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ยซElla sโ€™avanza

Come unโ€™eternitร  per ingoiare

Tutto che incontra, di spavento lโ€™occhio

Beando, impareggiabil cateratta

Orribilmente bella.

Onde questo frastuono? รˆ del Velino

Che precipita a piombo ne lโ€™abisso

De lโ€™alpestre ciglion de la montagna

Enorme cateratta e del baleno

Rapida al pariโ€ฆ

Al ciel la spuma

Sโ€™alza e giรน cade in perpetua pioggia

Nube inesausta e dolce rugiada

Che germina intorno un sempre verde

Maggio, un tappeto di smeraldiยป.

Cosรฌ scriveva Lord Byron nel 1816 quando, allโ€™etร  di 28 anni, visitรฒ lโ€™Umbria e le Cascate delle Marmore. Una leggenda del Seicento narra che il pastorello Velino, assorto dopo le fatiche della caccia, affacciandosi su quelle balse da cui lโ€™acqua tuona fragorosa a valle, restรฒ incantato dalla Nerina che tesseva i suoi biondi capelli al sole di primavera. La giovane ancella non rispose ai richiami del pastorello che, tormentato dal rifiuto dellโ€™amata, ricorse a Cupido affinchรฉ le frecce della sua faretra facessero breccia nel cuore della fanciulla. Il dio, per vendicare il rifiuto al pastore Velino, fece precipitare Nerina nei vortici dello fiume che da costei prese il nome. Fu allora che dal cielo discese Venere, curando Nerina dalle ferite della caduta e trasformandola in Ninfa. Dilaniato dal dolore, le sofferte lacrimeย del fanciullo fecero traboccare il Lago di Pilato dalle balse rocciose oltre le quali lo sguardo del pastorello incrociรฒ, per la prima volta, quello della fanciulla. Solamente allora ย i cuori dei due innamorati aprirono una breccia nel muro del tempo consacrando allโ€™eternitร  quella che oggi รจ la perla piรน preziosa della Valnerina: la Cascata delle Marmore.

 

Cascate delle Marmore

Nessun poeta o pittore vide mai cosa piรน bella, M.Alinda Bonacci Brunamonti (1841 โ€“ 1903)

Ed รจ qui che il viaggiatore deve mostrare un grande talento, quello di saper guardare oltre la semplice bellezza della natura, abbandonandosi anima e corpo al pathos creativo delle acque umbre, un arcobaleno fra valli selvagge che evocano, tra i lividi bagliori dellโ€™alba, lโ€™ancestrale identitร  delle terre appenniniche. Un paesaggio, quello dellaย  Cascata delle Marmore, che รจ intreccio inestricabile di cultura, di emozioni e di sapere, una bussola a cui il viaggiatore affida il timone della sua anima affinchรฉ lo sollevi dalla sete del viaggio riconducendolo a suggestioni primitive e segrete. Per oltre due millenni, tra i bagliori di un cielo che muore per poi risorgere dalle ceneri della notte il Nera, di cui la natura ha lacerato la memoria trasformandone rocce e riflessi in primordiali sculture totemiche, ha accentuato col suo scorrere impetuoso la profonditร  degli strati calcarei mentre il Velino, nel flebile volteggiare della corrente che trascina a valle, cresceva nel suo alveo innalzandoย  mura di calcare e detriti che impedivano alle acque di compiere il cammino che il Creato aveva tracciato per loro.
Era il 272 A.C. quando lโ€™imperium del console romano Curio Dentato ordinรฒ la realizzazione di un canale per far defluire le acque stagnanti in direzione del salto naturale di Marmore: da lรฌ, le lโ€™acque, dopo un tuffo di 165 metri, si gettavano nel sacro Nera, gregario dellโ€™antico Tevere.

 

Cascate delle Marmore

I cui rami sempre verdi e pieni di ghiande si intrecciavano sul serpeggiante sentiero, Percy Bysshe Shelley (1792 โ€“ 1822)

ยซEcco fumano le aree sullโ€™alto ciglione, lโ€™ร ugure solleva al cielo le braccia cercando benefici auspici; le trombe squillano vigorosamente mentre lโ€™ultima diga รจ abbattuta; la massa dโ€™acqua, salutata da un formidabile grido di ammirazione precipita bianca e spumosa nel baratro, e a spire e vortici, mugghiando raggiunge la lenta ondaย del Nera, mentre sopra questo inferno di acque appare lโ€™arco dellโ€™irideยป.

A queste parole il gesuita e storico Luigi Lanzi affida il compito di preservare la polvere di una storia arcaica, che si rinnova ogni giorno nel labirinto del tempo e della memoria per poi celarsi nuovamente dietro il velo della leggenda. Acqua e roccia, campanili dโ€™acqua e altari di pietra dai volumi in libertร  che si espandono fino a sfiorare un confine sapientemente tracciato che li arresta, per poi ricondursi lโ€™un lโ€™altro nei segreti della rupe da cui si irradiano nellโ€™universo. Una cascata che si manifesta come sortilegio, un luogo in cui le pulsazioni della natura scandiscono il ritmo dellโ€™acqua e delle vicende umane, oltrepassando lโ€™armonia della terraย su cui precipita.

 

ยซรˆ singolare che le due piรน belle cascate d’Europa siano artificiali, quella del Velino e quella di Tivoli. Raccomando subito al viaggiatore di seguire il Velino sino al piccolo lago di Piedilucoยป. Cosรฌ G. Byron descriveva Piediluco, incastonato nella parte meridionale dell’Umbria.

Il viaggio in Italia, obbligato per i cultori dellโ€™arte e delle vestigia storiche, ha fatto sรฌ che molti intellettuali vi sostassero, affascinati dalle bellezze paesaggistiche e dalle viuzze del borgo che, ancora oggi, si inerpicano fin sulla cima dei monti circostanti. Corot ne fu rapito a tal punto da trovarvi la misura della propria pittura; lo stesso capitรฒ a Goethe e, prima ancora, a Virgilio. Un altro romano illustre, tale Marco Tullio Cicerone, ci parla invece della zona perchรฉ fonte di contenzioso tra gli aretini e gli abitanti di Interamnia (Terni). La Cava Curiana – responsabile non solo della bonifica della zona, ma anche della magnifica Cascata delle Marmore – se da un lato permetteva agli aretini di beneficiare di una portata dโ€™acqua maggiore utile all’agricoltura, dall’altra provocava il puntuale allagamento gli insediamenti dei ternani. Cicerone, convocato dagli aretini, riuscรฌ ad avere la meglio su Ortensio, ingaggiato dalla controparte, facendo sรฌ che lo stato delle cose rimanesse esattamente comโ€™era stato creato due secoli prima dal console Manio Curio Dentato.

Luoghi sacri e presenze oscure

Cicerone inoltre, paragonando la valle a Tempe, in Tessaglia, offre una mitopoiesi che non tutti i luoghi possono vantare. Come Tempe era affiorata dalle acque grazie allโ€™intervento di Poseidone, le terre emerse del bacino di Piediluco erano divenute visibili e vivibili grazie all’ingegno romano. Proprio su quei dolci declivi sembra che vi fosse il lucus, il bosco sacro dei Romani, abitato da ninfe, numi e satiri, un luogo in cui la presenza del genius lociera molto forte e non sempre di natura benevola. Ancor prima, sembra che ci fosse una foresta sacra dedicata dai Sabini a Vacuna, dea della fertilitร  e dell’abbondanza, o forse dea del lago, se ammettiamo l’evoluzione da Lacuna, derivata a sua volta da lacus.I Romani trasformarono Vacuna in Diana e in Velinia, divinitร  acquatica minore, ma anche se l’avvento del Cristianesimo ne comportรฒ la sparizione, il volto misterico e irrazionale di questi boschi permane nella convinzione popolare secondo cui la fissitร  delle acque sarebbe la stessa degli occhi dei rettili. Un fantomatico drago, infatti, avrebbe vessato l’intera zona, ammorbandola con il suo fiato mefitico.

L'affascinante bellezza dei boschi

Oggi, il ricordo di questa terra malsana sembra ormai svanito. Piediluco si presenta come un luogo ameno, permeato da un’innegabile atmosfera di quiete; siamo a 370 metri s.l.m., altitudine adatta a lunghe passeggiate nei boschi, oppure per andare in bici. Le cosiddette piramidi del lago – il Monte Luco e il Monte Caperno – offrono lo scenario ideale per gli amanti dello sport e del contatto con la natura. Il Monte Luco, detto anche Piramide della Rocca, รจ sovrastato dalla Rocca di Albornoz,parte di un sistema di fortezze atte a riconquistare il territorio che la Chiesa aveva perduto.

Il Monte Caperno, la cosiddetta Piramide dellโ€™Eco,รจ protagonista di un curioso fenomeno acustico: sembra infatti che, prima del rimboschimento, fosse possibile udire lโ€™eco di frasi lunghe ben due endecasillabi! Un luogo in grazia di Dio – qui San Francesco soggiornรฒ nel lontano 1200 – ma dalla conformazione troppo particolare per non dare adito a numerose credenze. La piรน singolare vuole che i due monti altro non siano che due piramidi artificiali, antichissime, usate per la depurazione delle acque. Alcuni ritengono addirittura che ci sia, in generale, una connessione tra la presenza di acqua e le antiche costruzioni umane come le piramidi di Giza, in Egitto, o quelle mesoamericane, ma questa รจ unโ€™altra storia. Per ora il visitatore dovrร  accontentarsi della vegetazione che ammanta le piramidi, ricca di funghi ed erbe spontanee;una corona vegetativa di una bellezza unica.

INGREDIENTI per 4 persone
  • 1,5 kg di gamberi d’acqua dolce
  • Qualche foglia di mentuccia
  • 1 rametto di maggiorana fresca
  • 1 ciuffo di prezzemolo
  • 2 spicchi d’aglio
  • 3 cucchiai d’aceto di vino bianco
  • 6 cucchiai di olio extravergine d’oliva
  • Sale
  • Pepe

 

 

PREPARAZIONE

Ponete sul fuoco una pentola con acqua salata e, quando sarร  giunta a ebollizione, unite i gamberi. Lasciateli cuocere per 7-8 minuti, fino a quando non saranno diventati di colore rosso; scolateli e lasciateli intiepidire. Nel frattempo, fate un trito di mentuccia, prezzemolo, maggiorana e aglio, stemperatelo con olio e aceto, salatelo e pepatelo. Togliete alle code di gambero prima il guscio, poi gli intestini; ponetele in una terrina, conditele con la salsa e servitele.

 

Questa ricetta รจ della zona di Terni, dove spesso venivano portati in tavola i gamberi di Piediluco. A Norcia e a Foligno, si facevano invece i gamberi fritti: le code, pulite, si passavano in olio caldo, si salavano e si pepavano e, piรน recentemente, si aromatizzavano con peperoncino. Nelle zone in cui le acque offrivano gamberi, chi li pescava li metteva in grandi secchi e poi passava per le vie della cittร  a venderli.

 

Per gentile concessione di Calzetti-Mariucci Editore.