La parola selfie รจ entrata a pieno titolo nel nostro vocabolario. Quotidianamente sentiamo molte persone pronunciarla e ne abbiamo visto altrettante rivolgere verso di sรฉ uno smartphone per scattare una foto.
Nel corso degli anni i selfie non hanno certo rallentato la loro crescita. Viviamo nellโera dellโimmagine, in un mondo sempre connesso: in un mondo sempre piรน frenetico, gli autoscatti sono diventati uno strumento di comunicazione visiva istantanea. Nel corso della storia, specchi, autoritratti e fotografie si intrecciano, descrivendo come muta il rapporto dellโuomo con la sua immagine.
Anticamente lo specchio aveva un ruolo chiave nella societร : raccontava il bisogno dellโuomo di specchiarsi, di vedere la propria immagine, fondamentale per sviluppare al meglio lโidea della propria identitร .
I primissimi metodi sfruttati dallโuomo furono quelli di vedere riflessa la propria immagine o il proprio corpo in specchi dโacqua, corsi o laghetti: Narciso, personaggio della mitologia greca, รจ identificato come lโamore, spesso esagerato, che una persona prova per la propria immagine e per se stesso.

Presunto ritratto di Simone Martini. Cappella di San Martino. Basilica inferiore Assisi
Il primo autoritratto
La prima comparsa dellโautoritratto avvenne nel Medioevo, durante il quale si svilupparono nuove esigenze rappresentative. Si pensava infatti che lโimmagine, riflessa in uno specchio dโacqua, fosse semplicemente lโimmagine materiale; lโimmagine artistica invece, compreso il ritratto, era lโimmagine che dimorava nellโanima di ogni uomo. Non a caso nel Medioevo si diffuse la credenza che Cristo fosse stato pittore della propria immagine.
Lโautoritratto acquistรฒ dignitร artistica a partire dal Rinascimento: in questo periodo nuove tecniche di pittura iniziano a diffondersi, aiutando i pittori a realizzare ottimi chiaroscuri e a rendere i colori piรน naturalistici. Certamente significativa fu la visione antropocentrica, che si stava ampiamente diffondendo: tanti artisti si interessarono alla rappresentazione di volti umani.
Giorgio Vasari, nelle Vite, attribuisce la pratica del ritratto a due grandi maestri: Cimabue e Giotto. Cimabue infatti si sarebbe raffigurato nella Crocifissione dipinta nella Basilica superiore di San Francesco ad Assisi.[1]
Si pensa invece che il ritratto di Giotto sia presente nella raffigurazione del Fanciullo di Suessa. Nella cappella di San Martino, la prima cappella a sinistra della basilica inferiore di San Francesco dโAssisi, invece รจ raffigurato il presunto autoritratto di Simone Martini nella Resurrezione di un fanciullo. La cappella, voluta e finanziata dal cardinale Gentile Partino da Montefiore, fu interamente affrescata dallโartista nel 1313-1318.

Il Perugino. Collegio del Cambio. Perugia
I selfie del Perugino e Pinturicchio
Nel Quattrocento, in Umbria, celebri sono gli autoritratti di Pietro Vannucci, detto il Perugino, e del suo allievo Bernardino di Betto Betti, noto come il Pinturicchio, entrambi inquadrati in una cornice che pone lโartista in una posizione di rilievo. Il primo si ritrae allโinterno di una cornice nella Sala dellโUdienza del Collegio del Cambio a Perugia. Lโambiente รจ interamente affrescato con un programma iconografico in cui sono inserite figure mitologiche, Sibille, Profeti e personaggi illustri sia della storia greca che romana.[2]
Su un pilastro intermedio della parete sinistra, inserito in un quadro appeso tra nastri e collane di corallo con effetto trompe-lโoeil, รจ visibile il ritratto dellโartista e un’iscrizione che testimonia il compiacimento per la fama raggiunta.
Lโiscrizione in italiano recita: ยซPietro perugino, pittore insigne. Se era stata smarrita l’arte della pittura, egli la ritrovรฒ. Se non era ancora stata inventata egli la portรฒ fino a questo puntoยป.
I dettagli fisici e psicologici dell’autoritratto sono molto curati: il volto รจ tondeggiante, gli occhi sono sicuri, fieri e guardano senza esitazione davanti a sรฉ, le guance arrossate, le labbra sono sottili, i capelli fluenti e il mento ha una fossetta. La veste nera e il cappello rosso, su uno sfondo blu monocromo, conferiscono al pittore un tono di severa nobiltร .
Il ritratto del Pinturicchio si trova allโinterno di un suo ciclo di affreschi, databili tra il 1500 e il 1501, presso la cappella Baglioni, nella collegiata di Santa Maria Maggiore a Spello.
In un ambiente contornato da un maestoso loggiato rinascimentale, รจ dipinta lโAnnunciazione: Maria leggente รจ sorpresa dallโangelo che si avvicina benedicendola e recando in mano il giglio bianco, simbolo della sua purezza. In alto appare lโEterno in una mandorla di angioletti che invia, tramite un raggio luminoso, la colomba dello Spirito Santo.[3]
In lontananza, oltre lโhortus conclusus, si apre un paesaggio ricco di dettagli. Posta sulla destra dellโAnnunciazione, si apre una finestrella con una grata su cui รจ appoggiata un’anfora e una mensola di libri, al di sotto della quale รจ presente lโautoritratto del pittore e unโiscrizione dedicatoria.
Questi accorgimenti sono la prova tangibile che lโautore non ha piรน bisogno di celarsi tra i personaggi raffigurati, ma assume il vero ruolo di protagonista, distinguendosi in maniera netta allโinterno dellโopera.

Luca Signorelli. Cappella di San Brizio. Duomo di Orvieto
Signorelli e Beato Angelico in mezzo all’opera
Tra le tante personalitร della pittura rinascimentale spicca Luca Signorelli, artista che lavorรฒ in Umbria, soprattutto a Cittร di Castello e Orvieto presso la Cattedrale di Santa Maria Assunta. Il suo selfie รจ presente nella scena piรน evocativa dell’intero ciclo, almeno in termini di originalitร narrativa e di evocazione fantastica: la Predica e i fatti dellโAnticristo.
Lโartista, presente allโestrema sinistra, vitale e di bella presenza – come lo descrisse Vasari che lโaveva conosciuto personalmente in tenera etร – indossa un copricapo e un mantello nero.
Accanto a Signorelli รจ presente un altro personaggio con il classico abito domenicano: รจ Beato Angelico. Lโartista aveva iniziato il ciclo pittorico nel 1447, poi completato dal Signorelli. Scalpellini scrisse che la sua presenza a margine della scena assomiglia a quella di un regista compiaciuto per la riuscita del suo spettacolo e si presenta alla platea per ricevere lโapplauso. [4]
[1] Enio Sindona, Cimabue e il momento figurativo pregiottesco, Rizzoli Editore, Milano, 1975.
[2] Umbria, Touring Club Editore, Milano, 1999.
[3] Cristina Acidini, Pinturicchio, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004.
[4] Antonio Paolucci, Luca Signorelli, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004.