«L’emozione di vincere un’Olimpiade può essere superata solo dalla maternità»
Diana Bacosi ha iniziato a vincere medaglie nello skeet (specialità del tiro a volo) nel 2004 con il primo argento agli Europei e da lì non si è più fermata. Un successo dopo l’altro, fino ad arrivare alla medaglia d’oro alle Olimpiadi di Rio de Janeiro nel 2016. Diana Bacosi è una donna, una mamma e una campionessa olimpica, che ha imbracciato il fucile per la prima volta quando aveva quattordici anni. «Ora mi aspetta Tokyo 2020. Dopotutto questo è uno sport che non ha grandi limiti d’età».
Diana, qual è il suo legame con l’Umbria?
Sono nata in Umbria a Città della Pieve e ho sempre vissuto a Cetona in Toscana, al confine tra le due regioni. Ora sono dieci anni che vivo a Roma, ma mi alleno in Umbria e spesso ci torno per rilassarmi.
È cresciuta in provincia di Siena, si sente più umbra o toscana?
Quando mi fanno questa domanda rispondo sempre: mi sento italiana.
Ho letto che ha preso in mano il primo fucile a quattordici anni: cosa spinge una ragazzina a iniziare questo sport?
Papà andava spesso al campo da tiro e io per stare con lui lo seguivo. Le prime volte stavo seduta da una parte e segnavo i punti, poi un giorno mi ha detto: «Diana vuoi provare?» E da quel momento non ho più smesso di sparare. Mi è subito piaciuto ed è diventata la mia passione.
Crede che avrà degli eredi umbri?
C’è un ragazzo di Spello, Emanuele Fuso, che sta emergendo e nei prossimi mesi vedremo dove potrà arrivare.
È stato più emozionate vincere la sua prima gara in assoluto o la medaglia olimpica?
Il vincere una medaglia olimpica è un’emozione unica a mondo. Anche perché ci arrivi dopo una lunga preparazione.
Più emozionate che diventare mamma?
No, quello è sopra tutto e tutti. Ma l’oro viene subito dopo.
Come ci si prepara per affrontare un’Olimpiade?
È un percorso che dura oltre un anno. Passo dopo passo, gara dopo gara si arriva all’Olimpiade. C’è una preparazione fisica e mentale con esercizi di respirazione, controlli cardiaci e tecniche per controllare l’ansia che può presentarsi durante la gara. Poi c’è una pianificazione delle gare per l’intera stagione che precede l’Olimpiade: se ne fanno poche, sempre con la stessa arma e le stesse cartucce. Insomma, tutto è finalizzato a preparare la gara olimpica. Ad esempio, per prepararmi a Rio de Janeiro, nel mio campo di allenamento ho ricreato gli stessi colori che avrei trovato lì: il colore della pista, di ciò che ci sarebbe stato intorno. In questo modo ho abituato gli occhi a quei colori.
Cercate di prevedere tutto, ma i fattori atmosferici sono imprevedibili. Come li affrontate?
Quelli non si possono prevedere, ma cerchiamo di essere preparati, allenandoci anche in pessime condizioni e sperimentando tutti i fattori climatici. Io ad esempio, preferisco una bufera di vento alla pioggia. Una mia compagna invece adora sparare con la pioggia.
C’è una situazione ideale?
Sì, non troppo sole, il cielo azzurro e uno sfondo pulito senza rilievi – montagne o colline – di nessun genere.
Una piccola curiosità: dove tiene la medaglia?
In una cassetta di sicurezza in banca.
Come descriverebbe l’Umbria in tre parole?
Serenità, bellezza e ospitalità. La gente umbra mi è sempre stata tanto vicina.
La prima cosa che le viene in mente pensando a questa regione…
I boschi e il verde.
Agnese Priorelli
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