Danilo Petrucci, in sella alla Ducati, porta lโUmbria in pista. Il motociclista, classe 1990, arriva dalla Terni operaia e dโacciaio, e proprio nella sua cittร vorrebbe aprire una pista per far conoscere e amare questo sport.
Petrux, che dal 2012 corre il MotoGP, la massima categoria motociclistica, questโanno ha ottenuto il suo miglior risultato: un ottavo posto nella classifica finale, salendo sul podio per ben quattro volte. Una crescita importante per il motociclista ternano, che scrive un diario e si rilassa tra i boschi dellโUmbria.
Qual รจ il legame con la sua regione?
Ho molti affetti in Umbria e non solo a Terni, anche a Perugia. Sono molto legato alla mia regione.
Ho letto in unโintervista che ha un diario in cui appunta quello che le passa per la testa: cosa le piacerebbe scrivere, che ancora non ha scritto?
Ci sono ancora tante pagine che mi piacerebbe scrivere. Quello che appunto nel mio diario non lo sa nessuno, spesso mi รจ anche capitato di buttare via i diari scritti senza nemmeno rileggerli. Confesso che ci sono due o tre cose, non solo a livello sportivo, che mi piacerebbe scrivere, ma non lo dico per scaramanzia.
Lei รจ abituato alla velocitร , cosa servirebbe allโUmbria per iniziare a correre come fanno altre regioni?
Servirebbe un poโ piรน di apertura mentale e di tolleranza anche verso il mondo delle moto. Io sto cercando di fare qualcosa per la mia cittร : vorrei aprire una pista, ma cโรจ molta difficoltร e poca benevolenza. Pensano che facciamo troppo rumore e per questo ci ostacolano. ร sempre molto difficile.
Come ha fatto ad arrivare a correre il MotoGP, partendo da una regione che storicamente non รจ cosรฌ legata ai motori?
Ci sono state molte persone, sia a Terni che a Perugia, che mi hanno aiutato economicamente a iniziare questa carriera, non posso che ringraziarle. Poi, se vuoi realizzare il tuo sogno, devi fare molti chilometri: da piccolo per fare cross andavo nelle Marche e nel Lazio. In Umbria cโรจ Magione, che รจ stato un mio tracciato per tanti anni. Servirebbe perรฒ un occhio diverso per il mondo dei motori e soprattutto che gli venisse riconosciuta piรน importanza, anche in Umbria.
Lo stereotipo degli umbri chiusi lo ha mai avvertito, glielo hanno fatto mai notare?
Nel mio lavoro non รจ utile essere chiusi, perchรฉ spesso devi parlare per forza. Gli umbri sono un poโ strani: nonostante siamo molto piccoli, litighiamo tra noi. Terni e Perugia non si possono vedere. Non so, se siamo poi cosรฌ chiusi, di sicuro cโรจ che non abbiamo le risorse di altre regioni: non c’รจ nรฉ il mare nรฉ la montagna vera. Abbiamo tanti posti belli, ma poco conosciuti.
Come descriverebbe lโUmbria in tre parole?
Affascinante, segreta, piccola.
La prima cosa che le viene in mente pensando a questa regioneโฆ
Le montagne dove mi piace andare a fare enduro. Qui ci sono posti tra i migliori in Italia per farlo. Prendo la moto e mi rilasso in giro per i boschi.
Conosciuta dai piรน come cittร dellโacciaio, come cittร operaia, quasi totalmente rasa al suolo dai bombardamenti, Terni nasconde ancora una in sรฉ un piccolo tesoro. Alla devastazione della Seconda Guerra Mondiale, il Giudizio universale di Bartolomeo di Tommaso, pittore folignate precursore del Rinascimento umbro, รจ sopravvissuto. A custodirlo gelosamente sono le mura della cappella Paradisi che si apre in fondo alla navata destra della chiesa di San Francesco.
Il ciclo attualmente visibile รจ forse la testimonianza pittorica piรน importante del XV secolo, eppure la sua storia critica cominciรฒ tardi. Gli storici locali, infatti, non ne poterono parlare fino al XIX secolo perchรฉ i frati conventuali, ai quali apparteneva la chiesa, usarono quel vano come magazzino per la legna del convento, murandone lโarco dโaccesso. Gli affreschi tornarono alla luce solo nel 1861, grazie allโopera dellโarchitetto Benedetto Faustini.
Unโattribuzione controversa
Prima del problema dellโattribuzione, i critici affrontarono quello della controversa iconografia. In un primo momento tutti parlarono di illustrazione della Divina Commedia. Mariano Guardabassi nel 1872, infatti, vi lesse ยซi profondi concetti dellโAlighieriยป e questa lettura sembrรฒ confortata anche dallโattribuzione a Bartolomeo di Tommaso, perchรฉ la prima produzione a stampa del poema dantesco fu fatta proprio nella cittร di Foligno.
A occuparsi dello studio iconografico tra 1977 e 1978 furono Bruno Toscano e Pietro Adorno che, non avendo trovato corrispondenze puntuali con le terzine dantesche, indirizzarono le loro ricerche verso unโaltra strada, facendo riferimento al clima sociale e religioso che la cittร viveva a metร del Quattrocento e ai legami del pittore con lโordine francescano e con Giacomo della Marca, predicatore itinerante. San Giacomo fu certamente a Terni nel 1444 e predicava spesso nella chiesa di San Francesco contro i vizi che aveva osservato nella cittร . Terni viveva quindi sotto la guida spirituale di questo frate, che un anno piรน tardi portรฒ la sua oratoria anche a Foligno influenzando profondamente lโartista. Bisogna anche considerare che a commissionargli lโopera, nel 1449 fu Monaldo Paradisi, figura particolarmente legata allโOsservanza e agli statuti di riforma voluti da San Giacomo. Il Giudizio finale, infatti, รจ una costante della predicazione del frate e uno dei Sermones Dominicales, il De Judicio extremo, sembra corrispondere passo dopo passo ai dipinti di Bartolomeo di Tommaso, quasi che il pittore lo abbia seguito fedelmente trasformando in immagini le parole. Giacomo della Marca si rivela quindi come fonte ispiratrice principale del pittore.
Giudizio Universale
La decorazione della cappella Paradisi consiste in un imponente e terribile Giudizio universale. Inizia nel sottarco di ingresso con sei cornici quadrilobate che incorniciano i busti dei profeti che hanno annunciato il ritorno di Cristo: Geremia, Daniele, Malachia, Isaia, Giona e Abdia. Allโinterno della cappella, sopra lโarco di accesso, si trovano altre due figure di profeti semigiacenti inseriti in un paesaggio boscoso e roccioso, unica nota naturalistica dellโaffresco. Le altre pareti sono percorse orizzontalmente da una cornice dipinta che le divide a metร .
Lโazione si snoda da sinistra verso destra a partire dal registro inferiore, dove lo spazio รจ diviso in caverne a ciascuna delle quali รจ assegnato un peccato capitale. Di queste spelonche ne rimangono solo cinque e in ognuna cโรจ un angelo che protende le braccia verso le anime per sollevarle e indirizzarle in alto. Nel registro superiore invece troviamo la figura di Cristo con il vessillo rosso, verso il quale si slanciano figure saettanti. Anche nella parete centrale torna la figura del figlio di Dio rappresentato come Cristo giudice nella mandorla, circondato dal Battista, da una Vergine dai tratti curiosamente orientaleggianti e da tre gruppi di angeli e patriarchi. Nel registro inferiore della stessa parete San Pietro apre la porta del Paradiso circondato dai dodici apostoli, Paolo e Barnaba. Al di sotto, lโarcangelo Michele attorno al quale si accalcano le figure degli eletti, tra i quali si riconosce un magistrato con il tocco rosso, concordemente identificato come Giovanni Paradisi, capostipite dei committenti il cui stemma si vede ai piedi dellโarcangelo.
La parete di destra, invece, รจ piรน danneggiata per la caduta di intonaco. Vi รจ rappresentata la cacciata allโinferno delle anime peccatrici trainate in basso da catene al collo e colpite violentemente dagli angeli che le ricacciano nelle spelonche. Nel registro inferiore campeggia un gigantesco Satana inquadrato da unโogiva di fuoco. Alcuni demoni accanto a lui gli porgono le anime che egli afferra e maciulla. Ovunque piovono lingue di fuoco.
Bibliografia: P. Mostarda in Arte e territorio. Interventi di restauro, Terni, Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni, 200
Disponete le cappelle, ben pulite, sulla graticola. Fate un battuto di lardo, aglio e prezzemolo, salatelo, pepatelo e disponetelo sulle cappelle, che farete cuocere a fuoco bassa prima da un parte e poi dallโaltra.
La versione piรน moderna prevede lโuso dellโolio al posto del lardo. Il prezzemolo, in alcune zone, รจ sostituito con la maggiorana o con la mentuccia. Si usava anche preparare i funghi fritti, oppure i funghi in umido, cioรจ cotti in padella con olio, aglio, prezzemolo, pomodoro, sale e pepe.
Per gentile concessione di Calzetti-Mariucci Editore
Per alcuni ha origine a Siena, durante la furiosa epidemia di peste del 1348, quando un medico aveva preso lโabitudine somministrarlo ai malati; per altri, invece, sembra sia nato da unโesclamazione volata nella mensa del Concilio di Firenze del 1439 e da un malinteso. Quale che sia la storia, รจ indubbio che il vinsanto debba il suo attributo a qualche proprietร particolare, magari miracolosa. O forse alla sacralitร del procedimento che serve per ottenerlo.
Le uve per il vin santo
Un lavoro da farsi con la luna calante
ยซVuoi assaggiare questo nettare? Ma questo non รจ un vinsanto, รจ un nettare! Oh amabile sorbetto, nettare prezioso e delicatoยป. (Goldoni)
Bevanda da dessert dal coloreambrato, il vin santo รจ il prodotto piรน fine delle uve Trebbiano e Malvasia, come pure del Grechetto, del Cannaiolo, della Vernaccia e di San Colombano. In Toscana รจ ottenuto anche da uve San Giovese, tanto da essersi guadagnato lโepiteto di Occhio di Pernice. Quali che siano gli uvaggi scelti, la creazione del vin santo presuppone una scelta: i grappoli migliori, a uno stato di maturazione non troppo avanzato โ in modo che le bucce possano resistere allโappassimento โ vengono raccolti e appesi per tre, o addirittura quattro mesi, in modo che appassiscano. Era credenza diffusa che i grappoli, singoli o coppidi, cioรจ doppi, non sarebbero marciti se fossero stati appesi in fase di luna calante (o dura).
Diffuso nellโAlta Valle del Tevere e nella vicinissima Toscana, il vin santo acquista perรฒ a Citerna quella nota affumicata che lo ha reso Presidio Slow Food. Le vaste pianure sottostanti il borgo, come pure lโabbondanza dโacqua, avevano infatti permesso alla zona di essere eletta a luogo ideale per la coltivazione del tabacco, destinato ai Monopoli di Stato. Cosรฌ, per ottimizzare gli spazi, grappoli e foglie venivano appesi alle travi del soffitto in modo che potessero seccarsi col calore delle stufe e dei camini. Fonti di calore che, inevitabilmente, finivano per sprigionare anche del fumo, donando alle uve il tipico retrogusto di affumicatura.
Una fermentazione difficile
Il vin santo ormai passito viene poi pigiato e fatto fermentare โ con o senza vinacce โ in caratelli di legno con una capienza che oscilla dai 15 ai 50 chilogrammi. Le dimensioni di questi contenitori la dicono lunga sulla qualitร della bevanda che si finirร per ottenere. Innanzitutto danno la misura della produzione del vin santo, estremamente contenuta: mediamente un quintale dโuva, una volta terminata la fase di essiccazione, arriva a pesare 30-35 chilogrammi, e deve essere ancora pigiato.
In seconda istanza, contenitori di tali dimensioni permettono di sacrificare solo una piccola parte della preziosa annata, nel caso qualcosa dovesse andare storto in fase di fermentazione. Questo passaggio รจ infatti estremamente delicato: dato il forte appassimento, il mosto del vin santo ha una concentrazione zuccherina molto elevata che, a sua volta, comporta un alto tenore alcolico. Lโagente lievitante contenuto nella pruina โ la sostanza cerosa che ricopre gli acini proteggendoli dai raggi ultravioletti e dalla disidratazione โ difficilmente riesce a sopravvivere a tenori alcolici superiori al 13%, e qui stiamo parlando di valori che possono raggiungere anche il 19%.
I produttori, per arginare questo problema, si servono della feccia delle annate precedenti, ovvero di una specie di deposito che, conservato di anno in anno e ripartito nei vari caratelli, รจ capace di stimolare la fermentazione. A questo proposito, la feccia viene chiamata madre e, dal momento che rimane anche nel legno dei caratelli stessi, questi vengono riutilizzati senza essere prima lavati.
Il vino ambrato
Una volta riempiti per ยพ, i contenitori vengono sigillati e stoccati โin passato venivano posti in soffitta, in modo che fossero esposti alle escursioni termiche, ritenute benefiche – e lรฌ rimangono per almeno tre anni. Lโincertezza sulla buona riuscita del vino aleggia fino allโapertura dei caratelli, quando si saprร se la feccia madre sia riuscita o meno a far fermentare il mosto, salvandolo dal marcescenza. ร curioso che, a Citerna, proprio il vin santo venisse usato per ammorbidire le foglie del tabacco che, sottratte al Monopolio di Stato, venivano nascoste in casse di latta e sepolte nei campi. Tuttora, in Toscana, i fumatori di sigaro sono soliti inzupparli nel vin santo per gustarli meglio.
ยซVi assicuro che non bisogna che tiri vento perchรฉ si sarebbe in grandissimo pericolo. Anche senza vento si prova grande orrore a vedere la vallata da tutti i lati e in modo particolare a man destra; perchรฉ essa รจ cosรฌ tanto orrida per il precipizio e lโaltezza che ben difficile da credere (โฆ) perchรฉ se per disgrazia il piede manca, non cโรจ altra forza se non quella di Dio che potrebbe salvarloยป. (Antoine de la Sale, Il Paradiso della Regina Sibilla)
Il vento รจ senza dubbio una delle caratteristiche predominanti dei Monti Sibillini, con quel soffio insistente e prepotente che sembra trasportare nellโaria una voce arcana, dal sapore talvolta sinistro, lassรน, in quel massiccio che svetta imponente fra lโUmbria e le Marche, in una zona duramente colpita dal recente sisma, ma che serba, immutate, bellezza e meraviglia.
Sibilla Appenninica di Adolfo de Carolis
Lโintelligibile oracolo
Proprio lassรน, fra il Monte della Sibilla, le gole dellโInfernaccio e il Lago di Pilato, aleggiano storie e leggende antiche, che si tramandano, si intrecciano e si trasformano di generazione in generazione e mantengono ancora oggi un fascino magico e ammaliatore. Giร dallโantichitร il Monte Sibilla suscitรฒ interesse e attenzione da parte dei popoli di tutta Europa perchรฉ si pensava che, in prossimitร della sua cima, si aprisse una grotta, dimora di un antico oracolo, la Sibilla appunto.
Sappiamo come il culto della Sibilla sia infatti molto antico, risalente allโepoca classica, durante la quale le Sibille erano profetesse che fornivano predizioni dal significato ambiguo, affidandole alle foglie sparpagliate dal vento.
Fra le dieci Sibille classiche non compare perรฒ la Sibilla appenninica, quella che ha dato il nome ai nostri monti. Che il suo mito abbia avuto origine, come sostengono alcuni studiosi, dalla divinitร frigia Cibele, la Grande Madre, la dea della natura e della feconditร che possedeva il dono della profezia?
O forse รจ posteriore, risalente al Medioevo, quando le divinitร pagane si trasformano in profetesse cristiane? Che sia proprio lei, la โnostraโ Sibilla, quella che la leggenda vuole abbia predetto la nascita di Cristo e che poi, offesa perchรฉ Dio scelse Maria come madre del Redentore, si ribellรฒ a lui che la confinรฒ per punizione in quella grotta sperduta?
Il doppio volto della Regina
Il primo a parlare della Sibilla Appenninica, nel 1430, fu Andrea da Barberino, con il suo romanzo Guerrin Meschino, un cavaliere che si recรฒ al cospetto della Sibilla nel tentativo di farsi svelare lโidentitร dei suoi genitori, mai conosciuti. Da questo momento in poi la Sibilla iniziรฒ ad assumere le sembianze della regina crudele e ammaliatrice, la seduttrice in grado di portare un uomo alla rovina, allontanandolo da Dio e dai suoi precetti. E se Guerrin Meschino riuscรฌ a resistere alle sue lusinghe e, dopo un anno, a fuggire dallโinsidioso regno e a ottenere il perdono da parte del Papa, non successe altrettanto al cavaliere germanico narrato pochi anni dopo da Antoine de La Sale nella sua opera Il Paradiso della Regina Sibilla. Il cavaliere giunse nella grotta della Sibilla per spirito dโavventura, ma rimase irretito dalle sue arti ammaliatrici tanto che solo con grande fatica, riuscรฌ a fuggire. Recatosi anchโegli dal Papa per chiedere il perdono per i suoi peccati, restรฒ sconvolto dallโesitazione da parte del pontefice nel concedergli la sua indulgenza e, disperato, tornรฒ nel regno della Sibilla senza farne mai piรน ritorno.
La leggenda popolare vuole comunque la Sibilla come una fata buona circondata dalle sue ancelle, le Fate Sibilline, che escono dalla grotta prevalentemente di notte nei paesi di Foce,ย Montemonaco,ย Montegallo, tra il Pian Grande, il Pian Piccolo e il Pian Perduto diย Castelluccioย diย Norciaย eย Pretare, con lโobbligo di dover far ritorno prima del sorgere del sole. Pare che una volta durante un ballo abbiano perso la cognizione del tempo e, precipitatesi ormai troppo tardi sulla strada del ritorno, correndo disperatamente con i lori piedi caprini, abbiano formato la Strada delle Fate, una faglia a 2000 metri sul monte Vettore.
Disegno di Antoine de La Sale
Un luogo consacrato al diavolo
Miti e leggende, nati probabilmente per la necessitร di comprendere e, per certi versi, giustificare la conformazione impervia e imponente di un territorio che nei secoli ha affascinato e al contempo spaventato gli abitanti e i forestieri che si sono trovati ad affrontarne la complessitร .
E cosรฌ il lago di Pilato, bellissimo quanto impervio รจ il cammino per raggiungerlo, diventรฒ il terribile luogo dove fu condotto Ponzio Pilato che, legato a un carro di buoi per volere dellโimperatore Vespasiano, fu trascinato dagli animali impazziti proprio in fondo al piccolo lago โocchialutoโ, dove annegรฒ. Molti scrittori e poeti parlano del lago di Pilato come di un luogo consacrato al diavolo, meta prediletta di maghi e negromanti e Giovan Battista Lalli nel Seicento lo descrive cosรฌ: ยซLโun lโaltro lago tenebroso e nero/ Ove di spiriti immondi acqua spumante/ Accoglie un nembo abbominoso e fieroยป.
Per fortuna il grazioso laghetto alpino, lโunico degli Appennini, รจ ancora lรฌ, e contrariamente a quanto sembrava dopo il terremoto del 2016, seppur con qualche contraccolpo, gli occhiali piรน originali del mondo continuano a osservarci dalla cima del monte Vettore.
Chi ama le escursioni e la maestositร della natura, perchรฉ no, dal sapore un poโ magico e un poโ fiabesco, non perda lโoccasione di addentrarsi in questi luoghi unici, magari partendo da Castelluccio di Norcia che, a proposito di leggenda, pare fosse la meta prediletta delle Fate della Sibilla durante le loro movimentate fughe notturne.
Andrea da Barberino, Guerrin Meschino
Antoine de la Sale, Il Paradiso della Regina Sibilla)
Michele Bravi รจ partito da Cittร di Castello per conquistare l’Italia. Con il carisma e una voce potente sta diventando sempre di piรน una certezza nel panorama musicale italiano.
Michele Bravi, foto di Francesco Prandoni per gentile concessione di Vivo concerti
Il cantante umbro รจ in tour per la Penisola con il suoย NuovePagineTourย e domani sera farร tappa a Perugia. I tanti impegni lo tengono lontano dalla sua terra d’origine, ma il legame con lei resta forte.
Qual รจ il suo legame con lโUmbria?
Sono particolarmente legato a questa regione che mi ha dato i natali, ho un sacco di ricordi legati alla mia infanzia, vorrei tornarci molto piรน spesso; purtroppo i miei impegni non me lo permettono.
Cโรจ una sua canzone che potrebbe descrivere lโUmbria?
Fino ad ora no, ma mi piacerebbe in futuro raccontare la mia terra tramite la musica.
X Factor, Sanremo e tour: avrebbe mai sperato tutto questo, quando viveva a Cittร di Castello?
Lo sognavo, cantare รจ sempre stato il mio sogno. Non potrei immaginare la mia vita senza la musica, tutto ciรฒ che vivo si trasforma in canzoni e in questo momento sono molto soddisfatto dei traguardi raggiunti.
Il suo tour si chiama NuovePagineTour: quali nuove pagine vorrebbe scrivere, che non ha ancora scritto?
Ci sono molte cose che vorrei ancora raccontare, ma non ho avuto tempo data la mia giovane etร e il poco tempo a disposizione, dopo Sanremo, รจ stato tutto un vortice di emozioni e di impegni. Mi piacerebbe vivere nuove esperienze per trovare nuove ispirazioni e chiavi di lettura.
Lo stereotipo degli umbri chiusi lo ha mai avvertito, glielo hanno fatto mai notare?
LโUmbria si trova al centro del nostro Paese e rappresenta il cuore pulsante dellโItalia. Sicuramente il fatto che sia una regione difficile da raggiungere puรฒ far pensare che gli umbri siano persone chiuse, ma si tratta solo di unโimpressione.
Come descriverebbe lโUmbria in tre parole?
Solare, verde e intima.
La prima cosa che le viene in mente pensando a questa regioneโฆ
Casa mia, la mia famiglia, le mie origini e tutto ciรฒ che riguarda la mia infanzia.
Gioco, competizione e rigore storico. Questa la ricetta vincente del Mercato delle Gaite di Bevagna.
Mercato delle Gaite, foto di Francesco Mancini per gentile concessione del Mercato delle Gaite
Nato nel 1989 per vivacizzare la vita del borgo medievale, ispirandosi allo Statuto cittadino che regolava la vita del comune dividendolo in quattro quartieri o gaite, il Mercato delle Gaite comunemente noto come le Gaite รจ diventato in pochissimi anni un appuntamento irrinunciabile sia per gli abitanti sia per chiunque desideri gustare al meglio questa splendida cittadina medievale โ uno dei Borghi piรน Belli dโItalia.
La rigorosa ricetta
La formula รจ stata assolutamente intelligente e con un grandissimo riscontro di pubblico. Le Gaite vanno oltre la buona organizzazione di una competizione avvincente, infatti, per tutta la durata dellโevento, Bevagna si trasforma completamente e regala al visitatore lโillusione di un viaggio indietro nel tempo, fino al comune medievale che la cittadina รจ stata negli anni 1250-1350 nel periodo festoso della pace di fiera. Grazie allโarticolazione in una gara (il tiro con lโarco) e in tre specifiche sfide scenografiche (la ricostruzione sceneggiata di due antichi mestieri per rione, la creazione di un ambiente conviviale nel quale viene servito il cibo dellโepoca e una giornata di mercato) Bevagna ricostruisce, rione per rione, in toto, un mondo ormai perduto e incredibilmente affascinante. Consulenze di alto profilo di anno in anno hanno fatto sรฌ che ogni singolo aspetto, ogni singolo dettaglio della manifestazione migliorasse: dagli abiti, alle scenografie, alle tecniche, in modo che vi fosse maggior aderenza possibile alla realtร storica. La magia si ripete ogni estate, quando nellโultima decade di giugno per le strade e nelle botteghe illuminate dalla luce fioca delle candele si sentono le voci di mercanti e di popolani, si vedono artigiani intenti al lavoro secondo tecniche ormai desuete e perlopiรน dimenticate, nelle piazze si assiste a discussioni politiche e a scene tipiche della vita quotidianaโฆ di molti secoli addietro! Referente scientifico del Mercato delle Gaite รจ Franco Franceschi, docente di storia medievale allโUniversitร di Siena. Una giuria composta da accademici di prestigio che insegnano o hanno pubblicato su materie attinenti al Medioevo assegna punteggi sugli aspetti storici e tecnici delle rappresentazioni che, fino alla proclamazione finale i punteggi delle singole gare, sono tenuti segreti, chiusi allโinterno di buste gelosamente custodite dai carabinieri, cosicchรฉ la tensione e le attese restino vive per tutto il periodo.
Le antiche botteghe, foto di Giacinto Bona per gentile concessione del Mercato delle Gaite
Le specializzazioni
Ma perchรฉ la manifestazione si chiama il Mercato delle Gaite? Il termine gaita che deriva dal longobardo watha ovvero guardia, si trova nello Statuto medievale – come accennato – giunto fino a noi in una redazione del XVI secolo, che suddivide appunto in guaite o gaite, ovvero in rioni, il comune medievale. Le quattro gaite che si sfidano ogni anno per vincere il palio sono: San Giorgio, San Pietro, Santa Maria e San Giovanni. Ciascuna di esse si รจ caratterizzata negli anni per dei punti di forza e di eccellenza: la gaita San Giorgio vanta al suo interno i Novus Ignis – un gruppo di giovani che hanno riportato alla luce le musiche dei secoli XIII e XIV – un coro e un gruppo di danzatrici medievali e propone tra i mestieri la lavorazione del ferro, la zecca e la liuteria; la gaita San Giovanni, quella che piรน volte ha vinto il palio, ha tra i mestieri che lโhanno resa celebre la lavorazione della carta partendo dagli stracci e la produzione del vetro partendo dalla sabbia e dai ciottoli di fiume; nella gaita San Pietro si puรฒ vedere la bottega del fornaio e quella dello speziale, cosรฌ come assistere alla realizzazione delle candele di cera, scoprire i segreti dellโars tinctoria e rimanere incantati dai monaci intenti a miniare allโinterno di uno scriptorium; infine la gaita Santa Maria รจ specializzata in tutte le lavorazioni della lana e della canapa dalla filanda alla tessitura a telaio.
Nato dalla volontร di vivacizzare un borgo, il Mercato delle Gaite ha avuto perรฒ anche lโindiscusso pregio di creare la ricetta vincente per riuscire a ritrovare e ricreare lavorazioni artigiane scomparse e di trasmetterle con lโentusiasmo di una gara e di un gioco alle nuove generazioni, preservandone la memoria.
Mauro Casciari รจ un tipo alla mano. Tutto di lui parla di informalitร , di disponibilitร e di simpatia, ma anche di una sorta di urgenza: di recuperare qualcosa che era stato sacrificato, di reinventarsi, di tornare a casa. ร unโeccellenza della nostra regione, e noi lo abbiamo intervistato.
Tutto inizia dagli studi di Teleperugia, tivรน locale umbra, nel 1992. Il passo alla radio รจ breve: due anni dopo la voce di Mauro Casciari risuona su Radio Augusta Perusia e altre emittenti locali, finchรฉ verso la fine degli anni Novanta arriva a diffondersi su scala nazionale. Prima Radio Italia Network, poi Radio Deejay; infine Italia Uno, dove รจ uno dei sei dj che prestano al propria voce al progetto Uno di Uno.
Fino al 2005 รจ la voce che annuncia i cartoni animati di Italia Uno: si capisce ora come Mauro Casciari abbia potuto sviluppare tale espressivitร e brio, e come possa ispirare simpatia giร dal primo incontro. Torna alla radio nel 2002, con RDS, e da quel momento in poi presta la sua voce alternativamente alla televisione e alle frequenze FM โ basti pensare agli spot promozionali di Italia Uno e agli innumerevoli programmi su Radio 2.
Poi, nel 2007, diventa inviato per Le Iene, dando finalmente un volto alla voce che tanto aveva impazzato sulle radio nazionali. Per dieci anni, oltre che iena, รจ stato anche conduttore televisivo per numerosi programmi RAI, Sky Uno HD e TV8 โ solo per citarne alcuni: Affari Tuoi, LโEreditร , Mi manda Raitre, Il Testimone.
Nellโultimo anno, dopo aver lasciato Le Iene, รจ stato lโinviato Radio 2 Rai e Rai 2 per il 100ยฐ Giro dโItalia, con il programma Non รจ un paese per giovani.
Ma lโinventiva di Mauro Casciari non finisce qui: รจ collaboratore dellโassociazione Valigia Blu e presidente onorario della ONLUS Avanti Tutta, fiore allโocchiello della regione.
(Monte del Lago 1854[1] โ Roma 1910)
Figlio del patriota Giuseppe e della contessa Giuseppina Becherucci, Guido studia prima nel liceo perugino e poi a Bologna, dove frequenta la facoltร di Giurisprudenza – che non porta a termine, sebbene consegua in tutti gli otto esami sostenuti il massimo risultato.
Si dedica in seguito agli studi letterari e alla lingua tedesca: in etร giovanile traduce e commenta Storia della legislazione inglese sulle fabbriche di van Plener mostrando una grande competenza e profonditร di giudizio[2] e scrive unโopera su Ernesto Renan[3].
La sua attivitร politico-amministrativa inizia molto presto: nel 1876 viene nominato soprintendente per le scuole di San Feliciano e Monte Fontegiano e due anni piรน tardi diventa consigliere comunale di Magione. Nel 1879, subentrando al barone Giuseppe Danzetta Alfani, entra a far parte del Consiglio Provinciale e lโanno seguente viene chiamato a presiedere la Congregazione di Caritร di Magione. In questo periodo giร piuttosto denso di attivitร , inizia a collaborare con alcuni periodici locali quali ยซLโUnione Liberaleยป e ยซLa Favillaยป: la sua forma di scrittura appare ยซoriginale, severa, efficacissima, il pensiero vi si rifletteva limpido, stringato, senza fronzoli o vacuitร ยป[4]. Nel 1884 ottiene la delega del Consiglio Provinciale presso la Commissione amministrativa dellโUniversitร di Perugia, carica che terrร a vita. Nel 1885 fonda a Perugia la Banca Popolare e lโanno successivo viene eletto per la prima volta alla Camera dei Deputati. Nel 1896, da presidente del Consorzio per la Bonifica del Trasimeno, inaugura i lavori per il nuovo emissario. Il 14 settembre 1897 viene eletto Presidente del Consiglio Provinciale, incarico che gli sarร rinnovato a vita.
Ma non sono solo le questioni di carattere locale o nazionale ad accrescere lo spessore della sua figura pubblica. Nel 1899 viene inviato in qualitร di plenipotenziario italiano alla Conferenza di Pace dellโAja e lโanno seguente รจ sottosegretario alla Finanze nel Gabinetto Saracco. Nel maggio 1906 diviene sottosegretario agli Esteri nel Governo Giolitti e lโanno successivo rappresenta nuovamente lโItalia nella II Conferenza di Pace allโAja[5].
Nella compagna di vita, la poetessa Vittoria Aganoor, egli riconosce il suo perfetto completamento: una donna forte, sorretta da grandi ideali, da una fervida intelligenza e da una profonda bontร dโanimo. La loro unione rappresentรฒ ยซla fusione intima delle complesse facoltร di due anime eccelseยป[6] ma proprio per questo egli non trovรฒ ragione e forza sufficienti a sopravviverle. Il 7 maggio 1910, alla notizia della morte di Vittoria, Guido si uccide, sparandosi ad una tempia. Fu questo lโultimo grido di un leone ferito[7].
[1]La data di nascita รจ stata corretta dagli studi pubblicati in M. Chierico, Guido Pompilj statista del lago, Perugia, s.n., 1996, pp. 13-14.โ [2]E. van Plener, Storia della legislazione inglese sulle fabbriche, Imola, Galeati, 1876.โ [3]G. Pompilj, Lโeau de jouvence di Ernesto Renan, Perugia, Boncompagni, 1881.โ [4]G. Muzzioli, Guido Pompilj e Vittoria Aganoor Pompilj. Commemorazione popolare, Perugia, Guerra, 1910, p. 6.โ [5]Le informazioni sugli incarichi ricoperti da Guido Pompilj sono state tratte da M. Chierico, cit.โ [6]G. Muzzioli, cit., p. 22.โ [7]Pompilj nella villa a Monte del Lago aveva fatto incidere il motto โUt Leoโ che lo rappresenta nella brevitร in tutta la sua essenza. Per maggiori informazioni biografiche su Guido Pompilj si rimanda a: M. Ambrogi e L. Zazzerini, Atlante biografico, v. Guido Pompilj, in M. Tosti (a cura di), Tra Comuni e Stato. Storia della Provincia di Perugia e dei suoi amministratori dallโUnitร ad oggi, Perugia: Quattroemme, 2009, pp. 130-131; M. Chierico, Guido Pompilj. Il politico, in M. Squadroni (a cura di), Vittoria Aganoor e Guido Pompilj. Un romantico e tragico amore di primo Novecento su Lago Trasimeno, [Perugia]: Soprintendenza archivistica per lโUmbria, 2010, pp. 49-64; M. Calzoni, La famiglia Pompilj e le sue proprietร , in in M. Squadroni (a cura di), cit., pp. 65-84.โ
Lavate le cotogne, tagliatele a grossi spicchi, fatele cuocere in pochissima acqua per 30 minuti, pelatele, togliete loro i torsoli e la buccia e ponetele con il mosto cotto e le radici affettate in una pentola dโacciaio inossidabile dal fondo e le pareti spesse. Fate cuocere a fuoco basso e, quando le mele saranno sfatte, unite lo zucchero. Quando una goccia di cotognata, versata su un piatto inclinato, faticherร a scendere, invasate. Chiudete il tappo a vite mentre la cotognata รจ ancora calda e riponete. Aspettate due mesi prima di aprire il vaso.ย ย
Questa cotognata รจ tipica della zona diย Norcia. La radice di carlinaย acanthifolia, dal sapore amarognolo, si raccoglie in autunno, cura lโinappetenza e gli stati febbrili e influenzali. Non si deve consumare in dosi eccessive.ย ย
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Per gentile concessioneย diย Calzetti-Mariucciย Editoriย