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Gli affari di Kafka: scrittore, collezionista e disegnatore

Nel ricco ciclo di incontri del “San Valentino Arte” e la declinazione delle forme dell’amore al Museo Diocesano e Capitolare di Terni, Maela Piersanti, ideatrice del progetto, ha incentrato l’edizione sulla tematica delle “Metamorfosi” per i 100 anni dalla scomparsa di Franz Kafka.

I tre corridori – Kafka

 

Da Ovidio a Kafka, tra arte e tavole rotonde: L’amore come agente di metamorfosi e Corpi in metamorfosi, il capitolo Metamorfosi in arte e architettura nel ‘900, in particolare, ha svelato un Kafka inedito, di collezionista e disegnatore. Lo ha raccontato in conferenza la storica dell’Arte Eleonora Belli che, nella sua ricerca Metamorfosi di uno scrittore Kafka disegnatore e connoisseur, ha scoperto come Kafka scrittore non fosse solo un collezionista molto attivo nel panorama culturale della città mito, la Praga alchemica e magica, ma anche un disegnatore. 

 

Eleonora Belli, storica dell’Arte

 

«Kafka, con il pessimismo che lo ha sempre caratterizzato, non ha mai creduto troppo in questa sua espressione artistica, cosa in cui ha creduto invece il suo fedele amico Max Brod, il quale aveva tenuto da parte non solo tutti i manoscritti dell’amico Kafka ma anche i suoi disegni. Il corpus degli scritti kafkiano è stato infatti pubblicato quasi tutto post mortem, Kafka scriveva moltissimo, era iper prolifico ma con la stessa velocità con cui scriveva, distruggeva». Si legge nella lettera di Franz Kafka a Max Brod del 1921: “Carissimo Max queste sono le mie ultime volontà: l’intero mio lascito, che siano i diari, i manoscritti, le lettere, sia le mie sia quelle a me indirizzate, i disegni e così via, tutto andrà interamente bruciato”. 

Tuttavia gli affari di Kafka restano a discrezione di Brod che nel 1948 pubblica il celebre Processo, i suoi studi su Kafka e alcuni disegni, che poi vennero venduti tramite Sotheby’s nel 1952. In Kafkas Glauben und Lehre, Brod scrive di un Kafka indifferente, per non dire ostile ai propri disegni, più di quanto non lo fosse verso le sue creazioni letterarie. Ciò che non era stato messo in salvo da Max, era andato distrutto.

Il dormiente e il pensatore di Kafka

Kafka disegnava

«Lasciava appunti» prosegue Belli «aveva un quaderno di schizzi e disegnava anche a margine dei suoi scritti. Una forma gestuale di cui qualche anno più tardi la tecnica della memoria delle Pathosformel di Aby Warburg spiegherà il flusso della vita e delle sensazioni, e l’attenzione kafkiana al fenomeno del disegno, come alle sculture, e al fenomeno del calco e delle impronte nei suoi scritti». “Tutti sanno che le immagini hanno una loro forza e un loro significato. Si tratta di un sapere antichissimo, condiviso da molti sin dalla preistoria” (Kafka, scritti 1901-1907).

Quaderno degli schizzi

Ora, sebbene Max Brod ricevesse continue sollecitazioni ai disegni di Kafka, alla luce di quelli pubblicati – come lamenta in un una lettera del 1950 Rudolf Hirsch editore Fisher – i materiali restano in sua custodia e di rado vengono venduti e pubblicati. Quattro cartelle dei ricordi di Kafka che contengono disegni, manoscritti e lettere in possesso di Brod vengono donati però a Ilse Ester Hoffe, e fino all’intervento sugli eredi dei tribunali israeliani che tentano di ricomporre il patrimonio artistico di Kafka. Ne restano anche all’editore Salman Schocken, in biblioteche private o cassette di sicurezza in Svizzera, e infine a Marianne Steiner, nipote di Franz Kafka che preserva le carte dell’eredità letteraria. Scrive Franz Kafka sull’uso dell’immagine: “Noi ebrei non siamo pittori, non sappiamo rappresentare staticamente le cose. Le vediamo sempre fluire, muoversi, mutare. Siamo narratori. Dire la verità è difficile, perché è sì una, ma vivente e animata e cambia volto continuamente.”

 

Franz Kafka e Max Brod

 

«Kafka era arrivato alla conclusione che l’uomo ha difficoltà a cogliere la vera essenza delle cose» aggiunge la storica «anzi si chiede se l’uomo abbia veramente intenzione di conoscere la verità o se ne tragga beneficio, perché la verità annichilisce l’uomo. Vero è che Kafka ha influenzato l’arte delle grandi avanguardie, in particolare  il surrealismo di Magritte sul significato non significato delle immagini, e dell’associazione delle immagini alla parola. Le clef de songe di Magritte, ad esempio. Su questa luce, e che l’uomo si rifiuta di vedere illuminare il mondo, è significativo il dipinto L’impero di luce II di René in un paesaggio diurno di luce tersa e splendente,  le case degli uomini restano al buio. L’uomo si rifiuta di vedere, ha paura del peso della realtà».

Kafka avrebbe voluto trasformarsi. Vivere in un’altra epoca? «Forse, ma nulla di più straordinario che vivere in un’epoca come quella del fermento intellettuale e artistico dei primi del Novecento, e prima dei grandi orrori della guerra che da ebreo lo avrebbero inevitabilmente travolto».

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Daniela Zannetti