Hirohiko Shoda, in arte Chef Hiro, dal Giappone è arrivato in Italia nel 2006 e da qualche mese si è traferito in Umbria, a Casteltodino. Con lui ha portato nella nostra regione la cultura della sua terra.
Hirohiko Shoda, conosciuto come Chef Hiro, ha lasciato il Giappone nel 2006 – dove però torna spesso a trovare la sua famiglia – per trasferirsi in Italia, dove da qualche mese vive con la moglie a Casteltodino (in provincia di Terni). «Finalmente possiamo immergerci in una dimensione più semplice, pulita, goderci la natura e il buon cibo, fonti di ispirazione continua per il nostro lavoro di creativi». Oramai l’Umbria è un luogo che gli appartiene e che vive quotidianamente, essendosi integrato alla perfezione con la nostra terra. Con grande disponibilità, ha risposto alle nostre domande dove Giappone e Umbria – anche se apparentemente lontane – si uniscono in un intreccio di cultura e sapori.
Lo abbiamo già visto nella trasmissione Ciao, sono Hiro su Gambero Rosso Chanel, al programma La Prova del Cuoco e su Radio Deejay è spesso ospite del Trio Medusa. Il suo talento si esprime anche in diversi libri di cucina, tra cui Washoku, l’arte della Cucina Giapponese e Hiro Cartoon Food.
Il poeta uruguaiano Mario Benedetti scriveva che è «grazie ai sentimenti che diventiamo consapevoli di essere noi stessi». Nel suo libro, Hiro Cartoon Food, lei racconta sé stesso e la cucina giapponese attraverso emozioni e sentimenti. Ci può spiegare il perché di questa scelta?
Dopo tanti anni nell’alta ristorazione stellata, sia in Giappone sia in Italia, dopo alcuni anni di lavoro come docente in varie accademie e soprattutto dopo l’uscita del mio libro Washoku, l’arte della Cucina Giapponese (edito da Giunti, manuale completo sulla cucina e la cultura giapponese tradizionale), ho sentito il bisogno di evadere un po’ dal mio ruolo istituzionale di Ambasciatore Ufficiale della cucina giapponese in Italia e ritrovare i ricordi della mia infanzia, recuperare e rivivere alcune emozioni lasciate in disparte da alcuni anni. Riconoscendo quelle emozioni del passato si può dare completezza alla propria vita di adulto e soprattutto si può apprezzare l’affetto e la condivisione da parte di tante persone con lo stesso vissuto, al di là della nazionalità di origine.
Tra le ricette del suo cuore ce n’è una in particolare alla quale è più legato? Perché?
Io cito sempre i dorayaki, i famosi pancake giapponesi, che gustavo sempre da bambino dopo la scuola, a merenda, con gli amici o insieme a mio fratello e a mia sorella. Questo dolcino, semplicemente buono, è molto popolare in Giappone e compare in tantissimi anime, manga e film, come il gattone spaziale Doraemon o la dolce signora del film Le ricette della signora Toku. Non è solo un dolce, ma un simbolo di famiglia e di affetto.
Nel libro la presentazione dei piatti è ispirata alle più popolari serie manga e anime giapponesi: quali sono i suoi manga e anime preferiti e in particolar modo quale tra i film di animazione dello Studio Ghibli genera in lei piùドキドキ.
Eh sì, ドキドキ in giapponese si pronuncia doki doki, è un’espressione onomatopeica che si può tradurre con bum bum, come il battito del cuore delle prime emozioni, della trepidazione giovanile, che io ho voluto associare alla consistenza tenera e soffice dei dolci giapponesi. Ogni capitolo del mio libro Hiro Cartoon Food (edito Mondadori) è legato a una di queste onomatopee che in realtà rappresentano uno stato d’animo, una sensazione, un sentimento, spesso suscitati anche dai suoni del cibo, oltre che dell’anima. Tutte le opere dello Studio Ghibli, in particolare quelle del grande maestro Hayao Miyazaki, si fondano su tematiche universali che accomunano tutti gli uomini e vanno oltre, nella fantasia, nel mondo onirico ed epico, fino all’aldilà. E anche il tema del cibo è ricorrente e molto potente, simbolo di un quotidiano che trascende in qualcosa di più intimo e recondito. In Giappone fin da piccoli, a scuola, si trasmettono le opere dello Studio Ghibli, che sono molto più di un film d’animazione, ma strumenti didattici e culturali che insegnano valori e principi sempre attuali e sempre validi, in ogni epoca storica e in ogni Paese del mondo.
Il suo viaggio in Italia è iniziato nel lontano 2006, in Veneto; che cosa l’ha portato in Umbria? Per Hirohiko Shoda cosa rappresenta questa regione? E per Chef Hiro?
Sono arrivato in Italia nel lontano 2006, ormai sono oltre 17 anni, tanto tempo! Il primo accesso è stato per motivi di lavoro, per collaborare con lo chef de Le Calandre di Padova, ristorante tre stelle Michelin. Dopo circa 7 anni, ho conosciuto la mia compagna Letizia che mi ha fatto capire che il lavoro è fondamentale e va rispettato e tutelato, ma che c’è anche altro da preservare, la salute innanzitutto e gli affetti più cari che nel tempo, presi da una vita impegnata h24, si trascurano, si perdono. E la stessa scelta di vita l’abbiamo percorsa insieme qualche mese, trasferendoci da Roma in Umbria, dove finalmente possiamo immergerci in una dimensione più semplice, pulita, goderci la natura e il buon cibo, fonti di ispirazione continua per il nostro lavoro di creativi. Oggi posso dire che Chef Hiro e Hirohiko Shoda sono la stessa persona, il mio lavoro è perfettamente integrato nella mia vita, e la mia vita è stimolo e carburante per la mia professione.
In questa ricerca gastronomica, le è capitato di testare dei sapori umbri che in qualche modo le hanno ricordato la sua terra d’origine?
Ovviamente sto testando tutto, piano piano voglio scoprire nel dettaglio le varie produzioni e toccarle da vicino, i prodotti umbri hanno storia e radice profonda, come la vecchia quercia che protegge la mia casa, e questa bellezza di tramandare sapori e cultura è un’usanza molto tipica anche in Giappone. In particolare, io sono nato nella Prefettura di Nara, l’unica regione del Giappone che non è toccata dal mare, proprio come la Regione Umbria, il cuore verde d’Italia.
Ci sono delle affinità tra Giappone e Italia nel rapporto col cibo?
Sì, molte, soprattutto nell’aspetto di condivisione del cibo con le persone care, e l’offrire il cibo come gesto d’amore e di cura.
Se dovesse descrivere sé stesso con un piatto quale sceglierebbe?
Ormai è molto difficile rispondere a questa domanda perché ho vissuto metà della mia vita in Giappone e l’altra metà in Italia, continuo a viaggiare molto e a scoprire le bellezze gastronomiche che ogni Paese del mondo offre, quindi non saprei più fare una scelta. L’importante per me è che un piatto contenga un messaggio, anche piccolo o invisibile, ma che abbia sempre qualcosa da dire, da raccontare, da tramandare.
Grazie alle diverse trasmissioni che ha fatto a partire da Ciao, sono Hiro, abbiamo avuto modo di constatare la sua passione per la natura, la musica e l’arte in generale, fondamentali nel processo creativo dal quale nascono i suoi piatti. In che modo l’Umbria riesce ad ispirarla nelle sue creazioni?
In Umbria posso finalmente godermi il silenzio della natura, che in realtà è un silenzio solo apparente, ricco invece di suoni, rumori, urla, sibili, canti, crepitii, fruscii, molti dei quali ricordano proprio i rumori e i suoni della cucina, ad esempio mentre si frigge o si cuoce alla brace. Dell’Umbria amo proprio il fuoco, la brace, le lunghe cotture, tutti metodi antichi molto vivi e presenti anche nella cucina giapponese autentica, spesso erroneamente collegata soltanto alla crudità degli ingredienti.
Da quella trasmissione a oggi, com’è cambiato il suo rapporto con i social?
Nel 2014, quando ho debuttato in tv, i social non erano così presenti nella nostra quotidianità, erano principalmente mezzi di evasione, di distrazione, di svago. Oggi si sono trasformati, per molti sono anche un mezzo importante di comunicazione e di lavoro, ma, come in tutte le sfere della vita e del lavoro, occorre sapere trovare il giusto metro di utilizzo, tenere la distanza necessaria senza farsi sopraffare. Io personalmente condivido e amo molto comunicare sui social, mostro me stesso senza grandi filtri, ma alcune cose in particolare, come eventi personali o dolori, preferisco lasciarli nella mia sfera privata. L’aspetto negativo dei social è non essere regolamentato e disciplinato. Non è possibile dire e fare tutto perché siamo in una sfera virtuale. Il virtuale oggi esiste, ed è molto più materiale di quello che sembra. Io credo che il rispetto e l’educazione, la civiltà e la discrezione (aspetti fondamentali della mia cultura d’origine) vadano sempre garantiti, tutelati e preservati. L’essere un personaggio pubblico non equivale ad essere un pungiball, tutti si possono esprimere liberamente, ma sarebbe preferibile intervenire se si ha veramente qualcosa da dire, altrimenti a volte è meglio tacere e investire il tempo ad osservare, studiare e magari migliorarsi.
Di traguardi nella vita ne ha raggiunti tanti, come la nomina del MAFF Japan nel 2019 di Ambasciatore della Cucina Giapponese in Italia. Ci sono ancora dei sogni nel cassetto che vorrebbe realizzare?
Sono già molto contento e realizzato, il vero sogno è non perdere mai l’entusiasmo e la voglia di imparare e di conoscere.
Cosa le manca di Nara, antica capitale del Giappone e patrimonio UNESCO, nonché sua città d’origine?
La mia famiglia, ma fortunatamente torno spesso in Giappone e riesco a non sentire troppo la distanza.
C’è qualche appuntamento in programma per i nostri lettori che avrebbero piacere di incontrarla?
Sto scrivendo il nuovo libro insieme a Letizia, e siamo entrambi felici di aver aspettato di completarlo proprio in Umbria, nella nostra nuova casa, ricca di ispirazioni e buone vibrazioni. Speriamo che l’Umbria ci porti fortuna e tanta serenità.
Facebook: Chef Hirohiko Shoda
Instagram: chef_hiro
Twitter: Chef Hiro
TikTok: hirohikoshoda
Angela Menganna
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