Il 1540 fu un anno cruciale nella storia di Perugia e la guerra del sale รจ un avvenimento che ancora oggi viene ricordato dai cittadini per almeno un paio di motivi. Il primo รจ legato al pane sciapo che la tradizione vuole dettato dalla volontร di boicottare la tassa sul sale introdotta da Papa Paolo III. La seconda motivazione รจ invece legata al crocefisso ligneo realizzato, sempre in quellโanno, da Polidoro Ciburri, collocato poi nella nicchia del portale dellโAlessi nel Duomo cittadino come atto di sfida verso il Papa, e che ancora oggi domina la piazza. Alessandro Monti, laureato in lettere con indirizzo storico presso lโateneo fiorentino, e dottore di ricerca in storia moderna presso lโUniversitร di Pisa, ha inteso ripercorrere e studiare questo importante momento storico. Un lungo lavoro di ricerca negli archivi italiani ed europei che ha permesso allโautore di elaborare una sintesi vivace, appassionante e rigorosa dei fatti di quei giorni. Nei quindici capitoli che compongono il libro, vengono esaminate le vicende che, a partire dalla tassa del sale e dalla ribellione, sfociano del definitivo assoggettamento della cittร alla dominazione pontificia.
Lโaumento della pressione fiscale, la scomparsa delle libertร comunali, la formazione di nuove oligarchie, la crescente conflittualitร tra il pontificato di Paolo III e lโimpero di Carlo V, sono solo alcune delle questioni che si intrecciano nelle vicende perugine di questo momento storico e che lโautore ha saputo narrare, corredando la pubblicazione di numerose fonti archivistiche e bibliografiche.
250-300 g di guanciale di maiale o di pancetta tagliata a dadi piccolissimi
2 panetti di lievito di birra
Poco latte
Sale
Olio per la tortiera
PREPARAZIONE
Mescolate la farina, il parmigiano, il pecorino, la pancetta e un poโ dโolio. Unite il lievito sciolto in poca acqua tiepida e lavorate sempre con acqua tiepida, fino ad ottenere un impasto morbido ma non molle. Tagliatelo a pezzetti e allungateli facendoli rotolare sulla spianatoia formando tanti rotolini. Fate girare ogni rotolino su sรฉ stesso. Disponete le lumachelle su una placca da forno, distanziate tra di loro e infornate a 220ยฐ. Fate cuocere per 25-30 minuti. Le lumachelle si possono servire sia tiepide, sia fredde.
Le lumachelle sono tipiche della zona di Orvieto. Un tempo si metteva solo formaggio pecorino, in parte piccante, e al posto dellโolio si usava lo strutto.
Per gentile concessione di Calzetti โ Mariucci Editore
Strangozzi, stringozzi, strozzapreti, bringoli, umbricelli, bigoli, umbrichelle, lombrichelli, ciriole, anguillette, manfricoli: se mai vi capitasse di fare un giro nelle osterie umbre, sedendovi in quelle sale dalle rustiche atmosfere e addentrandovi nella lettura dei prelibati menu, vi accorgereste che nella sezione dedicata ai primi piatti campeggiano portate dai nomi evocativi quanto ambigui.
Non รจ facile ricostruire la storia di un piatto dalle antiche origini, soprattutto nel caso in cui regni ancora indisturbata la confusione persino sul nome da attribuirgli, contaminato com’รจ dall’imprecisione propria della lingua parlata e dall’uso consuetudinario di alcuni termini piuttosto che di altri.
Ma andiamo per ordine: stiamo innanzi tutto parlando di un tipo di pasta fresca, rustica in quanto fatta a mano e dunque imprecisa, grossolana, la cui bontร sta proprio nella ruvidezza della sua composizione. Le fonti concordano sulle origini povere di questo piatto, realizzato con acqua e farina di grano tenero. Ciรฒ che fa la differenza รจ perรฒ la forma che assume: ecco dunque che dallo stesso impasto nascono molti tipi di pasta, i cui nomi sono spessi confusi a causa di una somiglianza etimologica.
A Spoleto, ยซErti de stinarello e fini de cortelloยป
Gli stringozzi di Spoletoโ chiamati strangozzi a Terni, manfricoli a Orvieto, anguillette nella zona del lago Trasimeno, umbricelli a Perugia per la loro somiglianza con i lombrichi, o ancora brigoli, lombrichelli o ciriole โ sono degli spaghetti piuttosto tozzi e grossolani, con una circonferenza di 3-4 millimetri e una lunghezza di circa 25 centimetri, arrotolati a mano sulla spianatoia. Come afferma il detto, nel momento in cuiย si stende la sfoglia, non bisogna assottigliarla in maniera eccessiva; si starร attenti allo spessore solo in un secondo momento, quando col coltello la si taglierร nel senso della lunghezza. La cottura degli strangozzi deve avvenire in abbondante acqua, e bisogna star pronti a ripescarli nel momento esatto in cui vengono a galla.Vengono conditi con sughi al ragรน, con tartufo, con parmigiano o con le verdure.ย
Senza dubbio, la preparazione piรน caratteristica รจ quella che tiene alto il nome di Spoleto – โalla spoletinaโ appunto – in cui vengono esaltati dal gusto del pomodoro, del prezzemolo e dal peperoncino piccante.
Ciรฒ che รจ curioso, รจ che gli strangozziย per questa loro assonanza col verbo โstrangolareโ-vengano spesso confusi con gli strozzapreti, altra preparazione ottenuta dallo stesso semplice impasto di acqua e farina.
Sebbene i nomi vengano spesso usati in maniera intercambiabile, gli strozzapreti hanno una formato ben diverso dagli strangozzi (e dai loro omologhi): sono piรน corti e si presentano come delle listarelle disfoglia arrotolate su sรฉ stesse, la cui forma assomiglia alle stringhe delle scarpe, un tempo fatte di tenace cuoio arricciato.
Qualcuno doveva pur finire per strozzarsi
La leggenda vuole che i rivoltosi anticlericali usassero le suddette stringhe per strangolare, ai tempi del dominio dello Stato Pontificio, gli ecclesiastici di passaggio. Non sembra un’ipotesi troppo remota, se consideriamo la continua lotta dei perugini contro l’ingerenza dello Stato Pontificio: episodi come la Guerra del Sale del 1540 o l’acceso anticlericalismo ottocentesco sfociato nelle Stragi di Perugia, ci fanno ben comprendere lo scarso amore della popolazione verso i prelati. Questi ultimi, infatti, oltre a riscuotere i tributi, erano notoriamente dei golosoni, sempre pronti a scroccare pasti alla povera gente.ย
Un’altra interpretazione vuole che gli strozzapreti fossero cosรฌ chiamati perchรฉ le massaie, costrette a dimezzare le porzioni ai loro cari per fare quella dei prelati, augurassero loro di strozzarsi con quello che mangiavano. Una variante รจ quella che vede le donne di casa maledire i preti per aver loro sottratto le uova come tributo, costringendole a fare una pasta โpoveraโ, composta solo di acqua e farina.
Un’ulteriore interpretazione โ e conferma dello spropositato appetito della Curia – ci รจ data dal poeta Giuseppe Gioacchino Belli, maestro del vernacolo romanesco:
Nunpรฒi crede che ppranzo che cciร ffattoย Quelโaccidente de Padron Cammillo. ย Un pranzo, chโรจ impossibbile de dรญllo: ย Ma un pranzo, un pranzo da restacce matto. ย Quello perantro cโha mmessoerziggilloย A ttuttoer rimanente de lo ssciatto, ย ร stato, guarda a mmรฉ, ttanto de piatto ย De strozzapreti cotti corzughillo. ย Ma a ppropositocqui de strozzapreti: ย Io nun pozzo capรญppeccherraggioneย Sโabbi da dรญcche strozzino li preti: ย Quannooggni prete รจ un sscioto de cristiano ย Da iggnottissemagara in un boccone ย ErzorPavoloBbionni sano sano.ย
(G.G. Belli, La Scampaggnata)ย
Sembra dunque che l’eco degli stomaci affamati dei prelati si fosse propagata fino a Roma: il loro appetito era talmente smisurato da superare persino la difficoltร che la particolare forma degli strozzapreti donava all’atto di mangiarli. Altro che strozzarsi: ci vuole ben altro che una zuppiera di strozzapreti per far passare l’appetito ad un religioso!
Oggi, sebbene gli strozzapreti vengano prodotti a livello industriale, la lavorazione attuata con una trafila in bronzo li rende ruvidi come quelli fatti in casa, permettendo il completo assorbimento dei condimenti con cui vengono serviti. Tra le sinuositร del suo profilo, infatti, i sughi si depositano e lรฌ restano, donando al palato una piacevole sensazione di consistenza e corpositร , cosรฌ come sono tutte le paste dal sapore antico.
Lโestate a Firenze รจ torrida, laggiรน in basso, sotto lโAppennino e lontano dal mare. Anche Perugia รจ lontana dal mare, ma almeno รจ in cima a una collina e cโรจ sempre una bavetta di vento che rinfresca.
Sicuramente in quel caldo luglio del 1503 Pietro Vannucci stava rimpiangendo la sua cittร . Lavoro e famiglia lo avevano portato a Firenze e lรฌ era costretto a sopportare il caldo. Ci sono dei momenti in cui il caldo toglie anche la forza di pensare, nemmeno sapere che a settembre lโestate se ne va, riesce ad alleviare la sensazione di essere dentro un forno e di cuocere a fuoco lento.
Perรฒ lui doveva lavorare anche con il gran caldo e, mentre lavorava, succhiava i suoi confetti.ย Il suo pusher di fiducia era Di Giovanni che gli procurava, a caro prezzo, quelle piccole delizie che rallegravano le lunghe ore da passare seduto davanti alle tele. Di Giovanni era lo speziale della farmacia Al Giglio, ed era abituato ad ascoltare le richieste degli artisti, e non stiamo parlando dโimbianchini o spaccapietre, ma dellโOlimpo dellโarte italiana del Rinascimento.
Il pittore in nero
Nelle sfere piรน alte dellโOlimpo cโera lui, il pittore dal viso tondo e grassottello, fronte alta, capelli lunghi sul collo, berretto in testa, guance e naso rubizzi, e unโelegante giacca di velluto nero. Il Perugino si รจ ritratto cosรฌ, nella Sala del Cambio a Perugia, si รจ ritratto come un uomo non giovane e sempliciotto. Sembra affetto da couperose, quella malattia che dilata i capillari facendo venire le guance rosse, ma forse soffriva di fragilitร capillare oppure era stato molto allโaria aperta. Questa seconda ipotesi รจ poco probabile, dato che allora i pittori lavoravano perlopiรน dentro lo studio oppure in chiesa.
Pietro Vannucci da Cittร della Pieve, detto il Perugino, era stato uno dei piรน influenti pittori della sua epoca, e come tutti i migliori, aveva lavorato a Roma per il Papa e per le grandi committenze. Il Perugino e i suoi colleghi – i pittori del Rinascimento – non usavano molto il nero perchรฉ colore del lutto. Preferivano i colori delicati che si sposano meglio con la serenitร annunciata da ยซquantโรจ bella giovinezza… chi vuol esser lieto siaยป. Pietro Vannucci usa il nero nel Compianto del Cristo morto e nelle Deposizioni perchรฉ il dolore richiedeva anche tratti di nero. Invece nei suoi ritratti indossa sempre una giacca nera, forse perchรฉ era alla moda tra gli artisti. Anche nel ritratto fatto dal suo allievo, indossa una giacca nera molto elegante e in testa ha un berretto nero abbinato alla giacca. Quellโallievo, che era Raffaello, ha dipinto con affetto il grande maestro mentre guarda lo spettatore con aria seria, con lo sguardo intenso di una persona intelligente. Raffaello e Perugino, allievo e maestro.
Il Perugino in un ritratto di Raffaello e Lorenzo di Credi, Galleria degli Uffizi
Confetti con un cuore
Nel luglio 1503 lโartista lavorava e mentre lavorava succhiava i confetti con lโanima di semi di coriandolo. I confetti si succhiano e in bocca il piacere dura a lungo. Dโaltronde il Perugino era un signore benestante che poteva permettersi i confetti e mantenere con larghezza la famiglia. I coriandoli confetti, che a lui piacevano, erano noti fin dai tempi dei romani perchรฉ ritenuti digestivi, tanto che li aveva fatti servire anche Lorenzo de’ Medici alla fine del suo pranzo di nozze.
Lo speziale Di Giovanni registra che in luglio i garzoni del pittore, una volta Donato unโaltra volta Jacopo, sono andati a prendere tre once di confetti, in tutto circa due etti, ma hanno portato a casa anche altre specialitร medicinali: zuccheri rosati e violati, cotognate e altre squisitezze erano le preparazioni medicinali del tempo.
Se Mary Poppins cantava: ยซbasta un poco di zucchero e la pillola va giรนยป, allโinizio del Cinquecento lo zucchero lavorato costituiva la pillola. Zucchero e mele cotogne erano la base da elaborare con spezie e sughi di piante, fino a formare dei solidi a forma di dattero, di manina, di tondino anche di morselletto.
Perugino si trattava come un ricco petroliere e non badava certo a spese per soddisfare il suo piacere e curare la sua grande famiglia, perchรฉ i prodotti che lui acquistava erano, come scritto nel Ricettario Farmaceutico Fiorentino del 1498: ยซsolo per ricchi e potentiยป.
I malanni della famiglia Vannucci
Purtroppo non tutto era roseo. Nel 1503 la sua fama di Vannucci vacillava perchรฉ avanzavano le nuove tendenze che volevano piรน forza e piรน tormento nella pittura e nella scultura. La serenitร dellโUmanesimo non era piรน di moda e non corrispondeva alla durezza dei tempi. Vedere di non essere apprezzato e addirittura criticato, comโera accaduto alla corte dei Gonzaga, aveva lasciato il segno, e lui dormiva male. Di Giovanni gli prepara delle pilloline di Diacodio e altre di Fumosterno, che contenevano papavero per schiare lโumor nero e conciliare il sonno. Cosรฌ almeno si credeva.
I registri dello speziale sono preziosi, perchรฉ lui ha annotato tutti gli acquisti dei suoi clienti permettendoci di conoscere, negli anni, le malattie che circolavano nella famiglia Vannucci. Apprendiamo cosรฌ che stomaco e intestino erano i suoi punti deboli e anche quelli della moglie. Mandavano spesso a prendere la polvere di Cassia e di Agarico agarico che sono piante lassative, e si permettono anche la Trifera persica.
Questo rimedio di antica origine persiana, da cui il nome Persica, era una preparazione molto complicata e conteneva tutte le piante che svolgono unโazione lassativa: prugne e agarico, ma anche rose rosse, olio di viole e viole secche. Allora non si guardava alla ricerca o alla modernitร , allora si pensava che un rimedio antico fosse garanzia di efficacia. Infatti si usavano anche pezzetti di mummia, perchรฉ se la mummia aveva passato tanti millenni senza distruggersi voleva dire che era sicuramente efficace. Punti di vista.
Tante volte il maestro mandava a prendere ยซcose stomachicheยป cioรจ dei rimedi buoni per il curare lo stomaco della moglie. Di Giovanni consegna tante volte ai garzoni queste ยซcose stomachicheยป e prepara anche un ยซsacheto di erbe a lo stomacho della donnaยป. Chiara Fancelli, figlia di un famoso architetto fiorentino, era la moglie e la madre dei cinque figli del Perugino. Lui aveva dipinto decine di volte la Madonna. Lโaveva dipinta al momento dellโAnnunciazione, lโaveva dipinta mentre adorava il Bambino e con il Bambino in braccio. Per dipingere la Madonna si era servito sempre di modelle giovani e belle e forse, la piรน bella, รจ stata proprio Chiara Fancelli, che sembra essere stata di fragile costituzione. Forse erano stati i parti a debilitare la salute della donna.
I prodotti che uscivano dalle spezierie antiche erano dei rimedi con indicazioni varie, e molti erano considerati una panacea, cioรจ erano dei rimedi che curavano tutto – dalla peste al mal di testa, alle pulci del cane. A casa Vannucci entrano due preparati che sono quasi delle panacee, ma che potrebbero aver a che fare con il parto. Infatti la pomata Infrigidante di Galeno era considerata anche un aiuto per le doglie, mentre lโacqua di capelvenere era ritenuta utile nel dopo parto. Sarร vero? Non lo sapremo mai.
Perรฒ lo speziale Di Giovanni ha fatto scendere dallโOlimpo il Perugino, lo ha portato vicino a noi che soffriamo di mal di stomaco, che prendiamo lโinfluenza, che facciamo fatica a dormire e che amiamo succhiare delle cose buone. Quando vi troverete tra le mani dei confetti al coriandolo ricordatevi che hanno attraversato i secoli e che sicuramente piacevano al Divin Pittore dalla giacca nera.
A. Covi, New sources for the study of italian Renaissance art., 1969.
ยซLโemozione di vincere unโOlimpiade puรฒ essere superata solo dalla maternitร ยป
Diana Bacosi ha iniziato a vincere medaglie nello skeet (specialitร del tiro a volo) nel 2004 con il primo argento agli Europei e da lรฌ non si รจ piรน fermata. Un successo dopo lโaltro, fino ad arrivare alla medaglia dโoro alle Olimpiadi di Rio de Janeiro nel 2016. Diana Bacosi รจ una donna, una mamma e una campionessa olimpica, che ha imbracciato il fucile per la prima volta quando aveva quattordici anni. ยซOra mi aspetta Tokyo 2020. Dopotutto questo รจ uno sport che non ha grandi limiti dโetร ยป.
Diana Bacosi
Diana, qual รจ il suo legame con lโUmbria?
Sono nata in Umbria a Cittร della Pieve e ho sempre vissuto a Cetona in Toscana, al confine tra le due regioni. Ora sono dieci anni che vivo a Roma, ma mi alleno in Umbria e spesso ci torno per rilassarmi.
ร cresciuta in provincia di Siena, si sente piรน umbra o toscana?
Quando mi fanno questa domanda rispondo sempre: mi sento italiana.
Ho letto che ha preso in mano il primo fucile a quattordici anni: cosa spinge una ragazzina a iniziare questo sport?
Papร andava spesso al campo da tiro e io per stare con lui lo seguivo. Le prime volte stavo seduta da una parte e segnavo i punti, poi un giorno mi ha detto: ยซDiana vuoi provare?ยป E da quel momento non ho piรน smesso di sparare. Mi รจ subito piaciuto ed รจ diventata la mia passione.
Crede che avrร degli eredi umbri?
Cโรจ un ragazzo di Spello, Emanuele Fuso, che sta emergendo e nei prossimi mesi vedremo dove potrร arrivare.
ร stato piรน emozionate vincere la sua prima gara in assoluto o la medaglia olimpica?
Il vincere una medaglia olimpica รจ unโemozione unica a mondo. Anche perchรฉ ci arrivi dopo una lunga preparazione.
Piรน emozionate che diventare mamma?
No, quello รจ sopra tutto e tutti. Ma lโoro viene subito dopo.
Come ci si prepara per affrontare unโOlimpiade?
ร un percorso che dura oltre un anno. Passo dopo passo, gara dopo gara si arriva allโOlimpiade. Cโรจ una preparazione fisica e mentale con esercizi di respirazione, controlli cardiaci e tecniche per controllare lโansia che puรฒ presentarsi durante la gara. Poi cโรจ una pianificazione delle gare per lโintera stagione che precede lโOlimpiade: se ne fanno poche, sempre con la stessa arma e le stesse cartucce. Insomma, tutto รจ finalizzato a preparare la gara olimpica. Ad esempio, per prepararmi a Rio de Janeiro, nel mio campo di allenamento ho ricreato gli stessi colori che avrei trovato lรฌ: il colore della pista, di ciรฒ che ci sarebbe stato intorno. In questo modo ho abituato gli occhi a quei colori.
Cercate di prevedere tutto, ma i fattori atmosferici sono imprevedibili. Come li affrontate?
Quelli non si possono prevedere, ma cerchiamo di essere preparati, allenandoci anche in pessime condizioni e sperimentando tutti i fattori climatici. Io ad esempio, preferisco una bufera di vento alla pioggia. Una mia compagna invece adora sparare con la pioggia.
Cโรจ una situazione ideale?
Sรฌ, non troppo sole, il cielo azzurro e uno sfondo pulito senza rilievi โ montagne o colline โ di nessun genere.
Una piccola curiositร : dove la tieni la medaglia?
In una cassetta di sicurezza in banca.
Come descriverebbe lโUmbria in tre parole?
Serenitร , bellezza e ospitalitร . La gente umbra mi รจ sempre stata tanto vicina.
La prima cosa che le viene in mente pensando a questa regioneโฆ
ยซEsistono cammini senza viaggiatori. Ma vi sono ancor piรน viaggiatori che non hanno i loro sentieriยป, scriveva Gustav Flaubert tra quelle pagine ingiallite dalle polveriere della Francia post-rivoluzionaria. ย
Homo viator, espressione piรน compiuta del peregrinare umano e di quella genealogia di antichi viandanti che, sin dalle origini, hanno guardato e ambito lโorizzonte in quelle esperienze che si manifestano secondo moti circolari, in quella perfezione geometrica che si riflette nellโanimo umano attraverso le armoniche e disarmoniche combinazioni della mente. E allora viene quasi spontaneo svestire gli abiti del turista e indossare quelli del viaggiatore, di quello spirito errante eternamente insoddisfatto, capace di viaggiare nella memoria come in un attimo sfuggente, in un universo chiuso eppure senza confini. Viaggi che si rinnovano in strade e sentieri tortuosi che diventano santuari di pellegrini e viandanti, luoghi ancestrali che trascendono tempo e spazio capaci di restituire allโerrare umano quellโintima accezione assopita nellโinconscio collettivo, quello spirito arcaico che traduce nel peregrinare terreno il senso piรน stretto dellโesistenza umana. ย
Ed รจ proprio da una strada, la Provinciale 477, che ha inizio lโascesa allโAltopiano di Castelluccio: una vasta depressione originata da una distensione tettonica verificatasi circa un milione di anni or sono, ha tracciato il profilo di una terra che sa rivelarsi tanto umana quanto selvaggia.
Lโidea di una natura primitiva che rimanda verosimilmente allโinaccessibile foresta pluviale amazzonica sembra quasi rivivere nel cantico marmoreo di quei massicci rocciosi, in quei silenzi sovraumani che suggeriscono allโanimo umano la direzione da intraprendere per elevare lo spirito a fuoco fatuo, a spirito errante capace di librarsi oltre le perentorie correnti ascensionali che incatenano il corpo allโeffimero. Una terra i cui luoghi sembrano custodire una doppia memoria. Una visibile a tutti, e una silenziosa, impenetrabile, segreta quasi occulta.
รย il caso del Lago di Pilato, situato a 1940 metri sopra il livello del mare presso il Monte Vettore, da sempre teatro di una duplice esistenza. Una che sembra quasi identificarsi nel battito cardiaco di un crostaceo funambolo, il Chirocefalo del Marchesoni, che vive in equilibrio precario tra il rischio di estinzione e la speranza di sopravvivenza. E una misteriosa, quasi mistica, animata dalle ombre di sinistre figure ritratte dalla tradizione popolare nelle vesti di fate e sibille. Il fascino arcaico esercitato dal lago maledetto ha origine nei meandri della psiche umana, laddove albergano le paure e le superstizioni che sono il fondamento della magia e dellโocculto. Uno specchio dโacqua che, dal 1200, assiste a un continuo via vai di maghi e negromanti. Cornici inquiete di scenari dolomitici inquadrano scorci lapidei, dominati da un borgo che appare sidereo nel gelo innevato del poggio su cui sorge, Castelluccio, avamposto lunare di una civiltร contadina di cui ancora oggi si respira la presenza. Luoghi dellโinfinito e dellโignoto, di inghiottitoi naturali che conducono al centro della terra e scalinate di marmo che portano al cielo.ย
Se allโinfinito si addice il monocromo, lโAltipiano di Castelluccio si sottrae a questa crudele legge cromatica. Tonalitร pastello che stupiscono per la leggerezza con cui si manifestano sembrano quasi sciogliersi sotto la pioggia primaverile che annuncia lโarrivo della Fioritura, trionfo di colori e risultato ultimo dellโisolamento e della selezione naturale a cui la flora locale รจ stata sottoposta attraverso le annuali attivitร agricole. Una natura che differisce da quella titanica tanto cara ai romantici e da quella sognante dellโArcadia, una natura che รจ sorella dellโuomo, una natura francescana, custodita nel flebile canto del vento. Natura Naturans, perpetua azione generatrice di Dio che rende il creato perfetto dettandone costantemente il fluire secondo le leggi della sua propria necessitร razionale.ย
Fonti:
Gustav Flaubert, Lettere a Louise Colet, 1846-48, Milano, Feltrinelli, 1984.
La prima attestazione storica dellโeremo data al 1206, ma certamente molto prima i Benedettini dellโabbazia di Santa Maria di Valdiponte di Perugia decisero di insediarsi nella zona, di costruire una cisterna per la raccolta dellโacqua potabile e di edificare qui una chiesa con annesso un monastero dedicato al principe degli apostoli che prenderร poi la denominazione in Vigneto dal trovarsi, a seguito della bonifica apportata dai monaci ai territori circostanti, in mezzo alle vigne.
Eremo, foto di Enrico Mezzasoma
Lโeremo sorge presso un tracciato molto frequentato fin dai tempi antichi, come รจ attestato dalla presenza dei ruderi di un ponte romano sul fiume Chiascio nei pressi del Castello del Peglio; doveva trattarsi di una deviazione della via Flaminia, un percorso che partiva da Pontericcioli, al confine tra Umbria e Marche, attraversava Gubbio (forse lungo il percorso dellโattuale statale La Contessa) e conduceva, proseguendo verso Assisi, a Foligno, dove si ricongiungeva con la Flaminia.
Proprio il grande transito fu motivo della costruzione del ricovero per pellegrini, per lungo tempo funzione principale dellโeremo. Lโeremo di San Pietro in Vigneto, con bolla pontificia di Pio II datata 8 agosto 1463, veniva soppresso e, assieme ai terreni posseduti, passava in proprietร ai Canonici della Cattedrale di Gubbio che ancora oggi ne detengono la proprietร . I terremoti del 1979 e del 1984 richiesero lโattenzione della Soprintendenza che curรฒ il restauro dellโeremo eliminando ciรฒ che nel corso degli anni era stato aggiunto in modo arbitrario e correggendo quanto era stato manomesso. Situato sul tracciato della Via Francigena, anche oggi accoglie viandanti e pellegrini grazie alla presenza stanziale di un laico, Stefano Giombini[1].
La roccaforte affrescata
Il convento, con la sua torre e la sua stretta compattezza, sembra piuttosto una roccaforte che un insediamento religioso. Risulta difficile sia per la continuitร costruttiva sia per il reimpiego dei vari spazi nel corso dei secoli distinguere e identificare i singoli edifici. Soltanto il campanile a vela e una minuscola monofora a sesto fanno intuire la presenza della cappella nellโangolo nord-est del complesso. Allโinterno del cortile selciato, intorno al quale si affacciano gli edifici, si trova una grande e bella cisterna. La chiesa al suo interno conserva un affresco di scuola eugubina del secolo XV raffigurante una dolcissima Madonna col Bambino con ai lati san Sebastiano, santโAntonio, san Pietro e san Rocco.
Madonna con bambino, foto di Enrico Mezzasoma
Resti che scompaiono, resti che appaiono
Il Castello del Peglio, che sorgeva nei pressi dellโeremo, รจ stato insensatamente distrutto pochi anni fa per costruire la diga sul Chiascio: sono scomparse le belle pietre conciate che avevano sfidato i secoli, spazzate via dalle ruspe nel 1978. Prima di allora rimanevano resti imponenti: sulla facciata si potevano osservare le feritoie che servivano per fare scorrere il ponte levatoio e lungo le mura si ergevano i bellissimi archi a sesto ribassato. Le acque della diga hanno sommerso anche un olmo centenario ยซtanto bello e tanto grande che per abbracciarlo erano necessari tre uominiยป[2].
Nel 1780, per le piogge abbondanti, franรฒ il terreno e cosรฌ tornarono alla luce nei pressi dellโeremo i resti di un tempio pagano: lucerne di creta, frammenti di iscrizioni, monete e in dodici pezzi lโintera statua marmorea del nume tutelare del tempio (oggi conservata nel Museo archeologico di Firenze), Marte Cyprio. Unโiscrizione testimoniava il restauro del tempietto per opera di un certo Lucio Avoleno avvenuta nel II secolo d.C. mentre le monete del V secolo attestavano che fino a quel periodo gli abitanti della zona avevano tributato offerte al dio pagano.
Particolare architettonico, foto di Enrico Mezzasoma
Testi di riferimento
Per la bibliografia storica si rinvia a B. Martin, S. Pietro in Vigneto, Vispi&Angeletti, Gubbio 1997, che risulta anche il testo di riferimento in merito.
P. Pizzichelli, Gubbio Francescana e sentiero francescano della pace, Gavirati, Gubbio 1999, pp. 53-55.
Sentiero francescano della pace da Assisi a Valfabbrica a Gubbio, Provincia di Perugia, Perugia 2000, pp. 30-31.
L. Zazzerini, In ascolto dellโassoluto. Viaggio tra gli eremi in Umbria, Edimond, Cittร di Castello 2007, pp. 68- 73.
[1] Per avere informazioni e concordare lโaccoglienza si puรฒ contattare il numero 3334789564.
[2] P. Pizzichelli, Gubbio Francescana e sentiero francescano della pace, Gavirati, Gubbio 1999, p. 52.
Lavorate bene la ricotta con i rebbi di una forchetta, unite le uova, lo zucchero, l’archermes, il rum e la cannella. Preparate, con le uova, la farina e un pizzico di sale, una normale sfoglia; ricavatene dei ravioli. Lessateli e conditeli con cannella e zuccheri.ย
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I ravioli dolci โ o, come li chiamano in quella cittร , cravioli โ erano in uso a Norcia, dove si servivano in inverno, in particolar modo per Carnevale, a volte come dolce, altre come piatto unico, altre come primo. Si potevano anche friggere; in questo caso si servivano freddi.ย ย
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Per gentile concessione di Calzetti โ Mariucci Editoreย
Luogo di settecentesche delizie, la villa del Pischiello, a Passignano sul Trasimeno, traeva il proprio nome da unโattigua sorgente dโacqua. E, come dallโacqua tutto trae forza e vigore, da questa dimora affacciata sul lago Trasimeno la popolazione traeva sostentamento, molendovi lโoliva, stoccandovi i cereali e producendovi dellโottimo vino.
Nemmeno nel 1904, quando la marchesa Romeyne Robert Ranieri di Sorbello decise di installarvi una scuola di ricamo, questa forza produttiva venne meno. Anzi, quella che si configurรฒ fin da subito come una moderna holding, diventรฒ ben presto unโattivitร importantissima per lโeconomia del lago, dando impiego a intere famiglie di Passignano e dintorni.
Villa del Pischiello, foto Ranieri di Sorbello
Donne che hanno fatto la storia
Lโalta qualitร , lโunicitร dei pezzi eseguiti su commissione, cosรฌ come lโesclusivitร della tecnica, fecero della scuola uno degli emblemi della cosiddetta questione femminile che, dal 1883, combatteva contro le posizioni assolutiste secondo cui le donne delle campagne dovessero essere impiegate esclusivamente nei lavori agricoli. La marchesa spronava le dipendenti ad accantonare la propria paga in libretti postali, secondo un sistema estremamente moderno e teso a renderle emancipate grazie al proprio lavoro. Oltre a questo, nella Villa del Pischiello fondรฒ una scuola Montessori โ una delle prime della Penisola โ per favorire lโeducazione dei figli dei coloni della tenuta secondo gli innovativi metodi dโinsegnamento che caratterizzano il metodo: libera scelta del percorso educativo, sebbene entro certi limiti, e il rispetto del naturale sviluppo fisico, psicologico e sociale del bambino.
Gli orditi nati dallโabilitร delle allieve di Romeyne, coadiuvata dalla perugina Amelia Pompilij e dalla fiorentina Carolina Amari – che aveva studiato e recuperato, nel suo laboratorio di Firenze, la tecnica usata per la preziosa collezione di biancheria e decorazioni per la casa della contessa Edith Rucellai – venivano commercializzati nel negozio della cooperativa Arti Decorative Italiane – diretta derivazione del comitato regionale de Le Industrie Femminili Italiane, detto Ars Umbra ย (poi divenuto una vera e propria societร ) – sotto la dicitura di commercio al minuto di ricami a mano.
Arte in rilievo
Il punto umbro – detto anche Sorbello o portoghese – protetto da brevetto, si dipanava su tele da ricamo in canapa o lino provenienti dal laboratorio Tela Umbra di Cittร di Castello, fondato dalla baronessa Alice Hallgarten Franchetti. Motivi floreali, vegetali, animali – anche fantastici – e arabeschi si annodavano sulle tele con rinascimentali ghirigori color ruggine, รฉcru, verde, indaco, giallo, bianco e rosa antico. I disegni degli album da viaggio di Romeyne acquisivano cosรฌ la terza dimensione e una riconoscibilitร tattile, grazie anche allo spessore del filato usato – cotone, soprattutto, ma anche seta, ben resistenti al tempo e allโusura.
I tasselli di tessuto che, precedentemente ricamati, sarebbero andati a formare il disegno, venivano assemblati tramite elaborati punti avorio, dโispirazione araba, alternati a punti di antica ispirazione toscana e romagnola.
Il punto umbro, detto anche Sorbello. Foto Casa Museo di Palazzo Sorbello
Questione dโinventiva
Non mancavano perรฒ punti inventati, come il ricciolino, il rilievo, il nodone, il mazzetto, il punto pifferino, il nodino di San Francesco, le pignattine, le lumachelle e le capannucce, usati perlopiรน per ricamare lโinterno e rifinire gli orli. Le fuseruole in ceramica derutese, usate per bilanciare il fuso e, in maniera piรน romanzata, per bilanciare la vita di unโaltra persona – venivano infatti donate come pegno dโamore – erano inserite nelle confezioni per rifinire paralumi e tessili.
Il punto San Francesco e il pifferino, assieme al punto civetta, venivano utilizzati anche per le nappe – elaborate riproduzioni in miniatura di cestini di frutta, gioielli fiorentini, ghiande e animali – e i bottoni – creati semplicemente arrotolando un filo, poi fermato con un punto avorio – elementi decorativi che, impreziosendo tovaglie, centrini, centrotavola, paralumi, tende e sacchetti portabiancheria, finirono per essere un vero e proprio punto distintivo della produzione della scuola.
ยซLa partita che mi ha dato piรน soddisfazione arbitrare? Quella a favore di terremotati di Norciaยป.
Piรน di 200 partite in serie A, arbitro internazionale dal 2007 โ il 2017 รจ stata la sua ultima stagione per raggiunti limiti dโetร โ 17 anni di attivitร con lโesordio nella massima serie nel 2003 e arbitro โรlite Uefaโ dal 2012. Questi i numeri di Paolo Tagliavento di Terni, sicuramente il fischietto piรน rappresentativo dellโUmbria e non solo. In campo ha lโaria severa che serve per mettere in riga i 22 giocatori, nel parlarci, invece, รจ una persona disponibile e simpatica. Un umbro orgoglioso della sua terra.
Paolo Tagliavento
Qual รจ il suo legame con lโUmbria e con Terni?
ร un legame molto forte, perchรฉ sono nato, cresciuto e vivo tuttโora a Terni. Amo la mia regione e sono molto attaccato alle persone con cui ho vissuto e che hanno fatto parte della mia infanzia.
Pensa che lโUmbria sia una regione in โfuori giocoโ, tagliata fuori rispetto ad altre realtร ?
Per la posizione che ha, รจ un poโ tagliata fuori a livello di infrastrutture. Io ad esempio, uso spesso la macchina per i miei spostamenti. Fiumicino non รจ lontano, quindi mi capita anche di prendere lโaereo quando ho partite lontane, mentre per quanto riguarda il treno non รจ proprio comodissimo. Per certi versi il suo essere un poโ fuori, puรฒ essere un vantaggio, perchรฉ conserva la pace e la tranquillitร che la caratterizzano.
Se lโUmbria fosse una regola del calcio, quale sarebbe?
Il vantaggio. Che รจ una norma e non una regola, ma che quando la puoi applicare il gioco รจ sicuramente piรน vivace. Il vantaggio dellโUmbria sono i suoi paesaggi, il cibo e la vita in generale che si respira qui.
Cโรจ una partita che avrebbe sempre voluto arbitrare e non lo ha ancora fatto?
Potrei dire la finale del Mondiale, perchรฉ รจ il sogno di qualsiasi arbitro e in pochi ci arrivano. Invece dirรฒ la partita che piรน mi ha dato soddisfazione arbitrare: una gara di beneficenza dopo il terremoto del 2016, che si รจ disputata a Norcia tra gli attori e il personale della protezione civile. ร stato qualcosa di concreto per lโUmbria e mi ha reso molto orgoglioso.
Gli umbri sono accusati di essere chiusi, si riconosce in questo stereotipo? Glielo hanno mai fatto notare?
No, non mi รจ mai successo. Forse nella parte Nord dellโUmbria sono piรน chiusi rispetto a Terni, che risente dellโinfluenza del carattere romanesco.
Ci sono in Umbria giovani arbitri che potrebbero arrivare ai suoi livelli?
Cโรจ unโottima scuola di assistenti arbitrali, che sono arrivati a buoni livelli. Per quanto riguarda gli arbitri in Lega Pro e serie D cโรจ qualcuno per potrebbe fare strada.
Cosa gli consiglierebbe?
Gli consiglierei di dare il massino, sempre. Di avere passione e di fare sacrifici, perchรฉ solo cosรฌ si puรฒ arrivare a determinati livelli. La passione รจ il motore trainante, ma non basta. Ci vuole anche impegno e fame di raggiungere lโobbiettivo. Questa professione va messa un poโ davanti a tutto. Lโimbuto รจ molto stretto e in pochi arrivano in serie A. Ma gli consiglierei anche di divertirsi e di godesi la propria passione.
Come descriverebbe lโUmbria in tre parole?
Bella, unica, poco aperta di mentalitร .
La prima cosa che le viene in mente pensando a questa regioneโฆ