«La parola ” statuto” designa ordinariamente il documento che raccoglie e contiene l’insieme della normativa chiamata a regolare la vita di una società civile». Franco Cardini.
Il testo originale dello Statuto risale alla prima metà del Trecento circa e a noi è pervenuto in due copie, entrambe conservate presso l’Archivio storico comunale di Bevagna. La prima è un codice membranaceo manoscritto che comprende una trascrizione datata 1500, redatta durante il pontificato di papa Alessandro VI ed emendata dal giureconsulto Giovanni Pantaleoni che contiene tre redazioni precedenti: la prima, antecedente il pontificato di Martino V; la seconda, rinnovata grazie a Tommaso Matteucci; la terza, ricompilata al tempo di Martino V. La seconda copia, inserita in un codice cartaceo manoscritto e commissionata all’abate Rinaldo Santoloni dalla Congregazione del Buon Governo, risale al 1794. In ogni caso, la cronologia statuaria sembra muoversi tra i 1334 (prima ruptura), 1417-31 (pontificato di Martino V) e infine 1500 (pontificato di Alessandro VI).
Il manoscritto membranaceo è costituito da 89 carte. La ripartizione del testo e dei capitoli, in totale 431, è la seguente:
uffici, capitoli 40
cause civili, capitoli 45
straordinari, capitoli 219
cause criminali, capitoli 96
danni dati, capitoli 31
Capitula primi libri statutorum antique terre mevanee
Primo capitolo. De electione custodum ad denumptiandum non custodientes festivitates
In primis statuerunt et ordinaverunt quod potestas communis Mevaniae qui pro tempore erit, infra quindicim dies sui offitii faciat eligi per consilium generale octo homines de dicta Terra, scilicet de qualibet guaita duos, qui teneantur et debeant accusare et denumptiare omnes de Mevania et eius districtus non custodientes dies festivos.
La elezione dei Custodi con il compito di denunciare chi non rispetta le festività religiose. Prima di tutto stabilirono e ordinarono: il podestà del comune di Bevagna in carica, entro quindici giorni dall’inizio del mandato, faccia eleggere dal consiglio generale otto uomini di questa terra, cioè due per gaita, i quali sono tenuti e debbano accusare coloro che, a Bevagna e nel suo distretto, non rispettano le festività religiose stabilite dallo statuto nel libro IV dei malefici.
Ante electionem offitialum constituatur eis salarium
Secondo capitolo. Qui potestas cum venerit ad Terram Mevaneam ad suum offitium exercendum, antequam intret palatium seu hospitium et antequam de equo descendat vada et ire teneatur et debeat ad ecclesiam sancti Vincentii et in altare dicte ecclesie offerre teneatur et debeat unum palium de seta valoris et extimationis decem librarum denariorum.
Prima della elezione di un ufficiale sia stabilito il suo salario.
Il podestà quando giungerà nella terra di Bevagna per esercitare il suo mandato, prima di entrare nel suo palazzo, e prima di discendere dal cavallo, vada ed è tenuto e deve andare nella chiesa di S. Vincenzo e sull’altare della chiesa è tenuto ad offrire e lo deve fare un palio di seta del valore stimato di dieci libbre di denaro.
Iuramentum potestatis
Terzo capitolo. Potestas comunis Mevanee cum venerit in presentia dominorum consulum dicte Terre antiquam descendat de equo in platea comunis teneatur iurare et promittere et iuret et promittat facere regimen dicte Terre toto tempore sui regiminis bona fide et sine fraude…
Giuramento del podestà. Il podestà del comune di Bevagna, quando giungerà alla presenza dei signori consoli di questa terra, prima di scendere dal cavallo, nella piazza del comune è tenuto a giurare e a promettere, e giuri e prometta di governare in buona fede e senza inganno per tutto il tempo del suo mandato…
Tertius liber super extraordinariis
XXXXI. De modo quo uti debent panifacule et panem vendentes. Panifacule seu vendentes panem debeant stare et sedere ad vendundum panem in pede platee comunis iuxta trasannam comunis seu in ipsa trasanna et non alibi per plateam; et quelibet debeat habere discum et in ipso disco ponere canistrum cum pane et in ipso canistro habere debeat tobaliam albam et quelibet ipsarum habere debeat bacchettam et nulla persona tangat panem cum manu sed cum dicta bacchetta.
Come debbono comportarsi le panettiere e chi vende il pane. Le panettiere e coloro che vendono il pane, per venderlo, debbono sedere ai piedi della piazza del comune vicino alla trasanna del comune o nella stessa trasanna e non in altro luogo; ciascuna deve avere un disco sul quale deporre il canestro con il pane e una tovaglia bianca e anche una bacchetta e nessuno tocchi il pane con la mano, ma con la bacchetta.
XXXXII. De modo dando piccicarolis vendentibus olera et in quo loco sedere debeant.
Piccicarole seu vendentes olera vel poma sedere debeant sub dicta trasanna inferiori platee comunis et non alibi per plateam ad penam decem solidorum et debeat habere discum et in ipso disco tenere canistrumcum oleribus et pomis et que contrafecerit solvat de facto in cippum comunis decem solidos pro qualibet vice.
Le regole per le pizzicarole che vendono erba e dove debbono sedere.
Le pizzicarole o coloro che vendono erba o frutta devono sedere davanti alla trasanna inferiore della piazza del comune e non altrove nella piazza, pena dieci soldi e ciascuna deve avere un disco sul quale appoggiare il canestro con le erbe e la frutta e chi trasgredisce paghi direttamente all’erario del comune dieci soldi per ogni trasgressione.
XXXXIII. De modo vendendi vinum ad minutum et de mensuris habendi.
Quilibet vinum vendens vel vendere volens ad minutum antequa vendat habeat pitictum, mezettum et fogliettam et nummatam sigillatas sigillo comunis Mevanee.Ad quas mensuras quilibet vinum vendens vel vendere volens et vendi facies, vendere et vendi facere teneatur vinculo iuramenti et ad penam viginti solidorum pro quolibet.
Chiunque venda il vino o voglia venderlo al minuto, prima di poterlo fare, abbia il pititto, la mezzetta e la foglietta e la nummata e le misure sigillate con il sigillo del comune di Bevagna. A tali misure chiunque, vendendo il vino o volendo venderlo e facendolo vendere, è tenuto a vendere e a far vendere con il vincolo del giuramento, pena venti soldi.
XXXXIIII. De modo quo uti macellarii et de modo eis dando in venditione carnium cuiuslibet animalis. Et dicti macellarii non occidant, scannet vel abruscent aliquam bestiam in strata aliqua mactonata vel publica si haberet casalenum iuxta domum suam et nulla turpitudo in ipsis locis mattonatis vel publicis fiat per ipsos vel aliam personam ad penam viginti solidorum.
I macellai non uccidano, sgozzino o brucino nessuna bestia in nessuna strada mattonata o pubblica se avessero un casalino vicino alla propria casa e nessuna indecenza sia fatta da essi o altra persona nei luoghi mattonati e pubblici pena venti soldi.
Nel capitolo delle Additiones è menzionata la suddivisione in Guaite. Adequatio guaitarum ridefinisce i confini.
Guaita Sancti Petri ascendat usque ad turrim sive colombarium Petri Pauli Florisponte…. Eundo per dictam stratam usque ad portam Salvatoris.
Guaita Sancti Angeli a dicta via ante ecclesiam Sancti Nicolai… et eundo per dictam stratam recte usque portam Sancti Vincentii versus portam Sancti Iohannis.
Guaita Sancti Georgii a dicta porta Sancti Vincentii per stratam recte usque ad stratam sbtus plateam et prope Sanctum Silvestrum et usque ad viam que protendit ad portam Molendinorum.
Guaita Sancte Marie a dicta via que protendit prope Sancum Silvestrum in pede platee… usque ad dictam porta Molendinorum et usque ad portam Salvatoris.
La Gaita San Pietro salga fino alla torre o colombaia di Pietro Paolo Fiordiponte e per via retta vicino al sentiero di Nicola, andando fino alla porta del Salvatore.
La Gaita Sant’Angelo dalla via che passa davanti alla chiesa di San Nicola e andando per essa in via retta fino alla porta di San Vincenzo verso la porta di San Giovanni.
La Gaita San Giorgio dalla porta di San Vincenzo fino alla strada che si trova sotto la piazza e vicino San Silvestro e fino alla via che porta alla porta dei Molini verso le mura urbiche e il monastero di Santa Margherita.
La Gaita Santa Maria dalla via che si protende vicino a San Silvestro nella parte inferiore della piazza che ha inizio dalle vie sopranominate fino alla porta dei Molini e alla porta San Salvatore verso la strada principale che va verso questa porta verso le mura urbiche sotto la porta dei Molini.
La ridefinizione di allora è tuttora in parte valida:
- la guaita S. Pietro gravita tra la piazza e la via Flaminia, che attraversa a metà la città, protendendosi verso la porta del Salvatore (ora di S. Agostino).
- la guaita S. Angelo (ora S. Giovanni) è compresa tra la piazza, la Flaminia e le porte S. Giovanni (ora Perugina o Cannara) e S. Vincenzo o Flaminia (ora Foligno). Il confine è rappresentato dalla strada che conduce – con tracciato analogo al tacciato medievale- verso l’attuale porta Guelfa.
- la guaita S. Giorgio è ricompresa tra la porta S. Vincenzo (ora Foligno), la Flaminia, la piazza e la strada che porta alla chiesa di S. Silvestro verso la porta dei Molini
- la guaita S. Maria occupa lo spazio rimasto, tra la porta dei Molini e la Flaminia in direzione porta del Salvatore.
Trentacinque anni fa l’idea sembrava un po’ moscia e un azzardo: fare a Bevagna un mercato medievale quando tutt’intorno, l’Umbria celebrava tornei virili, quintane bellicose, giostre furenti, forzate corse dei Ceri. Nessuno all’epoca avrebbe scommesso un soldo bucato su una festa senza cavalli né sbandieratori, senza tamburini né strepitio di armature. Paradossalmente, invece, ha trionfato proprio il fatto che c’è una giusta eccitazione e concitazione delle gare, che non ci sia nulla da vedere e al tempo stesso si possa vedere tutto. Lo spunto del Mercato è stato trovato sulle pagine fitte di armoniosa scrittura cinquecentesca, i vecchi Statuti, che organizzavano e dividevano la città in quattro gaite o guardie o porte e legiferavano sulla vita politica ed economica di Mevania medievale. Oggi, le quattro gaite trasformano Bevagna in un museo vivente, itinerario archeologico ed economico, qualificandosi per un lavoro di seria ricerca storica.
Alfredo Properzi
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