Valentino Martinelli, storico dellโarte, pubblicรฒ nel periodico “Storia dellโArte” n. 19 del 1973 un saggio sulla presenza di Giotto ad Assisi.
Lโunico documento che testimonia la presenza di Giotto ad Assisi si trova nellโArchivio Storico Comunale di Bevagna e fu scoperto nellโottobre dello stesso anno da don Mario Sensi, il quale dava riservata notizia e indicazione del documento notarile a p. C. Cenci, noto studioso di documenti dโarchivio francescani. Il Martinelli fornisce la collocazione del documento a: ยซBevagna archivio storico comunale. Protocollo di Giovanni Alberti (1303-1317). Frammento E, c. 13v. Assisi ,1309, gennaio 4ยป.
Il documento รจ un atto estratto dal ยซliber sive quaternus rogationum protocollorum scriptorumยป di mano del notaio Giovanni Alberti di Assisi, che attesta come ad Assisi il 4 gennaio 1309 alla presenza dello stesso notaio rogante Giovanni Alberti, testimoni Lippo di Tomasuccio e Finuccio Gilioli, Iolo Giuntarelli dava quietanza e dichiarava piena soddisfazione a Palmerino di Guido, stipulante per sรฉ e per Giotto diBondone da Firenze, per la somma di cinquanta libbre di denari cortonesi, che gli erano dovuti a causa di un prestito, il cui strumento di mano del notaio Bene Passari veniva cosรฌ annullato con tutte le relative promesse di rito e garanzie di legge da parte del creditore, con le quali si conclude lโatto notarile.
La carta dโarchivio menziona, quindi, chiaramente e per esteso, il nome di Giotto di Bondone da Firenze e la identificazione con il grande pittore fiorentino รจ provata dalla diretta ed esplicita indicazione del nome, della esatta paternitร e della sua cittร di provenienza.
Accettando tale deduzione ne consegue che Palmerino di Guido era probabilmente un pittore locale e, comunque giร attivo in Assisi da molto tempo. Che tale nome si trovi nellโatto notarile del 1309 accanto a quello di Giotto di Bondone da Firenze rafforza la convinzione che si tratti proprio di due pittori: lโuno, forse umbro, e lโaltro il famoso Giotto da Bondone, verosimilmente associati insieme in quegli anni in unโimpresa pittorica in Assisi.
Il notaio Giovanni Alberti fino al 1316 stipulava ancora regolarmente nella sua abitazione nella piazza del Comune di Assisi. Dopo il 1316 egli non si trovava piรน in Assisi bensรฌ a Limigiano, una frazione del Comune di Bevagna, dove si era rifugiato in seguito al bando da Assisi, probabilmente per aver aderito alle rivolte ghibelline. Stabilitosi a Limigiano, lโAlberti vi esercitava la funzione di notaio, probabilmente con buoni proventi dato che nel dicembre del 1339 acquistava per sรฉ i suoi eredi un terreno nel distretto di Limigiano. Ai tempi dellโAlberti la frazione di Limigiano faceva parte della giurisdizione amministrativa di Assisi e con il passaggio del suo territorio da Assisi a Bevagna (nel 1827 Limigiano viene annesso a Bevagna, con cui rimarrร sino allโunitร dโItalia, per poi diventarne una frazione) tutto il materiale documentario entrรฒ a far parte dellโArchivio Storico Comunale di Bevagna.
Fonti
Valentino Martinelli: โStoria dellโarte n. 19. 1973โ
Dante, Purgatorio, XI, vv. 94-96.
Giorgio Vasari, โLe vite dei piรน eccellenti pittori, scultori e architettori
Filippo Silvestri รจ considerato uno dei padri fondatori dellโentomologia italiana, ossia di quel ramo della zoologia che si occupa dello studio degli insetti.
Filippo Silvestri nacque a Bevagna il 22 giugno 1873 da Giuseppe e da Rosa Palmieri. Laureatosi a Palermo nel 1896, vi rimase fino al 1898, anno in cui venne nominato assistente presso il laboratorio di anatomia comparata allโUniversitร di Roma, sotto la guida di Giovanni Battista Grassi. Nello stesso anno decise di recarsi a Buenos Aires dove ebbe lโopportunitร di ricoprire la carica di capo della sezione zoologica del Museo nazionale di Buenos Aires e, lโanno seguente, quella di capo dei lavori pratici di istologia presso la locale Universitร .
Filippo Silvestri
A Buenos Aires, durante una spedizione organizzata dal ministero dellโAgricoltura, ebbe modo di studiare la possibile acclimatazione di alcune specie di pesci del lago Argentino e del rio Santa Cruz. Dopo la parentesi argentina, compรฌ moltissimi viaggi per scopi scientifici fino a quando, nel 1900, rientrรฒ in Italia e riprese a lavorare nel laboratorio diretto da Grassi e, in seguito, in quello di zoologia generale e agraria della Scuola superiore dโagricoltura in Portici.
Ottenuta lโabilitazione per la libera docenza in anatomia comparata, divenne docente di zoologia generale e agraria nella Scuola di Portici fino a quando, fra il 1920 e il 1930, fu anche direttore della Scuola superiore, che grazie a lui ottenne un prestigio internazionale. Si deve a lui la ricchissima raccolta di insetti dell’istituto, tuttora fra le piรน importanti al mondo, composta da circa duemila specie che egli stesso ebbe modo di raccogliere in oltre 50 anni di attivitร .
Silvestri fu principalmente uno specialista nello studio degli Artropodi, in particolare delle classi dei miriapodi e degli insetti. Scrisse moltissimi saggi dove riportรฒ le sue scoperte, frutto di una accurata e continua osservazione. Grazie a lui รจ stato possibile aggiungere importanti novitร e precisazioni speciografiche non trascurando altri settori della zoologia come gli aracnidi, i pesci, i rettili e gli uccelli.
Piazza dedicata a Filippo Silvestri a Bevagna
Fin dallโinizio della sua carriera di ricercatore, portรฒ avanti una serie di studi volti a indagare la biologia degli insetti, con lโobiettivo di mettere a punto metodi per la lotta contro le patologie vegetali, come il problema della mosca olearia. A partire dal 1890, il ministero dellโAgricoltura lo dotรฒ di un laboratorio di entomologia agraria, per classificare e studiare quegli animali, soprattutto insetti, in grado di avere un impatto (nocivo o vantaggioso) sullโagricoltura e sullโindustria manifatturiera. Grazie a lui il vecchio laboratorio di zoologia generale divenne un vero e proprio Museo entomologico, ancora in attivitร . Delle sue tantissime pubblicazioni, citiamo solo quella che รจ considerata la sintesi finale delle sue molteplici ricerche, purtroppo a causa della guerra da lui non completata: Compendio di entomologia applicata.
Silvestri fu membro di numerosissime accademie italiane e ricevette molti premi internazionali di assoluto prestigio, segno della grande importanza della sua enorme attivitร . Si spense nella sua Bevagna il 1ยฐ giugno del 1949. A lui รจ dedicata la piazza della cittร .
ยซSono convinto che difendere il proprio patrimonio identitario sia un fatto essenziale e utile, in senso assoluto. Piรน caratteri specifici possiedi e piรน sei disposto ad aprirti al mondo esterno. Puรฒ sembrare paradossale, ma รจ cosรฌ: รจ una questione di sicurezza nei confronti degli altri, individui o popoli che sianoยป. (Riccardo Francovich)
Il mercato e il circuito dei mestieri di Bevagna hanno vinto il Premio Francovich, ottenendo il 35,86% dei voti. La consegna del riconoscimento รจ in programma a tourismA 2023 (Salone dell’archeologia e del turismo culturale), sabato 25 marzo, alle ore 12, nell’auditorium del Palacongressi di Firenze. Anche nel 2020 Bevagna e il Mercato delle Gaite, insieme al Museo Regionale della Ceramica di Deruta (lโUmbria unica regione in gara con due candidati) sono stati in corsa per aggiudicarsi il premio.
Un premio prestigioso che si aggiunge agli altri ricevuti negli anni precedenti. Grazie a chi ha votato, ma soprattutto grazie, a chi tanti anni fa ha creduto nel progetto, ha ricostruito con passione e amore mercato e mestieri; a chi con tenacia ha creduto nel circuito dei mestieri e ha continuato a farli rivivere negli anni; a chi ha fatto sรฌย – senza dimenticare chi non รจ piรน tra noi – che la festa diventasse, in tempi brevissimi, la rievocazione storica medievale piรน bella e piรน filologicamente corretta nel vasto panorama di rievocazioni storiche umbre e italiane. Da ricordare che il prof. Riccardo Francovich รจ stato giudice della Gara Mestieri, durante il Mercato delle Gaite, negli anni 1997 e 2004 e che le botteghe del setificio, del dipintore, della cartiera e della cereria sono visitate da circa 40.000 turisti nel corso di dodici mesi.
Mercato delle Gaite, foto by Facebook
Il Premio
Riccardo Francovich รจ stato archeologo e medievista italiano. Ha insegnato Archeologia Medievale presso lโUniversitร di Siena e ha diretto il Dipartimento di archeologia e storia delle arti della medesima universitร . Nel 1974 fondรฒ la rivista Archeologia Medievale, diventandone direttore responsabile. Autore di una bibliografia che comprende oltre 150 titoli, si occupรฒ di importanti scavi in Toscana e in altre regioni italiane. Morรฌ improvvisamente nel 2007 per un tragico incidente che non ebbe testimoni. Solo pochi giorni dopo la sua morte venne intitolata alla sua memoria la Scuola di Dottorato di Ricerca in Storia e Archeologia del Medioevo, Istituzioni e Archivi dellโUniversitร degli studi di Siena. A lui รจ stata dedicata la Sala Polivalente del Cassero presso la Fortezza Medicea di Poggio Imperiale, a Poggibonsi. Nel 1994 fondรฒ, insieme a personalitร di primo piano dellโarcheologia medievale, la SAMI (Societร degli Archeologi Medievisti Italiani).ย La societร , composta attualmente da quasi 800 soci, รจ una societร priva di scopi di lucro, che si prefigge la finalitร di costituire un punto di incontro e di confronto tra gli archeologi medievisti italiani e di promuovere tutte le iniziative volte allโindagine e alla valorizzazione del patrimonio archeologico di etร medievale sul territorio nazionale. Per commemorare la sua profusione e passione nella diffusione del sapere archeologico e storico in ambito medievale e il suo fondamentale contributo presso il SAMI, la Societร ha istituito, a partire dal 2013, un premio intitolatoalla memoria del professor Riccardo Francovich, conferito al museo o parco archeologico italiano che, a giudizio dei propri soci e dei cittadini partecipanti alla votazione, rappresenta la migliore sintesi fra rigore dei contenuti scientifici ed efficacia nella comunicazione degli stessi verso il pubblico dei non specialisti. Ogni anno la giuria, che si occupa di selezionare i musei siti che concorrono, ha assegnato un premio per la divulgazione e (in alcuni casi) un premio speciale. Nelle prime due edizioni (2013-2014) la votazione รจ stata riservata ai soli soci SAMI; dal 2015 la votazione รจ stata estesa (con conteggio separato) al pubblico. Il premio, dando la possibilitร di conferire attraverso una votazione aperta a ogni persona una preferenza alle candidature in lizza partecipanti alla gara che riguardano luoghi di interesse storico artistico distribuiti sul territorio italiano, รจ unโopportunitร unica per permettere alla gente lโesperienza unica di sentirsi parte di unโunica comunitร che rinsalda le proprie tradizioni e radici come parte attiva alla tutela dellโinestimabile patrimonio che una nazione come la nostra non dovrebbe mai scordarsi di avere.
Mercato delle Gaite
Per lโanno 2022 sono stati sei i musei-siti individuati dalla commissione per la X edizione Premio Parco e Museo Riccardo Franchovich. La Commissione Giudicatrice, presieduta da Paul Arthur (presidente SAMI, professore di Archeologia medievale, universitร del Salento) รจ composta da Angela Borzacconi (direttore museo Archeologico nazionale, Cividale), Giovanni Floris (giornalista e conduttore televisivo), Luigi La Rocca (direttore generale Archeologia Belle arti e Paesaggio, MIC), Gabriella Piccinni (professore di Storia medievale, universitร di Siena), Pietro Pruneti (direttore di Archeologia Viva), Marco Valenti (professore di Archeologia medievale, universitร di Siena) e ha selezionato i seguenti sei musei-siti: Bevagna: il mercato e il circuito dei mestieri; Brescia: Museo di Santa Giulia; Fasano: Parco Rupestre Lama dโAntico; Firenze: Museo dellโOpera del Duomo; Milano: Chiesa inferiore di San Sepolcro; Positano: Museo Archeologico Romano Santa Maria Assunta.
Alcune ricette tipiche sono parte integrante, a mio avviso, nel processo di โbevagnizzazioneโ e, soprattutto chi รจ abituato a sapori decisi, di fronte a certi piatti non sa proprio dir di no!
Bevanate da poco tempo
Avevo giร raccontato, nell’articolo Son pistoiese, ma grazie a Dante diverrรฒ umbro, le motivazioni che mi hanno spinto a scegliere l’Umbria dove vivere ed essere felice. Sono toscano, per metร pistoiese e per metร fiorentino, un po’ guelfo e un po’ ghibellino. Ho convinto anche mia moglie, per metร livornese e per metร pisana a lasciar Pistoia come degna tana. L’indecisione su dove mettere residenza era circoscritta ai paesi di Spello, Trevi e Montefalco, ma poi ho scoperto Bevagna ed รจ stato amore a prima vista. Sono ormai passati piรน di due anni, e mai scelta fu piรน azzeccata! Siamo due tasselli di un puzzle mozzafiato, siamo due pedine nel costante processo di bevagnizzazione, neologismo che sta a indicare un modello di vita elegante e al tempo stesso genuino, armonioso e sereno proprio di questo borgo.
Chiesa di San Silvestro, foto di Enrico Mezzasoma
Bevagna in poche parole
Descrivere Bevagna in poche parole รจ impresa ardua, il rischio รจ quello di non riconoscere appieno la bellezza e la storia che si respira in ogni vicolo e in ogni piazza. Mi limiterรฒ a suggerirvi di visitare la Cinta muraria (XIII e XIV secolo) con le sue porte e le sue torri, il Palazzo dei Consoli la cui costruzione risale al 1270, la Chiesa di San Michele del 1070, a mio avviso straordinaria, la Chiesa di San Silvestro, notevole esempio di architettura romanica, la Pinacoteca Comunale, tappa imperdibile per gli appassionati di arte religiosa, l’Accolta o lavatoio pubblico, realizzato in un invaso in cui confluiscono le acque del fiume Clitunno che fuoriescono formando una cascata. Piazza Garibaldi, appena entrati da porta San Giovanni, in questo periodo in fase di restauro, รจ destinata a diventare una delle piazze piรน belle dell’Umbria. E poi c’รจ il Mercato delle Gaite, incredibile festa di stampo medievale dove tutta la cittร viene coinvolta nella rivisitazione della vita a Bevagna tra il 1250 e il 1350.
Abituati ai sapori forti
Da buoni toscani non abbiamo peli sulla lingua, talvolta parliamo con una schiettezza che rasenta la brutalitร . Il parlare con la C aspirata, con il nostro tipico intercalare e con la nostra schiettezza non sempre ci porta a essere simpatici, ma i toscani sono fatti cosรฌ, o si amano o si odiano. I peli non li abbiamo sulla lingua, ma nemmeno sullo stomaco, infatti spesso siamo privi di scrupoli, specialmente in cucina dove non ci preoccupiamo delle conseguenze di fronte a un piatto ignorante.
Siamo abituati fin da piccoli ai sapori forti, a piatti da delinquenti come il carcerato di Pistoia, tipica zuppa a base di interiora, pane raffermo e pepe. Siamo cresciuti a suon di ribollita (zuppa di pane e verdure), lampredotto (abomaso di vitello, quarto stomaco di vitello), buzzini di baccalร (la trippa del baccalร ) e il cibreo tipica ricetta fiorentina fatta con rigaglie di pollo.
A Livorno e Pisa i ragazzi crescono a padellate di Cacciucco (irriverente zuppa di pesce) e a fette generose di torta co’bischeri (dolce con abbondante cacao). Detto ciรฒ, quando ci siamo trasferiti in Umbria siamo andati alla ricerca di piatti forti e tipici regionali e ce ne sono tre, tutti bevanati, a cui non so dir di no!
Baccalร
I piatti a cui non si dice mai di no!
Il primo รจ il baccalร con le pacche secche. Ricetta agrodolce da preparare per la vigilia di Pasqua, ma va bene per tutto l’anno.
Ingredienti per 6 persone: 700 gr di filetto di baccalร , sedano, carota, cipolla, un barattolo di polpa di pomodoro, 100 g di uva passa, 200 g di prugne, pinoli e abbondanti spicchi di mela essiccata. Per la mela consiglio di utilizzare la meletta roscia ‘nco, frutto autoctono che si puรฒ reperire, da ottobre in poi, presso il laboratorio vivaio lungo le mura di Bevagna.
Procedimento: dopo aver tenuto il baccalร per 2 giorni in ammollo, cambiando frequentemente l’acqua, lo si taglia a strisce lunghe 5 centimetri. Far soffriggere in olio extra vergine di oliva cipolla, carota e sedano tritati. Una volta appassiti, aggiungere il baccalร , prugne, uva passa, spicchi di meletta roscia ‘nco essiccati e pinoli. Dopo qualche minuto versare la polpa di pomodoro e continuare la cottura per una quindicina di minuti. Personalmente lo preferisco in bianco, senza l’aggiunta di pomodoro e per rendere la ricetta un po’ piรน teppista lascio 2 o 3 filetti di baccalร in padella a fuoco vivacissimo fintanto che non si forma una crosticina bronzata. L’accompagno volentieri con un rosato IGP di Montefalco.
Il secondo piatto sono le lumache al tegame. Gli antichi Romani apprezzavano molto le lumache, pensavano che avessero proprietร medicinali e afrodisiache.
Ingredienti per 6 persone: 1 kg di lumache, un ciuffetto di mentuccia, prezzemolo, 5 spicchi d’aglio, 5 alici, 250 g di polpa di pomodoro (di quella buona mi raccomando), ยฝ bicchiere di vino bianco.
Procedimento: le lumache vanno fatte spurgare per parecchi giorni e poi lavate accuratamente in acqua corrente. Messe a lessare, con il loro guscio, con la mentuccia, sale e 2 spicchi d’aglio, vanno fatte cuocere una mezz’ora dopo il punto di bollitura. Preparare a parte un pesto di aglio, prezzemolo e alici e versarlo in una casseruola insieme alle lumache lessate e scolate, con generoso olio extra vergine di oliva. Quando si sono ben insaporite aggiungere la polpa di pomodoro, cuocere ancora un po’ prima di aggiungere il vino bianco. Evaporato il vino ancora 2 minuti e il piatto รจ pronto. Le lumache vanno mangiate belle calde. Ci sono delle simpatiche forchettine per lumache ma noi le preferiamo acciuffarle con il classico stuzzicadenti di legno. A mio parere qui ci vuole un doppio calice per un doppio abbinamento di vino. Se alle lumache si abbina anche una bella fetta di pane abbruschettato e agliato ci vedo bene un rosso di Montefalco, se mangiate in semplicitร un grechetto ci sta piรน che bene.
Roveja
Il terzo piatto รจ la zuppa di roveja con salsiccia. Cos’รจ la roveja? ร un legume di antichissima tradizione e si dice uno degli alimenti portanti della dieta preistorica. Conosciuto anche come pisello di campo si presenta sotto forma di piccole sfere dal colore marrone. Solo pochissime aziende, soprattutto a Castelluccio di Norcia e a Colfiorito, hanno rimesso in coltura questo legume dopo anni di disuso. ร un piatto tipico di Bevagna anche perchรฉ facilitati nell’acquistarlo nel tipico negozio specializzato in legumi nei pressi di Porta Cannara (o Porta San Giovanni). La roveja ha bisogno di almeno 24/36 ore di ammollo.
Ingredienti per 6 persone: 500 g di roveja, carota, sedano e cipolla, olio, aglio, timo, alloro, polpa di pomodoro e 4 salsicce (preferibilmente quelle di Norcia).
Il procedimento รจ molto semplice: in una casseruola bella capiente far soffriggere un battuto di carota, sedano e cipolla in olio extra vergine di oliva. Aggiungere la salsiccia a pezzetti e sfumare con vino bianco, quindi mettere uno spicchio di aglio, il timo e l’alloro. Contate fino a venti e versate la polpa di pomodoro e la roveja reidratata dalle ore di ammollo. Salare e pepare quanto basta e continuare la cottura, aggiungendo dell’acqua, fintanto che questo incredibile legume non sarร abbastanza tenero. Si consiglia di passare un po’ di questo legume nel passaverdure per rendere la zuppa piรน gustosa. Per questa zuppa vedo ben abbinata una birra artigianale decisamente strutturata e aromatizzata, in Umbria c’รจ l’imbarazzo della scelta, di birrifici artigianali ce ne sono a volontร .
Per finire un vinum dulcis
Sto parlando dell’ippocrasso, quel vino dolce e speziato attribuito al padre della medicina moderna Ippocrate di Kos. Io di fronte all’ippocrasso mi comporto esattamente come un tedesco o un inglese quando ordina un cappuccino dopo gli spaghetti alle vongole o alla pizza capperi e acciughe. Lo berrei sempre, in qualsiasi situazione e il fatto che viene consigliato come aperitivo particolare o come digestivo a fine pasto mi consola un po’!
Ingredienti: 1 litro di vino rosso, 100 gr di miele, 3 bastoncini di cannella, 1 cucchiaio di zucchero, 3 chiodi di garofano e un pizzico di noce moscata.
Il procedimento prevede tre passaggi: 1) Pestare le spezie in un mortaio, 2) Versare il vino, il miele e le spezie in un recipiente a chiusura ermetica e lasciate riposare per 24 ore, 3) Filtrare con una garza per ottenere un prodotto limpido.
La โplatea comunisโ di Bevagna: le tre chiese, il palazzo, il pozzo, la fontana. I racconti.
Negli anni, nei secoli, laย platea comunisย ha cambiato tante volte il suo aspetto, conservando sempre il suo fascino. Di essa, nel corso di tutti questi anni hanno scritto storici (locali e non), medievisti e giornalisti (locali e non) celebrandone lโarchitettura e raccontandone la storia. Di essa, nel corso di tutti questi anni, abilissimi fotografi hanno raccontato e documentato con immagini bellissime le differentiย facce.ย Il testo vuole essereย una raccolta, seppur incompleta, di tutto ciรฒ. Ilย Palazzo dei Consoliย conserva quasi del tutto il suo aspetto duecentesco, notevole sia per i due ordini di belle bifore ancora quasi romaniche, che si stagliano nella massa dei solidi muri di travertino, sia per lโampia scalinata, sia per il robusto loggiato del piano terreno, che รจ a due navate su grossi pilastri e volte a costoloni. La costruzione รจ probabilmente dovuta allo stessoย Maestro Prodeย che si suppone autore del Palazzo Pubblico di Spello. Lโinterno, giร ormai privo di ogni valore dโarte, nel 1886 fu ridotto a teatro, e cosรฌ si conserva tuttora. Come a Spello, anche qui รจ ben visibile lโantico ingresso alla sala delle adunanze, al piano sopraelevato, e non รจ irragionevole supporre che la scala originale avesse un orientamento perpendicolare a quello attuale, e presentasse cioรจ il fianco alla piazza, anzichรฉ la fronte. Lโarco a volta che potrebbe averla sostenuta, poteva cosรฌ dare lโimpressione di un prolungamento del portico. Lโedificio รจ stato recentemente restaurato ed รจ stato, cosรฌ, felicemente privato della torre campanaria, che ne alterava il carattere originario.
A cura di Federica Gasparrini, Le Guide del Viaggiatore Raffinato, Bevagna, Edimond srl 2004
Quanto alla bella Fontana di Bevagna, al centro di una delle piรน suggestive piazze umbre, degno di nota รจ il fatto che il basamento a gradini, la vasca poligonale e la tazza di foggia medievale furono aggiunti alla fine dellโOttocento, a imitazione di esemplari duecenteschi, per abbellire l’antica cisterna a pianta ottagonale, come si puรฒ verificare dal confronto con alcune vecchie foto. Lโoperazione, condotta a buon esito ยซper fede di Popolo e per virtรน di Civica Magistraturaยป superando ยซcon felice ardimento gli ostacoli della naturaยป, non fu perรฒ salutata da tutti con lo stesso entusiasmo, come risulta dal diario di Alinda Bonacci Brunamonti che a tale proposito annotรฒ: ยซIl pozzo medievale della Piazza antica di Bevagna vien demolito, perchรฉ sovre’ esso appunto sorgerร la nuova fontana di marmo per lโacqua potabile[โฆ] Tolte le prime file di pietre e di mattoni che ne sostengono il parapetto, si vede il loro profondarsi nella creta: e su quella creta, che riceve oggi per la prima volta i raggi del sole, appare una vegetazione foltissima di capelveneri certo molte volte secolariยป.
Sonia Merli, Fonti e fontane dellโUmbria, Quattroemme 2000
Capelvenere nel pozzo di Bevagna. 15 novembre 1895. Il pozzo medievale della piazza antica di Bevagna, vien demolito, perchรฉ sovrโ esso appunto sorgerร la nuova fontana di marmo per lโacqua potabile, che deve essere condotta in questi giorni da Foligno. Tolte al pozzo le prime file di pietre e di mattoni, che ne sostengono il parapetto, si vede il foro profondarsi nella creta: e su quella creta, che riceve oggi per la prima volta i raggi del sole, appare una vegetazione di capelveneri, certo molte volte secolari. E questo pozzo, forse prima dโesser pozzo medievale, fu pozzo romano, e prima di ricevere in grembo le secchie da mani guelfe e ghibelline, riceveva in antichi secoli le anfore romane; mentre sulla via Flaminia soprastante, forse tra le fanciulle succinte nei pepli e gli uomini togati, correvano i soavi distici di Properzio.
Maria Alinda Bonacci Brunamonti, Diario floreale, Guerra Edizioni 1992
Bevagna, forse รจ un sogno. Perchรฉ in tutto il mondo, siamo pronti a scommetterci la vita, non esiste una piazza come piazza Silvestri in cui le leggi dellโarmonia sono state cosรฌ scardinate, cosรฌ scombussolate, cosรฌ mescolate e confuse che la piazza non รจ piรน una piazza ma la faccia visibile, lโaspetto concreto di una nuova e piรน sublime Armonia. La chiesa di San Michele Arcangelo, il duomo, ci sta di fronte, ha la facciata parallela a corso Matteotti che – antica via Flaminia – taglia con una linea diritta tutta la Bevagna Medievale e va a perdersi nella chiocciola di strade e di piazze della Bevagna romana intorno allโanfiteatro, alle terme, al tempio: ma di fronte a San Michele la facciata della chiesa di San Silvestro e il fianco del palazzo dei Consoli si aprono come una forbice e lo scalone di trentadue gradini, che trascina tutte le linee verso lโalto, sembra costruito per stabilire rapporti con lโinfinito. ร dunque vero? Non รจ Foligno, come fino ad ora ci avevano raccontato, รจ Bevagna, รจ certamente Bevagna il centro del mondo. Ci siamo stati. Ma la fortuna รจ stata ed รจ tutta dalla nostra parte, il paradiso terrestre, anche per poche ore, รจ stato abitato perfino da noi. Un piccolo paradiso dove non ci meraviglieremmo di incontrare San Francesco.
Luigi Testaferrata, BellโItalia: Bevagna, forse รจ un sogno, numero 90, ottobre 1993. Giorgio Mondadori
Se in Umbria sono tanti i piccoli centri rimasti intatti, Bevagna รจ un caso a sรฉ. Per dieci giorni dellโanno, infatti, chi varca le mura della cittร si trova a vivere come nel Medioevo. Succede alla fine di giugno, quando viene organizzato il Mercato delle Gaite. Piazza Silvestri, con il Palazzo dei Consoli e le due chiese di S. Silvestro e S. Michele, รจ una cartolina del Medioevo.
Panorama Travel, anno 6, n. 10 ottobre 2003
La seduzione discreta dellโasimmetria. Piazza Silvestri รจ priva di un ordine strettamente geometrico, preferendo piuttosto la dimensione offerta dal gioco prospettico. Nella piazza, una delle piรน belle dโItalia, il perenne agitarsi dei poteri che qui si fronteggiavano con i loro simboli, sembra acquistarsi nella suprema sintesi della sua bellezza. Il campo visivo รจ maestoso e sereno, quasi severo. Una scena fatta anche di un silenzio imponente e plateale. Il palazzo dei Consoli del 1270, offre un prospetto assai stiloso, con le bifore e lโelegante loggia. Una scalinata consente di accedere al teatro Torti, del 1886. La volta cinquecentesca unisce il palazzo dei Consoli alla chiesa romanica di San Silvestro, capolavoro dellโarte romanica umbra (1195). Visitando il borgo al di fuori dei flussi turistici stagionali รจ piรน facile respirare quell’aria di raccoglimento devoto anche nell’altra ascetica chiesa che sulla piazza trova casa: la collegiata di San Michele Arcangelo (XII- XIII secolo). Oltre al romanico, la piazza fa incetta di altri stili come il finto gotico ottocentesco della fontana (1896) e lo stile classico della colonna romana a capitello corinzio, che pare casualmente posata qui nel gioco della storia. Al termine di corso Matteotti si trova la chiesa dei Santi Domenico e Giacomo, trecentesca come il vicino ex convento domenicano, ma rimodernata allโinterno nel 1737.
Borghi d’Europa, Umbria, De Agostini 2018
Bevagna, la piรน bella delle piazze minori dโItalia. Sembra dipinta dai pittori del Trecento, Bevagna, perfettamente chiusa nelle sue mura medievali. Percorrendo il decumano, si sbuca nel cuore di Bevagna medievale, in quella piazza Silvestri che Bernard Berenson – storico dell’arte americano, specializzato nel Rinascimento-definรฌ la ยซpiรน bella delle piazze minori d’Italiaยป. Scenografia urbana medievale perfetta, in un miracolo asimmetrico si affacciano la collegiata di San Michele Arcangelo, San Silvestro, il palazzo dei Consoli, con la ripida scalinata, la fontana tardo – ottocentesca che ha preso il posto della cisterna ottagonale, e la colonna romana che si erge lateralmente. Il palazzo dei Consoli era la sede della magistratura cittadina: costruito nel 1270 in pietra arenaria e travertino, ha unโampia loggia per il mercato coperto e bifore gotiche nella sobria facciata. Nel 1560, viene annessa una grande volta esterna di collegamento con la chiesa adiacente di San Silvestro, per consentire il passaggio diretto tra i due edifici. Allโinterno del palazzo, il teatro Francesco Torti (1886), viene costruito in seguito a un terremoto che aveva parzialmente danneggiato lโedificio. Uno dei teatri piรน belli dellโUmbria. Ma come avviene nelle piazze italiane, il potere civile convive con quello religioso: le due chiese romaniche di San Silvestro (1195) realizzata dal maestro Binello, e di San Michele Arcangelo (di Binello e Rodolfo, fine XII secolo) dominano la piazza, poste una di fronte allโaltra, con facciate e interni in stile romanico, sobrio, essenziale e perfettamente conservato.
Bevagna. Foto by Enrico Mezzasoma
Paesaggio Italia, volume I, Umbria preziosa, da Cittร della Pieve a Montefalco. Gedi 2022
Piazza Silvestri, il centro artistico di Bevagna
Tutte le strade di Bevagna portano alla piazza maggiore, realizzata nel Medioevo e oggi intitolata allโentomologo Filippo Silvestri. Luogo di straordinaria bellezza, pensata come salotto della cittร , asimmetrica e armonica allo stesso tempo, racchiude tutti i piรน importanti monumenti del borgo: il palazzo dei Consoli, la chiesa di San Silvestro e quella di San Michele Arcangelo. Innalzata negli ultimissimi anni del ducato di Spoleto, nel 1195 dal maestro Binello, come attestato da una lapide posta a destra del suo ingresso, la chiesa romanica di San Silvestro รจ lโedificio piรน antico tra quelli che si affacciano sulla piazza maggiore del borgo. Sebbene oggi la basilica sia considerata un gioiello dellโarchitettura romanica, in passato non ebbe grande popolaritร e fortuna: subรฌ gravi danni per i terremoti del 1931 e 1832, e addirittura ne fu ipotizzata la demolizione nel 1870. Collegata al palazzo dei Consoli da un grande arco costruito nel XVI secolo, la facciata โ incompleta, come evidenziato dai resti di muratura e dallโassenza del campanile, la facciata presenta blocchi di travertino e pietra bianca e rosa. Realizzata tra la fine del XII e lโinizio del XIII secolo, pochi anni dopo la chiesa gemella di San Silvestro, e posta sul lato opposto della piazza, la chiesa di San Michele Arcangelo fu eretta dai maestri Binello e Rodoldo, i cui nomi sono inscritti sulla facciata, sul lato sinistro del portale principale. Trionfo dellโarchitettura romanica, fu rinnovata nel โ700 secondo lo stile barocco: gran parte delle modifiche apportate nel XVIII secolo, tuttavia, furono poi rimosse negli anni tra il 1951 e il 1957, quando venne deciso di riportare la chiesa al suo primigenio aspetto medievale, in linea con piazza Silvestri e gli altri suoi edifici.
Borghi dโItalia-Spello, il Trasimeno e le colline perugine, RCS Media Group 2022
Bevagna. Una sintesi superba.
Nello scenario raccolto e al tempo stesso vigoroso di Bevagna, la piazza si qualifica come una somma di effetti e di valori che compongono, nell’arco di ottantโanni circa, una sintesi superba. Le costruzioni si dispongono su un perimetro irregolare privilegiando i principali punti di vista, cosรฌ da creare una quinta teatrale inconfondibile lungo la direttrice del corso principale, sullโasse dellโantica via Flaminia. Su uno dei varchi si colloca il convento dei Domenicani, mentre il Palazzo dei Consoli si confronta con due chiese di alto pregio. Proprio di fianco alla residenza si profila San Silvestro e, sul lato opposto, campeggia la collegiata di San Michele Arcangelo, con uno scenografico portale istoriato. Alcune preziose memorie epigrafiche ci tramandano il nome del maestro Binello, artefice si S. Silvetro (1195) e di seguito coimpresario della collegiata in collaborazione con il maestro Rodolfo. Il palazzo comunale (1270) รจ sfornito di simili attestazioni, ma puรฒ essere agevolmente attribuito al maestro Prode.
E perchรฉ non rifare alcuni degli spettacoli, dei dialoghi in piazza, usando le porte delle chiese e degli edifici per far entrare ed uscire gli attori? La piazza รจ giร un perfetto scenario teatrale.
La โplatea comunisโ di Bevagna: le tre chiese, il palazzo, il pozzo, la fontana. I racconti.
Negli anni, nei secoli, la platea comunis ha cambiato tante volte il suo aspetto, conservando sempre il suo fascino. Di essa, nel corso di tutti questi anni hanno scritto storici (locali e non), medievisti e giornalisti (locali e non) celebrandone l’architettura e raccontandone la storia. Di essa, nel corso di tutti questi anni, abilissimi fotografi hanno raccontato e documentato con immagini bellissime le differenti facce. Il testo vuole essere una raccolta, seppur incompleta, di tutto ciรฒ. Il Palazzo dei Consoli conserva quasi del tutto il suo aspetto duecentesco, notevole sia per i due ordini di belle bifore ancora quasi romaniche, che si stagliano nella massa dei solidi muri di travertino, sia per lโampia scalinata, sia per il robusto loggiato del piano terreno, che รจ a due navate su grossi pilastri e volte a costoloni. La costruzione รจ probabilmente dovuta allo stesso Maestro Prode che si suppone autore del Palazzo Pubblico di Spello. Lโinterno, giร ormai privo di ogni valore dโarte, nel 1886 fu ridotto a teatro, e cosรฌ si conserva tuttora. Come a Spello, anche qui รจ ben visibile lโantico ingresso alla sala delle adunanze, al piano sopraelevato, e non รจ irragionevole supporre che la scala originale avesse un orientamento perpendicolare a quello attuale, e presentasse cioรจ il fianco alla piazza, anzichรฉ la fronte. Lโarco a volta che potrebbe averla sostenuta, poteva cosรฌ dare lโimpressione di un prolungamento del portico. Lโedificio รจ stato recentemente restaurato ed รจ stato, cosรฌ, felicemente privato della torre campanaria, che ne alterava il carattere originario.
Palazzo dei Consoli
Maria Caterina Faina, I palazzi comunali umbri. Arnoldo Mondadori Editore, 1957
Ed eccoci in Piazza Umberto I, eccoci a quello che potrebbe chiamarsi il centro artistico di Bevagna, formato da alcuni monumenti degni della massima considerazione. Cominceremo per ordine dalla chiesa e dal convento dei SS. Domenico e Giacomo, dove sorgeva la chiesa di S. Giorgio, che nel 1291 fu ceduta dal Comune al b. Giacomo Bianconi pel suo convento domenicano, e circa un secolo dopo la sua morte gli sโintitolรฒ, incorporandola allโattuale, rimodernata nel 1736. A pochi passi sorge il Palazzo dei Consoli, che allโesterno si mantiene ancora quasi in atto nella solida e uniforme massa dei suoi muri costrutti a piccoli conci di travertino e coi due piani regolarmente accusati da piccole bifore quasi ancora romaniche, e in basso una loggia ad archi acuti e volte a crociera con pesantissime nervature. Lโinterno, che aveva giร perduto quasi ogni valore artistico, nel 1886 fu ridotto a teatro, intitolato dal Torti, che ha dato anche argomento al sipario in cui Domenico Bruschi di Perugia, cercando di superare come meglio poteva le difficoltร di un tema arido e sfatato dalla critica, ha rappresentato Properzio che addita a esso Torti, come sua patria, Bevagna figurata nei suoi antichi monumenti. Ma affrettiamoci a visitare il piรน insigne monumento dโarte che oggi possegga Bevagna; cioรจ la tanto notevole sebbene forse non abbastanza nota Basilica di S. Silvestro, fortunatamente sfuggita al pericolo che verso il 1870 la minacciava per un malinteso disegno di allargamento della piazza. Essa, quantunque lasciata da troppo tempo in cattivissime condizioni, รจ una delle poche chiese del sec. XII che si conservino nella originaria integritร , non avendo subito che qualche modificazione di nessun conto, e ci offre perciรฒ, come nessunโaltra, il tipo semplice e severo della basilica romanica umbra, derivante, specie nella disposizione interna, della basilica paleocristiana. E lโautore di questa opera? Si guardi nello stipite della porta, a destra, e si leggerร unโimportante iscrizione dalla quale possiamo ricavare la data 1195, regnante Enrico Imperatore; i committenti, cioรจ il priore Diotisalvi e i suoi frati, e lโautore maestro Binello. Di rimpetto a questa chiesa sorge lโaltra, pure interessantissima e quasi gemella, di S. Michele Arcangelo, dovuta, come si legge nello stipite di sinistra, allo stesso Binello, questa volta insieme con un Rodolfo, tuttโe due certamente della scuola classica di marmorari umbri, se no forse anche della stessa Bevagna, poichรฉ non si conoscono altre fabbriche o sculture da essi firmate. Questa facciata di S. Michele รจ volta a oriente, e si mantiene, come in antico, di forma semplice e severa, da farla sembrare, come lโaltra, piuttosto una fortezza che una chiesa; ma รจ guasta da un orrendo finestrone del sec. XVIII. Lโalto campanile fu rifatto posteriormente.
Bevagna รจ riuscita a conservare di sรฉ quella parte che รจ sufficiente a fare di essa una delle cittร minime fra le piรน suggestive e caratterizzate di tutta lโUmbria. La sua piazza centrale – piazza della Libertร – ha conservato quasi intatto il suo aspetto medioevale. La sua stramba asimmetria da movimento ai severi e massicci edifici monumentali che la costituiscono. Due magnifiche chiese romaniche del XII secolo, S. Michele, con il suo alto e massiccio campanile a cuspide, S. Silvestro, bassa e primitiva, dโuna primitivitร che fa pensare a certi arcaici suggelli di lontana nobiltร , specchiano lโuna sullโaltra la pietrositร delle loro severe facciate. Fra lโuna e lโaltra, viene a porsi di sghembo il gotico Palazzo dei Consoli, con la sua scala esterna ampia e solenne, e il suo loggiato poggiante su grossi pilastri, che reggono i costoloni delle volte.
Averardo Montesperelli, Viaggio in Umbria, Natale Simonelli Editore, II Edizione 1978
Il centro rappresentativo della cittร รจ comunque in piazza Silvestri. Si tratta di una delle piรน belle piazze dellโUmbria minore, tanto che viene spontaneo chiedersi perchรฉ minore abbia ad essere, se non per la superficialitร con la quale vengono diretti, e piรน ancor guidati, i flussi turistici. Sulla piazza si affacciano due chiese romaniche e il palazzo dei Consoli. Di lato, una fontana ottagonale ricostruita nellโOttocento sullโesempio di quella perugina di Fonte Maggiore, rappresenta lโunico, e in fondo inutile, falso di tutta Bevagna. Il palazzo dei Consoli fu la storica sede del Comune, e tale sarebbe rimasto se un terremoto agli inizi del secolo scorso non avesse consigliato il trasferimento alla sede attuale. Cosรฌ, con scelta obbligata ma in fondo felice, il palazzo prese a ospitare il teatro, composto da quattro serie di graziosissimi palchi ottocenteschi, e i soffitti affrescati dal solito Piervittori. La singolaritร del palazzo, che nella sua struttura di base risale al 1270, consiste nellโessere obliquo rispetto ai fronti delle chiese. Di fianco allโedificio dei Consoli รจ la basilica romanica di San Silvestro, che risale, come da iscrizione sulla facciata, al 1195. La chiesa rischiรฒ, nel 1870, in un clima di folle euforia anticlericale, di essere sacrificata allโampliamento della piazza. Il suo aspetto attuale รจ dovuto ai restauri fatti nel 1953 dalla Soprintendenza dellโUmbria, e lโimpatto complessivo รจ di altissima emotivitร . Di fronte, dallโaltra parte della piazza, รจ invece la chiesa collegiata di San Michele Arcangelo. In origine, annesso allโedificio, era un convento, e nel secolo XVIII lโedificio tutto fu trasformato secondo il gusto barocco, tanto che sulla facciata fu aperta una finestra lobata, ribassando il rosone preesistente. Allโinterno e nella cripta, le colonne e le strutture vennero ricoperte di stucchi. Con gli opportuni restauri del 1953 le strutture barocche sono state rimosse e ancor oggi, soprattutto sulla facciata, รจ possibile cogliere lโentitร dellโintervento.
Maurizio Naldini, Bevagna, in Umbria minore, Silvana Editoriale 1990
Bevagna fu tra le prime cittร dellโUmbria a far sorgere, entro le proprie mura, due magnifiche chiese di stile romanico. Lโerezione di San Silvestro nel 1195 e, subito dopo, quella di SantโAngelo – detta in seguito San Michele – non sono solo manifestazione di fervore religioso, ma espressione di benessere cittadino e indice sicuro di quella piena maturitร intellettuale e morale che spinge la cittร , concorde almeno in ciรฒ, in tutti i suoi ceti e in tutte le sue frazioni, verso manifestazioni non dubbie di arte e bellezza. Che le due insigni opere di Binello e di Rodolfo fossero poi integrate da espressioni complementari di arte decorativa, in tutto degne del fasto architettonico del monumento al quale aderivano, non รจ fatto sul quale possa sorgere il dubbio. Qualche traccia che rimane e qualche frammentaria indicazione, riapparsa dalle deformanti soprastrutture seicentesche, lasciano logicamente presumere che anche a Bevagna giungesse, a gradi, lโopera meravigliosa di quei pittori e di quei marmorar, che sembrarono prescegliere questa vecchia Umbria quale culla delle piรน squisite manifestazioni dellโarte.
Giulio Spetia, Studio su Bevagna, Roma 1972
Si risale alla piazza Filippo Silvestri; a s. รจ il Palazzo dei Consoli. Bevagna era amministrata da quattro consoli; il primo scelto dal ceto nobile, il secondo era scelto dal ceto civile o mercantile, il terzo dagli artigiani e il quarto dal contado. I consoli, che sono ricordati fino dal 1187, venivano estratti a sorte ogni due mesi. Il palazzo era la sede della magistratura; al 1ยฐ piano era lโabitazione del Governatore, lโaltro era invece destinato ai consoli; nel palazzo erano ospitati anche lโarchivio pubblico e le carceri. La facciata che prospetta la chiesa dei SS. Domenico e Giacomo รจ caratterizzata da un grande scalone che dร accesso al primo piano per mezzo di una porta con arco terminale a sesto acuto; sulla destra รจ un arco di travertino ora richiuso che era evidente un accesso piรน antico del palazzo, il che comportava un diverso orientamento della scala. Lโarchitettura del palazzo รจ forse da attribuire allo stesso maestro Prode che nel 1270 costruรฌ quello di Spello. Lโinterno ospita dal 1886 il Teatro Torti. Tra il palazzo dei Consoli e la chiesa di S. Silvestro รจ un voltone costruito nel 1560 ripristinato nel 1936, per consentire ai Consoli di trasferirsi nella chiesa ad ascoltare la Messa. Lโatto di nascita della chiesa di S. Silvestro รจ nellโiscrizione che si legge a lato della porta: ยซNellโanno del Signore 1195, regnando lโimperatore Arrigo VI; il priore Diotisalvi e i suoi frati e il maestro Binello vivano in Cristo. Cosรฌ siaยป. La chiesa aveva annesso un convento; Binello ne รจ il costruttore; il suo nome riappare con quello di Rodolfo nella facciata di S. Michele. La chiesa di S. Michela Arcangelo รจ la chiesa principale della cittร . Fu costruita nel sec. XII o nei primi anni del successivo; era detta nel โ300 S. Angelo e aveva annesso un monastero; nel 1620 divenne collegiata con un priore, un proposto, 12 canonici,4 prebendati e due cappellani. Nel 166 fu restaurata; nuovi restauri subรฌ nel 1741 e nel 1834 dopo il terremoto del 1832. Fu ripristinata tra il 1951 e il 1957 dalla Soprintendenza ai Monumenti di Perugia eliminando le sovrastrutture del sec. XVIII.
Carlo Pietrangeli, Guida di Bevagna, Terza Edizione 1983
Ecco la piazza, centro della cittร medievale. Prima di dilatarsi nella suggestione della grande apertura urbana, il corso conduce il visitatore verso la bellezza del complesso architettonico della chiesa dei Santi Domenico e Giacomo. Essa sorge sul precedente oratorio di San Giorgio, concesso nel 1291 a titolo gratuito dal Comune, al beato Giacomo Bianconi (1220-1301). Intitolata dapprima a San Giorgio, ha ricevuto nel 1387 il nome attuale. Di lร , si รจ sotto il duecentesco Palazzo dei Consoli, maestoso e in disarmonia affascinante con gli altri edifici della piazza bellissima. In questo palazzo quattro consoli amministravano la cittร , e nello stesso edificio avevano sede le carceri, lโarchivio e il Consiglio di Credenza, composto da sessanta cittadini. Un voltone del 1560 unisce il Palazzo dei Consoli alla chiesa di S. Silvestro, gemma del romanico in Umbria. Lo scenario รจ quello imperiale del Ducato di Spoleto e i costruttori sono probabilmente gli stessi che edificarono altre chiese di analogo aspetto nel territorio spoletino. A destra, era come a San Giuliano di Spoleto, un campanile, in corrispondenza del quale si segnala, allโinterno, un grosso pilastro invece della colonna, mentre la parte superiore della facciata, in travertino e pietra bianca e rosa del Subasio, รจ incompiuta.
Antonio Carlo Ponti, Bevagna, Fabrizio Fabbri Editore 2011
Si leva il sipario su una delle piazze piรน suggestive dellโUmbria. Sorda ai biasimi del nostro tempo, questa piazza รจ e rimane la copula genitrice della cittร medievale, il punto nevralgico di due contrapposte entitร , laica da un lato e religiosa dallโaltro. Piรน che essere vista, questa piazza deve essere sentita lungo il pulsare di emozioni che ricompongono lโessenza. Epica, onirica, metafisica piรน di tutte le metafisiche piazze dechirichiane e ciรฒ nonostante vera, concreta, quasi tangibile. Il suo spazio soggiace a una nuova armonia, dove il presente non รจ che un eco sfuggente e il tempo si ferma, avvolto su sรฉ stesso, tra i fastigi di un paesaggio la cui irripetibilitร sta nellโordine imprevisto e anarcoide delle architetture. In questโordine-disordine due icone si fronteggiano e si contendono il primato in austeritร e bellezza: sono le chiese di SantโAngelo, poi detta di San Michele, e San Silvestro. La scenografia della piazza, infine, รจ resa assoluta dalla Fontana, con la quale nel 1889 si preferรฌ sostituire una cisterna ottagonale. Volgendo le spalle a corso Matteotti, il duomo si erge alla nostradestra, diritto e maestoso al pari di un mastio, costruito sopra lโoratorio della Madonna della Confessione da due sapienti edificatori: Rodolfo e Binello. Nel Trecento alla prima fabbrica si addossa un monastero, mentre nel 1465 il priore, poi cardinale, Bernardo Eroli rifece a sue spese il soffitto, definitivamente compromesso nella concezione originaria dagli interventi settecenteschi. Con il suo richiamo allโessenzialitร , San Silvestro รจ una delle visioni piรน carismatiche ed evocative del romanico umbro e, nonostante la sua posizione di sghembo, senza piรน Oriente nรฉ Occidente, lo svolgimento del significato escatologico resta illeso, tutto contenuto nella purezza della forma architettonica. Il 1195 รจ lโanno della consacrazione, murato alla destra del portale insieme ai nomi del committente Diotisalvi e del maestro Binello, la cui dottrina e severitร dโintenti si attua sulla superficie piana della facciata, sbocconcellata in alto a causa della sua incompiutezza. Questo capolavoro รจ ancor piรน degno dโammirazione se pensiamo ai fiumi di parole, scritte per mano dellโincompetenza, che avrebbero dovuto deliberare la sepoltura della fabbrica. La vera minaccia arriva nel 1860 dal sindaco Agostino Mattoli, che in una missiva al soprintendente di Belle Arti di Perugia argomenta cosรฌ le ragioni della demolizione: ยซrifabbricare la Chiesa sarebbe opera troppo costosa e inutile nella considerazione che sulla Pubblica Piazza a pochi metri di distanza ve ne sono altre due; con ciรฒ si otterrebbe di allargare la Piazza, chโรจ piccolaยป. Ma la risoluzione tarda a venire e nonostante in un documento del 1871 si trova scritto che la chiesa รจ destinata ยซper uso deposito foraggi e combustibiliยป, di lรฌ a poco, possiamo esser certi del suo definitivo riscatto per ordine del ministero della Pubblica istruzione. Il Palazzo dei Consoli concede ben poco alle leziosaggini dellโinvenzione, preferendo una costituzione robusta, di pianta pressโa poco quadrata e disposta di sguincio, in modo tale da offrire un duplice prospetto: lโuno verso San Domenico, lโaltro verso San Silvestro. Lโedificio ha qualcosa di aggressivo e qualcosa di titanico, in particolare nella grande scala che, nonostante in origine avesse proporzioni e orientamento diversi, a vederla oggi suggerisce una tensione superomistica e, come una caduta verso lโalto, si inerpica fino ad un portale a sesto acuto. Lโeloquio teologico, cominciato in San Michele e San Silvestro, continua a un secolo di distanza nella chiesa di San Domenico. Lโimpresa ebbe inizio nel 1291, quando Giacomo bianconi ottenne dal Comune questo naufrago lembo di cittร e, con unโenergia che non gli fece mai difetto, trasformรฒ il piccolo oratorio di San Giorgio in unโoasi del monachesimo domenicano.
ยซร troppo naturale in ciascuno lโamore verso la Patria. Questo amore sรฌ giusto, e sรฌ naturale deve spronare ogni Cittadino a soccorrere la madre Patria in tutte le sue indigenze, a difenderla nei suoi pericoli, e nei suoi diritti; a procurarne i vantaggi, e gli avanzamenti, e finalmente a esaltarla, abbellirla, e a esporre al pubblico ogni suo pregio, e ornamentoยป. (Fabio Alberti).
ย Giuseppe Corradi
Nasce a Bevagna il 21 ottobre 1830, da Innocenzo Corradi che in quel periodo esercitava la chirurgia come condotto, proprio in questa cittร . Il padre Innocenzo vinse la condotta chirurgica di Bevagna nel 1829 e vi si stabilisce con la moglie Vincenza Moreschini, abitando in Palazzo Ciccoli (ora Nalli- Fraolini).
Dopo aver compiuto gli studi di filosofia a Jesi e frequentato le scuole degli Scopoli a Firenze, studiรฒ Medicina nellโUniversitร di Pisa e allโIstituto di Studi Superiori di Firenze. Manifestรฒ fin da principio la sua passione per la Chirurgia, seguendo lโesempio del padre. Nel 1854 entrรฒ nella Clinica Chirurgica di Firenze diretta da C. Burci che lo scelse quale allievo prediletto e gli affidรฒ lโinsegnamento di Medicina Operatoria e Patologia Chirurgica. In questi anni perfezionรฒ le proprie capacitร tecniche e si dedicรฒ in particolare allo studio sugli organi genito urinari. Nel 1869 a Parigi lโAcadรจmie Imperiale de Mรจdicine gli attribuรฌ lโambito premio dโArgenteuil per un lavoro sui restringimenti dโuretra.
Nel 1870 vinse il Primo Premio al Concorso Riberi indetto dalla R.Accademia di Medicina di Torino, presentando un trattato sulle malattie degli organi genito urinari. Nellโottobre del 870 fu chiamato a fondare e a dirigere a Roma la I Clinica Chirurgica di cui gli fu riconsegnata la Cattedra di professore ordinario nel 1873. Contemporaneamente aveva vinto anche il concorso per la cattedra di Firenze e, con una decisione mediata anche da alcune sventure familiari, volle tornare alla Clinica dove aveva svolto le prime tappe della sua carriera. Prima di tornare a Firenze, in perfetto accordo con lo spirito che animรฒ tutta la sua opera di chirurgo moderno, progressista e innovatore, ma anche di attento osservatore delle altrui esperienze, si recรฒ a Vienna e a Berlino per frequentare le cliniche dirette da Billroth e da Langenbeck. Nel 1874, dopo tanti anni di esperienza in chirurgia urologica, pubblicรฒ il primo volume del Trattato sule malattie degli organi orinari. Nel 1884 compare sulla rivista medica Lo sperimentale la sua dotta monografia Sui progressi della Litotripsia. Nel 1882 fu uno dei 7 fondatori della Societร Italiana di Chirurgia. Lโopera scientifica del Corradi fu attiva e gloriosa perchรฉ si devono a lui lavori pregevolissimi e la modifica e realizzazione di nuovi strumenti atti a migliorare continuamente la tecnica chirurgica. Scrisse molto sui restringimenti uretrali e fece costruire un uretrotomo dilatatore con pregi incontrastabili e molteplici; a lui si deve la cura degli angiomi con la compressione e la galvanocaustica; fu lโiniziatore dellโasepsi facendo costruire delle cassette di rame, dentro cui depositava il necessario per le medicazioni, le quali messe in stufe apposite, le portava ad alta temperatura; propugnรฒ quale metodo di cura dei calcoli, la litotrisia rapida facendo costruire apparecchi appositi, fra i quali una comune siringa metallica a becco, che poteva diventare eretta, ben fenestrata, da poter permettere il passaggio anche di grossi calcoli. Dopo la perdita della moglie avvenuta nel 1887, ridusse le proprie attivitร , finchรฉ nel 1893 affidรฒ al suo allievo Colzi la gestione dellโIstituto, lasciando definitivamente la Direzione nel 1897 e divenendo professore emerito. Si spense a Firenze il 9 maggio 1907 dopo anni di gravi infermitร . Nel 1989, a Bevagna, fu fondata su iniziativa del prof. Andrea Trenti e del dott. Leonello Petasecca Donati, chirurgo bevanate, lโassociazione Giuseppe Corradi che di anno in anno ha conferito premi a medici e scienziati di indubbio valore, creando un appuntamento importante sul piano nazionale e internazionale. Nel 1990 lโAmministrazione di Bevagna fece apporre nella casa natale del Corradi una lapide con su scritto: A Giuseppe Corradi, insigne scienziato, fondatore della Societร Italina di Chirurgia, primo clinico chirurgo di Roma Italiana, a eterno ricordo, i cittadini posero. Bevagna 8 maggio 1990.
Domenico Bertini
Nato a Bevagna il 24 febbraio 1924, da Leonardo e Domenica. Laureatosi a Perugia allโinizio degli anni Cinquanta, entrรฒ a far parte dellโIstituto di Patologia Chirurgica di quellโUniversitร , diretto da Luigi Tonelli che seguรฌ poi a Pisa e a Firenze. Sotto la guida del maestro fu rapida la sua formazione culturale e professionale, dotato di grande capacitร lavorativa e di una propensione alla chirurgia, tanto da rendere semplici gli interventi piรน complessi. Allโinizio degli anni Settanta, quando ancora erano rari in Itala gli interventi di chirurgia vascolare arteriosa ricostruttiva e si erano appena formate le scuole di chirurgia vascolare milanese, con Edmondo Malan, e romana, con Paride Stefanini, Luigi Tonelli volle che anche Firenze avesse un centro universitario dedicato a tale specialitร . Iniziรฒ cosรฌ lโattivitร di Domenico Bertini come chirurgo vascolare, dapprima accanto al maestro, poi autonomamente con sempre maggior fervore ed entusiasmo. Nel 1971 gli venne conferito lโincarico dellโinsegnamento di Chirurgia vascolare il 1ยฐ novembre 1975 fu nominato professore straordinario e poi ordinario di questa disciplina nellโAteneo fiorentino, posizione che mantenne fino al suo collocamento fuori ruolo nel 1996. Nel 1980 fondรฒ anche la Scuola di specializzazione in Chirurgia vascolare. A partire da quegli anni ebbero inizio gli interventi di chirurgia dei tronchi sopraortici e furono messe a punto le tecniche di monitoraggio dellโattivitร cerebrale durante i clampaggi mediante lo studio dei potenziali evocati. Tale approccio rappresentรฒ una razionale metodica per una chirurgia sempre piรน scevra da complicanze. Altrettanto importante fu la semplificazione degli interventi sullโaorta addominale, i cui tempi operatori sotto le sue mani esperte e sicure si accorciarono significativamente. Raggiunse un ruolo di primissimo piano a livello toscano e nazionale grazie agli ottimi risultati dellโimpressionante numero di interventi che lui e la sua scuola hanno eseguito: piรน di 7000 disostruzioni carotidee e oltre 6000 rivascolarizzazioni aortoiliache, per patologia aneurismatica e obliterante. Morto a Firenze il 4 giugno 1997 e sepolto nella sua Bevagna.
I modi gentili e lโatteggiamento umile esaltavano ancor di piรน le sue grandi doti umane e chirurgiche. Pur vivendo a Firenze le visite e le soste nella sua Bevagna erano frequenti. Aveva un ambulatorio in cui, insieme alla moglie, pediatra, ha visitato quasi tutti i bevenati. Molti bevanati si recavano, invece, a Firenze accompagnati dal tassista Brandi Luigi.
Nel 1989 รจ stato premiato dallโ Associazione Giuseppe Corradi appena sorta a Bevagna e che negli anni ha conferito premi a medici e scienziati di indubbio valore.
LโUniversitร di Firenze ha instituito, per commemorare la sua figura, il Premio di laurea Prof. Domenico Bertini attribuito alla miglior tesi di specializzazione in Chirurgia vascolare. LโAmministrazione Comunale di Bevagna gli ha intitolato una via del paese.
Riferimenti bibliografici
Andrea Trenti, Leonello Petasecca Donati.ย Giuseppe Corradi. Il clinico chirurgo di Roma
Giovanni Spampatti. Giuseppe Corradi ed il suo contributo alla chirurgia delle vie urinarie
Carlo Pratesi. Domenico Bertini. La razionalizzazione della Chirurgia vascolare
Si รจ parlato spesso di ยซleggenda del filo dโoroยป, tanto รจ avventurosa e sconcertante la storia della seta, materia di lusso, simbolo di bellezza e di potere, che unisce e, al tempo stesso divide Asia ed Europa, fattore primario di commercio, ma anche di scambi culturali.
La sericoltura: dalle origini al tardo Medioevo
ยซโฆVerso quel tempo alcuni monaci vennero dallโIndia, i quali avendo saputo che Giustiniano imperatore aveva a cuore di fare che i Romani non avessero piรน a comprare seta dai Persiani, presentatisi allโimperatore gli promisero che circa la seta farebbero in modo che i Romani non avrebbero piรน a procurarsi questa merce dai loro nemici Persiani nรฉ da altra nazione, poichรฉ avendo essi passato lungo tempo nel paese chiamato Serinda aldilร di assai genti indiane, ivi aveano ben appreso con quale mezzo sarebbe possibile che la seta si producesse sul suolo romano. Allโimperatore che insistentemente li interrogava e chiedeva loro se davvero cosรฌ fosse, risposero i monaci che la seta รจ prodotta da certi bachi ai quali la natura รจ maestra e li obbliga costantemente a tal lavoro: che saria bensรฌ impossibile trasportar costร viventi quei bachi, ma facile e spedito trasportare la loro semenza; da ciascun seme nascere uova innumerevoli; le quali uova molto tempo dopo la loro nascita gli uomini ricoprono di stabbio e cosรฌ riscaldate per tempo bastevole producono animali. Coloro recatisi nuovamente in Serinda portaron poi le uova a Bisanzio e fattele, nel modo che abbiam detto, tramutare in bachi, questi nutrirono con foglie di gelso, e quindi per opera loro cominciรฒ nellโimpero romano la produzione della setaโฆยป. Procopio di Cesarea. La guerra gotica, lib IV.
Sulla base di questo testo di Procopio di Cesarea รจ sorta la certezza che lโallevamento del baco da seta domestico (Bombyx mori, quello che si ciba esclusivamente della foglia del gelso) sia stato introdotto a Bisanzio allโepoca di Giustiniano, intorno al 552 e che esso probabilmente vi sia giunto dalla Cina.
La ricerca archeologica ha documentato come lโallevamento domestico del Bombyx mori e lโutilizzo dei suoi bozzoli con la trattura, per poi farne filati e tessuti, fosse praticato in Cina almeno millecinquecento anni prima della nostra era. Nonostante la gelosa custodia da parte dei cinesi dei segreti dellโallevamento del baco e della seta ottenuta per trattura, le pratiche si diffusero gradualmente verso Occidente, specie lungo quella via terrestre che il geografo tedesco F. von Richthofen chiamerร nellโOttocento con il nome pretenzioso di Via della Seta. Fonti iconografiche e archeologiche paiono infatti confermare il racconto della principessa cinese che andรฒ sposa al re di Khotan (grande oasi nella regione desertica del Takla Makan) intorno al 450 d. C., con sacchettini di uova di baco nascosti trai capelli. Diviene cosรฌ molto piรน plausibile lโintroduzione nel bacino del Mediterraneo, dopo il VI secolo, di altre razze di Bombyx mori, poichรฉ probabilmente esse erano giร presenti in Paesi relativamente piรน vicini come la Persia e lโIndia.
Tutti gli storici dellโindustria serica italiana del tardo Medioevo attribuiscono lโavvio di questโarte alla cittร di Lucca, che si afferma come la maggior produttrice europea di tessuti di seta pregiata. Molteplici le cause di questa fioritura: lโabilitร creativa dei suoi artigiani, le loro capacitร imprenditoriali, la presenza, nella cittร , di abili filatori e tessitori ebrei, fuggiti dalla Sicilia al momento della conquista angioina e, da ultimo, la sua ubicazione, che la rende meta costante di pellegrini che dall’Europa raggiungono Roma. Quando perรฒ nel 1314 la cittร รจ conquistata dalla fazione ghibellina, si assiste ad un vero e proprio esodo dei setaioli ebrei, che diffondono le loro conoscenze e le loro tecniche di produzione (mulini per la filatura e la torcitura) in altre cittร italiane, come Bologna, Venezia e Firenze, dove fin dal XIII secolo era giร nota l’arte della seta.
Il ciclo produttivo della seta secondo le antiche tecniche medievali
Nellโambito della manifestazione del Mercato delle Gaite, la Gaita Santa Maria si รจ sempre distinta nella rappresentazione delle fasi di lavorazioni dei filati poveri pover o cascami pesanti, ricreando strumenti e utilizzando tecniche riproduttive dโepoca, nel rispetto della tradizione umbra, dal Medioevo allโetร contemporanea. Sin dallโinizio, la Gaita si รจ dedicata alla riproduzione delle fasi di lavorazione dellโarte della seta, dallโallevamento del baco alla trattura del suo prezioso filo, nella consapevolezza dellโimportanza che tale arte assunse nellโItalia del Medioevo, che, dal XII secolo divenne la principale regione dellโindustria serica in Europa.
Il ciclo di produzione della seta si compone essenzialmente di cinque fasi: gelsobachicoltura, trattura, torcitura, tintura e tessitura. La seta รจ il filamento del bozzolo di molte specie di farfalle, la piรน importante delle quali รจ la Bombyx mori, il cui bruco o baco da seta si alleva sulle foglie di gelso bianco, Morus alba. La meravigliosa storia della seta, dal baco al suo prezioso filo, dura circa un mese. Una costante cura deve essere riservata alle uova che, per schiudersi, hanno bisogno di una temperatura di circa 22-24 gradi. In tempi remoti erano le donne a farle schiudere con il calore del loro seno. I piccoli bachi, appena nati, sono alimentati con foglie di gelso finemente triturate. Lโaccrescimento รจ rapido, dopo qualche giorno essi cadono in letargo, che dura ventiquattro ore circa, mutando la pelle, gli intestini e la trachea. Allorchรฉ si risvegliano (inizio della seconda etร ), vengono trasportati su graticci ben areati e alimentati con foglie di gelso. Il baco si ciba infatti unicamente di foglia fresca di gelso, che consuma in grandissima quantitร aumentando, nellโarco di un mese, di decine di volte la sua lunghezza. In questo periodo il baco subisce cinque mute e solo quando cessa di nutrirsi, perchรฉ รจ giunto al termine del suo ciclo vitale, viene posto in un bosco di ramaglie, dove trova il punto piรน adatto per costruire in tre giorni la sua ultima dimora, il bozzolo, nel quale si racchiude. Trascorsi cinque – sei giorni, da quando gli ultimi bachi sono saliti al bosco, si esegue la sbozzolatura e cioรจ la raccolta dei bozzoli. I bozzoli raccolti sono posti a essiccare al sole per ottenere la morte della crisalide ed evitare, quindi, che la crisalide diventi farfalla, la quale, fuoriuscendo dal bozzolo, lo buca e ne spezza il filo. Dopo essere stati selezionati e privati della spelaia, i bozzoli destinati alla trattura vengono quindi immersi in acqua molto calda, affinchรฉ la sostanza gommosa (sericina), che tiene saldati tra loro i filamenti, si ammorbidisca. Le donne con una apposita scopetta liberano allora il capofilo e dipanano il bozzolo, essendo costituito da un filamento unico che, nelle razze selezionate puรฒ raggiungere anche i duemila metri di lunghezza. In questa operazione le filatrici possono unire insieme da un minimo di dieci filamenti (bave) a un massimo di trentacinque, provenienti da altrettanti bozzoli, al fine di ottenere un filo resistente, che va ad avvolgersi su di un aspo rotante. Dal numero delle bave unite al momento della trattura deriva lo spessore del filo espresso in denari o titoli. Il filo che si avvolge sullโaspo, anche se formato da filamenti di piรน bozzoli, appare come un filo unico, perchรฉ la sericina che ricopre la bavella di seta diventa gelatinosa in acqua calda e incolla, una volta asciugati e raffreddati, i vari filamenti, dando origine a quel filo unico che si vede dopo la trattura. La diversitร dei filati รจ giร decisa in sede di trattura: la galletta migliore diventa filo, successivamente torto per ottenere lโordito dei tessuti, mentre quella di qualitร inferiore diventa filo per trama. Le matasse di seta greggia tolte dall’aspo vengono quindi sottoposte allโincannatura: il filo passa dalla matassa al rocchetto per essere trasferito al torcitoio, al fine di ottenere una maggiore resistenza accanto ad altre caratteristiche qualitative. Il torcitoio รจ infatti lo strumento che ha lo scopo di attorcigliare su sรฉ stessi centinaia di fili; esso pur avendo un concetto funzionale molto semplice, risulta assai complesso per la sua struttura fortemente ripetitiva. Le matasse di filo di seta ritorto sono cosรฌ pronte per essere lavate e tinte. Esse vengono dunque collocate in sacchetti a trama larga e fatte bollire in acqua saponata per eliminare la gomma naturale, vengono poi sciacquate in acqua pura e messe ad asciugare. quelle di colore perlaceo vengono successivamente sbiancate con vapori di zolfo e quindi sottoposte ai cosiddetti ยซbagni di coloreยป. Si giunge cosรฌ allโoperazione conclusiva della tessitura, che consiste nell’intrecciare i fili che costituiscono lโordito con unโaltra serie di fili orizzontali, chiamata trama. Qualsiasi dispositivo in grado di tenere teso l’ordito durante la tessitura, si chiama telaio. La sua invenzione nelle forme piรน semplici, risale almeno a quattromila anni fa, anche se in Europa, come strumento perfetto a struttura orizzontale, appare solo nel XIII secolo. Nel telaio, l’ordito รจ avvolto su di un rullo, il subbio di ordito, ciascun filo che lo costituisce viene fatto passare nelle maglie dei licci in modo ordinato, con una sequenza preparata in precedenza, a seconda del disegno da ottenere. Alzando i licci, alcuni fili si alzano mentre altri si abbassano e nello spazio che ne risulta viene fatta passare la navetta con la spoletta di trama all’interno. Il filo che essa lascia, durante il tragitto, viene compattato dal pettine. Pazientemente, filo dopo filo, il tessuto cresce. Con la tessitura si esaurisce il ciclo di produzione della seta.
Organizzazione produttiva della manodopera serica nel Medioevo
Circa il sistema organizzativo delle cittร italiane del XIII- XIV secolo, esperte nella manifattura di filati di seta, si puรฒ giร evidenziare la presenza di quello che, in epoca moderna, รจ definito un distretto industriale e cioรจ un sistema economico-sociale caratterizzato dalla presenza di imprese medie, piccole, o piccolissime, impegnate in diversi stadi e in modi diversi nella produzione di un prodotto omogeneo, grazie ad una cooperazione verticale e orizzontale. Questโultima si sviluppa con lโorganizzazione dellโopificio decentrato e si concretizza con la nascita di tutta una serie di attivitร che sono dโausilio alla produzione stessa: attivitร mercantili, bancarie, di trasporto, di produzione degli strumenti di lavoro, di scelte relative alla tipologia del prodotto, in base alle quali si definiscono anche rapporti professionali con i rappresentanti di altri arti come quella dellโoreficeria per la manifattura di tessuti preziosi, auroserici. Lโorganizzazione produttiva, secondo il modello dellโopificio decentrato, che nel XIV secolo, da Lucca si diffonde nellโItalia centro-settentrionale, vede dunque il ruolo determinante del mercante-imprenditore o setaiolo, che collega e coordina lโattivitร dei numerosi artigiani che spesso svolgono le varie fasi di lavorazione nelle proprie botteghe o abitazioni, con i propri strumenti di lavoro, oppure, come njel caso del filatore prestano opera nella bottega del seaterius. Grazie al setaiolo le varie tappe del processo produttivo della lavorazione della seta acquistano omogeneitร e indipendenza organizzativa; spetta infatti al mercante-imprenditore lโacquisto della materia prima, bozzolo o seta greggia, che poi egli distribuisce ai singoli produttori, secondo il susseguirsi del processo di lavorazione: filatura, incannatura, torcitura, tintura, orditura e tessitura. La maggior parte delle corporazioni o arti della seta, presenti nelle varie cittร della penisola, raggruppano sia i mercanti, sia i singoli gruppi specialistici e talora gli stessi fabbricanti di strumenti, insieme ai tecnici della lavorazione di filati dโoro. Il modello organizzativo rimane omogeneo, fin dal โ300, a Lucca come a Bologna, Firenze e Perugia, come pure rimane costante il conflitto fra i setaioli (mercanti-imprenditori) e gli altri gruppi di mestiere. Unโorganizzazione manifatturiera dunque solida e ben strutturata, in cui il fattore economico assume unโimportanza preponderante e regole inderogabili fissano lo svolgimento della produzione in tutte le sue fasi.
DALMATICA DEL PARATO DI BENEDETTO XI. PERUGIA, CHIESA DI SAN DOMENICO. Tessuto principale: manifattura dell’Iran ilkhanide o dell’Asia centrale, seconda metร del XIII secolo.
CALZARE IN DIASPRO DEL PARATO DI BENEDETTO XI. PERUGIA, CHIESA DI SAN DOMENICO. Manifattura lucchese, fine del XIII inizio del XIV secolo.
I turisti stanno tornando. A Roma si vedono giร file di persone al seguito di una bandierina. A Venezia ancora si riesce a circolare ma ben presto la cittร sarร totalmente occupata da nuove ondate di visitatori. Firenze si sta preparando.
Il Carapace di Arnaldo Pomodoro
Qui in Umbria i turisti iniziano ad arrivare e, se il virus non ci sorprenderร ancora, con lโestate si farร nuovamente il pieno. ร un peccato che i percorsi delle visite siano, ancora oggi, focalizzati quasi esclusivamente sui tour classici: Giotto, San Francesco, Orvieto e il medioevo dei borghi. LโUmbria centrale, infatti, รจ ricca anche di moderne opere di architettura e di scultura, ma purtroppo non si incontrano turisti ad ammirarle. Lรฌ hanno lavorato archistar e artisti famosi; tra loro troviamo niente meno che lโartista Arnaldo Pomodoro. Le sue sfere di bronzo, che rappresentano il mondo, sono famosissime e si vedono ovunque: da Roma a New York, passando per il cortile del Vaticano. Pomodoro ha disegnato e costruito ilCarapacedella cantina Lunelli, vicino a Bevagna. Si tratta di unโopera dโarte che prima si osserva da fuori e poi si gode da dentro; ha linee curve, morbide e crepe come un viso che ha vissuto. Poi si entra lโopera dโarte. Lasciando il tempo quasi eterno del Carapace ci si inoltra sotto la bellissima cupola di legno mossa e articolata; lรฌ sotto cโรจ unโatmosfera raccolta dove spicca il colore rosso delle sedie, pronte ad accogliere i visitatori per far loro gustare comodamente il vino della cantina Lunelli. Un vero piacere per gli occhi, per il gusto e per lo spirito.
La chiesa di San Paolo Apostolo a Foligno
A Foligno Massimiliano Fuksas ha lavorato su un enorme spazio vuoto: la zona dove hanno vissuto i terremotati del โ97 fino quando, dopo lunghi anni, hanno potuto avere una casa. Il comune di Foligno ha pensato allora di usare quello spazio rimasto vuoto per erigere una chiesa dedicata a San Paolo. La chiesa si presenta come un gigantesco parallelepipedo di cemento bianco, sospeso su un rettangolo vetrato. Le pareti laterali hanno delle grandi spaccature vitree che lasciano penetrare una luce soffusa. Davanti alla chiesa si estende una lunga platea di cemento, anchโessa bianca e, tutto in torno, ci sono grandi spazi dedicati alle passeggiate e al parcheggio.
Mario Botta รจ sceso dalla Svizzera per costruire una scuola a Cittร della Pieve. La costruzione riassume la storia umbra partendo dal mattone, passando per il Medioevo e approdando allo spazio aperto. La sua cifra stilistica รจ il mattone rosso che nel ‘600 era giร stato introdotto da un altro architetto svizzero: Francesco Borromini. Il mattone si integra benissimo con lโambiente ed รจ risultato piรน che mai indicato poichรฉ lโUmbria รจ stata produttrice di mattoni fin dal periodo etrusco. La costruzione รจ modulata come le antiche mura medievali, ma con pareti che lasciano entrare la luce e la cultura. La scuola da una parte si affaccia sulla valle mentre dallโaltra รจ preceduta una grande area aperta: spazio ideale per lo svago dei ragazzi e degli abitanti di Cittร della Pieve.
Accanto a queste vi sono molte altre opere moderne e contemporanee. LโUmbria ha anche creato tanti giardini di sculture che arricchiscono il paesaggio e portano lโarte in mezzo alla gente, anche a quella di passaggio. Di questo perรฒ parleremo ben presto.
Cittร della Pieve, foto Pino Musi. Sito www.botta.ch
ยซโฆPer questo, nei programmi delle feste, le proposte culinarie tendono allโattualizzazione. Gustosi piatti a tema medievale con lโutilizzo di ingredienti semplici e genuini potranno essere serviti da locandieri in costume dโepoca ma questa cucina calata nel passato, come per darle piรน sapore, sarร disegnata secondo i parametri dโoggi. Il Medioevo che si rievoca รจ sospeso tra realtร e fantasia, ma la fantasia fatica ad entrare in cucina: il Medioevo fantastico si esaurisce nei costumi e nelle scene; le ricette sono, nella maggior parte dei casi, quelle di oggi, appena mascherate da un ingrediente insolito o da un nome curioso, ma ben riconoscibili, cosรฌ da suggerire un viaggio nel passato, perรฒ tranquillizzando i commensali che questo viaggio non li porterร troppo distanti da casaยป. Massimo Montanari, โGusti del Medioevo. II prodotti, la cucina, la tavolaโ. Editori Laterza 2012.
Massimo Montanari insegna Storia Medievale allโUniversitร di Bologna, dove รจ anche direttore del Master in Storia e cultura dellโalimentazione. ร considerato uno dei maggiori specialisti di storia dellโalimentazione a livello internazionale. ร stato giudice delle nostre gare (Gastronomica e Mercato) e ha partecipato a numerose conferenze organizzate dallโAssociazione Mercato delle Gaite. La cucina medievale, nella festa, ricopre un ruolo notevole e negli anni ha appassionato alcuni volontari delle gaite, facendone bravi cuochi ed esperti importanti. E si estrinseca in:
La gara gastronomica
Una delle quattro gare in cui le gaite si sfidano รจ la gara gastronomica, che impone alle quattro gaite la preparazione di un piatto di carne o pesce (il nostro secondo). Il regolamento prevede, infatti, la preparazione di una vivanda di epoca medievale (periodo 1250-1350) appartenente al territorio europeo. Oggi conosciamo oltre un centinaio di manoscritti di cucina tre-quattrocenteschi, una decina di questi appartengono allโarea culturale francese, e altrettanti allโarea italiana. Il Liber de coquina di Anonimo trecentesco alla corte angioina, il Libro della cocina di Anonimo trecentesco toscano, il Libro per cuoco di Anonimo trecentesco veneziano, il Libro della cucina del secolo XIV e il Libro de arte coquinaria di Maestro Martino sono i testi a cui abbiamo attinto per affrontare il nostro percorso gastronomico non sempre facile perchรฉ le ricette trascurano gran parte della procedura, dando scontato che il lettore giร le conosca. Da qui la necessitร di provare e riprovare, poichรฉ la cucina medievale รจ sรฌ una cucina semplice, ma i suoi ingredienti devono essere sapientemente combinati e dosati.ย In realtร non รจ affatto detto che la fedeltร filologica al testo sia il modo migliore per ricostruire la sensazione di un tempo: gli ingredienti non sono piรน quelli di un tempo e anche noi siamo profondamente diversi dagli uomini e dalle donne di settecento anni fa. Ricostruire la ricetta autentica sarebbe un controsenso, contrario non solo allโarte della cucina che รจ innanzitutto arte dellโinvenzione, ma contrario anche allo spirito piรน autentico del Medioevo a cui stiamo cercando di dare forma. La quantitร incredibile di varianti che si trovano nei ricettari medievali per vivande del medesimo titolo rappresenta la metafora del principio base che ogni bravo cuoco dovrebbe osservare: un testo italiano del Trecento afferma ยซil discreto cuoco potrร in tutte le cose essere dotto, secondo le diversitร dei regni, e potrร i mangiari variare o colorare secondo che a lui parrร ยป. Ogni gaita presenta, dunque, un piatto che verrร a essere giudicato da tre esperti di cucina medievale e di storia dellโalimentazione secondo questi criteri: aderenza del piatto alla ricetta storicamente documentata: ingredienti, tecniche di esecuzione ed eventuale mise en place; la ricetta e la sua fonte; attinenza storica dellโanimazione scenica e della scenografia complessive. Questi alcuni piatti gara: Per far pavoni vestiti con tutte le sue penne che cocto parrร vivo, sardamone di carne, daino arrosto in sapore, farinata con carne di cinghiale, spalle de castron implite, Del coppo di castrone, manza e agliata, a empire una gallina, del pastello di capretti.
Questi alcuni giudici: Massimo Montanari, Allen Grieco, Alex Revelli, Rosella Omicciolo Valentini, Maria Salemi, Irma Naso, Galoppini Laura, Isabelle Chabot, Antonella Salvatico, Maria Giuseppina Muzzarelli, Antonella Campanini.
Il banchetto medievale
Rappresenta lโevento di apertura del Mercato delle Gaite ed รจ allestito, dal 2010, nello splendido scenario della piazza medievale, la platea comunis, delimitata dalle chiese romaniche di San Silvestro, San Michele, San Domenico e dal gotico Palazzo dei Consoli. Dal 1989 al 2009 il banchetto veniva allestito nel bellissimo Chiostro di San Domenico. Ogni anno, una gaita รจ addetta alla preparazione dei piatti, allโallestimento della tavola e allโanimazione, seguendo regole precise.
Nella grande abbondanza della cucina medievale cโerano alcune assenze che oggi considereremmo clamorose e che la scoperta dellโAmerica avrebbe colmato. Non esisteva il tacchino, non esisteva il mais, nรฉ le patate, nรฉ i pomodori, nรฉ il peperoncino.
Il servizio della tavola inizia a prendere forma alla seconda metร del Trecento. ร a quel punto che si fissano e si codificano alcuni comportamenti che regolano gli atti del personale di servizio. Regista di questo complesso cerimoniale รจ lo scalco, al quale รจ affidata la responsabilitร dellโorganizzazione generale: cura lโandamento della cucina, il servizio, lโallestimento del banchetto; presente pure un trincianteper tagliare la carne e un coppiereche si occupa del rito di lavare le mani allโinizio e alla fine del banchetto e di servire acqua e vino. Il pasto si articola in numerosi servizi successivi, ognuno composto da piรน vivande, presentate sopra semplici taglieri di legno calcolato per due persone. Presentato il primo servizio sulla tavola i commensali attingono dai piatti di portata posti dinanzi a loro direttamente con le dita, selezionando i bocconi preferiti e posandoli sopra il proprio tagliere e cosรฌ di seguito servizio dopo servizio. Il pasto si doveva aprire con insalata di erbe, lattuga e frutta dal potere lassativo come mele, ciliegie, prugne. Seguivano minestre e zuppe classificate calde e umide, per la loro funzione di aprire lo stomaco; quindi le carni leggere (polli, capretti); le carni pesanti (manzo, maiale); i pasticci che con la loro crosta temperano gli alimenti che racchiudono; il formaggio; la frutta astringente come castagne, mele cotogne, melograni acerbi; vino speziato e spezie confette, in un percorso alimentare ideale dove lo stomaco deve presentarsi allโinizio libero di accogliere il cibo e alla fine del pasto venir sigillato da sostanze costipanti affinchรฉ la digestione si svolga in ambiente perfettamente chiuso. La caratteristica saliente della cucina trecentesca รจ rappresentata dallโuso costante di spezie: pepe, cannella, chiodi di garofano, noce moscata, coriandolo, zenzero, galanga, zafferano, cumino. Infatti uno dei caratterizzanti รจ lโagro sposato al dolce in un connubio espressamente voluto dai cuochi del tempo. Sempre nellโintento di stupire e meravigliare i commensali il cuoco inventa preparazioni multicolori nel tentativo di promuovere lโimmagine di una cucina attenta anche alla presentazione e non solo al contenuto: cosรฌ dal giallo di zafferano e tuorli dโuovo, al blu di more e mirtilli; dal verde scuro del prezzemolo al rosso delle fragole; e poi, ancora, oro, argento, nero (di spezie). Cosรฌ i cuochi medievali facevano della tavola un vero acquerello di sapori da gustare con gli occhi e il palato. Alcuni dei piatti proposti: fructa fresca et vinum dolci, porrata, raffioli di carne, rosto de castrone cum salsa viridis, Cormary, fritatem de pomeranciis, nucato, ypocras, brodo de ciceri rossi, raffioli gialli, insaleggiata di cipolle, chireseye, gnocchi de cascio fresco, manza e agliata, fava franta, frustello, mostaccioli, chiarea.
Le Taverne
Ogni Gaita possiede una taverna dove i visitatori possono gustare i tradizionali cibi medievali, alla luce delle fiaccole e al suono di liuti e vielle. Tratte dagli antichi ricettari del Trecento, gustose immissioni sono servite, profumate di spezie e innaffiate con i vini della piรน antica tradizione umbra. Le taverne frequentate, ogni sera, da 300, 600, 800 avventori rappresentano lโunica fonte di guadagno che permette alle gaite di affrontare le spese con cui finanziare i loro numerosi progetti, una sorta quindi di autofinanziamento.
Come nel Medioevo, le taverne delle gaite sono un vero e proprio centro di vita sociale, dove gli scambi avvengono sia tra le persone del posto, sia con i forestieri che portano notizie da lontano. Come nel Medioevo ci si ritrova con viaggiatori diversi, mercanti, pellegrini, clerici vagantes, e magari donne di malaffare. Come nel Medioevo lโimperativo รจ dimenticare le incertezze del mondo e lasciarsi andare al divertimento.ย Il poeta Cecco Angiolieri, famoso per la sua vita dissoluta, scrisse in un sonetto: ยซTre cose solamente mi soโ in gradoโฆciรฒ รจ la donna, la taverna e โl dado/ queste mi fanno โl cuor lieto sentireยป. Ogni taverna รจ gestita dai volontari della gaita: cuochi e cuoche, camerieri e cameriere. La scelta del menu รจ chiaramente circoscritta a prodotti da taverna, a eccezione del fatto che, come da regolamento, รจ obbligatorio servire il piatto gara della manifestazione in corso. Alcuni piatti identificano la gaita: cosรฌ si possono trovare antipasti e dolcetti de Sancto Giorgio, de Sancto Pietro, de Santo Giovanni e de Sancta Maria; e poi: torta de herbe e cacio, crema di fave e cacio, coratella, zuppa di ceci, zuppa di farro e ortiche, torta bianca con salsicce, lasagne, limonia di pollo, strozzapreti dello speziale, porcona de mastro luca, acqua, vino e cervogia.
Cene medievali a tema. Incontri gastronomico-culturali
Nellโambito della manifestazione, la Gaita Santa Maria si รจ impegnata fin dallโinizio a conoscere a fondo le abitudini alimentari del Medioevo cosรฌ da presentare, ogni anno, pietanze che fossero espressione non solo del gusto ma anche della cultura della civiltร medievale: il tutto frutto di una accurata ricerca storico-bibliografica e di una scrupolosa sperimentazione pratica. In questi ultimi anni si sono moltiplicate anche in Italia, le ricerche in chiave antropologica e storica, psicologica e sociologica sul significato della cultura della tavola. Basti pensare a ciรฒ che offre il mercato dellโeditoria e quello televisivo in materia di pratica culinaria; una offerta che trova sempre un suo posto in edicola, in libreria e in una trasmissione televisiva. Nella prospettiva, quindi, del fruitore del ventunesimo secolo, attratto dalle cose riguardanti la tavola – e in chiave pratica e in chiave di gusto e comprensione della storia e delle curiositร della cucina – la Gaita organizza dal 2005 delle cene a tema, nel corso delle quali vengono fornite ai fruitori informazioni in merito e che fungono da sfondo a manifestazioni quali conversazioni e seminari. Alle cene, organizzate con il patrocinio dellโAccademia Italiana della Gastronomia Storica e animate da musici e giullari, gli avventori indossano i nostri abiti medievali.
Il Tacuinum sanitatis di Bevagna
Il Tacuinum sanitatis รจ un manoscritto di medicina medievale che ebbe un grande successo in Italia e in Europa a partire dal XIII secolo. Il testo รจ la traduzione latina dellโoriginale arabo redatto intorno alla fine del XI secolo da Ibn Butlan, filosofo e medico di Bagdad. A oggi sono rimasti 16 manoscritti non miniati in Italia (4 a Roma, 1 a Venezia, Bevagna, Pisa, Firenze). Il Tacuinum di Bevagna si presenta come volume di ottima fattura. Sono 40 fogli in carta pergamena, con chiara scrittura italica del XIV secolo, lettere capitali rubricate rosso e azzurro e arricchite di fregi filiformi. Ci appare come unโopera molto moderna per il suo tempo, un testo medico pratico che ha in sรฉ anche uno scopo sociale, quello di comunicare a un pubblico vasto le buone pratiche mediche attraverso dettami semplici e campi di applicazione comuni: dagli alimenti, alle bevande, allโigiene, al riposo e al tempo libero, ai sentimenti, allโarte, alla musica. La trascrizione e la traduzione di questo manoscritto si presenta quindi, per questa sua ampiezza di trattazione, come unโapprofondita conoscenza della dietetica e della alimentazione medievale e al contempo come un grande affresco sulle abitudini e stili di vita del tempo.
ย ยซEsiste un problema chiave nel fare cucina storica ed รจ quello di individuare il corretto confine tra comprensione del passato e adattamento dellโoggi, ricostruzione e rielaborazione, studio filologico (per i libri di ricette) e restituzione pratica (in cucina). Se la cultura gastronomica di una data epoca si puรฒ studiare e decodificare con sufficiente esattezza e credibilitร , il passaggio a livello sperimentale rimane in larga misura velleitaria. Il fatto รจ che il soggetto e lโoggetto non sono piรน gli stessi e la loro educazione sensoriale รจ diversa; i prodotti sono anchโessi certamente cambiati anche se portano lo stesso nome. Avviciniamoci alle culture, ai personaggi, e agli eventi del passato con impegno e curiositร , ricordando sempre di documentarci in modo preciso e senza presunzione di superioritร . Solo in questo modo ci sarร possibile capire e al tempo stesso divertirciยป. Massimo Montanari