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A Trevi (Pg) tornano ad accendersi i riflettori sull’olio e.v.o. con gli eventi di Villa Fabri, trasformata per l’occasione in un “padiglione dell’Olio”. Spettacoli di cucina con chef dell’olio, Masterclass sull’Olio e.v.o. e la Mostra Mercato con l’esposizione dei produttori di Trevi e della fascia olivata.

Al via la XVII edizione di Festivol – Trevi tra olio, arte, musica e papille, l’ormai tradizionale rassegna che nel fine settimana di sabato 4 e domenica 5 novembre 2023 animerà vie e piazze di Trevi (Pg), per festeggiare l’olio extravergine di oliva nuovo e la prima spremitura.

 

 

Tra le novità di questa edizione di Festivol – Trevi tra olio, arte, musica e papille, la seicentesca Villa Fabri, nel cuore di Trevi, diventerà un grande padiglione dell’olio e.v.o. organizzato su due livelli: al piano affrescato sarà possibile visitare la Mostra Mercato dell’Olio e.v.o. di qualità dove oltre ai produttori trevani sarà possibile incontrare i produttori ed assaggiare gli oli degli altri comuni che insistono lungo la Fascia Olivata Assisi – Spoleto; partecipare alla Masterclass sull’olio tenuta da Angela Canale (capo panel) con Assaggi di Storie. Degustazioni di Oli e prodotti unici e Gianfranco Ciarletti (docente e assaggiatore Assosommelier) con una degustazione di Olio e.v.o. delle colline di Trevi; al piano inferiore invece si terranno gli Spettacoli di Cucina con l’Olio Evo con degustazione dei piatti proposti da Lorenzo Cantoni chef dell’Olio del ristorante Il Frantoio e Nicoletta Franceschini chef del Ristorante Silene. La masterclass e i percorsi di degustazione, in programma sia il sabato che la domenica, verranno presentati da Simona Cognoli, giornalista, esperta assaggiatrice e fondatrice del progetto Oleonauta ed Evoluzione. Tra le degustazioni e le masterclass è in programma un calendario artistico di concerti in Villa e nella piazza Mazzini.

L’edizione 2023 di Festivol per la prima volta coinvolgerà anche Manciano, la frazione montana di Trevi, circondata da rigogliosi boschi con presenza preponderante del castagno e, nella parte più bassa, da oliveti, dove opera il frantoio Ciarletti. In questo scenario naturalistico, sabato 4 novembre, è prevista una piccola “Festa dell’olio” che è raggiungibile sia attraverso un trekking in e-bike, sia in auto: un programma che coinvolgerà la visita al Frantoio, alla distilleria di montagna Green Heart Distillery e la visita della piccola chiesa romanica di San Martino, immersa tra gli ulivi e il bosco con una merenda a base di olio nuovo e vino novello.

 

 

Il programma della manifestazione prevede inoltre le degustazioni di pane e olio in piazza, la Mostra Mercato dei Presidi Slow Food, che comprenderà sia i presidi dell’Umbria con in testa il Sedano Nero di Trevi, sia i presidi di Regioni ospiti tra cui, novità di quest’anno il Prosciutto Bazzone della Garfagnana Presidio Slow Food Toscano; le visite guidate al Museo della Civiltà dell’Olivo ed al Teatro Clitunno, la passeggiata a piedi con partenza da Villa Fabri fino al frantoio Gaudenzi, facendo tappa presso il maestoso e millenario olivo di Sant’Emiliano e attraversando il sentiero dell’acquedotto medievale, mirabile opera ingegneristica risalente alla metà del Duecento, la passeggiata in e-bike a cura di Experior Qualia con il partner tecnico YouMobility – Il portale della mobilità, con partenza e rientro dal centro storico di Trevi e sosta presso il Frantoio Olio Trevi, la caccia al tartufo nella Tenuta San Pietro a Pettine con degustazione, laboratori per bambini a cura di Slow Food Umbria. Nell’ambito dei due giorni dell’evento un calendario culturale, a cura del Complesso Museale di San Francesco, con visite guidate al Museo della Civiltà dell’Olivo, la passeggiata de “Il Perugino. Tra Pitture e distese di ulivi” e laboratori di xilografia per bambini.

Villa Fabri e piazza Mazzini saranno animate da diversi concerti musicali sia sabato che domenica, inoltre nella giornata di domenica 5 novembre sarà attivo un servizio navetta gratuito, che dal centro storico porterà a visitare i Frantoi Aperti del territorio: Frantoio Gaudenzi e Olio Trevi il Frantoio.

Palazzo Lucarini, Museo di Arte Contemporanea di Trevi si inserisce nell’evento proponendo #CHIAVEUMBRA | IN NATURA – Sperimentazioni artistiche nel Paesaggio Olivato”, iniziativa in cui paesaggio e natura troveranno il loro ideale connubio grazie alla performance dell’artista Francesco Alberico, la mostra personale di Fabrizio Segaricci “Tra le pieghe dei padri” e “Retablos” di Sándor Vály, progetto in anteprima internazionale presso la cappella gentilizia di Palazzo Lucarini.


Per maggiori informazioni
www.festivol.it

La regista romana di origini umbre chiude la sua trilogia cinematografica con la Santa di Assisi, una donna che lotta per ottenere quello che vuole e rompe gli schemi dell’epoca.

La storia di una ragazza che ha rivoluzionato il mondo. La storia di una ragazza che è diventata santa. Susanna Nicchiarelli, romana di nascita ma umbra di origine, ha portato sullo schermo la vita della Santa d’Assisi con il film Chiara.
La pellicola – la quinta della regista – conclude una trilogia dedicata a tre donne «disturbanti», come lei stessa le definisce; tre donne legate a degli uomini dai quali faticano a emanciparsi: Nico (vero nome di Christa Päffgen ex musa di Andy Warhol e cantante dei Velvet Underground), Eleanor Marx (figlia di Karl Marx), e appunto Chiara – l’eccellenza femminile più importante dell’Umbria – legata a Francesco.
Non potendo intervistare Chiara (per ovvie ragioni), ho parlato di lei con Susanna, che nello scrivere la sceneggiatura l’ha studiata e scoperta in ogni suo aspetto. Il film racconta la storia di una diciottenne ribelle che lascia la famiglia per unirsi al suo amico Francesco: da quel momento la sua vita cambia per sempre, non si piegherà alla violenza dei famigliari, e si opporrà persino al Papa: lotterà con tutto il suo carisma per sé e per le donne che si uniranno a lei, per vedere realizzato il suo sogno di libertà.

 

Susanna Nicchiarelli. Foto di Matteo Vieille

 

Susanna, come prima domanda le chiedo: qual è il suo rapporto con l’Umbria?

Mio padre è originario di Tavernelle. Io torno spesso in Umbria, ho una casa e sono molto legata a questa terra. Ho un ottimo rapporto anche con tutta la rete dei cinema e dei festival umbri. Spesso li sento, quando sono nei paraggi passo a trovarli e presento i miei film; è una realtà molto bella, con persone che amano veramente il cinema.

 

In Umbria – a Bevagna – ha girato anche alcune scene del suo ultimo film “Chiara”…

Nella piazza di Bevagna è ambientata la scena in cui le donne vengono chiamate da Chiara. Il resto del film, per motivi scenici, è stato girato a Tuscania: lì si è potuto ricreare il paesaggio medioevale e le chiese pre-francescane. Ad Assisi tutto questo non era possibile.

 

“Chiara” fa parte di una trilogia di donne da lei raccontate – insieme a “Nico 1988” e a “Miss Marx” – che si scontrano con gli uomini che hanno nelle loro vite: ce la fanno veramente a staccarsi da loro?

Più che emanciparsi, rivendicano un posto in una società di uomini. Tutti e tre i film raccontano il loro rapporto con loro: Nico con il figlio, Miss Marx con il padre e il marito e Chiara con Francesco e il Papa. Quello di Chiara è forse il rapporto più politico con un potere maschile.

 

“Chiara”. Foto by Emanuela Scarpa. Vivo film, Tarantula

 

È una donna che ha saputo portare avanti le sue idee e ha sempre ragionato con la propria testa, non così scontato nel 1200…

Lei, come Francesco, vuole restare dentro la Chiesa, quindi modula la sua battaglia in modo da poter fare ciò, ma allo stesso tempo cambiare le cose. Il centro della loro lotta è la povertà, e Chiara riesce nel suo obiettivo, creando un ordine di donne povere: una cosa senza precedenti. Quello che ottiene è molto importante dal punto di vista simbolico, perché fino ad allora gli ordini femminili erano protetti e dovevano avere possedimenti; i monasteri erano luoghi di ricchezza e gerarchizzati, lei invece fa nascere un ordine dove tutte sono uguali e ugualmente povere. Per arrivare a questo però è costretta ad accettare la clausura che lei non voleva.

 

Si è fatta un’idea del rapporto che c’era tra Chiara e Francesco?

Trovo che sia stato un rapporto molto femminile. Lui a un certo punto è costretto ad abbandonarla perché non può creare un ordine misto, ma poi torna a morire fra le sue braccia. C’è stata sempre una forte dipendenza di Francesco nei confronti di Chiara, perché lei era solida. Una solidità che si manifesta anche nella comunità che costruisce, che è molto unita e compatta, a differenza di quella dei francescani che si falda. Vivono due sviluppi diversi di una stessa idea.

 

“Chiara”. Foto by Emanuela Scarpa. Vivo film, Tarantula

 

Che penserebbe dell’Italia del 2023?

Chiara sarebbe sicuramente orgogliosa della posizione che hanno conquistato le donne nella società di oggi, anche se c’è ancora tanta strada da percorrere. Lei chiedeva semplicemente una parità, di poter fare quello che era concesso a Francesco, indipendentemente dal suo essere donna. Era una richiesta molto semplice, a tal punto da essere spiazzante. Sicuramente però, l’abbondanza e il consumismo sarebbero le prime cose che criticherebbe, sia lei sia Francesco. Così come il nostro rapporto con il denaro, con la ricchezza e con il superfluo: loro hanno dimostrato come si può andare all’essenziale e si può aiutare l’altro, il diverso. Francesco è stato il primo a parlare di un rapporto inclusivo e di ascolto con le altre culture, di confrontarsi con lo straniero non per convertirlo, ma per un dialogo e uno scambio di idee. E anche Chiara era in quella linea. C’è ancora tanta strada da fare per le battaglie che hanno iniziato a combattere loro.

 

Per certi versi sembra che dal 1200 non sia passato troppo tempo, anche per quanto riguarda l’immagine della donna…

Ancora oggi nel cinema, nella televisione, nella pubblicità e nella società l’immagine della donna che viene promossa è un’immagine che non deve disturbare. Quando diventa disturbante, quando rompe gli schemi, viene accettata con fatica. Penso ad esempio alle donne che non vogliono figli. Chiara, come Eleanor Marx e Nico sono figure femminili disturbanti anche per il femminismo, perché hanno difficoltà a staccarsi dagli uomini e quindi ci costringono a uno sguardo critico anche sullo stesso processo di emancipazione. Posso dire che non sono certo film celebrativi, anzi sono molto problematici.

 

Ha in programma altre pellicole che raccontano figure femminili?

Essendo una donna è ovvio che quando scrivo le sceneggiature i miei occhi e il mio punto di vista sul mondo ci sono e ci saranno sempre, ora però mi voglio dedicare a qualcosa di diverso. Con loro credo di aver chiuso un discorso. Magari più avanti chissà.

 

“Miss Marx” by Emanuela Scarpa – Vivo film, Tarantula

 

In “Chiara” si parla in dialetto, come mai questa scelta?

Ho voluto tantissimo il dialetto per rendere i personaggi più reali. Tante volte nei film ambientati nel passato, gli attori parlano un italiano molto forbito, che però non è veritiero. In Chiara si parla un codice molto simile a quello usato da Francesco nel Cantico delle Creature. L’elemento linguistico fondamentale della rivoluzione francescana e per me era importante che fosse rispettato.

 

Con Marco Bellocchio ha scritto il film “Rapito”: aveva già scritto qualcosa con lui? Com’è andata?

Lo conoscevo, ma non avevo mai lavorato con lui. Mi sono molto divertita perché è stato un lavoro di ricerca ed è stato bellissimo poter entrare nella testa di Marco e scrivere il film che lui si immaginava. Ho imparato tantissimo.

 

Ha vinto un David di Donatello come sceneggiatrice per “Nico” e un Nastro d’Argento sempre come sceneggiatrice per “Rapido”: due premi molto importanti. Di quale è più orgogliosa?

Il David per Nico è stato un riconoscimento molto importante. È una sceneggiatura poco tradizionale che ho scritto da sola, ci tengo particolarmente.

 

“Nico, 1988”. Foto by Dominique Houcmant

 

Quali sono i suoi progetti futuri? 

Sto lavorando a una serie che andrà in onda su Rai Uno. Racconta la storia di alcuni bambini che aiutano i partigiani in montagna. L’ho girata questa estate in Val di Susa, e posso dire che la montagna non fa per me – sono più tipo da campagna (ride). È stata comunque una bellissima esperienza: girare in quei paesaggi è difficile ma molto affascinante, così come lo è stato raccontare la Resistenza.

 

Per concludere, come descriverebbe l’Umbria in tre parole?

Sincera, schietta e ironica.

Inaugurazione della mostra, sabato 28 ottobre, ore 16 – Sala dei Notari.

La mostra Rinascimento in bottega – Perugino tra i grandi della storia, organizzata dal Comune di Perugia – Assessorato alla Cultura, è curata da Cristina Galassi e Francesco Federico Mancini e realizzata con il contributo del Comitato promotore delle celebrazioni per il quinto centenario della morte del pittore Pietro Vannucci detto Perugino. Sarà visitabile al Museo civico di Palazzo della Penna di Perugia a partire dal 29 ottobre 2023 al 28 gennaio 2024.

 

 

L’esposizione presenta circa quaranta opere provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private che intendono mettere a fuoco una storia per immagini dove vengono poste in evidenza le capacità operative degli artisti in bottega, le loro umane debolezze e il loro rapporto con il reale. In mezzo a tutto questo: Perugino, con il suo carattere difficile ma all’occorrenza accomodante, che non gli impedirà, tuttavia, di essere l’inventore del sacro in pittura.

 

L’iniziativa in programma sabato 28 ottobre dalle 10 nel centro culturale e formativo perugino.

“Nel nostro lavoro – spiegano dallo Spazio MAI – abbiamo spesso bisogno di volti diversi, per le nostre produzioni e per i lavori esterni a cui siamo chiamati a collaborare, e per questo abbiamo deciso di rivolgerci a chiunque sogni di partecipare, almeno una volta nella vita, a un progetto video che sia cinema o pubblicità”.

Un’intera giornata per dare – gratuitamente – la possibilità di mettersi in gioco a chi sogna di lavorare nel mondo della produzione cinematografica e televisiva: è Non si sa MAI casting, in programma sabato 28 ottobre dalle 10 nello Spazio MAI di via Gerardo Dottori, a Perugia.

 

 

Laboratorio culturale e factory artistica e formativa (con ben 12 corsi e laboratori che interessano tutti i linguaggi dell’arte performativa: formazione teatrale per tutte le età, lettura espressiva, drammaturgia, ma anche cinema, fotografia e sound design), il centro perugino è anche un soggetto produttore e partner di produzioni cinematografiche e televisive, e sabato metterà quindi a disposizione la propria struttura e le proprie professionalità per creare una banca dati da cui individuare e selezionare i volti più adatti per i progetti su cui lavorerà nei prossimi mesi.

“Insieme ai nostri docenti di recitazione e di cinema – spiegano dallo Spazio MAI – abbiamo pensato che potesse essere interessante dare spazio alla passione delle persone, oltre che alla loro formazione. Nel nostro lavoro abbiamo spesso bisogno di volti diversi, per le nostre produzioni e per i lavori esterni a cui siamo chiamati a collaborare, e per questo abbiamo deciso di rivolgerci a chiunque sogni di partecipare, almeno una volta nella vita, a un progetto video che sia cinema o pubblicità. Ci siamo detti che sarebbe stato bello offrire delle occasioni dietro le quali, non si sa mai, cosa riserva la vita”.

La giornata di sabato 28 ottobre si svolgerà in due fasce orarie: la mattina, dalle 10 alle 13, sarà dedicata ai più piccoli, fino ai 17 anni; il pomeriggio, dalle 15 alle 20, il casting sarà aperto a tutti dai 18 anni in su.

 


Per partecipare si richiede di prenotarsi gratuitamente via mail scrivendo a info@spaziomai.it

Diviso in quattro atti che ricalcano le fasi della vita umana – nascita, realizzazione, relazione e decadenza – Storie Ombra è l’opera prima di Elisa Manenti, autrice umbra che esordisce con una storia allegorica e visionaria per interpretare e raccontare nientemeno che la vita.

Elisa nasce nella periferia di Foligno sul volgere degli anni Ottanta e nei personaggi di Storie Ombra inocula le controverse emozioni – le tensioni, le insicurezze, le paure, le scelte, le gioie – con cui non solo la sua generazione, ma anche l’uomo contemporaneo si trova a fare i conti, personificandole. In questo modo, ha potuto finalmente creare un dialogo con quei sentimenti che, pur facendo parte della condizione umana, spesso rimangono incomprensibili.

 

 

A ben vedere, è il titolo stesso dell’opera a sintetizzare l’operazione. «Per spiegare Storie Ombra bisogna partire proprio dal titolo, anche perché è collegato a un aneddoto curioso.» spiega Elisa «Quando ero una ragazzina, a Sant’Eraclio, frazione di Foligno in cui sono nata e cresciuta, viveva un personaggio un po’ bizzarro. Uno di quelli che tutti i paesi hanno, in un modo o nell’altro. Lui camminava trascinandosi dietro un carretto pieno di ferraglia e parlava con la sua ombra (con il maltempo parlava con le strisce pedonali, ma questa è un’altra storia!). Ovviamente noi lo prendevamo in giro – la lapidaria crudeltà dei bambini nei confronti della diversità è nota a tutti – ma mi è rimasta in testa quest’immagine: il confronto con la proiezione di sé, proiezione che assume forme sempre diverse. Un po’ come i personaggi dei miei racconti, tutti differenti, alcuni più umani di altri nelle sembianze, ma tutti frutto di una luce creatrice, che ho identificato nel “sentire”, ovvero il percepire inteso come approccio conoscitivo al mondo. Una modalità sconosciuta all’Intelligenza Artificiale.»

È proprio all’IA che, negli intenti, è provocatoriamente destinato Storie Ombra. Un piccolo manuale attraverso il quale l’Intelligenza Artificiale potrebbe riuscire a interpretarci come esseri umani, carpendo la nostra essenza più pura e scavalcando le sovrastrutture che noi stessi creiamo attraverso i milioni di domande che le poniamo. Proprio per questo, il libro si conclude con una conversione parziale del racconto in codice binario: un vero e proprio atto di cortesia nei confronti dell’IA, fatto utilizzando un linguaggio più conforme alle sue caratteristiche, per avvicinarci umanamente al nostro interlocutore.

Purtroppo però è la modalità a restare, per l’IA, inintelligibile: «Visto che all’IA non interessa “conoscerci”, perlomeno non in questi termini, Storie Ombra è in realtà destinato a tutti noi, che talvolta siamo reduci dalla nostra umanità.» chiarisce Elisa. E aggiunge: «Io, come tante altre persone, trascorro in media un paio di ore al giorno a cercare nel web cosa voglio acquistare, cosa voglio cucinare, cosa voglio conoscere, e così via; quotidianamente faccio ricerche che mi danno un risultato immediato, e non sento mai il bisogno di dire “grazie”. Questo processo, a lungo andare, potrebbe mutare il nostro modo di interagire, anche tra noi umani. Viviamo in un tempo veloce nel quale tutto diventa immediato, schematico, privo di convenevoli o abbellimenti lessicali, quali una battuta o una divagazione sul tempo che fa». A rendere la nostra condizione unica è dunque l’empatia, che sembra essere cominciata a svanire già da prima dell’avvento dell’IA. Dunque, nonostante al momento le potenzialità dell’IA e i suoi usi siano molto dibattuti, prima di pensare a scenari apocalittici dobbiamo prendere coscienza di quale sia davvero la causa di questi tempi sempre più disumanizzati.

«Non sono un’esperta nel campo dell’IA e molto umilmente penso che quello che potremmo fare in qualità di umani, è non sentire l’esigenza di metterci in competizione con essa. L’IA è un agente che, in un ambiente regolare, tramite un sistema di filtraggio di informazioni, può prevedere alcune cose.» aggiunge Elisa. «Da persona comune che fa quotidianamente ricerche nel web, al massimo posso cercare di capire questi meccanismi e avere delle accortezze – come per esempio il controllo delle fonti d’informazione utilizzate dall’IA per elaborare la sua previsione o raccomandazione – ma, piuttosto che avere la presunzione di voler arginare questo avanzamento tecnologico, quello che mi sta a cuore è che noi esseri umani, dotati di una spiccata capacità di ricerca di ciò che reputiamo “vero” basata sulla conoscenza esperienziale ed emotiva della realtà, rimaniamo tali

Viene da chiedersi se la contingenza – il fatto di non essere una nativa digitale, di essere figlia degli anni d’oro, di essere cresciuta in una regione come l’Umbria che ancora oggi conserva dei tratti piuttosto lontani dell’immagine quasi futuristica evocata dall’IA – abbia in qualche modo influenzato il modo in cui l’autrice di Storie Ombra abbia interpretato questa trasformazione senza precedenti della società e delle relazioni umane.

«Sicuramente la mia percezione della realtà è diversa da quella dei nativi digitali.» ammette Elisa. «Ad oggi non saprei dire se è un bene o un male, ma posso assicurare che mi reputo molto fortunata di aver vissuto la maggior parte della mia vita a contatto con delle tradizioni che facevano da collante tra le persone senza il bisogno della fibra. Non sono una nostalgica – ci si evolve ed è giusto così – e i giovani di oggi avranno una percezione diversa dalla mia ma, altrettanto valevole. Quello che conta è, a mio avviso, che la gentilezza sia il vero trait d’union tra le relazioni, indipendentemente dall’età che si ha e dalle modalità con cui i rapporti si creano. Magari ho una visione un po’ troppo romantica, capisco che in una società di massa come la nostra, il successo sembri essere l’unico modo per far vedere al mondo che si esiste, ma poi è il perseverare nella gentilezza ciò che rende le relazioni realmente umane e libere. E per gentilezza non intendo il galateo o porgere l’altra guancia, intendo basare un rapporto sul riconoscersi e il riconoscere.»

 


Storie Ombra, preordinabile su Bookabook, sarà consegnato ai lettori nel corso di giugno 2024.

Tra le sue missioni principali il Gal Trasimeno-Orvietano ha quella di far rivivere le tradizioni, tramandarle di generazione in generazione, custodirne la memoria in una visione di una moderna affermazione e con un rinnovato spirito di rinascita.

“Stiamo lavorando da molti anni su questo stimolo per quanto riguarda il merletto e il ricamo in modo che, da una parte, i luoghi costudiscano la storia, attraverso i musei dedicati, le iniziative letterarie e la ricerca, dall’altra costruendo un presente e un futuro al fine di fare impresa e promuovere i territori attraverso le proprie tradizioni. Ed è proprio questo lo spirito che ci porta a partecipare a momenti di promozione e di animazione a tutti i livelli; una linea di questo progetto è proprio quella di partecipare anche alle Fiere, sul piano nazionale ed internazionale, che sono un’ottima vetrina per le nostre eccellenze dell’artigianato artistico e così siamo arrivati anche a Firenze Creattiva, dove dal 19 al 22 ottobre scorso, la mostra del ricamo ha visto la partecipazione delle tecniche tradizionali, che sono state ampiamente apprezzato da un pubblico che proviene da ogni parte d’Italia” spiega Francesca Caproni, direttore Gal Trasimeno-Orvietano.

 

 

Uno stand istituzionale che ha voluto rappresentare i luoghi di questa terra dove la qualità della vita nei piccoli borghi è ottima e ricca di stimoli. Sette le tecniche che riguardano il merletto e il ricamo: dal Filet di San Feliciano al merletto d’Orvieto, dall’Ars Panicalensis al pizzo d’Irlanda che si trova a Isola Maggiore. Sono stati poi promossi tutti gli eventi che realizziamo nel territorio quali: Fili in Trama a Panicale e Terre e Trame a Orvieto nel giorno dell’International Day.

Creattiva Firenze è stata anche l’occasione per rinnovare l’amicizia tra la città di Panicale e il Museo del Macramè di Castelgomberto, così sapientemente pensato e realizzato da Maria Luisa Tonello, con la quale realizziamo da anni progetti di promozione di queste eccellenze sul territorio nazionale. Esporremo nel nostro stand l’opera dal titolo La corda di San Sebastiano ispirata al Martirio di San Sebastiano opera del Perugino che si trova a Panicale e per la quale organizzeremo un altro evento a Panicale entro la fine dell’anno. È stato ricordato in questo modo anche il celebre anniversario dai 500 anni dalla morte del Perugino, con una mostra di nappe con tutte le tecniche che ospitata anch’essa lo stand del Gal” conclude Caproni.

Grazie a Francesco Tozzuolo editore, recentemente sono stati pubblicati, con aggiornamenti, due testi in un unico volume sulla controversa storia di Maria Keller de Schleitheim, ballerina ungherese e spia infiltrata dai francesi in Italia poco prima dello scoppio della II guerra mondiale.

Il libro – formato da due testi: Una cometa su Perugia scritto da Ottorino Guerrieri e da Il labirinto di Marion di Andrea Maori – verrà presentato nell’ambito di UmbriaLibri il 26 ottobre, ore 17,30 presso la sala Binni di Perugia, in via delle Prome di fronte la biblioteca comunale Augusta.

 

Sinossi

Il 3 dicembre 1939, Maria Keller de Schleitheim, giovane cittadina ungherese, ex artista di varietà, poliglotta, venne arrestata a Napoli con l’accusa di spionaggio militare a favore della Francia a danno dell’Italia. Condannata dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato a venticinque anni di reclusione, sebbene dall’istruttoria si evincesse la scarsa importanza delle notizie passate all’intelligence francese. Per l’espiazione della pena fu scelto il carcere femminile di Perugia, famoso per la detenzione di molte detenute politiche e per reati legati allo spionaggio. Nel marzo 1944, Armando Rocchi, prefetto repubblichino di Perugia, ne organizzò un clamoroso rapimento orchestrato per consentire alla Keller di infiltrarsi nelle bande partigiane che agivano nell’Appennino umbro-marchigiano e fornire informazioni utili alle operazioni di rastrellamento, allora in corso, da parte dei fascisti della Repubblica sociale italiana e dei tedeschi, loro alleati. L’inchiesta di Ottorino Gurrieri e la ricerca storico-archivistica di Andrea Maori ricostruiscono una storia avvincente e controversa di spionaggio internazionale durante la seconda guerra mondiale

L’evento si è svolto alla Sala di Notari di Perugia con 25 eventi, 18 fashion show e 45 ospiti. Ha sfilato anche una modella-robot.

Umbria Fashion, il nuovo contest ideato e diretto da Laura Cartocci e dedicato al mondo della moda, ha avuto un ottimo riscontro di pubblico e che si è proposto come punto di contatto tra il mondo dei giovani appassionati al fashion, le scuole, le università e il tessuto imprenditoriale di questo settore.

Una due giorni, il cui palcoscenico è stata la Sala dei Notari di Palazzo dei Priori a Perugia, che ha visto alternarsi 25 eventi, 18 fashion show e 45 ospiti al centro di talk tematici, storie di successo, premiazioni e presentazioni di libri. Moda, arte, solidarietà, innovazione, sostenibilità, opportunità per i giovani le tematiche che si sono intrecciate e hanno animato il dibattito durante l’evento, con spunti di riflessione e testimonianze importanti. Protagonista anche una modella-robot che ha sfilato con un abito a balze in tulle nero e un grande fiocco colorato.

 

Modella-robot. Foto by Facebook UmbriaFashion

 

Tra gli ospiti della manifestazione, Roberto Farnesi attore e imprenditore, testimonial dell’evento insignito anche del titolo di Cavaliere di Un’idea per la vita Onlus, Piero Iacomoni, presidente board di Monnalisa, insieme al direttore creativo Barbara Bartocci, la stilista umbra di fama internazionale Vivetta Ponti, Eleonora Benefatto, Miss Italia 1989, e l’influencer Emma Del Toro. Importante è stato anche il contributo di Carolina Cucinelli, co-presidente e co-direttice creativa di Brunello Cucinelli.

“Sono molto soddisfatta – ha commentato Laura Cartocci –, perché il debutto è andato molto bene, al di là delle mie aspettative. Vedere in questi due giorni la Sala dei Notari gremita di giovani e appassionati di moda è stato stupendo, ho visto nei ragazzi tanto entusiasmo. Umbria fashion vuole diventare un appuntamento annuale in cui i giovani devono essere stimolati e anche indirizzati rispetto alle richieste che arrivano dal mondo del lavoro. È stata una grande sfida, ma che mi ha dato tanta gratificazione: devo ringraziare la mia squadra, senza la quale tutto questo non sarebbe stato possibile, le istituzioni, gli sponsor e i partner che hanno creduto nel nostro progetto”.

Con la sua forma circolare, un diametro di circa 22 metri e una profondità di circa 13, il bacino si trova a circa due chilometri a nord di Bevagna (Perugia), immerso nella natura tipica della Valle Umbra

Immergersi nel lago Aiso – o, come viene anche chiamato, lago d’Abisso o dell’Inferno – è un’esperienza unica. Il sole penetra dalla superficie parzialmente coperta di alghe, disegna giochi di luce insoliti e particolarmente suggestivi, regalando colori che raramente si possono osservare in acqua dolce. L’acqua cristallina lascia intravedere la vegetazione esterna anche dal fondo del bacino. La trasparenza è dovuta al fatto che il lago è una risorgiva artesiana alimentata da sorgenti sub-lacuali, questo fa si che l’acqua sia mossa come da una corrente.
Con la sua forma circolare, un diametro di circa 22 metri e una profondità di circa 13, il bacino si trova a circa due chilometri a nord di Bevagna (Perugia), immerso nella natura tipica della Valle Umbra e nascosto tra gli alberi, quasi come fosse uno scrigno che conserva dei segreti. E infatti tanti segreti e misteri circondano questo piccolo lago umbro.

 

Il lago sacro

Sull’origine di questo piccolo specchio d’acqua si raccontano diverse storie e leggende che fanno risalire la sua creazione a un evento di sprofondamento, ma l’età del lago sembra antica, di epoca preromana. Vicino alle sue sponde, infatti, sono state ritrovate delle statuette votive del VI-V sec a.C., dei frammenti di terrecotte e statue marmoree e delle monete. In località Aisillo Fanelli, a poca distanza dall’Aiso – sulla piana di Bevagna – sono stati svolti scavi archeologici che hanno riportato alla luce un santuario di epoca romana.
Si trattava di un luogo di culto, in quanto è presente una cavità circolare delimitata da una struttura in cocciopesto a formare un bacino, centro dell’intero complesso sacro. La funzione della suddetta vasca non è conosciuta, sembra, tuttavia, che fosse di tipo votivo, vista la presenza nel bordo di numerose monete, che, con ogni probabilità, venivano gettate al suo interno. Sono apparse anche due stanze circondate da un porticato, di cui rimangono alcune basi di colonna in arenaria e il pavimento in cocciopesto. I due ambianti conservano anche loro tracce di culto come statue ed elementi d’arredo.

 

Lago Aiso

La leggenda

Al lago d’Aiso sono legate alcune leggende, tra cui una nota fin dal Seicento. Si racconta di un ricco e avaro contadino di nome Chiarò che volle trebbiare il grano il giorno di S. Anna, giorno nella tradizione contadina dedicato rigorosamente al riposo e alla festa della madre della Madonna. Per questa sua volontà, che contravveniva alla regola – narra la tradizione – l’aia dove stava trebbiando sprofondò con tutti gli uomini che stavano lavorando, formando subito dopo un laghetto, l’attuale lago di Aiso. La pia moglie di Chiarò scampò al pericolo con un bambino, ma un rivo d’acqua la seguì e sommerse il figlio nel luogo dove ora c’è una piccola sorgente detta l’Asillo.

 


Fonte:

I luoghi del silenzio

Bollettino di archeologia

Gionni Moscetti è stato confermato presidente del Gal Trasimeno Orvietano.

La nomina è avvenuta nell’ambito della prima seduta del nuovo Consiglio Direttivo, eletto dall’Assemblea dei soci lo scorso 20 ottobre.

Gionni Mescetti

“Ringrazio il Consiglio Direttivo per la fiducia rinnovata – ha dichiarato Moscetti -. Sono onorato di poter continuare a guidare questo importante ente per il territorio del Trasimeno e Orvietano. Insieme ai miei colleghi, lavoreremo per promuovere lo sviluppo sostenibile del nostro territorio, valorizzando le sue risorse naturali, culturali e umane”.

 

Il nuovo Consiglio Direttivo è composto da:

Gionni Moscetti, presidente Comune Orvieto

Romeo Pippi, vice presidente Coldiretti

Maura Gilibini, Consorzio Way of life

Pasquale Trottolini, CNA

Carlo Disomma, Confcooperative

 

“Il Gal Trasimeno Orvietano – ha aggiunto Moscetti – è un ente fondamentale per lo sviluppo del nostro territorio. Grazie al lavoro svolto negli ultimi anni, abbiamo ottenuto importanti risultati, come la realizzazione di progetti di promozione turistica, di tutela dell’ambiente e di sviluppo dell’economia locale. In futuro, continueremo a lavorare per rafforzare il ruolo del Gal e per rendere il nostro territorio sempre più attrattivo e sostenibile”.

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