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Un trionfo già realizzato al Morlacchi si ripeterà questa sera (ore 21) nell’arena del Frontone.

Confermato l’entusiasmo di coloro che avevano chiesto una replica del grande evento dello scorso febbraio, e che e lucevan le stelle lo ascolteranno sotto il firmamento che fa da scenografia naturale al grande spettacolo portato a Perugia da Ermanno Fasano e la Solti snc.

Una Gabrielle Mouhlen altera ed elegante, nello stesso tempo appassionata, è la Floria Tosca che incanterà il pubblico perugino. Una grande artista sorretta da un cast di esperienza per recitare i tre atti di una delle più belle opere di Puccini, la stessa con cui il Teatro La Scala ha aperto la stagione. Il soprano, che ha già interpretato lo stesso personaggio al Festival Pucciniano di Torre del Lago e al Musikthetaer di Essen, si è già detta innamorata di Perugia, ed è bene lieta di tornare, e magari fare anche qualche giro da turista. Lo stesso vale per Davi Ryu che ha interpreterà con intensità Mario Cavaradossi, un personaggio che può dare spazio alla sua potenza vocale e al suo impeto interpretativo.

 

 

Ermanno Fasano, l’impresario, ci aveva promesso per questa data la Boheme, ma l’emergenza sanitaria ha ristretto i tempi di preparazione, e riferisce: “Siccome siamo abituati a una certa qualità cui non vogliamo rinunciare, abbiamo deciso di trasformare il limite in virtù, e accontentare tutti coloro che a febbraio non erano riusciti a entrare al Morlacchi per il veloce sold out e per l’impossibilità di realizzare una replica”. Ho Joun Lee impersonerà il terribile Scarpia è un baritono ormai riferimento per spettacoli lirici in tutto il mondo.

Nell’intervista al Direttore e Maestro Concertatore, Lorenzo Castriota Skanderbeg ci regala alcune chicche ricordando che non a caso Tosca era l’opera preferite e dirette da Gustav Mahler, ed è una delle opere più amate anche da altri direttori per la genialità della musica pucciniana da cui sono nati gli stessi Musical americani, da cui discendono e a cui si sono ispirati molti altri compositori successivi, anche di musica Pop.

La regia è affidata a Guido Zamara che nel rispetto della tradizione riesce sempre a sorprenderci con qualche particolare innovativo che coinvolge il pubblico con la ricerca del significato che generalmente nello stile zamarese si svela nel finale.

La presenza dell’orchestra sinfonica della città di Grosseto insieme al Coro Lirico dell’Umbria ha creato un connubio artistico toscoumbro sperimentato ormai da tre anni e che si rinnova e rafforza in ogni evento, confermato anche nelle tournée fuori regione.

Una menzione speciale a Stefano Rinaldi Miliani, che nella sua lunga carriera ha interpretato molti ruoli, e ha calcato le scene di teatri di tutto il mondo, e dopo averlo già rappresentato all’Arena di Verona, anche domani interpreterà Angelotti ha offerto un’ottima interpretazione sia scenica che vocale.

Una presenza di freschezza fanciullesca comunque connotata da professionalità matura è stata portata dalla presenza del Coro delle Voci Bianche del Conservatorio di Perugia, con la direzione del Maestro Franco Radicchia, il quale riferisce che: “Il coro ha da tempo obiettivi artistiche ed educativi che portino i piccoli e i giovani alla conoscenza della musica di alto livello, come formazione del futuro fruitore del bello”. In un iter educativo che responsabilizza notevolmente i cantori e le famiglie a un senso di formazione e preparazione. Fra tutti emerge la figura del pastorello che sarà interpretato da Tommaso Tortoioli in un tripudio di sentimenti e passioni forti quale è Tosca, ha porterà con naturalezza e grande espressività la purezza dell’età novella.

Importanti collaboratori del Coro Lirico e in questo contesto di tutta l’opera messa in scena i maestri preparatori Sergio Briziarelli ed Ettore Chiurulla, che oltre alla preparazione degli artisti del coro, contribuiranno con grandi effetti sonori afferenti ai vari contesti musicali.

Lo stesso Ermanno Fasano, titolare della S.O.L.T.I , che già da oltre tre anni porta l’Opera Lirica nella nostra città, entusiasta dell’accoglienza e dalla calorosità del pubblico perugino promette che febbraio al Morlacchi sarà un appuntamento annuale con  l’Opera, dove ci incanterà con un altro importantissimo titolo, e facendo i dovuti scongiuri che sul palcoscenico sono doverosa consuetudine.

Passare una notte al museo adesso è possibile. Magari il Tirannosaurus Rex non si anima, ma voi dormirete negli stessi luoghi dove circa 3 milioni di anni fa vivevano le sequoie giganti e dove passeggiava la tigre con i denti sciabola.

 

Se incontrate un cinghiale guardatelo con rispetto: lui c’era anche 3 milioni di anni fa e passeggiava tra le piante che oggi si vedono nell’arboreto e scappava dagli ominidi che volevano farlo arrosto. Il mare si era ritirato da un milione di anni spargendo qui e là dei fossili.
Allora il clima era molto più caldo e più umido di oggi, la valle Tiberina era una grande lago e sulle sue rive crescevano le piante che MOFF’art (Museo Open della Foresta Fossile) ha piantato nell’arboreto, accanto alla Foresta Fossile di Dunarobba.
Quando si dice Foresta Fossile si immagina di penetrare in una vera foresta con tanti alberi di pietra ben dritti sulle loro radici. Alberi come colonne. La realtà è molto diversa. Degli alberi non restano che dei monconi di tronchi pietrificati, ma a Dunarobba essi hanno seguito una storia diversa e unica al mondo. Le sequoie che si vedono a Dunarobba sono mummie che si sono mummificate da sole. Non sono fasciate e non sono nei sarcofagi. Si devono aspettare oltre due milioni di anni prima che gli Egizi imballino mummie di persone e animali. Gli alberi fossili sono alberi che gli eventi hanno fatto crollare, che sono stati sepolti e lentamente la silice ha sostituito ogni molecola organica lasciando al posto del vecchio albero, la sua immagine in pietra.
Invece qui le sequoie sono state sepolte sotto l’argilla, che ha tolto l’ossigeno alla pianta così da non farla marcire. Poi, molto lentamente, il tronco si è disidratato. Milioni di anni sono passati e il legno è ancora là. A toccarlo non è freddo, è legno. Le sequoie erano giovani virgulti in un’epoca che si chiamava Pleistocene e che ha visto muovere i primi uomini.

 

Foresta Fossile

Un museo a cielo aperto

La Foresta Fossile di Dunarobba è parte integrante di MOFF’art, il museo a cielo aperto che la cooperativa Surgente ha ideato nel territorio di Avigliano Umbro per valorizzarlo da un punto di vista culturale e sportivo. Si arriva in macchina, ma l’ambiente è adatto a fare trekking e ci sono anche sentieri per le biciclette e si vive in mezzo alla storia dell’umanità: la Foresta Fossile è epoca di ominidi, mentre la via Amerina, che si incrocia, parla di Etruschi e Romani. Poi ci sono i borghi con i castelli medievali che ricordano che, mentre da una parte la gente si scannava, dall’altra c’era chi pregava e chi faceva arte.
Dopo una giornata ricca di emozioni si va a dormire. All’aperto? Non proprio. Per dormire ci si appoggia all’Acero Grande, che vuol dire ospitalità diffusa su un territorio di 50 km quadri, che va dal B&B all’agriturismo e all’albergo. Si spazia anche come qualità dell’ambiente: dalle colline dei castagni di Santa Restituta alle bellezze artistiche di Avigliano.
Massimo Manini, direttore della Cooperativa Surgente, mi spiegava che la Foresta di Dunarobba è stata in abbandono per decenni, mentre adesso la Cooperativa l’ha presa sotto la sua tutela e le ha impresso un indirizzo nuovo. Il centro di accoglienza ha un piccolo museo che illustra l’ambiente della Foresta e accanto c’è anche un laboratorio didattico. La visita è sempre guidata da esperti che ricostruiscono, con il racconto, la storia di quei tronchi che adesso, per preservarli dalle intemperie, sono sviliti da tetti verdi che fanno assomigliare il posto ad un accampamento indiano. Il centro di accoglienza ha in programma il Non Festival fino al 1 settembre, con spettacoli, laboratori ed escursioni. (www.acquamadrenonfestival.com) per celebrare l’acqua e il suo mito.

 


(FORESTA FOSSILE DUNAROBBA – COOPERATIVA SURGENTE 0744/940348)

Il Comune di Tuoro sul Trasimeno, la ProLoco di Isola Maggiore, il GAL Trasimeno-Orvietano e il Progetto Donna vede Donna insieme nella suggestiva isola lacustre dove arte, cultura, turismo e commercio si incontrano con uno sguardo positivo verso il futuro.

Il 29 e 30 agosto 2020, la centrale via Guglielmi di Isola Maggiore diventerà una galleria a cielo aperto, che ospiterà la mostra fotografica corredata da versi Donna vede Donna. L’evento è organizzato dalla Proloco di Isola, ARS Cultura, Trasimeno in Dialogo, con il supporto del GAL Trasimeno-Orvietano e del Comune di Tuoro sul Trasimeno.

S’incontreranno all’aria aperta, arte, turismo ed economia, nel rispetto delle distanze e in linea con le indicazioni istituzionali in tempo di Covid. L’inaugurazione della mostra Donna vede Donna, è prevista sabato 29 agosto alle ore 11.00, davanti all’ingresso del Museo del Merletto.

 

La mostra

La mostra di Isola è nata da un incontro di idee e di intenti tra Silvia Silvi, Lorena Passeri e Marco Pareti, coordinatore del progetto Donna vede Donna, trovando grandi consensi: la centrale via Guglielmi di Isola Maggiore ospiterà la mostra fotografica corredata da versi, Donna vede Donna.

Le finalità della mostra, giunta al suo sesto appuntamento, sono quelle di descrivere, con foto e versi, le varie sfaccettature femminili e di mettere in risalto la dolcezza, la bellezza e la centralità sociale delle donne, aborrendo ogni forma di violenza. Si potrà passeggiare nella bellissima via centrale di Isola Maggiore ammirando le opere fotografiche e leggendo i versi a corredo.

Tra l’altro alcune foto della mostra, vedono come protagoniste proprio alcune signore isolane dedite all’arte del merletto, il tipico Pizzo d’Irlanda, caratteristico della Maggiore.

Le fotografe sono nove, amatoriali e professioniste, tra italiane, russe e albanesi: Sara Belia, Roberta Costanzi, Elena Kovtunova, Antonella Marzano, Lorena Passeri, Rita Peccia, Antonella Piselli, Anastasia Trofimova, Renilda Zajmi. Le cinque autrici sono di origine italiana, russa e giapponese: Sara Belia, Naoko Ishii, Graziella Mallamaci, Mariapia Scarpocchi e Marina Sereda. Il coordinatore fotografico e direttore artistico è Stefano Fasi.

Isola Maggiore accoglierà arte e cultura, in sinergia con turismo e commercio, per favorire il rilancio economico e culturale, dopo il tempo sospeso del coronavirus. Vale la pena andare a visitare Isola Maggiore, dove si può respirare una storia unica e suggestiva di uno dei luoghi più caratteristici e magici in assoluto. Si ringrazia per il supporto e la gentile collaborazione, la ProLoco di Isola e i suoi abitanti, il GAL Trasimeno-Orvietano e il Comune di Tuoro.

Mercoledì 26 agosto, presso il Baraonda di Piediluco, si chiude la splendida stagione teatrale che ha visto Stefano de Majo protagonista di cinque diversi spettacoli che ogni due settimane, da inizio luglio a fine agosto, hanno portato il teatro al mercoledì sul lago di Piediluco.

Una rassegna che ha fatto sempre il tutto esaurito, a coronamento di tre anni di stagioni teatrali a cura dell’attore ternano, nate sul battello e ora per la grande richiesta, oltre al distanziamento Covid, sbarcate nel teatro sul lago.

 

 

Lo spettacolo su Rino Gaetano racconterà, nel consueto stile metateatrale e affabulatorio di Stefano de Majo, non solo la vita e l’opera del cantautore, che ha avuto contatti anche nel nostro territorio avendo frequentato le scuole medie a Narni, presso il collegio del locale seminario dei frati, ove emerse la sua vena poetica avendo scritto nel periodo narnese il suo poema E l’uomo volo un viaggio immaginifico in cui si palesano già tutti i temi che poi Rino Gaetano svilupperà nel corso della sua breve ma intensa carriera. Ma la piéce di de Majo rivelerà anche i tanti misteri che avvolgono la vita e soprattutto la morte del cantautore crotonese, nonché i tanti riferimenti a scandali, stragi, complotti e servizi segreti che sono celati dietro l’apparente nonsense delle sue canzoni. Il tutto come sempre accompagnato dalla musica dal vivo dei valentissimi musicisti, tutti di esperienza internazionale che hanno fatto da colonna sonora alle rappresentazioni teatrali di de Majo.

Il cast musicale ha visto infatti protagonisti l’eccellente contrabbassista Joy Grifoni, il violinista Gustavo Gasperini, il percussionista Tiziano Tetro e il pianista, trombettista e cantante Fabrizio Longaroni. Sono state così inseriti nel testo teatrale oltre dieci richiami alle più belle canzoni di Rino Gaetano da cui testi l’attore ternano estrapolerà incredibili rimandi a fatti inerenti la politica italiana che solo anni dopo quelle canzoni vennero alla luce.

Un Rino Gaetano che da giullaresco artista nonsense superficiale e disimpegnato si rivelerà dunque il più profondo e impegnato dei cantautori italiani, capace ancora oggi, a quarant’anni dalla morte di parlarci, facendoci sorridere e distrarre con il suo stile scanzonato ma al contempo di farci riflettere, come in fondo deve fare sempre il teatro.

 


Prenotazioni presso Baraonda 392.5445462

Sono nato a Pistoia, vivo a Pistoia e lavoro a Pistoia. Ho letto Dante e la sua Divina Commedia e ho fatto una scelta, ho preso una decisione: mi trasferirò in Umbria. E vi spiego il perché!

Descrizione della mia Umbria

Per noi beceri toscani l’Umbria è pace, tranquillità e spiritualità. Per noi polemici toscani l’Umbria è per essere tolleranti con gli altri. Per noi sbruffoni toscani l’Umbria è per appropriarsi del sentimento della commiserazione. Come avete notato ho sottolineato più volte e Pistoia e toscani perché poi alla fine siamo i più campanilisti di tutti. L’Umbria è per me la regione per far star bene il cuore e la mente; è la terra di San Francesco, Santa Chiara, Santa Rita da Cascia. Per me l’Umbria è la terra del Perugino e dell’arte grottesca di Pinturicchio e della piana più bella del mondo, la Piana di Castelluccio. Ma a darmi il La, la spinta definitiva è stato Dante Alighieri.

Pistoia

Toponomastica di Pistoia

Abito in via dell’Anguillara nei pressi della Volta del Pesce. Vicino alla mia abitazione c’è via Abbi Pazienza, nome che deriva dall’assassinio, per errore, di un uomo da parte della famiglia avversaria che pare si scusasse con un semplice: «Abbi pazienza». Nei dintorni c’è via delle Pappe, dove si gettavano l’avanzi del cibo dell’Ospedale del Ceppo. Ancora vicina è via dei Fuggiti, che si trova dietro il tribunale e deve l’appellativo a chi riusciva a sfuggire alla giustizia. Anche da questa toponomastica si evince un passato storico fatto di divisioni e parcellizzazioni persino all’interno di una stessa famiglia. Le contrapposizioni, peraltro comuni a tutte le città medievali, sembrano non finire mai e le ombre del passato non di rado abbracciano eventi contemporanei soprattutto su storie legate alla Massoneria.

Dante, l’Inferno e Pistoia

«Ahi Pistoia, Pistoia, ché non stanzi d’incenerarti sì che più non duri, poi che ‘n mal fare il seme tuo avanzi?» (Perché Pistoia non deliberi di non esistere più riducendoti in cenere?). Questa è l’invettiva che Dante scrive contro la città di Pistoia – patria di cittadini malvagi – dopo aver incontrato nel suo Inferno Vanni Fucci.
Vanni Fucci, detto Bestia, è un lestofante con cui Pistoia ha avuto a che fare verso la fine del 1200. Viene indicato come uomo di temperamento violento e predisposto alla rissa. Si rese protagonista di futili atrocità e scellerati comportamenti. Dopo aver depredato la cappella di San Jacopo durante le feste di Carnevale del 1293, fu condannato dal Comune di Pistoia anche per omicidio, ma di lui si persero le tracce. La sua fama è legata soprattutto all’essere stato citato proprio da Dante Alighieri, che probabilmente ebbe modo di conoscerlo.
Il pistoiese Vanni Fucci è forse il personaggio più negativo di tutto l’Inferno dantesco. È collocato nella bolgia dei ladri e si presenta così: «Io piovvi di Toscana, poco tempo è, in questa gola fiera. Vita bestial mi piacque e non umana, sì come a mul ch’ì fui; Vanni Fucci bestia, e Pistoia mi fu degna tana». Poi continua:«In giù son messo tanto perch’io fui ladro a la sagrestia d’ì belli arredi».
Nel canto successivo Vanni Fucci rincara la dose e con le mani rivolte verso al cielo, facendo il gesto delle fiche, dice: «Togli, Dio, ch’a te le squadro!» (Tié, Dio, queste sono per te!).
Il Focaccia a dispetto del suo soprannome (buono come il pane, buono come una focaccia) è stato un altro dei più facinorosi personaggi pistoiesi. Il suo vero nome era Vanni de’ Cancellieri e nacque a Pistoia nella seconda metà del XIII secolo, siamo quindi in pieno Medioevo.
Nelle Storie Pistoiesi viene ricordato come violento e fazioso, nobile di parte bianca in mezzo alle lotte sanguinose in cui si manifestò la divisione tra bianchi e neri. Un anonimo autore delle Storie Pistoiesi dà di lui questo ritratto: «Prode e gagliardo molto di sua persona, del quale forte temeano quelli della parte nera per la sua pervesità, perché  none attendea ad altro che a uccisioni e ferite».
Nell’inferno dantesco il Focaccia non è immerso nel Flegetonte e tormentato dai Centauri (primo girone del settimo cerchio), proprio di chi ha commesso omicidi ma nel nono cerchio dove ci stanno i traditori dei parenti. Avrebbe meritato la contemporanea presenza nei cerchi danteschi!

 

Pagina della Divina Commedia

L’Umbria nella Divina Commedia

Innanzitutto c’é da sottolineare una data storica: 11 aprile 1472 quando viene stampata a Foligno la prima copia della Divina Commedia. Dante doveva conoscerla molto bene l’Umbria sia per i viaggi che vi ha fatto che per gli amici che lo ospitavano e anche per queste due righe dedicate a Perugia.
Dante nell’XXI canto (siamo nel Paradiso) infatti scrive: «Intra Tupino e l’acqua che discende del colle eletto del beato Ubaldo, fertile costa d’alto mondo pende, onde Perugia sente freddo da Porta Sole: e di rietro le piange per grave giogo Nocera con Gualdo». Si dice che questa parte fu scritta nel territorio eugubino all’interno del castello di Colmollaro dove risiedeva il Conte Bosone Novello Raffaelli, amico di Dante.

Dunque il primo momento di Dante con l’Umbria è il clima di Perugia e quello di immortalare e tramandare per sempre il ricordo del vescovo di Gubbio, Ubaldo Baldassini vissuto fra il 1085 e il 1160. Ubaldo nella sua vita terrena rinunciò alle ricchezze di famiglia e scelse un’esistenza improntata all’austerità e alla povertà anche quando ricoprì le vesti di vescovo.

E poi c’è San Francesco che Dante include ovviamente tra i beati del Paradiso, mostrandolo seduto nella rosa celeste illustrata nei Canti XXXI e XXXII. E ancora Oderisi da Gubbio, famoso miniaturista del XIII secolo. Dante lo include nella prima cornice del Purgatorio, quella dei superbi.

L’esilio proposto da un eugubino

L’unica nota dolente nel rapporto fra Dante e l’Umbria è Cante Gabrielli di Gubbio. Guardiamo brevemente cosa successe. Cante Gabrielli, detto il Gran Cantaccio, nacque a Gubbio in una famiglia tradizionalmente fedele alla Chiesa e apertamente schierata con il partito guelfo. Fin da giovane ricoprì incarichi politici e diplomatici per poi divenire podestà di Pistoia (1290) e podestà di Firenze (1298). In questa sua veste Cante Gabrielli emanò due sentenze di condanna contro Dante Alighieri. La prima lo condannò a una multa pecuniaria, al divieto a vita di partecipare al Governo di Firenze e all’esilio per due anni dalla Toscana. La seconda sentenza, non avendo il poeta ottemperato a quanto stabilito, lo condannò al rogo, alla distruzione delle sue case e alla confisca dei suoi beni; praticamente tutto ciò equivaleva all’esilio perpetuo. Il tutto fu scatenato per la lotta al potere tra guelfi e ghibellini e dalla infamante accusa di concussione e baratteria. All’eugobino Cante Gabrielli bisogna però dare un’attenuante; il fatto di aver ricoperto il ruolo di podestà di Pistoia per alcuni anni non gli deve aver fatto molto bene!

Fra verità ed esagerazioni la scelta è comunque fatta

Ho volutamente intervallato considerazioni personali, fatti storici e citazioni dantesche; ho forse esagerato sugli aspetti negativi di una città che in verità ha anche tanti aspetti positivi, fra cui quello di essere stata la capitale italiana della cultura 2017; ho tracciato un percorso che sto per iniziare.
La scelta è comunque fatta: mi trasferirò in Umbria e con me verrà anche mia moglie e qui scatta l’aggravante, in quanto lei è pisana. Dante infatti diceva (Inferno, canto XXXIII): «Ahi Pisa vituperio de le genti», augurando che le due isole di Capraia e Gorgona si muovano e blocchino l’Arno sulla foce sino a farlo straripare, portando all’annegamento tutti i cittadini della crudele città, definita appunto «vergogna degli italiani».

La musica post-romantica di Rachmaninov, il simbolismo di Skrjabin e Medtner, il modernismo di Prokof’ev. Sono solo alcune delle proposte musicali del cinquantatreesimo Festival delle Nazioni: un omaggio alla Russia, che si svolgerà a Città di Castello e nell’Alta Valle del Tevere dal 22 al 29 agosto 2020.

Dmitry Shishkin

Forte di un management rinnovato ai suoi vertici – con Leonardo Salcerini neoeletto presidente e Pier Giorgio Lignani vicepresidente – l’associazione tifernate conferma la sua presenza e la sua vitalità e propone una programmazione di alto livello, seppur limitata a una settimana di eventi (otto spettacoli spalmati su altrettanti giorni più diversi eventi collaterali) e nel pieno rispetto delle norme anti-Covid.

A inaugurare la rassegna sarà Dmitry Shishkin, uno dei pianisti più apprezzati della sua generazione: l’artista ci farà immergere subito nelle sonorità e negli stili musicali che caratterizzeranno questa edizione del Festival (sabato 22 agosto ore 21.00, Città di Castello, Teatro degli Illuminati).

Un progetto speciale vedrà poi l’esecuzione del famoso Pierino e il lupo di Prokof’ev: la fiaba popolare per voce recitante e orchestra sarà raccontata dall’attore Silvio Orlando e accostata al Carnevale degli animali di Saint-Saëns; il tutto nell’esecuzione musicale della Filarmonica Gioachino Rossini di Pesaro diretta dalla giovane Alicia Galli (domenica 23 agosto ore 21.00, Città di Castello, Teatro degli Illuminati).

Un cuore irrequieto batte è l’eloquente titolo del recital lirico che vedrà protagoniste il soprano Maria Komarova e la pianista Svetlana Makedon: un concerto di liriche e arie d’opera russe che proporrà pagine di Rachmaninov, Cezar’ Kjui, Anton Arenskij, con estratti dalle opere Iolanta di Čajkovskij e Fanciulla di neve di Rimskij-Korsakov (lunedì 24 agosto ore 18.00 e ore 21.00, Città di Castello, Teatro degli Illuminati). C’è grande attesa anche per il ritorno a Città di Castello del Quartetto Werther, il gruppo vincitore del Concorso nazionale Alberto Burri 2019.

Makedon e Komarova

Come di consueto, il Festival non dimenticherà di omaggiare i giganti della musica di tutti i tempi – e di tutti Paesi – celebrando gli anniversari più significativi. Quest’anno sarà la volta di Ludwig van Beethoven, di cui nel 2020 ricorre il duecentocinquantesimo anniversario della nascita: al grande musicista di Bonn sarà dedicato un originale concerto dal titolo …e nel salottino di Beethoven apparve un oboe! (mercoledì 26 agosto ore 18.00, Citerna, Chiesa di San Francesco).

Forti del successo della scorsa edizione, continua la collaborazione con l’Associazione Culturale Laboratori Permanenti di Sansepolcro nella produzione di uno spettacolo di teatro musicale. Il lavoro di quest’anno si intitola Realtà, sogno e delirio nella letteratura russa: è un progetto artistico basato su testi di vari autori e autrici russi – da Majakovskij a Charms, dalla Višneveckaja a Tarkovskij, da Puškin a Teffi e alla Cvetaeva – elaborati da Caterina Casini con le musiche in prima esecuzione assoluta commissionate dal Festival delle Nazioni a Daniele Furlati, compositore particolarmente versato per la musica per il teatro e il cinema (venerdì 28 agosto ore 21.00, Sansepolcro, Cortile del Teatro della Misericordia).

 

Daniele Furlati

 

A chiudere la 53a edizione sarà il duo composto dalla giovane stella del violinismo russo Kirill Troussov e dalla pianista Alexandra Troussova. (sabato 29 agosto ore 21.00, Città di Castello, Teatro degli Illuminati).

Tra gli eventi collaterali del Festival vi segnaliamo il concerto di Vinicio Capossela. Il geniale cantautore porterà a Città di Castello il suo progetto Pandemonium. Narrazioni, piano voce e strumenti pandemoniali in trio con Vincenzo Vasi a theremin, vibrafono, percussioni e altre diavolerie e Andrea Lamacchia al contrabbasso (venerdì 18 settembre 2020 alle ore 21.00, nel Teatro degli Illuminati).

 


Per ulteriori informazioni, 075 8521142, ticket@festivalnazioni.com, www.festivalnazioni.com.

Per il terzo anno consecutivo, Accademia Isola Classica & Festival sceglie l’Isola Maggiore per otto giorni all’insegna di musica, formazione e cultura. Dal 30 agosto al 6 settembre, corse speciali e fuori orario dei traghetti (l’ultimo alle ore 22.00), aperture straordinarie di negozi e ristoranti, ma soprattutto 12 giovani musicisti talentuosi, una rosa di docenti d’eccellenza e ospiti di fama internazionale animeranno l’isola, facendone vibrare le corde più intime e profonde.

 «Per me il Trasimeno è il lago dell’infanzia: come molti aretini, d’estate, ero solita trascorrere le vacanze qui. Poi, crescendo, mi sono innamorata dell’Isola Maggiore perché sembra essere uscita indenne dai tempi moderni, con la sua comunità intoccata dal tempo e i suoi ritmi lenti. È il luogo perfetto per gli artisti, che qui possono godere di tutta la libertà di cui hanno bisogno per creare e per esercitarsi».

A parlare è la direttrice di Accademia Isola Classica & Festival, Natalie Dentini; sia lei sia il direttore artistico Vlad Stanculeasa sono violinisti di fama internazionale che, stabilitisi nel 2017 all’Isola Maggiore, hanno deciso di creare un’accademia internazionale di musica classica per coronare un sogno, quello di offrire un corso di perfezionamento a giovani e promettenti talenti della scena musicale mondiale.

 

Natalie Dentini, direttrice di Accademia Isola Classica & Festival

 

L’idea è la stessa che sta alla base di una borsa di studio: le masterclass sono tutte gratuite, come pure vitto e alloggio. I 12 studenti – selezionati tra gli oltre 200 iscritti a fronte di un video, non più vecchio di sei mesi, in cui eseguono il pezzo che meglio possa mostrarne la bravura – si assumono solo gli oneri del viaggio fino a quella che, dal 30 agosto al 6 settembre, si trasformerà in una vera e propria isola della musica.

«È sorprendente constatare come, nonostante la giovane età, gli allievi riconoscano il valore delle masterclass e abbiano il forte desiderio di incontrarsi qui, a Isola, pure in questo anno così difficile» commenta Natalie Dentini. «Gli anni precedenti abbiamo avuto come ospiti studenti dall’America, dalla Cina, dalla Corea del Sud e dal Giappone. Quest’anno, per forza di cose, ci siamo mantenuti più che altro all’interno dei confini europei, ma non per questo la qualità della musica offerta, così come dei giovani talenti che sono stati scelti, si è abbassata. Offriamo musica di altissimo livello perché desideriamo che la società investa sulla crescita artistica dei giovani. L’operato dell’Accademia, così come le possibilità offerte dai corsi estivi, sono il nostro modo di sostenerli, se vogliamo anche in controtendenza rispetto ai trend attuali».

Infatti l’intento di Accademia Isola Classica & Festival è, prima di tutto, di formazione: lo si capisce dal tempo dedicato alle lezioni individuali, da quello previsto per ogni gruppo di musica da camera, dallo spessore dei docenti scelti – i violinisti Mi-kyung Lee e Vlad Stanculeasa, la viola Ettore Causa, il violoncellista Antonio Lysy nonché dal fatto che i concerti finali, aperti al pubblico e gratuiti, non siano che l’ultima tappa di una settimana densa di esperienze, confronti e possibilità di sviluppo professionale.

 

Vlad Stanculeasa , direttore artistico

 

«Come tutti gli artisti, anche i nostri studenti hanno bisogno di esibirsi, di avere un pubblico: si tratta di concretizzare il lavoro svolto durante la settimana e di avvicinare gli astanti al valore della formazione e non solo del prodotto finito. Il concerto cui si assiste è frutto di anni di studio, che peraltro non finiscono mai: vorrei che fosse evidente l’importanza che la formazione riveste nella vita di ogni artista. Un altro aspetto da sottolineare è che trattiamo i ragazzi alla stregua professionisti: oltre alle lezioni individuali, si riuniscono in quattro gruppi di musica da camera con i loro stessi docenti. Nei concerti di sabato 5 e domenica 6 settembre suonano tutti insieme, come colleghi».

 

 

I concerti in questione – che si terranno tutti nella chiesa di San Salvatore di Isola Maggiore e saranno trasmessi in diretta streaming su un maxischermo posto sulla piazza principale per agevolare l’osservanza delle misure di contenimento del Covid-19 – saranno anticipati da altre due serate di esibizioni: quella del 30 agosto avrà come protagonista il mezzosoprano Charlotte Hellekant, accompagnata dal violino di Vlad Stanculeasa e dal pianoforte di James Maddox, mentre il 4 settembre tutti i docenti e lo stesso Maddox celebreranno i 250 anni di Beethoven eseguendone alcune opere. (Leggi il booklet)

Tutti i concerti saranno poi ritrasmessi online, attraverso i canali social dell’Accademia, per raggiungere anche il resto del mondo della musica classica, che già da alcuni anni guarda all’iniziativa con estremo interesse. «La presenza di ospiti come Charlotte Hellekant è il segno di un’apertura verso altre formazioni strumentali, non più formate da soli archi» confessa l’organizzatrice Natalie Dentini «nonché un modo, per loro, di farci sentire il loro sostegno».

 

@evujacicphoto

 

E chissà che queste novità non aprano la strada a sviluppi futuri, con masterclass, più ravvicinate nel tempo, capaci di portare ossigeno e riqualificare un territorio dal punto di vista territoriale ed economico. Un’accademia che possa trasformare l’Isola Maggiore in una vera e propria isola degli artisti, dove rallentare fino a riconciliarsi con il proprio io creativo, circondati, mai paghi, dalle placide acque del Trasimeno.

 


Per info e prenotazioni: info@accademiaisolaclassica.com | www.accademiaisolaclassica.com

Da maggio a ottobre l’Italia è tutta una sagra. Si celebrano santi, cibi e avvenimenti storici.

Sono feste che spesso ricordano eventi remotissimi, conosciuti solo attraverso leggende e tradizioni orali, o rievocati in nome di un passato glorioso che poi così glorioso non è stato mai. Una sagra che mi ha incuriosito è quella che si festeggiava a Gualdo Tadino: La Notte Blu –  il Medioevo nella città della cuccagna.

Qui appaiono subito due parole chiave: cuccagna e blu, ma dietro tutto questo c’è il guado. Quante parole sono state in auge e hanno caratterizzato un’epoca ma quante parole abbiamo dimenticate e di quante parole non conosciamo più il significato. Una di queste è Cuccagna, l’altra Guado e aggiungiamo anche il Blu ma per altri motivi.

 

Il Paese della cuccagna

Che cos’è la cuccagna?

La cuccagna per secoli ha significato benessere; anzi dicendo il paese di cuccagna si indicava semplicemente il luogo dove ci si poteva sfinire di mangiare e bere. È un termine strettamente legato alla fame, quella che ha torturato i nostri antenati.  Tutte le favole e i racconti che, partendo dal medioevo arrivano all’800, narravano del mitico paese di cuccagna.

Boccaccio ne parla nel Decamerone e lo chiama Paese di Bengodi; ne parla anche Manzoni nei Promessi Sposi.

 

“Ma Renzo non ardiva creder così presto a’ suoi occhi; …era veramente pan tondo, bianchissimo, di quelli che Renzo non era solito mangiarne che nelle solennità. — È pane davvero! — disse ad alta voce; tanta era la sua maraviglia: — così lo seminano in questo paese? In quest’anno? e non si scomodano neppure per raccoglierlo, quando cade? che sia il paese di cuccagna questo?” (Alessandro Manzoni – Promessi Sposi- cap. X).

 

Se il paese di cuccagna è una favola, il pays de cocagne è esistito davvero e non era uno solo. Il principale era in Francia vicino a Tolosa, poi ce ne sono stati altri anche in Italia: in Lombardia, a Sansepolcro, a Città di Castello e anche a Gualdo Tadino. Sono luoghi che per qualche secolo hanno goduto di un notevole benessere dovuto alle coque da cui cocagne e in italiano cuccagna. Tutta questa cuccagna è legata alla coltivazione della pianta Isatis Tinctoria detta GUADO, una pianta che forniva il colore blu per tingere i tessuti, le lane e anche le ceramiche. La coltivazione della pianta e l’estrazione del colore erano operazioni complesse ma alla fine si ottenevano dei pani di pigmento azzurro che in francese si chiamavano coque.

I tanti colori

Il colore guado era bello, era un azzurro tendente al verde ma, come per tutti i coloranti naturali, l’intensità del colore variava a ogni raccolta, in funzione delle condizioni climatiche e dell’ora della raccolta, fattori ai quali si doveva aggiungere il problema legato ai colori naturali: l’instabilità e la fotosensibilità.

 

Colore guado

 

La terza parola chiave è blu, anzi azzurro, che deve il suo grande successo alla religiosità medievale. In epoca romana il blu non veniva usato perché era un colore barbaro. I barbari con cui si scontravano nella selvaggia Europa si tingevano il viso di blu. Per i Romani, invece, il colore regale era il rosso porpora. Infatti, nelle prime rappresentazioni musive cristiane, quelle del IV secolo, gli apostoli vestono la toga dei senatori romani orlata di porpora. Il cristianesimo ha cambiato il colore, perché ha alzato lo sguardo in alto dove ha visto la Fede; la prima delle virtù teologali, poi ha visto che il cielo è azzurro e trasparente e lo ha preso come simbolo di purezza e trasparenza dell’anima.

L’azzurro in seguito ha acquistato sempre più prestigio ed è diventato un colore regale. Tutti volevano qualcosa azzurro come il manto della Madonna. Se il mercato vuole cose azzurre va accontentato. Allora via con l’Isatis Tinctoria, coltivata da tutti e voluta da tutti. Passata però la mania dell’azzurro le coques sono decadute. Poi con l’arrivo dei coloranti sintetici ci si è liberati da molti problemi e anche dell’Isatis Tinctoria.

Oggi, grazie al revival di ricerca sui prodotti naturali e sulle piante che sono state usate per secoli e che poi sono state abbandonate, all’Università di Perugia si studia anche la pianta del guado. Mentre tra le poche tradizioni legate all’azzurro che ancora sono rimaste vive una è quella inglese che vuole che le spose, al momento delle nozze, indossino qualcosa di azzurro come simbolo di purezza e sincerità.

Parte il progetto L’Umbria in punta di piedi, un’iniziativa di aziende private pensata per contribuire al rilancio turistico della regione dopo le pesanti ripercussioni subite dal settore a causa del Covid19.

Diffuso oggi 17 agosto 2020 il primo dei quattro video realizzati dalla Philms Produzioni Video in collaborazione con Umbria Crossing, Corebook e AboutUmbria, nell’ambito della campagna L’Umbria in punta di piedi. Si tratta di un’iniziativa voluta e portata avanti da aziende umbre che si occupano di comunicazione, marketing territoriale e sport per portare il loro contributo al rilancio del turismo della regione dopo la pesante battuta d’arresto causata dalla pandemia da Covid19.

Il progetto punta sull’esaltazione della bellezza del territorio, dando voce agli imprenditori chiamati a lanciare il loro personale messaggio di promozione e accoglienza. I video, che fanno leva sul coinvolgimento emozionale dello spettatore, hanno un denominatore comune: le eleganti movenze della ballerina Aurora Verzini che, danzando letteralmente sui bellissimi luoghi che caratterizzano il territorio umbro, riesce a esaltarli e a impreziosirli di grazia e poesia.

La campagna parte dal Trasimeno con i suoi scorci, i suoi pontili e, naturalmente, i suoi famosi e inimitabili tramonti, accompagnati dai messaggi di positività e accoglienza da parte di rappresentanti dell’imprenditoria locale.

Prossimamente l’iniziativa continuerà con altri video che coinvolgeranno altri territori umbri: stesso format, altrettante emozioni.

Così i promotori descrivono questo progetto: “In un periodo di crisi globale e di grave emergenza sanitaria da cui purtroppo non siamo ancora usciti, abbiamo pensato di unire le nostre forze per provare a portare un contributo a quella che rappresenta una risorsa fondamentale per l’economia della nostra regione: il turismo. Con questi video vogliamo diffondere un messaggio di bellezza e di speranza mostrando al contempo un territorio sicuro, ideale per chi voglia rimanere lontano da un turismo di massa e cerchi piuttosto benessere, armonia e bellezza. Insomma, un turismo in punta di piedi”.

Si invitano altresì tutti gli umbri, e non solo, “a diffondere il più possibile questo messaggio. Aiutateci a farlo girare perché la bellezza della nostra regione arrivi al cuore di tutti”.

Immagine di copertina di Luca Luchetti.

Chi viaggerà avrà bisogno di sicurezza. Gli ospiti cercheranno strutture sicure e vorranno avere garanzie di sentirsi protetti.

Sarà fondamentale, per un’attività, comunicare ai propri ospiti cosa si fa e come si fa a tutelarne la salute, rispettando l’ambiente in cui dovrebbero trascorrere la loro vacanza da sogno. I canali di marketing costituiscono un’ottima opportunità per comunicare la strategia adottata per accogliere gli ospiti nelle migliori condizioni, seguendo le indicazioni e consigli pratici comunicati dall ISS (Istituto Nazionale della Sanità).

Foto di Muriel Plombin Pucci

Considerando il costo di acquisto di macchinari e dispositivi di protezione necessari all’uso corretto di prodotti pericolosi, affidarsi a un’impresa di pulizie e sanificazione professionale, oltre che per fare rete e aiutare la ripresa economica del proprio territorio, risulta essere vantaggioso per garantire un ambiente sano per l’operatore e per i propri ospiti, specie rispetto a soluzioni «Fai da te».

Foto di Muriel Plombin Pucci

Per svolgere il lavoro nelle massime condizioni di sicurezza, le aziende abilitate sono provviste di macchinari e DPI. Usano i prodotti giusti per rispettare materiali, ambiente e persone. Un altro aspetto fondamentale è che forniscono la scheda tecnica di ogni prodotto utilizzato, così da garantire nonché comunicare agli ospiti che la struttura ricettiva stia operando in linea con le normative. In questo particolare periodo si parla principalmente di pulizia mirata post Covid, ma non dovremmo trascurare altri virus o batteri. Un’impresa ha una visione a 360° di metodi più corretti per fare quella pulizia approfondita che l’ospite, giustamente, esige.

Foto di Muriel Plombin Pucci

A livello economico, il corretto codice ATECO dell’impresa rientra nelle agevolazioni per il recupero di un credito d’imposta. Inoltre, imprese di questo tipo offrono pacchetti economicamente vantaggiosi per accordi a medio/lungo termine, in base alla stagione. Ripensare questa strategia non è dunque uno sforzo vano. Le ditte specializzate possono anche offrire un pacchetto zero pensieri o un kit per i tuoi ospiti, nel caso non avessi già provveduto. Possono anche rilasciare, su richiesta della struttura ricettiva, una certificazione dell’intervento fatto, da esibire nei vari ambienti a garanzia del valore e dell’attenzione posta su tali aspetti.

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