John F. Deane è un poeta molto conosciuto nella sua Irlanda, ma poco in Italia, dove ha scritto la meravigliosa poesia “From Summer in Umbria”.
Indipendenza irlandese
Prima di parlare di John F. Deane e della poesia From Summer in Umbria è utile ricordare quanto la letteratura irlandese sia stata significativa. Il 1921 è un anno rilevante, l’Irlanda divenne indipendente, ma ancora più rimarchevole è il fatto che essa era già rinata grazie ai suoi poeti e scrittori. W.B. Yeats, Oscar Wilde, James Joyce, P. Kavanagh hanno riscattato, con i loro pensieri e le loro opere, l’Irlanda dopo secoli di umiliazioni, carestie e oceaniche migrazioni.
I più datati T. Moore, cresciuto in una famiglia con la passione rivoluzionaria, e Jane Francesca Elgee, indipendentista, tracciarono i primi solchi sul terreno delle libertà . Non voglio dimenticare S. Beckett – uno degli scrittori più influenti del XX secolo, il cui capolavoro è Aspettando Godot – Augusta Gregory – il cui lavoro contribuì in maniera determinante alla definizione della moderna identità irlandese – e C.S. Lewis, noto come uno dei padri della narrativa fantasy.
Io, la poesia e la letteratura irlandese
Premesso che spesso nella vita mi sono attenuto al detto di Oscar Wilde «Regala la tua assenza a chi non dà valore alla tua presenza» non posso non ricordare alcuni passi importanti della letteratura irlandese: W.B.Yeats: «Quando sarai vecchia, grigia, piena di sonno e ciondolante accanto al fuoco, prendi questo libro e leggilo con calma, sogna il morbido sguardo dei tuoi occhi di un tempo, il loro fondo d’ombra…». Poi Beckett: «Cosa farei mai senza questo mondo senza volto né domande, dove essere non dura che un istante in cui ciascun istante si rovescia nel vuoto nell’oblio d’essere stato senza quest’onda, dove infine sprofonderanno insieme corpo e ombra, cosa farei mai senza questo silenzio abisso di bisbigli furiosamente anelante il soccorso l’amore senza questo cielo che s’innalza sulla polvere delle sue zavorre» e l‘ultima frase della struggente poesia dedicata ai terribili anni della carestia di J. F. Elgee, The Famine Year: «Our children swoon before us, and we cannot give them bread» (I nostri figli svengono davanti a noi, e noi non possiamo dare loro il pane).
John F. Deane
John F. Deane è nato ad Achill Island nella contea di Mayio, Irlanda, nel 1943. È uno dei poeti più talentuosi e influenti in quella landa battuta dal vento e il suo talento come scrittore nonché il suo impegno per la poesia gli sono valsi premi anche in tutta Europa come ad esempio il prestigioso Chavalier de l’ordre des arts in Francia. In Italia non è molto conosciuto anche se ha ricevuto il Laudomia Bonanni International Award. Da giovane trovò quasi la strada del sacerdozio, ma poi intraprese la via della società secolare iniziando il suo lavoro di insegnante elaborando contestualmente la sua abilità nei chiostri dell’immaginazione.
Nel 1979, a 36 anni, fondò la Poetry Ireland (Società nazionale della Poesia) e Poetry Ireland Review. Nel 1985 fondò Dedalus Press, uno dei principali editori di poesia. A cavallo fra il 1996 e la fine degli anni 2000 fu Segretario e poi Presidente dell‘Accademia Europea di Poesia. Membro di Aosdana (Accademia irlandese di artisti) vive a Dublino.
La sua poesia
Da un articolo dell’Irish Time del 14 agosto 2023 (A priest writes: John F. Deane helped rid me of the guilt of Irish Catholicism) si evince come per molti irlandesi di età avanzata e cresciuti nelle zone rurali sia stato difficoltoso il rapporto con il loro credo religioso. Stanchi di tutti i comandamenti e delle minacce di dannazione eterna molti hanno smesso di credere o meglio hanno cercato un’immagine più significativa di Dio. Molti l’hanno trovata nella poesia di John F. Deane incentrata su una credenza «exuberantly open to the world» (esuberatamente aperta al mondo) e lontana dalla fede recintata (fanced in faith). Infatti John F. Deane iniziò a mettere in discussione l’immagine di un Dio distante e giudicante e il suo amore per il mondo naturale divenne una delle più grandi aperture alla presenza divina. Al centro della sua visione e delle sue opere c’è infatti la convinzione che il divino si manifesti materialmente attraverso montagne, mari, fiumi, in sostanza l’aspro paesaggio della sua nativa contea di Mayo.
From summer in Umbria
Tradurre una poesia da una lingua all’altra è sempre molto complesso. Innegabili sono le difficoltà che s’incontrano e impossibile la trasposizione dei concetti. Esiste una traduzione di servizio e una traduzione fedele all’originale frutto di ricerca approfondita. I primi teorici inglesi della traduzione sostenevano che la poesia andrebbe tradotta solamente da poeti e su questo punto sono perfettamente d’accordo.
Tradurre una poesia credo anche che abbia bisogno dell’autorizzazione dell’autore. Ho cercato di mettermi in contatto con John F. Deane presso le sede di Aosdana e Potry Ireland per aver maggiori informazioni sul suo soggiorno in Umbria, ma al momento non ho avuto risposte. Detto questo mi limiterò a riportare alcuni passi dove risulta più evidente la sua presenza nella nostra Regione e la luminosità dell’opera che John F. Deane rivela nelle sue linee. La poesia inizia con una preghiera di una donna, che descrive in modo irriverente, che si raccomanda a Dio: «O Lord, lead my soul out from the prison of its flesh». Dopo una arguta descrizione del luogo che lo circonda, un cortile, con tanto di fagiani, rabarbaro, uva spina, sterco di gallina e un bambino con i pantaloni di tela strappati, nomina il cuore verde d’Italia, San Francesco e il lupo di Gubbio: «Summer in Umbria; over the glowing towns the swift are tiny flecks darting on the retina of the sky; they stitch the air tight with their cries with the maestry of their flights […]». Chiara è la descrizione delle luminose città sovrastate da rondoni, descritti come puntini nella retina del cielo, che combinano grida con la maestria del loro volo. «Francis had been elegant, dainty, debonair […] he caught a glimpse of God waiting in a radiance beyond sight, […] Perhaps the wolf of Gubbio is the rage of death in the flesh», […] «Francis begged: Lord cast your light into the darkness of my heart». La descrizione di un elegante e disinvolto San Francesco, si contrappone alla figura del lupo come furia della morte, ma un’invocazione a Dio di gettare la sua luce nel cuore rasserena questo passaggio.
Il poeta John F. Deane continua la descrizione di questo soggiorno, quando nella stanza al piano di sopra, pregava il suo angelo custode e sentiva in lontananza la voce di sua madre: «I prayed o angel of God my guardian…Mother‘s voice was a far murmuring…».
La poesia termina in pratica con: «Somewhere between the drag of flesh and the hope of resurrection my poems happen…». In sostanza John F. Deane vuol sottolinaere quanto le sue poesie stiano lontane dai vecchi canoni religiosi cercando un equilibrio tra la tentazione e la speranza di resurrezione.
Concludo nel dire che John F. Deane deve aver apprezzato molto i suoi soggiorni in Umbria perché anche in The Coffin Master and Other Stories fa riferimento alla nostra Regione quando scrive: «He closed his eyes again, gratefully, and he was sliding down a long, dark cute, it wa gentle, and when he came out on the other end he was not surprised to find himself in Umbria once more, the same landscape, filled now with vineyards, with fields of sunflowers, with trees…».
Domenico Arcangeli
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