Il giudizio su questo personaggio cinquecentesco della Valnerina è tuttora sospeso tra Res gestae e Historia rerum gestarum. Vediamo dunque di cosa si tratta.
Res gestae e Historia rerum gestarum
Nessuna storia può definirsi puramente vera, in quanto, soprattutto nel passato, era più evidente la differenza tra eventi accaduti e la loro narrazione, tra Res Gestae e Historia Rerum Gestarum. Mentre le Res Gestae sono fatti accaduti, la Historia Rerum Gestarum è il racconto degli eventi. In sostanza è la differenza tra Storia, che comunque mantiene la sua ambiguità semantica, e Storiografia.
L’uomo sembra aver sviluppato un interesse, nel tempo, a falsificare la storia, o comunque a raccontarla in modo troppo soggettivo, basti pensare al caso Moro. Non sempre la conoscenza del contesto e delle fonti sono state utilizzate per analizzare un evento con la volontà di capirlo, così come spesso si è persino arrivati a revisionismi e negazionismi che da sempre ingolfano il dibattito pubblico italiano. Non sono dunque rari i casi dove tutto si è trasformato in memoria condivisa, praticamente una diffusa dimenticanza che ha portato al falso storico.

Petrone da Vallo
Esempi evidenti sono state le storie degli scozzesi William Wallace, condottiero, patriota e protagonista di guerriglie contro l’occupazione inglese e Rob Roy, brigante ed eroe, per non parlare di Robin Hood, del quale ancora oggi non sappiamo esattamente se qualificarlo come eroe popolare o bandito.
Anche la Valnerina ha dato i natali a un personaggio per certi aspetti indecifrabile per le attività che ha compiuto: Petrone da Vallo. Di Petrone conosciamo veramente poco ed è forse proprio per questo che la sua collocazione storica sta in bilico tra il feroce ribelle e il vivace difensore di diritti. Oserei affermare che c’è un vuoto tra gli eventi accaduti, tra le sue res gestae e la loro narrazione. La storiografia, a mio avviso, ha enfatizzato troppo il ruolo di delinquente!
Anche in Valnerina si manifestarono le rivolte degli “esclusi”
Dalla metà del Trecento all’inizio del Cinquecento molte furono le rivolte degli esclusi. Altro non erano che sollevazioni contro i privilegi, espressione di un disagio nei confronti della nobiltà, delle oligarchie mercantili, delle gerarchie ecclesiastiche, ma soprattutto ribellioni nei confronti delle Contee, Ducati, Granducati e Regni colpevoli di imporre tasse sempre più onerose. Ebbene sì, anche 500 anni fa ci si ribellava contro il fisco e si chiedeva quello che poi si chiede anche oggi: trasparenza e fisco equo.
Quasi in contemporanea con la famosa Guerra dei contadini tedeschi, che avvenne tra il 1524 e il 1526, ci fu la ribellione dei castelli della Valnerina. Nel 1522 il Comune di Spoleto organizzò, al di fuori dei patti stabiliti, una leva di mille fanti da tutto il Ducato. Il motivo era quello di portare aiuto alla famiglia romana Orsini che, insieme a Malatesta Baglioni, e per difesa di interessi di potere, dichiararono guerra a Siena e Firenze. I Castelli della Valnerina, già provati dall’esoso sistema fiscale, si allearono e si sottrassero al dominio di Spoleto non accettando questo esorbitante obbligo di leva. Scheggino ne rimase fuori, attirando a se l’odio dei castelli vicini, così come Rocchetta che rimase fedelissima al Ducato di Spoleto difendendosi coraggiosamente contro i fuoriusciti spoletini.

Le Res Gestae di Petrone
La storiografia, nell’interpretare questa fase rivoltosa, ci descrive Petrone come un rivoltoso, come capo di una banda di ribelli e abietti masnadieri, come sedizioso e sovversivo. In parte, o forse in tutto, ciò può essere vero in quanto era il comandante, insieme a Piccozzo Brancaleoni, di un gruppo di rivoluzionari, ma il loro scopo era più che nobile: ribellarsi a continue imposizioni di tasse e richieste illogiche di arruolamento militare.
Mentre le gesta rivoluzionarie hanno portato William Wallace ad essere l’eroe nazionale scozzese, per Petrone, seppur in contesti storici differenti e di dimensioni più ridotte, il giudizio è ancora sospeso.
Sospeso come se da un punto di vista sociologico, Petrone fosse fuori dal mainstream di allora come quello di oggi. Un personaggio dunque fuori dalle tendenze nel campo delle idee, delle preferenze, dei comportamenti collettivi o individuali, che sono seguiti dalla maggioranza delle persone e costituiscono appunto tendenza.
L’uccisione del Governatore e la fine atroce di Petrone
Tornando alla storia in senso stretto e quindi alle Res Gestae di Petrone concludo col narrarvi cosa successe in quel turbolento anno del 1523. Petrone e Piccozzo Brancaleoni si erano posti intorno ai castelli della Valnerina per sottometterli a operare con loro. Il Governatore di Spoleto, Alfonso da Cardona, temendo di perdere quei territori cavalcò alla volta di Vallo che, come si legge negli annali spoletini, “fu preso, fatto pieno di rovine e di sangue e spogliato d’ogni cosa“. Petrone e il Governatore, con poco seguito armato – credendo fosse sufficiente a reprimere l’audacia di quei fuoriusciti – s’incontrarono presso il ponte di Piedipaterno sul fiume Nera; ci fu un’accesa discussione e Petrone cadde da cavallo a seguito di un colpo del Governatore; allora i suoi compagni ferirono a morte Alfonso da Cardona, nonostante si difendesse valorosamente.
Il fatto fu considerato di inaudita gravità e spinse l’esercito spoletino a braccare Petrone, sul quale pendeva la condanna a morte. Durante la fuga, Petrone si nascose in un casolare dove però venne scoperto e arso vivo insieme a suo figlio. Il cadavere del ribelle, con le mani mozzate e appese al collo, venne portato a Spoleto come monito per i traditori.
Concludo nel sottolineare ancora una volta che, mentre le Res Gestae di Petrone sono poche e ben circoscritte, è la Historia Rerum Gestarum che deve fare chiarezza una volta per tutte su come definire Petrone: bandito e feroce ribelle o un fiero difensore dei diritti della Valnerina?

Domenico Arcangeli

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