A Pomonte viene prodotto, secondo la tradizione, il carbone vegetale. Un prodotto dei carbonari locali, che caratterizza questo borgo collinare circondato dai meravigliosi boschi che si affacciano sulla vallata del Puglia.
Pomonte, frazione del comune di Gualdo Cattaneo (PG), si trova poggiata sulle colline che guardano la valle del torrente Puglia, mentre alle sue spalle cโรจ la Valle Umbra. Il borgo ha una storia antica e sicuramente maggiormente conosciuta a partire dal Medioevo: il palazzo baronale, il castellaccio dellโAlbornoz e il Forte di Gregorio XII sono i luoghi di maggiore interesse culturale.
Ma la produzione di carbone vegetale e la tradizione dei carbonari per cui Pomonte รจ stata famosa nei tempi passati, oggi rimane come fiera, memoria storica e usanza, da cui la celebrazione de La Cotta del Carbone, che si attua ancora oggi come rievocazione della generazione del carbone vegetale. Il carbone di Pomonte viene impiegato soprattutto in cucina per le sue pregiate caratteristiche chimico-fisiche e per le profumate e selezionate essenze lignee utilizzate: lโelce, il corbezzolo e lโornello, che trasferiscono i delicati profumi ai cibi cotti con questโantica tecnica di cottura, rendendoli sublimi al palato. Gianni Della Botte, membro della Proloco locale ed esperto di questa metodologia carbonara tanto che organizza anche laboratori didattici, ci racconta: ยซQuesta tecnica di produzione carbonara รจ antica, veniva praticata nei nostri boschi e il carbone vegetale prodotto veniva portato in molte cittadine umbre, anche a Perugia e Assisi. Era un lavoro importante che rappresentava un buon sostegno economico per le famiglie. Si costruisce una specie di cupola dove la legna, disposta in modo circolare e definito, viene ricoperta dalla terra. Terminata la preparazione si da fuoco alla cotta e, dopo qualche giorno di lenta combustione, si potrร recuperare il carbone vegetale cosรฌ formato e pronto per lโusoยป.
Il carbone vegetale prodotto a Pomonte ha delle caratteristiche uniche e speciali come lโaltissimo potere calorifico, la bassissima percentuale di umiditร , zolfo e ceneri nonchรฉ la mancanza di impuritร e resine, rendono questo prodotto unโeccellenza umbra che purtroppo รจ in via di abbandono, se non per qualche eroe delle tradizioni ancora rimasto.
Sembra incredibile, ma la tradizione dei tipici dolci umbri รจ legata al fiume che attraversa la regione per andare fino a Roma: inutile dire che si tratta del Tevere.
Una volta il Tevere era un fiume navigabile e non quel misero rigagnolo, sempre in secca, che vediamo ora. Se torniamo indietro di almeno 2500 anni scopriamo che il Tevere era un confine quasi invalicabile; ci saranno stati forse dei traghettatori, ma le due sponde non erano ancora collegate da ponti. A quellโepoca sulla sponda destra vivevano gli Etruschi, mentre sulla sponda sinistra si estendeva la regione degli Umbri, che comprendeva Foligno, Spoleto e Norcia. Possiamo dire: tanto vicini e tanto diversi.
Il territorio etrusco si estendeva fino al mare Tirreno e fu proprio attraverso il mare che gli Etruschi entrarono in contatto con popolazioni, culture e cibi diversi. Gli Umbri invece, sulla destra del fiume, erano lontani dal mare, perciรฒ si servivano solo di cibi a chilometro zero.
La mandorla e la noce
La caratteristica delle due popolazioni si puรฒ riassumere in due frutti piccoli, ma ricchi di significato: la mandorla e la noce. Gli Etruschiusavano le mandorle, gli Umbri le noci. Giacchรฉ sono state trovate tracce di mandorli nella zona di Cittร di Castello, si pensa che lโalbero fosse presente in epoca etrusca. A sinistra invece, il noce era la pianta tradizionale della civiltร contadina.
Cโรจ anche da dire che in quei tempi lontani gli alberi erano legati a un concetto di sacralitร e di buon auspicio. Il mandorlo era visto come foriero di benessere e si perde nella notte dei tempi lโuso di mangiare confetti in occasione dei matrimoni per augurare agli sposi di vivere felici e contenti per 100 anni.
Per contro il noce ha una storia cupa che parla di streghe e di malefici vari. Tuttavia, malgrado la cattiva fama dellโalbero, si mangiava il frutto e si usava il legno, esattamente come il castagno della zona di Amelia/Santa Restituta.
Torciglione
Dolci umbri
Gli usi diversi li ritroviamo ancora oggi perchรฉ la tradizione si รจ mantenuta nei dolci. Ripartiamo da destra dove sโincontra Perugia e a Perugia si mangia il Torciglione: un serpentone che si morde la coda ripieno di mandorle e canditi, tipica composizione natalizia. Lo si trova anche a Chiusi, cittร ancora piรน etrusca e pure a Cittร di Castello e sul lago Trasimeno. Forse, anzichรฉ un serpente il Torciglione rappresentava unโanguilla e serviva a propiziare le pesca.
Il Torciglione si mangia durante le feste del Natale, mentre cโรจ un altro dolce perugino, a base di mandorle, che si consuma un mese prima: le Fave dei Morti. Sono piccoli biscotti a forma ovviamente di fava, fatti di pasta di mandorle e zucchero. Le Fave dei Morti si preparavano in occasione di un funerale e si consumavano sulla tomba del defunto durante il banchetto funebre. Usare le mandorle equivaleva a dire ricchezza e per secoli le mandorle hanno fatto la loro comparsa solo sulle tavole dei ricchi e nelle spezierie, dove si allestivano medicinali sempre per ricchi.
Fave dei Morti
Noci e nocciole erano invece cibo per poveri e questo caratterizzava il lato sinistro del Tevere. ย Anche se poveri gli Umbri hanno elaborato un dolce che รจ il loro vanto e che tutti conoscono: la Rocciata. ร conosciuta come la Rocciata di Assisi, ma si tratta di un dolce che si prepara tra Umbria e Marche. Pare che la sua origine sia antichissima e se ne trova una traccia non troppo dissimile nelle Tavole Eugubine, tavole di bronzo, scritte in lingua umbra, risalenti al III secolo a.C. e che riportano fatti risalenti a secoli prima. In questo dolce poi hanno messo lo zampino anche i Longobardi: รจ infatti simile a uno strรผdel, con mele e noci e avvolte in una pasta sottile.
Per me fu una sorpresa scoprire che la pasta della Rocciata fosse fatta proprio come la pasta dello strรผdel che faceva mia nonna altoatesina, e anche mia nonna mescolava mele e noci. Sono passati piรน di 10 secoli e non cโรจ stata alcuna variazione nella pasta e poca nel ripieno. Il ripieno invece si รจ differenziato perchรฉ in Umbria รจ stata aggiunta una spruzzata di alchermes che gli conferisce quel bel colore rosato. Lโalchermes fa dunque la grossa differenza tra Nord e Centro, ma ci sono pure delle piccole differenze locali: a Spoleto รจ stato aggiunto il cacao e a Foligno si sparge sullโimpasto del pan grattato per assorbire i liquidi in eccesso.
Rocciata di Assisi
Le noci entrano anche nella ricetta dei Maccheroni dolci. Lโorigine? Potrebbe trattarsi di una parola greco-bizantina legata allโuso della cena funebre, perchรฉ maccheroni proviene dal greco makarios (beato). Si preparano infatti in occasione delle feste dei Morti, dei Santi e si mangiano anche la sera della vigilia di Natale. La ricetta prevede come ingredienti: maccheroni, noci, zucchero/miele e alchermes.
Comunque, qualunque sia lโorigine di questi dolci, rimane chiaro che a destra del fiume i dolci, ancora oggi, sono farciti o addirittura fatti con le mandorle mentre quelli di sinistra, anche se sono intervenuti i nordici Longobardi, nel loro ripieno hanno sempre le noci.
La tradizione vuole che il 6 gennaio sulla tavola degli umbri spunti fiera… la torta di Pasqua.
Dolci, carbone (per i piรน cattivi) e caramelle, ma non solo. Il 6 gennaio in Umbria si mangia anche la torta di Pasqua. Non puรฒ mancare sulle tavole โ in particolare quelle perugine โ perchรฉ lโEpifania รจ la prima Pasqua dellโanno e quindi va celebrata con il prodotto tipico della regione legato a questa ricorrenza. La torta โ pizza nellโUmbria del sud, crescia a Gubbio โ con il formaggio, oggi si trova facilmente in ogni periodo dellโanno, a differenza di come accadeva anticamente, quando era relegata a piatto del periodo pasquale o al giorno della Befana. Farcita, accompagnata dai salumi o semplicemente sola, soffice e resa piรน gustosa dal formaggio, รจ dunque immancabile anche il 6 gennaio.
La presenza in tavola della torta di Pasqua รจ legata alla celebrazione della prima Pasqua dellโanno che, per la religione cristiana, coincide con lโarrivo dei Magi il 6 gennaio; รจ una festivitร molto importante in quanto si ricorda il manifestarsi del Dio bambino. Nella chiesa cattolica, ortodossa e anglicana รจ una delle massime solennitร dellโanno liturgico, come la Pasqua, il Natale e la Pentecoste.
Ma piรน famosa รจ la Befana, la vecchietta che a cavallo di una scopa scende dal camino portando in dono dolci, caramelle, frutta secca o carbone e aglio ai piรน cattivi. Lโetimologia della parola Befana – corruzione lessicale di Epifania – deriva dal tardo latino epiphania, dal verbo greco, epifร ino (che significa mi rendo manifesto) o dal sostantivo femminile epifร neia (manifestazione, apparizione, venuta, presenza divina). La sua storia รจ molto antica e legata (forse) a riti propiziatori pagani risalenti al X-VI secolo a.C., per favorire i cicli stagionali dellโagricoltura. Unโaltra ipotesi collegherebbe la Befana con unโantica festa romana, che si svolgeva in inverno, in onore di Giano e Strenia – da cui deriva anche il termine strenna – e durante la quale si scambiavano regali.
Di certo c’รจ che lโEpifania… tutte le feste porta via!
Natale รจ giร qui. E come ogni anno, si rinnova il dilemma: albero o presepe? Un bel problema, praticamente irrisolvibile!
Presepisti o alberisti si nasce, รจ lโimprinting che ci segna indelebilmente sin dal nostro primo Natale. Difficilmente si abiura o si passa da una credenza allโaltra, magari si sommano le due, ma non si rinuncia allโuna per lโaltra. Ci sono persone che non hanno dubbi e pensano a costruire il presepe a partire dal 26 dicembre, cioรจ il giorno dopo Natale.
Presepe di Massa Martana in cartapesta
Sono i presepisti, persone che lavorano per la gioia di arrivare a Natale con un presepe nuovo, fatto interamente con le loro mani. Ovunque ci sono scuole di presepistica, ma unica รจ la Scuola Umbra del Presepe di Cartapestacreata a Massa Martana per mantenere viva una tradizione importata direttamente da Lecce e attecchita nella terra dove il presepe รจ stato inventato.
Peccato che a causa del Coronavirus a Massa Martana questโanno non si potrร svolgere la solita mostra dei presepi dโItalia e del mondo: una bella occasione per scoprire come anche il Presepe sia legato alle tradizioni di ciascun luogo; raramente infatti le scenografie evocano i luoghi della Palestina dove lโevento si รจ effettivamente svolto. Roma ha i monumenti, lโUmbria ha le colline, lโAlto Adige ambienta la scena nei masi o nei fienili, i posti di mare hanno sempre il porto.
Il presepe di cartapesta
Il papier mรขchรฉ, ovvero la carta masticata o cartapesta sembra essere nata tra il Cinquecento e il Seicento in Italia, nel leccese, ma si รจ diffusa anche in Inghilterra, in Francia e in Russia. Era un materiale poverissimo per fare gli oggetti piรน disparati perchรฉ era modellabile e non marciva. Ebbe grande successo con le statue religiose ricche di drappeggi che imitavano broccati o tessuti preziosi. ร la fantasia di chi non puรฒ permettersi di acquistare tessuti ricchi nemmeno per vestire le statue.
Un materiale povero che si sviluppรฒ in ambienti poveri, ma anche i ricchi se ne appropriarono. In Russia divenne status symbol avere delle scatole di cartapesta laccate e decorate da grandi artisti. Con la cartapesta sono state fatte maschere, bambole, scatole, giocattoli e i carri allegorici di Viareggio.
Il presepe di cartapesta realizzato dai presepisti di Massa Martana
I presepisti di Massa Martana
Ma torniamo al presepe di cartapesta che richiede multiformi capacitร artistiche. I presepisti di Massa Martana sono solo cinque e svolgono il lavoro in gruppo. Nessuno dei magnifici cinque ha un ruolo definito, tutti fanno tutto con estrema cura, perchรฉ preparare il presepe di cartapesta รจ una vera scuola dโarte che richiede pazienza, dedizione e molta attenzione per non danneggiare terracotta o panneggi.
Il lavoro si svolge piรน o meno cosรฌ: Pietro sceglie il soggetto, ispirandosi alla tradizione piรน alta che cโรจ: a Caravaggio oppure al Perugino; Doriana studia le proporzioni; Fabiola studia la scenografia; Elvira modella le parti in terracotta; Giulia piega la struttura portante di fil di ferro; Pietro incolla teste mani e piedi alla struttura di ferro; Fabiola dispone le carte incrociando le trame; Elvira prepara lโimpasto di colla; Giulia stende la colla sulle carte; Doriana le modella come vesti; Elvira dipinge le vesti ormai asciutte; Giulia focheggia il tutto per evitare che tracce di umiditร ammuffiscano le vesti. Tutto รจ pronto per essere assemblato. La scenografia รจ pronta, i personaggi vengono fissati sulle basi, le luci funzionano e la magia del Natale รจ di nuovo lรฌ.
ยซDal punto di vista sentimentale รจ stato molto difficile prendere questa decisione. Ammetto che รจ una ferita spaventosa, ma razionalmente รจ la scelta piรน giusta che si potesse fareยป.
Gubbio divide i suoi annali in a.C. e d.C. dove C sta per Ceri. La vita degli eugubini viene scandita e organizzata in base alla Festa dei Ceri: impegni pubblici e privati sono regolati da questo evento, che diventa cosรฌ un vero spartiacque della quotidianitร locale. Non รจ raro quindi, sentire in cittร la frase: ยซLo facciamo prima o dopo i Ceri?ยป.
Filippo Mario Stirati, sindaco di Gubbio. Foto di URP Gubbio
Questโanno perรฒ non ci sarร nessun un prima e nessun un dopo. La festa, infatti, a causa del Coronavirus, รจ stata annullata. Non ci sarร la corsa. Niente taverne. Niente festeggiamenti in giro per la cittร . Niente alzain Piazza Grande. Niente sfilate e processioni. Niente folla colorata per le vie di Gubbio. Nemmeno la Spagnola del 1920 o il terremoto del 1984 avevano fermato lโevento. Solo le due Guerre Mondiali avevano interrotto parzialmente questa tradizione millenaria –ย ci sono testimonianze che ne attestano lโesistenza sin dal 1160, come solenne atto di devozione degli eugubini verso il vescovo Ubaldo Baldassini, morto in quellโanno.
Una decisione sofferta
Il Coronavirus perรฒ non ha dato scampo e il sindaco di Gubbio, Filippo Mario Stirati, ha preso โ a malincuore โ la decisione piรน giusta, ma anche la piรน sofferta: ยซDal punto di vista sentimentale รจ stato molto difficile. Ammetto che รจ una ferita spaventosa, ma razionalmente รจ la decisione piรน giusta che si potesse prendere, anche perchรฉ, con le ordinanze in vigore, non รจ che avessimo altre alternative. Devo dire che non avrei mai immaginato, come Sindaco, di entrare purtroppo nella storia per essere stato il primo ad aver annullato la Festa dei Ceri. Sono eugubino fino al midollo, sono stato ceraiolo e sono allโinterno di questo mondo fino in fondo. ร una vicenda che mi tocca molto da vicinoยป confessa il Sindaco.
Il 15 e il 16 maggio non saranno comunque due date anonime: ยซI riti religiosi previsti per la festa del Patrono si svolgeranno con i distanziamenti sociali doverosi e cโรจ lโinvito per i cittadini di abbellire la cittร e le case con gli stendardi e le luci. Loro stessi, seppur con molta amarezza e tristezza nel cuore, hanno capito la situazione e la scelta che ho fattoยป prosegue Stirati.
L’alza dei Ceri. Foto di URP di Gubbio
Tra le indiscrezioni che circolano in cittร cโรจ persino quella di spostare la Corsa: tra le date papabili ci potrebbe essere lโ11 settembre, giorno della traslazione del corpo di SantโUbaldo nellโomonima Basilica. ยซร solo unโidea, ancora ufficialmente non se nโรจ parlato. Gubbio รจ legata al 15 maggio, immaginare una soluzione alternativa per ora รจ impossibile; inoltre รจ una decisione che va presa con molta cautela. Vedremo come evolverร la situazioneยป spiega il primo cittadino di Gubbio.
Una corsa mai interrotta
Nel corso dei secoli, la Festa dei Ceri si รจ fermata solo in altre due occasioni. SantโUbaldo, SantโAntonio e San Giorgio – non solo simboli di Gubbio, ma dellโintera Umbria – raramente non hanno scalato il monte Ingino; lo avevano fatto anche nel 1817 quando unโepidemia di tifo invase Gubbio e nel 1920 durante lโepidemia di Spagnola, che colpรฌ gravemente la cittร .
La Corsa per le vie della cittร . Foto di URP di Gubbio
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, perรฒ, si sono dovuti arrendere e si sono fermati dal 1916 al 1918, eccenzion fatta nel 1917 quando vennero celebrati sul Col diLana: a Gubbio la Festa era stata sospesa per Regio Decreto. I soldati eugubini impegnati al fronte decisero quindi di festeggiare i Ceri direttamente in zona di guerra, tra le Dolomiti, e il 15 maggio del 1917 una copia delle tre strutture lignee corse sul Col di Lana, appena qualche centinaia di metri dietro la prima linea del fronte, tra lโemozione e la commozione dei presenti. ยซNel 2017 abbiamo anche celebrato i 100 anni di questo particolare evento. Durante la Seconda Guerra Mondiale, invece, corsero solo i ceri mezzani portati da donne e ragazzi. Anche nel 1984 la Festa si fece: il 29 aprile di quellโanno Gubbio fu lโepicentro di un terremoto che face tanti danni ma nessuna vittima e, anche per alzare il morale della gente, si decise di non interrompere lโeventoยป conclude il Sindaco. Insomma, il 15 maggio 2020 verrร sicuramente ricordato e purtroppo passerร alla storia, non solo a Gubbio ma in tutta lโUmbria. Forse, questโanno piรน che mai, la forza dei tre Santi che salgono il monte spinti dal calore della gente avrebbe simboleggiato la voglia di rinascita e di risalita di questa Regione. Per ora possiamo solo immaginarli. Ma torneranno!