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Ilaria Di Vaio: «Uso la mia popolarità per promuovere progetti sociali e trasmettere valori»

L’influencer perugina è ambasciatrice di Compassion, oltre a essere una donna super attiva, sia nella vita reale sia nei social. È promotrice anche dell’evento che si terrà il 14 ottobre a Perugia: la proiezione del docufilm “Imperdonabile” in cui si racconta il genocidio in Ruanda del 1994.

Oggigiorno siamo circondati da influencer più o meno popolari, più o meno interessanti, tutti intenti a illuminarci la strada della vita. Riuscire però ad andare oltre la semplice apparenza glamour e modaiola, per comunicare e promuovere progetti sociali, o semplicemente per affrontare temi che possono far riflettere chi sta dietro lo schermo dello smartphone, non riesce a tutti, anzi veramente a pochi.
A Ilaria Di Vaio questo riesce, e pure bene. Nei suoi spazi social (blog e profilo Instagram, in cui ha 158.000 follower) va oltre, parla di tutto con chiarezza ed empatia: dal suo ruolo di mamma di tre bambine (Matilde, Adelaide e Dorotea) al rapporto profondo con la fede, da ciò che vive nella quotidianità al suo essere testimonial di Compassion Italia (una onlus internazionale che opera da 70 anni per sostenere i bambini più poveri) fino al promuovere iniziative in cui crede profondamente, come l’evento che si terrà il 14 ottobre (ore 18) alla Sala dei Notari a Perugia. Verrà trasmesso il docufilm Imperdonabile, che racconta il genocidio avvenuto in Ruanda nel 1994. «L’ho sentito subito mio e invito tutti a vederlo per darsi l’occasione di mettersi in discussione nella propria intimità e analizzare le cose da un punto di vista diverso. La proiezione è gratuita, previa prenotazione». L’etichetta di semplice influencer le va stretta e sfrutta la sua popolarità per parlare di progetti meritevoli e valori in cui crede. Dopotutto… si può influenzare in diversi modi e su diversi argomenti.

 

Ilaria Di Vaio

 

Ilaria, la prima domanda è di rito: qual è il suo rapporto con l’Umbria?

Che bella domanda! L’Umbria non è solo il cuore verde d’Italia, ma è il mio cuore. Mio padre ha origini campane, mio nonno sarde e mio marito pugliesi, per questo mi considero italiana nel senso più esteso del termine, però l’Umbria mi ha dato i natali. Sono nata ad Assisi, non a caso: mia mamma ci teneva che venissi al mondo nella città più conosciuta della regione. Ho sempre vissuto a Perugia e sono cresciuta con influenze di altre regioni, ma allo stesso tempo con un profondo amore per le mie origini umbre. Ho un rapporto molto intenso e particolare con mia nonna materna che è di Casalalta (una frazione del Comune di Collazzone): mi ha sempre stimolata a vivere la vita contadina e ad avere un rapporto viscerale con la terra. Il mio amore per questa regione si evidenzia anche dal fatto che sono rimasta a vivere qui, sebbene, per il lavoro che faccio, altri luoghi mi avrebbero avvantaggiato.

 

Perché ha scelto di restare?

Per la pace, i ritmi tranquilli e gli spazi percorribili con facilità, oltre ovviamente per i paesaggi. Io vivo immersa nella campagna, circondata da ulivi e colline, e quando apro gli occhi la mattina vedo la vera Umbria.

 

Oltre a essere una influencer molto conosciuta è anche ambasciatrice di Compassion Italia: quando è iniziato questo incarico?

Conosco Compassion da quando sono piccola, perché con la mia famiglia abbiamo sempre sostenuto dei bambini a distanza. L’incarico di ambasciatrice è nato due anni fa quando mi sono resa conto di avere qualcosa d’importante in mano e che potevo sfruttare la mia popolarità nel mondo social in modo concreto e significativo. Ho sempre sentito questa responsabilità, anche perché nella vita ho ricevuto molto. Inoltre, non c’è nulla di più bello che essere utili per qualcun altro. Compassion per me è l’occasione per poter donare ed essere utile, sfruttando quello che ho grazie al mio lavoro. È veramente una missione.

 

Ilaria con le figlie Matilde e Adelaide nella Repubblica Dominicana

 

Questa estate è stata con la sua famiglia nella Repubblica Dominicana come testimonial di Compassion per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla povertà e il disagio sociale dei minori che vivono lì: ci racconta quest’esperienza?

È la prima volta che ne parlo in un’intervista. È stato un viaggio incredibile che mi ha cambiato la vita. Sembra una frase retorica, ma è reale. Sono partita con la consapevolezza che non sarei più tornata uguale a prima; è stato un percorso molto formativo, sia dal punto di vista spirituale sia emotivo e allo stesso tempo anche impegnativo. Siamo stati lì un mese: ho portato con me le mie tre figlie e mia mamma, lo rifarei altre mille volte.

 

Come mai questa scelta?

Rendo le mie figlie sempre molto partecipi nel mio lavoro, loro sanno quello che faccio e sanno i miei impegni. Devo dire che sono per me delle grandi motivatrici. Inoltre, è giusto che conoscano delle diverse realtà anche distanti e incredibili.

 

Cosa ha fatto di concreto in quel mese?

La Repubblica Dominicana è tra i primi Paesi nel mondo per il turismo sessuale minorile, oltre alla grande presenza di droga: è un contesto molto pesante. Ci sono però delle piccole isole felici realizzate da Compassion che operano nel territorio: è importante che le persone conoscano queste realtà e si rendano conto che il loro aiuto economico si concretizza portando dei risultati. Nella prima parte del viaggio ho conosciuto altre associazioni e organizzazioni internazionali presenti lì; mentre nella seconda parte, come ambasciatrice, ho girato e utilizzato la mia popolarità per accendere una luce su tutto questo.


Ha in previsione altri viaggi?

Certo, sono solo all’inizio. Fra qualche settimana andrò a Madrid. Il mio compito in Occidente è quello di raccogliere fondi, investitori e far conoscere Compassion e le sue attività.

 

Possiamo dire che è una influencer social, ma anche molto sociale…

Quella della influencer è solo un’etichetta che banalizza tutto. Ognuno utilizza la propria popolarità in base alle sue peculiarità e ai suoi interessi. Nel mio profilo Instagram e nel mio blog (Crumbs of Life) racconto chi sono in tutte le mie sfaccettature. Quando nel 2018 Il Sole 24 ore mi ha nominato tra le mamme più influenti d’Italia, in qualche modo mi ha attaccato un’etichetta, anche se, ovviamente, mi ha aperto tantissime porte a livello lavorativo. I brand con cui collaboro, ad esempio, sanno bene chi sono e come vivo i social, per questo mi capita spesso anche di rifiutare dei lavori, se non sono in linea con quello in cui credo e con il messaggio che voglio trasmettere.

 

Per lei le parole sono importanti tanto quanto le azioni e, per questo, come diceva, “usa” la sua popolarità e le sua parole per sensibilizzare e far conoscere temi importanti…

Sì. Non mi tiro mai indietro quando c’è l’occasione di portare valore. Nel mio canale Instagram ho anche una rubrica in cui intervisto persone per me rilevanti e affronto tematiche importanti, proprio per arricchirmi e arricchire gli altri. Il mio profilo è uno spazio comune, un salotto in cui entrare e trovare spazio. Credo che come personaggi popolari abbiamo una responsabilità nei confronti delle persone che ci seguono, è importante proporre qualcosa e spronare a riflettere.

 

È con questo spirito che promuove la proiezione del docufilm “Imperdonabile”, che si terrà il 14 ottobre alla Sala dei Notari di Perugia (ore 18). So che tiene molto a questo evento…

Assolutamente sì, lo sento proprio mio. Sono stati i responsabili di Compassion a parlarmi di questo docufilm, che racconta il genocidio avvenuto in Ruanda nel 1994. Sarà trasmesso per la prima volta a Perugia, il 14 ottobre. È stato girato da un giovane regista, Giosuè Petrone: l’ho voluto conoscere perché il film mi ha colpito nel profondo e volevo capire da che testa e da che persona fosse partito, questo notevole prodotto. Trae origine da un articolo giornalistico che racconta la storia del percorso di riconciliazione tra due famiglie, di etnia diversa, rispettivamente vittime e carnefici durante il genocidio ruandese. È un invito alla riflessione su alcuni temi di grande attualità e contiene un messaggio potente, rivoluzionario e di grande impatto. Imperdonabile ci aiuta a considerare quanto male si annida perfino nelle parole, oltre che negli atti crudeli e violenti. Ecco perché oltre che denunciare bisogna anche imparare a perdonare e questo documentario evidenzia quanto sia notevole il potere delle parole. Lo sento proprio mio e invito tutti a vederlo per darsi l’occasione di mettersi in discussione nella propria intimità e analizzare le cose da un punto di vista diverso.

 

È mamma di tre bambine, su Instagram e sul blog Crumbs of Life parla di loro e racconta la “vita da mamma”: c’è un consiglio che vuol dare alle neo o future mamme? 

Nessuno nasce preparato per questo ruolo. Quello che posso consigliare è – se abbiamo la grazia di ricevere questo dono – di affrontarlo con tranquillità, giorno per giorno. Non ha senso riempirsi di paure. È sicuramente un viaggio complesso che può provarti e toglierti le forze – ciò è indiscutibile – ma dopotutto le cose più belle della vita prevedono sacrificio. Nel mio libro Ho bisogno di amare scrivo proprio che: «sacrificare significa rendere sacro». Noi abbiamo un’accezione negativa di questo termine, in realtà vuol dire prendere qualcosa di sé e renderla sacra. Essere mamma è un lavoro costante anche su sé stessi ed è un’occasione per migliorarsi; tutto questo impegno però viene ripagato con un amore sconfinato, probabilmente molte volte anche immeritato. È un’avventura bellissima che va vissuta serenamente con la consapevolezza che non è scontata, e per questo va apprezzata nonostante la fatica. Noi mamme ne usciamo sicuramente migliori.

 

Non crede che oggi siamo un po’ invasi da “mamme social”?

Non posso dire se sono troppe o poche, ognuno cerca la sua strada o ne crea un lavoro. Oramai i social sono a disposizione di tutti, ed è giusto così. La differenza però la fa il motivo per il quale si realizza una determinata cosa e qual è il messaggio che si vuol trasmettere. Se tutto è solo legato alla pubblicità e ai brand, non resisti, e col tempo sparisci. La differenza – che cerco di fare io – non è tanto nell’essere mamma, ma nel messaggio che trasmetto.

 

Spesso si discute dell’esposizione dei figli nei social media: per lei è non certo un problema…

Le mie figlie sono consapevoli di quello che faccio e le coinvolgo quotidianamente in ciò di cui mi occupo. Sanno che ho un lavoro che mi dà visibilità, che mi fa riconoscere per strada. Inoltre, mio marito è un avvocato esperto di proprietà intellettuale, per questo siamo ancora più tutelate. Forse un giorno mi rimprovereranno di questo, ma come di tante altre scelte che ora faccio per loro. La cosa fondamentale – ribadisco – è di come si utilizzano i social.

 

Ilaria con le figlie Adelaide, Dorotea e Matilde

 

È decisamente multitasking: quante ore hanno le sue giornate?

Per sfruttare la giornata al meglio mi sveglio molto presto, verso le 5.45-6. In questo modo riesco a ritagliarmi del tempo per me stessa: leggo, faccio gli esercizi di logopedia e inizio la giornata. Ho anche ridotto al minimo il tempo che passo al telefono e mi organizzo per incastrare tutto. Cerco di ritagliarmi del tempo anche per me e andare in palestra, è un modo per scaricarmi.

 

C’è qualcosa di Ilaria che in pochi conoscono?

Il rapporto che ho con mia mamma. Vado sempre da lei quando ho bisogno di avere dei consigli, la sua opinione conta molto. Poi c’è la mia fede, che è qualcosa di profondamente intimo, ma di cui parlo tranquillamente anche nei miei canali.

 

Di cosa non potrebbe mai fare a meno?

Come dice mia nonna: «Uscire di casa senza rossetto è come uscire senza mutande!» (ride)

 

Lei è la sorella maggiore di Mariano Di Vaio, un influencer molto popolare: questo l’ha aiutata nel suo lavoro o in qualche modo l’ha ostacolata?  

So chi è mio fratello e quanto si è impegnato per arrivare dov’è. Siamo stati cresciuti come dei soldatini, ligi alle regole e all’impegno. Ovviamente il cognome ha un richiamo che non mi ha certo ostacolato, ma nemmeno aiutato come si potrebbe pensare. Sono molto orgogliosa di lui e degli obiettivi che ha raggiunto e per me è solo motivo di vanto essere accostata a Mariano.

 

C’è stato mai un momento in cui ha pensato di abbandonare i social?

Lo scorso anno mi hanno hackerato il profilo Instagram per la terza volta e con mio marito ci siamo detti: «Forse deve andare così! Farò altro».

 

Per concludere, come descriverebbe l’Umbria in tre parole?        

Lussureggiante, tranquilla, a misura di persona.

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Agnese Priorelli

Laureata in Scienze della comunicazione, è giornalista pubblicista dal 2008. Ha lavorato come collaboratrice e redattrice in quotidiani e settimanali. Ora collabora con un giornale online e con un free press. È appassionata di cinema e sport. Svolge attività di inserimento eventi e di social media marketing e collabora alla programmazione dei contenuti. Cura per AboutUmbria Magazine, AboutUmbria Collection e Stay in Umbria interviste e articoli su eventi.