Daniele Bricca è nato a Città di Castello nel 1984. La fotografia è la sua passione sin da ragazzo e, ben presto, capisce che attraverso questo mezzo si può fare molto di più che immortalare momenti di gioia e divertimento. «Per me la fotografia è comunicare, è bisogno di raccontare». Dal 2013 è socio del Centro Fotografico Tifernate.
Ciao Daniele e benvenuto su Aboutumbria! Ho letto che la fotografia è la tua passione fin da ragazzo. Ti ricordi come si è sviluppato questo interesse?
Ciao e grazie a voi dell’interessamento. Sì è vero, la fotografia è la mia passione fin da ragazzo ma è da quando ero un bambino che fa parte della mia vita. Questo grazie a mio padre e alla sua macchina fotografica a pellicola, la quale ci accompagnava in ogni viaggio, in ogni evento ma anche in una semplice scampagnata tra amici. Posso dire quindi che tutto è nato per gioco. Guardare la realtà che mi circondava attraverso l’obbiettivo era appunto un bellissimo gioco da fare con mio padre. Stimolava la mia creatività e la mia fantasia. Poi sono cresciuto e ho capito che questo potentissimo mezzo va oltre al semplice immortalare un momento di divertimento, scoprendo la fotografia come un vero e proprio mezzo di espressione. Molto più sottile delle parole ma molto più potente.
Hai realizzato la mostra fotografica “Umbria Jazz, Perugia in movimento” – visibile fino al 28 settembre all’Astrozombie Tattoo Culture a Città di Castello – rendendo omaggio al capoluogo umbro durante il festival jazzistico. Cosa ti ha spinto a scegliere proprio questo periodo e ci racconti come è nata questa mostra?
Perugia, dopo la città in cui vivo, è il posto che più frequento ed ho frequentato, di conseguenza il posto che, nel corso degli anni, ho più fotografato. Ho voluto perciò rendergli omaggio scegliendo il periodo dell’anno in cui il capoluogo umbro è un’esplosione di colori luci e suoni, provenienti da ogni parte del mondo. Ho scelto però di farlo in un modo particolare. Non ho voluto fermare un solo istante come siamo abituati a pensare la fotografia che, ovviamente, è qualcosa di statico. La staticità della fotografia è certo uno dei suoi pregi, ma a volte può essere anche un limite. In qualunque corso fotografico la prima cosa che insegnano è come ottenere immagini ferme e il mosso rappresenta un errore piuttosto banale. Io giravo sotto il palco in piazza IV Novembre, tra gli artisti di strada in via della Viola piuttosto che in Corso Vannucci con l’intenzione appunto di non creare un’immagine statica. Volevo immagini mosse, per cercare di trasmettere i ritmi coinvolgenti di quei giorni. Tutto questo sempre con un particolare, più o meno visibile, della città. Poi però, come molte altre volte, queste foto sono rimaste in un cassetto. Anzi a essere più precisi in un hard disk. Fino a quando mio fratello mi ha chiesto se avevo qualcosa da esporre presso il suo studio, Astrozombie Tattoo Culture. Non ho avuto dubbi su quale fosse il progetto da esporre. Non nascondo che ora spero di poter portare questa mostra fotografica a Perugia, città dove tutto è nato.
Ho letto quanto hai scritto “Per me fotografare è comunicare, è bisogno di raccontare. È uno strumento espressivo fondamentale”. Come può la fotografia, secondo te, veicolare un messaggio?
La fotografia può fare da veicolo in quanto la comunicazione visiva è immediata. Il nostro cervello elabora ciò che si trova davanti e lo trasforma in emozioni. Oggi diffondere un messaggio attraverso la fotografia è un’impresa ardua, perché siamo sommersi da immagini. Impresa ardua, ma non certo impossibile. Ho sempre cercato, o comunque provato, a raccontare delle storie attraverso le fotografie. Tante singole foto che devono saper comunicare un’idea centrale di partenza.
Cosa consiglieresti a un giovane che vuole affacciarsi al mondo della fotografia?
Oggi scattare una fotografia è diventata tra le cose più facili al mondo. Facile nel senso che in qualunque momento e quasi con qualunque mezzo possiamo fotografare. Molto meno facile è riuscire a esprimersi attraverso una fotografia. Fatta questa breve premessa veniamo ai consigli. Innanzi tutto frequentare un corso per imparare a conoscere la macchina fotografica e saperne gestire tutte le funzionalità. Una volta acquisita una certa padronanza dello strumento può essere più facile avere una maggiore libertà di espressione. E poi c’è il passo più importante, quello cioè di frequentare un qualsiasi fotoclub, una qualsiasi associazione di fotografi. Questo perché il confronto con gli altri, il mettersi in gioco, il far vedere scatti che in altri casi sarebbero rimasti nascosti, aiuta a crescere e stimola ad andare avanti.
Concludiamo con una domanda di rito: vorrei chiederti una parola che per te rappresenti il connubio tra la tua arte e l’Umbria.
Riflessione. Ho ripetuto più volte che per me fotografare è comunicare, raccontare a chi osserva un qualcosa e portarlo a riflettere su un determinato argomento. E quale miglior posto della nostra bellissima regione, in mezzo al verde delle colline o in piccolo borgo medievale per chi vuole ritrovare la pace, meditare e riflettere?
Giulia Venturini
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