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I fiori e i colori del lago Trasimeno

La primavera – anche se ora è un po’ lontana – riempie i prati di fiori colorati con tante sfumature di giallo, di blu e di rosa.

Le piante tintorie sono state sempre presenti in natura ma che negli anni 2000 venissero utilizzate per tingere i tessuti è stata una sorpresa. Noi siamo abituati a entrare in un negozio di tessuti, scegliere la tinta che cerchiamo, pagare e portare via l’acquisto. Fatto. Il tempo più lungo impiegato è quello della scelta della sfumatura.
Con la natura le cose sono molto diverse e ci sarà sempre una sorpresa finale. Con la natura si devono rispettare i tempi e non sempre si ottiene esattamente quello che vogliamo. Per saperne di più ho intervistato la dottoressa Elena Villa, che coltiva piante tintorie vicino al lago Trasimeno. Elena Villa e il suo compagno sono una giovane coppia scesa dalla Lombardia per continuare quello che avevano già iniziato sulle Prealpi bergamasche.

 

Elena Villa

 

Il clima dell’Umbria, più mite di quello di montagna, li ha fatti decidere ad abbandonare le loro terre. Hanno individuato un piccolo terreno vicino al lago Trasimeno in località Poggio del Papa, lontano da ogni forma di inquinamento e hanno cominciato il loro non semplice lavoro. Elena mi ha fatto fare un giro istruttivo in giardino raccontando le meraviglie delle piante tintorie e mi ha mostrato le più richieste e le più famose: la Reseda per il giallo, il Guado per l’azzurro, la Robbia per le tonalità che vanno dal rosso al rosa e il Tagete per il giallo arancio. La coppia si è specializzata nella tintura delle fibre naturali perché i coloranti naturali hanno affinità solo con i filati naturali: vegetali come il cotone, il lino o la canapa oppure con i filati animali come la lana o la seta bourette, cioè la seta grezza. Non è possibile usarli sulla ceramica perché non resisterebbero alle alte temperature e non possono essere usati nemmeno in pittura.
I coloranti naturali sono sensibili al clima alla luce e alla stagione. Insomma, le variabili sono infinite e non è detto che se si inizia a fare un lavoro con un colore si riesca a finirlo con la stessa tonalità. Mentre i nostri coloranti sintetici non cambiano nel tempo e sappiamo che non si modificheranno con la luce e con i lavaggi, quelli naturali stingono e si alterano con la luce. Per secoli, anzi per millenni, i vestiti delle persone si sono stinti. Basta pensare al quadro di Pellizza da Volpedo quello dedicato al Quarto Stato. Avanzano i lavoratori e i loro vestiti sono tutti più o meno marroni o grigi. Sono le tonalità che prendevano gli abiti dopo innumerevoli lavaggi.

 

Il Guado

 

I coloranti naturali non prevedono tinte accese danno sfumature delicate come i colori pastello. Dalla pianta al pigmento la strada è lunga e tortuosa. Per cominciare è doveroso dire che spesso il colore del fiore che vediamo non è quello che darà poi la pianta. Il colore si estrae raramente dai fiori, molto spesso dalle foglie ma anche dal fusto, dalla radice o dalle bacche e degli alberi si prende la corteccia. È affascinante scoprire che la stessa pianta può dare colori diversi a seconda del momento della raccolta e che è sensibile alle stagioni. Le foglie del noce in primavera danno un colore rosa antico, mentre in estate danno una tonalità che va da senape a giallo dorato. La corteccia di meli e peri dà un colore molto variabile, indipendente dalla stagione e non è prevedibile. La pianta più versatile è la Reseda Luteolina che dà un colore giallo oro. Pianta generosa, di questa si usa tutto: fiori, foglie e stelo, e funziona sia fresca sia secca.
La Reseda è considerata la pianta jolly, perché il giallo, come si impara da bambini, si presta a essere mescolato con altri colori per ottenere un terzo colore. Mescolata con l’azzurro del Guado si ottiene il verde, con il rosso della Robbia si avranno tutte le sfumature dell’arancio.
Nel laboratorio della dottoressa Villa le piante si lavorano con metodi antichi, ma adesso c’è anche la conoscenza dei processi chimici che avvengono durante la macerazione ed è possibile accelerare il processo finale di estrazione e fissaggio ,che anticamente era molto lungo. Con l’uso sapiente della chimica si ottengono risultati sorprendenti come sul Phaseolus schweinitzii, un fungo parassita dei pini che causa la carie dell’albero. A volte, come in questo caso, cresce attorno al ceppo di una pianta che non c’è più. Il fungo è capace di dare vari colori a seconda di come viene trattato. Elena mi ha fatto vedere che se si usa l’allume di rocca come mordente si ottiene il giallo brillante, senza niente si ottiene color ocra, se si aggiunge un sale di ferro il colore finale sarà verde. Così una mattina, vicino al Trasimeno, ho visto la natura unire passato e presente e ho anche intravisto il futuro che questi giovani stanno costruendo.

 

 


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Renata Covi

Figlia del profondo nord, cresciuta a Roma, sposata con un meridionale. Laureata in Farmacia e in Scienze biologiche, ha lavorato a Parigi e in Inghilterra. Adora la storia, in particolare la storia della farmacia. Da quando ha raggiunto la pensione, scrive e gioca a golf.