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Gioielli di filo, un’arte da scoprire

I piccoli artigiani sono le persone che tramandano un’arte che altrimenti andrebbe persa. A Massa Martana hanno imparato la tecnica della cartapesta leccese per fare i presepi. A Poggio del Papa sono scesi da Bergamo per coltivare i fiori tintori. A Santa Maria degli Angeli si tramanda l’arte millenaria del pizzo chiacchierino.

 

La società di oggi vuole tutto subito e in grandi numeri, invece l’arte artigiana è rimasta manuale e lenta e si prepara un pezzo alla volta. Sono andata a Santa Maria degli Angeli alla scoperta dei gioielli di filo, cioè di monili fatti con un pizzo lavorato a punto chiacchierino. Il pizzo è una tecnica che crea qualcosa dal nulla come quando si lavora la lana o il cotone con l’uncinetto o i ferri da maglia. Da un filo esce una magia. Il pizzo a punto chiacchierino è composto da archetti, cerchietti e pippiolini che si susseguono a formare la cosa voluta. Si usa come bordura o al centro di una tovaglia, come colletto o sulla scollatura di un vestito. L’applicazione su tovaglie, lenzuola, vestiti, tende, centrini e colletti non è più di moda. Adesso non si passano anni a preparare il corredo di nozze. Anche Burano, isola della laguna veneziana famosa per i merletti a tombolo, sta importando lavori simili dalla Cina.

La tecnica di Francesca Scalzo

D’altra parte le ricamatrici sono poche e non sono in grado di accontentare i milioni di turisti che invadono l’isola tutto l’anno. Il tombolo è un lavoro lento, preciso e di conseguenza molto caro, i turisti invece vanno di corsa e vogliono spendere poco. Il merletto a punto chiacchierino è difficile e richiede una grande destrezza. Non si fa con l’ago ma con l’aiuto di una spoletta e del filo di cotone ritorto. Il pollice e l’indice di una mano reggono la spoletta, mentre il filo passa tra le dita dell’altra mano. La spoletta passa veloce tra i fili facendo dei nodi piccolissimi che non si snodano più. Ogni errore è immodificabile e comporta la perdita totale del lavoro.

Lungo il filo, a volte, vengono aggiunte delle perle di ogni tipo che si fanno scorrere fino al punto voluto per decorare e rendere più prezioso il lavoro. Francesca Scalzo ha imparato questa tecnica da bambina, frequentando le suore salesiane di Bianchi nell’alta Sila cosentina e l’ha esportata in Umbria. Mi diceva che per fare questo lavoro ci vuole una grande manualità che lei ha sempre avuto ma presa dall’insegnamento e dalla cura delle figlie e della casa le rimaneva poco spazio per i pizzi. Allora ha pensato di fare delle cose piccole come bracciali, orecchini, collane semplici o abbellite da pietre dure. Francesca vende le sue creazioni ai mercatini e soprattutto ai mercatini antiquari. Ha scelto le atmosfere antiche perché il punto chiacchierino ha una storia millenaria. Pare che ne siano state trovate tracce tre le pitture dell’antico Egitto.

Poi c’è stato un sonno lungo secoli ed è rispuntato fuori nei secoli del barocco e del rococò. Le grandi dame sono state ritratte con in mano la spoletta e il filo e i loro vestiti mostrano una scollatura ornata proprio dal pizzo chiacchierino. Le nobili dame passavano il tempo nei salotti tra filo, spoletta e chiacchiere, da cui il nome. Naturalmente la dama non poteva usare una spoletta qualsiasi, ma solo un gioiello che poteva essere d’oro o argento e ornato con pietre preziose. La spoletta che usa la signora Francesca è modestamente d’alluminio.

 


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gioiellidifilo@tiscali.it

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Renata Covi

Figlia del profondo nord, cresciuta a Roma, sposata con un meridionale. Laureata in Farmacia e in Scienze biologiche, ha lavorato a Parigi e in Inghilterra. Adora la storia, in particolare la storia della farmacia. Da quando ha raggiunto la pensione, scrive e gioca a golf.