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Sergio Cavallerin, il divulgatore dell’arte disegnata

di Giulia Venturini

Per la rubrica ChiacchierArte abbiamo incontrato l’artista perugino Sergio Cavallerin, un grafico, un illustratore, un fumettista e molto di più. Un vero innovatore del settore.

Sergio Cavallerin è un artista perugino con un’innata vocazione all’immagine. Una vocazione tale da portarlo fin da giovane a non cercare altra realizzazione al di fuori del mondo dell’espressione visiva. Inizia così la sua collaborazione con prestigiose agenzie pubblicitarie, quotidiani e riviste italiane e straniere come grafico, illustratore, vignettista umoristico e disegnatore di fumetti. Da subito è portato a indagare e approfondire tutti i risvolti della rappresentazione artistica, sia con le tecniche pittoriche, sia con l’obiettivo fotografico, senza trascurare felici combinazioni multimediali, utilizzando la musica e l’immagine cinematografica.

Ama definirsi divulgatore dell’arte disegnata ed è proprio per questo che negli anni ‘80, dopo aver dato vita alla rivista umoristica Tratto di cui è anche direttore, è stato tra i fondatori della Casa Editrice Star Comics. Nello stesso periodo inizia il suo impegno per la diffusione dei fumetti esteri in Italia (in particolare i comics americani e i manga giapponesi) che lo porterà, nei primi anni ‘90, a fondare l’azienda di distribuzione di libri e fumetti Star Shop, a tutt’oggi leader del settore distributivo italiano.

 

Sergio Cavallerin

 

Lei è un disegnatore, imprenditore e artista a tutto tondo. Ama definirsi divulgatore dell’arte disegnata. Come è nata la sua passione per il fumetto e l’arte?

Fin da giovanissimo in me ha sempre vissuto un’urgenza, un fuoco creativo: potrei dire che son nato con la matita in mano. Sono cresciuto nel mondo dei fumetti, da bambino leggevo avidamente Topolino, Cocco Bill, Linus… e poi da ragazzo divoravo le storie degli eroi della Marvel. Mi calavo negli universi di quei personaggi e trovavo nel disegno la possibilità di crearne di nuovi. Iniziai lavorando come grafico, editor, disegnatore, approdando alla pittura su tela seguito di una naturale inclinazione e per il desiderio di sperimentazione. Parallelamente mi accorgevo delle lacune esistenti nel settore fumettistico in Italia e in me è nata anche una forte vocazione volta al miglioramento: ho dato quindi spazio alla mia doppia natura, cercando di far coesistere la vita di artista e di imprenditore. Di giorno mi occupavo della mia attività come divulgatore e distributore, e di notte dipingevo. Non è stato facile, ma i sacrifici sono stati ampiamente ripagati.

 

Gatti seduti. 2007, acrilici su cartone

 

Importante e significativo è il suo impegno per la diffusione dei fumetti in Italia; in particolare i comics americani e manga giapponesi, che l’ha portata, nei primi anni ’90, a fondare l’azienda di distribuzione di fumetti Star Shop, tutt’oggi leader del settore distributivo italiano. Come è cambiata la percezione e la diffusione dei fumetti in Italia in questi anni?

Sicuramente vive oggi una consapevolezza maggiore e l’approccio al fumetto è maturato, sia dal punto di vista del pubblico fruitore sia degli addetti alla produzione: artisti, sceneggiatori e distributori hanno saputo adeguarsi alla nuova era. Il fumetto comincia ad avere i suoi anni: la sua traiettoria di arte popolare cambia andamento insieme ai mutamenti sociali e antropologici, esattamente come altre correnti artistiche. Pensiamo a Maus di Art Spiegelman, realizzato nel 1986: un fumetto del genere sarebbe stato inconcepibile cinquant’anni prima. Casi come questo fanno riflettere sulla valenza culturale del fumetto. È un prodotto che rispecchia la società e le sue esigenze, e può raggiungere lettori di diverse carature, da quelli più eruditi ai giovani, che necessitano di qualcuno che parli per loro e personaggi in cui rispecchiarsi: penso ovviamente a Zerocalcare e al suo esaustivo modo di raccontare i problemi dei giovani nell’epoca contemporanea. Questi cambiamenti non sarebbero stati possibili senza adeguati luoghi di distribuzione. Quando iniziai la mia avventura nel settore vi erano enormi ostacoli: i comics erano banditi dalle librerie, reperibili solo presso i giornalai e senza il servizio arretrati. Non c’erano leggi né burocrazia a regolarne la vendita e i diritti, nonostante intellettuali come Umberto Eco già negli anni Settanta ne avessero riconosciuto il valore sociale e antropologico (si prenda ad esempio il testo Apocalittici e integrati). Partecipando alla nascita di Star Comics, contribuii a portare in Italia fumetti americani e giapponesi, e poi, nel 1992, fondai Star Shop per regolare e incrementare la distribuzione, garantendo agli appassionati luoghi dedicati dove incontrarsi: le fumetterie. Nel contempo crebbero, anche grazie al nostro sostegno, le fiere di settore, ormai numerose in tutto il paese: eppure anche Lucca Comics, prima di essere l’odierna meta internazionale per produttori e amatori, era una piccola rassegna per pochi interessati. Ce n’è voluto di tempo, ma oggi il fumetto ha raggiunto uno status quo che non ha pari: è al contempo arte, letteratura, divulgazione culturale e intrattenimento.

 

Us Army. 2005, acrilici su tela

 

Alcune opere sono state esposte, fino a qualche giorno fa, alla mostra “Le icone audaci. Le sue creazioni”. Selezionate da un corpus nutrito e variegato, svelano le fasi che ha attraversato nel corso della sua pluridecennale produzione, insieme alle tavole originali dei grandi maestri del fumetto. Inoltre la mostra si inserisce in un contesto di rivalutazione su scala nazionale del genere. Ci racconta come è nata questa mostra?

La mostra si è allineata alle numerose iniziative internazionali che puntano l’attenzione sulla valenza artistica del genere: pensiamo all’iniziativa ministeriale Fumetti nei musei, o alle mostre dedicate ai grandi fumettisti in musei come gli Uffizi e il Louvre. Inoltre, la crescita del valore sul mercato delle tavole d’autore è un chiaro segnale che questi maestri sono da considerarsi al pari di grandi artisti universalmente riconosciuti. Accanto a ciò vive la potenza dei comics nel loro valore di icone: i personaggi e i loro simboli sono specchi della nostra società, ne riflettono i cambiamenti e si modulano ad essa. L’attenzione agli emblemi della contemporaneità in campo artistico è prerogativa della Pop Art, che io interpreto con i quadri della serie Love for Comics: le icone vengono estraniate dal mondo reale e trasposte nella dimensione, talvolta ironica, dell’arte. Alla luce di queste considerazioni, grazie alla collaborazione con Giulia Ciacci e l’Agenzia Generali Perugia Settevalli, abbiamo creato per i visitatori un percorso di scoperta, includendo anche visite guidate per le classi del liceo artistico. La storia del fumetto, con tavole di Frederick Burr Opper, Al Taliaferro, Jacovitti, Milo Manara, Crepax, è stata posta in dialogo con i miei dipinti a tema comics, in cui le grandi icone di carta possono vivere finalmente sulla dimensione della tela, sia dipinta che estroflessa. Nelle mie Superfici Dinamiche, estroflessioni monocromatiche, i comics sono innalzati a simboli di un secolo, audaci proprio perché hanno saputo superare il corso della storia e imporsi nel nostro bagaglio culturale.

 

Dov’è l’igloo. 2006, acrilici su tela, igloo in argento

 

Solitamente chiudiamo le interviste con una domanda di rito. Vorrei chiederle una parola che per lei rappresenti il connubio tra la sua arte, il suo impegno imprenditoriale e l’Umbria, sua terra d’origine.

Credo che la parola più calzante possa essere sfida. Nella sua accezione positiva ovviamente. L’Umbria è una terra meravigliosa, capace con i suoi paesaggi, il silenzio delle colline e l’aria buona che vi si respira, di ispirare i più alti pensieri e le migliori intenzioni. Ma è anche una regione problematica da un punto di vista ricettivo per l’accoglimento e lo sviluppo delle innovazioni. Ci vuole molto coraggio, amore per il rischio e gusto per la scommessa per competere con certe resistenze, sia in campo imprenditoriale sia artistico. Io ho sempre amato le sfide. Con la mia arte, specialmente con la realizzazione dei Polimeri, ho voluto sfidare luoghi comuni e tematiche calde dal punto di vista sociale e ideologico, provocando lo spettatore per fuoriuscire dalla passività di pensiero: con quadri come Dov’è l’igloo e Dov’è l’Antartide, per esempio, già dieci anni fa puntavo l’attenzione sul riscaldamento globale; con Dov’è l’uomo sottolineavo la problematica della violenza sulle donne; con Dov’è la mosca bianca sfidavo l’omologazione imperante nella nostra epoca. Ci vuole coraggio per essere diversi, avere un ideale e perseguirlo è una meravigliosa prova di audacia: l’ho dimostrato anche dal punto di vista imprenditoriale, scegliendo di restare in Umbria per creare una realtà che è tra le più solide economicamente e che ancora ha del potenziale da sviluppare. Ogni giorno mi scontro con le resistenze, ma la sfida si fa sempre più interessante.

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