fbpx

Innamorato di un mestiere: il Retificio Mancinelli

L’amore per un mestiere che si trasforma in arte: questa è la storia di come ragazzo ha salvato il sapere di un tempo. A guidarlo, l’anziana nonna.

Siamo attesi presso il Retificio Mancinelli, a San Feliciano (Magione). A incorniciare il giardino ci sono i cerchi di plastica delle reti più grandi, affastellati da una parte a indicare l’industriosità di quella apparentemente tranquilla villetta di lago.

Andrea Mancinelli e sua nonna ci accolgono nella stanza da lavoro, grande e luminosa, che il sole mattutino taglia obliquamente come un diamante perfetto. Da un lato, le sedie di legno impilate si innalzano faccia a faccia con un appendiabiti particolare, che invece dei vestiti mette in mostra le reti.

Una stanza smarrita tra le pieghe del tempo

Sì, perché è in questa stanza tutta finestre che Andrea e sua nonna cuciono le reti. Il Retificio Mancinelli potrebbe infatti ridursi a questa luminosa scatola, dove il ragazzo impara il mestiere dei vecchi e gli dona nuova vita, coadiuvato da quella che è una vera e propria istituzione da queste parti. Non sembra poi così fuori luogo quel tavolo, pericolosamente simile alla cattedra di una scuola, stretto tra scatoloni ripieni di reti e ricoperto di piombini, galleggianti e aghi.

Una stanza che sembra smarrita nel tempo, con i modellini in cotone delle reti e la foto del defunto patriarca a tenere sotto controllo ogni colpo di ago e gioco di mano, elementi coreografici, sebbene pratici, di un lavoro artigianale che affonda le sue radici nella vita quotidiana dei pescatori del Trasimeno.

A completare la scena, una sorta di sgabello di legno posto sopra un armadietto – che poi scoprirò essere un sostegno per le grosse nasse di nylon – e alcune carrucole che pendono dal soffitto e alle quali Andrea appende subito un tofo.

Mentre i fotografi si scatenano, osservo la perfezione tecnica di tale creazione, con i suoi inganni dal nome emblematico che intrappolano l’ingenuo pesce. Andrea, nel frattempo, ci dà una dimostrazione pratica di come la rete viene attaccata ai cerchi, contando i punti uno per uno: ogni quattro punti si ferma e fa un nodo, lasciando presagire un lavoro piuttosto ripetitivo, ma che chiede in cambio un’estrema attenzione. Quello che lui chiama ago, è in realtà l’achecella, una sorta di pettine a due soli denti che Andrea muove in maniera fluida e sapiente, come se stesse pettinando la chioma dell’amata.

 

Dal 1955

E pensare che, secondo sua nonna, ha ancora molto da imparare. Cerco di capire se è fiera di suo nipote, di come ha ripreso il mestiere sul quale ha ruotato la sua vita. Invece di rispondermi, inizia a parlare di sé.

È dal lontano 1955 che fa questo lavoro certosino, ma da un anno a questa parte ha dovuto smettere per via della salute che comincia a vacillare. Ha lavorato tanto e con passione, ma ora sente di essersi invecchiata e le si spezza il cuore. La paura per la sua salute, così come l’impossibilità di rassegnarsi all’inevitabilità di una situazione, le incrinano la voce – ma non c’è bisogno che sia io a dirle che è una guerriera e che tutti vorremmo avere una nonna come lei.

[edgtf_custom_font content_custom_font=”Precisione ed esperienza” custom_font_tag=”h2″ font_family=”” font_size=”20″ line_height=”” font_style=”normal” text_align=”left” font_weight=”” color=”#000000″ text_decoration=”underline” letter_spacing=””]

Dalla breve dimostrazione di Andrea capiamo che questo tipo di lavoro è estremamente complicato: richiede precisione e esperienza, così come una soglia d’attenzione estremamente elevata. A dimostrazione di tale tesi, Andrea dispiega un tramaglio stendendolo tra l’appendiabiti e la finestra a est: il nylon, inizialmente di un azzurro chiarissimo, sembra quasi scomparire, sospeso tra il pulviscolo e il sole di tarda mattina. Adesso capisco perché la stanza è così luminosa.

Non deve essere facile, inoltre, ricordarsi gli innumerevoli schemi delle altrettanto innumerevoli tipologie di reti. Spuntano allora degli appunti consunti, conservati nei cassetti della cattedra-scrivania: schemi, numerazioni, aggiornamenti. Tutto quello che serve per costruire una rete perfetta è scritto lì, su fogli contabili e quaderni scollati, un patrimonio dall’aspetto umile che vale più di un raro tesoro.

È il sapere che permette di costruire i complicati tramagli e le similari reti per la caccia alla lepre, o quelle per il mare, per lo sport, per le vetrine, per i ristoranti e per i giochi dei bambini. Quelle reti che generazioni e generazioni di pescatori hanno steso sul lago Trasimeno, il cui verde pastello si staglia discreto in fondo alla strada.

 


Retificio Mancinelli

The following two tabs change content below.

Eleonora Cesaretti

Giornalista, è laureata in Lettere Moderne e in Informazione, Editoria e Giornalismo ed è appassionata di letteratura contemporanea, scrittura, fumetto e nuovi media. Ha collaborato come editor per diverse case editrici e come articolista per testate online. Caporedattrice, editor e web designer, svolge attività di creazione di contenuti, correzione bozze, coordinamento e realizzazione di siti web.