Sylvester Stallone in Over the Top – forse il film in cui si racconta meglio il mondo del braccio di ferro – dichiara: «Vedete… a me non interessa diventare campione di braccio di ferro: a me serve il premio».
Non è certo questo il pensiero di Chiara Acciaio, trentenne di Gubbio che dal 2014 al 2019 ha sempre vinto il Campionato Italiano di braccio di ferro categoria 50 kg.
La braccioferrista umbra ha iniziato a praticare questo sport nel 2013, ottenendo subito un secondo posto, per poi non lasciare più la testa della classifica e vincere il campionato anche negli anni successivi. Buoni risultati li ha avuti anche in campo internazionale: nel 2014 ha partecipato al primo Mondiale arrivando settima, poi nel 2016 ha raggiunto il quinto posto e nel 2017 un sesto.
Proprio ieri è tornata dalla Romania dove si è disputato l’ultimo Mondiale: «Non è andata benissimo, mi sono fatta prendere dall’emotività, soprattutto nella gara con il braccio destro dove avevo riposto molte aspettative. Quando l’ansia prevale è difficile da gestite. Andrà meglio la prossima volta».
Chiara, aspetto e fisico più da modella che da braccioferrista, non si arrende e ci fa scoprire la bellezza di questo sport, sconosciuto ai più e spesso banalizzato. Lei non è certo Olivia… lei è Braccio di Ferro!
La prima domanda è forse un po’ scontata, ma non posso non farla: un nome, un destino?
Sì, è vero! Acciaio di nome e di fatto. (ride)
La seconda domanda è più seria: come e quando ha iniziato a praticare questo sport?
Fin da piccola mi è sempre piaciuto giocare a braccio di ferro e fare prove di forza con i bambini: quando dovevo competere con i maschi non mi sono mai tirata indietro. La maggior parte delle volte vincevo io: già allora avevo molta forza. Poi, per caso – in palestra nel 2013 – ho conosciuto un ragazzo che praticava questo sport e da quel momento ho iniziato, scoprendo che è completamente diverso da quello che si fa nei bar o dall’idea che ne hanno tutti.
Come si svolge il vero braccio di ferro?
C’è un tavolino specifico dove avviene la gara. La forza è importante, ma è fondamentale imparare anche la tecnica: tanti braccioferristi che vincono non hanno così tanti muscoli come si potrebbe immaginare. Non è solo uno sport di forza, ma anche di tecnica.
Qual è la tecnica giusta e come avviene una gara?
Prima cosa si gareggia in piedi e il gomito appoggia su dei cuscinetti dai quali non ci si può staccare. C’è un arbitro che dà il via dicendo: «Ready, go!», a quel punto gli atleti partono; dopo il «go», non prima, altrimenti viene fischiato fallo. Per vincere occorre sia forza reattiva sia esplosiva. Poi se si sganciano le mani, vengono legate con una cinghia per evitare che si ripeta l’accaduto.
Quanto dura una gara?
Può durare dai due secondi in poi.
Quante volte si allena in una settimana?
Tre volte a settimana più gli allenamenti tecnici, che svolgo anche con il mio allenatore. Faccio parte del Team Marche-Umbria.
Per affrontare un Mondiale come ci si prepara?
C’è ovviamente una preparazione particolare. Mi segue mio marito Mirko Ramacci per la preparazione atletica: conosce i miei difetti e sa come farmi lavorare al meglio, il nostro è un lavoro di squadra. Poi mi alleno anche ad Ancona con Renato Corsalini per la parte tecnica.
Nell’immaginario collettivo il braccio di ferro è sempre stata un’attività maschile per stabilire chi è il più forte: voi donne come lo vivete?
Siamo un po’ svantaggiate a livello numerico soprattutto in Italia; questo ci porta spesso a doverci allenare con gli uomini. Molte ragazze ci provano, ma il braccio di ferro è uno sport molto selettivo e, per mancanza di risultati, spesso abbandonano.
Si reputa una donna fuori dagli schemi per lo sport che pratica?
Sicuramente! Ma in questo mondo molte donne sono come me. Nell’idea di tutti le donne che praticano questo sport sono mascoline e muscolose – ovviamente ci sono – ma la maggior parte sono donne e ragazze aggraziate, filiformi e madri. Poi dipende dalla categoria, sopra i 90 kg ovviamente sono ben piazzate e super muscolose.
Qual è il suo legame con l’Umbria?
L’Umbria è bellissima, come anche la mia città. Io ci sto bene, amo il verde… è proprio il mio posto. Anche se Gubbio è una realtà piccola e per certi versi un po’ chiusa, si respira ancora l’aria di unione che c’è nei piccoli paesi. Si mantiene forte il legame tra le persone.
Come descriverebbe l’Umbria in tre parole?
Armonia, libertà e serenità.
La prima cosa che le viene in mente pensando a questa regione…
Gubbio!
Agnese Priorelli
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