉ egli terminasse i lavori di ricostruzione iniziati su progetto di Mariano Savelli, fratello del governatore, con lโ€™obbligo in caso di guerra di difendere Cittร  di Castello e di accogliere le truppe e i capitani che il comune avrebbe inviato a difesa del luogo e dei suoi abitanti. Il Bufalini, su nuovo progetto redatto da Camillo Vitelli, trasformรฒ il vecchio fortilizio in una vera e propria fortezza circondata da un fossato, dotata di un mastio e quattro torri, camminamenti merlati e ponte levatoio.
Il Rinascimento portรฒ alla trasformazione della fortezza in villa signorile. Gli autori di tale trasformazione furono i fratelli Giulio I e Ventura Bufalini dal 1530 comproprietari e residenti nel castello. I lavori, eseguiti tra il 1534 e il 1560, riguardarono sia la ristrutturazione esterna dellโ€™edificio sia la nuova disposizione e lโ€™ammodernamento degli spazi interni. Il progetto iniziale che prevedeva la sistemazione del cortile interno, la costruzione delle finestre inginocchiate, la realizzazione di una delle due scale a chiocciola e una nuova distribuzione degli ambienti, probabilmente si deve a Giovanni dโ€™Alessio dโ€™Antonio, detto Nanni Ongaro o Unghero (Firenze 1490-1546), architetto fiorentino della cerchia dei Sangallo, al servizio del granduca di Toscana Cosimo I, ma i lavori proseguirono anche dopo la sua morte. Per la decorazione pittorica viene chiamato Cristoforo Gherardi (San Sepolcro 1508-1556), detto Il Doceno, che dipinge cinque stanze con favole mitologiche e decorazioni a grottesca, lavorando dal 1537 al 1554. Alla fine del Seicento, il castello fu interessato da una nuova fase di lavori su commissione di Filippo I e Anna Maria Bourbon di Sorbello. Su progetto di Giovanni Ventura Borghesi (Cittร  di Castello 1640-1708), il palazzo venne trasformato in villa di campagna con giardino allโ€™italiana. Lโ€™ultima vicenda costruttiva del castello ha avuto luogo dopo la Seconda Guerra mondiale, in quanto non uscรฌ incolume dai bombardamenti che interessarono la zona. Nel 1989 Giuseppe Bufalini lo cedette allo Stato. Con lโ€™integritร  dei suoi arredi, il castello costituisce oggi un raro esempio di dimora storica signorile.

Villa Magherini Graziani di Celalba

Foto gentilmente concessa dal Comune di San Giustino

La villa, sorta su un preesistente fortilizio romano, fu progettata dagli architetti Antonio Cantagallina di San Sepolcro e da un certo Bruni di Roma su commissione di Carlo Graziani di Cittร  di Castello. I lavori iniziati nei primi anni del Seicento furono portati a termine nel 1616. La struttura, a pianta quadrangolare, si sviluppa su tre livelli, sormontata da una torretta di 17 metri di altezza. Il piano terra รจ decorato da archi murati al cui centro si aprono finestre e nicchie che evocano la regolaritร  di un portico. Il piano nobile รจ caratterizzato da un ampio loggiato con elegante balaustra e colonne in pietra serena. Lโ€™ingresso laterale immette nella galleria carraia, costruita con volte a botte, che consentiva lโ€™accesso al coperto delle carrozze e collegava tra di loro la casa colonica e la chiesetta dedicata alla Santa Maria Lauretana. Lโ€™edificio, che costituisce uno splendido esempio di villa nobiliare tardo rinascimentale รจ circondato da un parco di 6 ettari di superficie recentemente recuperato e nella parte frontale si puรฒ ammirare un meraviglioso esempio di giardino allโ€™italiana. Dal 1981 รจ proprietร  del Comune di San Giustino che ha provveduto al restauro funzionale dellโ€™edificio. Oggi la casa colonica รจ adibita ad attivitร  socio-culturali. La chiesetta invece รจ oggi usata dal Comune di San Giustino per la celebrazione dei matrimoni civili. I locali di villa Magherini Graziani ospitano il Museo Pliniano e dal febbraio 2016 anche la mostra permanente Iperspazio di Attilio Pierelli (Sasso di Serra S. Quirico 1924-Roma 2013). Lโ€™artista, fondatore del Movimento Artistico Internazionale Dimensionalista, ha dedicato gran parte della sua produzione alla visualizzazione del concetto di spazio relativo alla quarta dimensione geometrica e alle geometrie curve non euclidee e a Villa Magherini Graziani รจ possibile ripercorrere le diverse stagioni creative dellโ€™autore dalle Piastre inox, ai Nodi, ai Cubi attraverso cui lโ€™artista negli anni ha dialogato con lโ€™iperspazio.

Museo del Tabacco

Museo storico scientifico del Tabacco, foto gentilmente concessa dal Comune di San Giustino

รˆ uno dei sette musei italiani dedicati al Tabacco. Sorto nella sede dellโ€™ex Consorzio Tabacchicoltori di San Giustino, ad opera dellโ€™omonima Fondazione (costituitasi nel 1997), ha lo scopo di far conoscere lโ€™importanza storica che la tabacchicoltura ha avuto – ed ha – nello sviluppo sociale ed economico della zona. Nellโ€™Alta Valle del Tevere infatti la coltivazione del tabacco costituisce una tradizione che deve essere tramandata e diffusa. Non รจ un caso che proprio a San Giustino si trovi un museo dedicato al Tabacco, infatti nella penisola italiana le prime coltivazioni di una certa importanza per scopi commerciali dellโ€™erba tornabuona โ€“ cosรฌ chiamata perchรฉ i primi semi furono portati in Toscana dal vescovo Niccolรฒ Tornabuoni alla fine del Cinquecento – risalgono agli inizi del Seicento e risiedono proprio nella Repubblica di Cospaia, un piccolo territorio oggi frazione di San Giustino.

Tabacchine, foto gentilmente concessa dal Comune di San Giustino

Il museo comprende uffici, essiccatoi, sale di cernita: luoghi di grande fascino dove si rievoca una lunga storia di fatica e lavoro, ma anche di emancipazione, storia che ha avuto nelle donne del XX secolo le principali protagoniste. Le lavoratrici dei tabacchi, infatti, al pari delle operaie tessili, sono tra le prime donne che, abbandonato il tradizionale lavoro casalingo, vengono inserite nelle grandi industrie.

 

 

La Repubblica di Cospaia

 

Cospaia, oggi frazione di San Giustino, รจ lโ€™ultima localitร  a nord dellโ€™Umbria. La sua storia โ€“ la storia di un piccolissimo stato indipendente tra tre grandi potenze (lo Stato della Chiesa, il Ducato di Urbino e il Granducato di Toscana) a lungo in lotta tra loro โ€“ merita di essere raccontata. Cosimo dei Medici aveva concesso un prestito di 25.000 fiorini a Eugenio IV per il Concilio ecumenico che nel 1431 aveva indetto a Basilea, chiedendo in garanzia la giurisdizione su Borgo San Sepolcro. Alla morte del Papa il prestito non era stato restituito e cosรฌ i due Stati mandarono i loro geometri a delimitare i rispettivi confini. I geometri lavorarono senza mai vedersi e cosรฌ i toscani stabilirono i confini sul Rio della Gorgaccia, i pontifici sul Rio Ascone. Il territorio compreso dunque tra i due fiumi, la collina di Cospaia, rimase pertanto indipendente. Dal 1441 al 1826 Cospaia ยซtrascorse quattro secoli senza avere capi, o leggi, o consigli, o statuti, o soldati, o esercito, o prigioni, o tribunali, o medico, o tasse. Sopravvisse secondo il buonsenso degli anziani. Non ebbe pesi e misureยป. Perfino la posizione del parroco, che si occupava anche di tenere il registro delle anime e di fare il maestro del paese, denunciava indipendenza, egli infatti non sottostava a nessun vescovo. Lโ€™indipendenza finรฌ con lโ€™accordo dellโ€™11 febbraio 1826 con il quale Leone XII e Leopoldo I si spartivano il territorio. Cospaia il 28 giugno 1826 fece atto di sottomissione allo Stato pontificio e ogni cospaiese a โ€œrisarcimentoโ€ della perduta libertร  ebbe un papetto, ossia una moneta dโ€™argento con lโ€™effigie di Leone XII. Ancora oggi il 28 giugno di ogni anno viene celebrata la โ€œex Repubblica di Cospaiaโ€.

 

Per saperne di piรน su San Giustino

 

 

 

 

 


Storiaย – Bibliografia essenzialeย 
San Giustino, in M. Tabarrini, Lโ€™Umbria si racconta, Foligno, s.n., 1982, v. P-Z, pp. 265-269.
E. Mezzasoma, S. Giustino, in ยซPiano.Forteยป, n. 1 (2008), pp. 43-49.
S. Dindelli, Castello Bufalini. Una sosta meravigliosa fra Colle Plinio e Cospaia, San Giustino, BluPrint, 2016

Castello Bufaliniย – Bibliografia essenzialeย 
A. Ascani,ย San Giustino, Cittร  di Castello, s.n., 1977.
G. Milani-P. Bร ,ย I Bufalini di San Giustino. Origine e ascesa di una casata, San Giustino, s.n., 1998.
S. Dindelli, Castello Bufalini. Una sosta meravigliosa fra Colle Plinio e Cospaia, San Giustino, BluPrint, 2016

La Repubblica di Cospaia – Bibliografia essenzialeย 
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G. Milani,ย Tra Rio e Riascolo. Piccola storia del territorio libero di Cospaia, Cittร  di Castello, Grafica 2000, 1996
E. Fuselli,ย Cospaia tra tabacco, contrabbando e dogane, San Giustino, Fondazione per il Museo Storico Scientifico del Tabacco, 2014