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Volendo scrivere un articolo sulle tradizioni natalizie umbre di una volta, non si trova nulla che non abbia a che fare con il cibo. Avrei dovuto aspettarmelo, considerato quanta importanza diamo alle occasioni di festa: per lo scambio di auguri, certo, ma anche per poter finalmente mangiare delle golositร  attese tutto lโ€™anno.

Ho pensato allora di riportarvi la mia esperienza, incuriosita dalle piccole discrepanze nei rituali, nelle preparazioni e nelle modalitร  di accoglienza di quella che forse รจ la festa piรน amata e attesa. Lo spunto proviene dallโ€™osservazione della mia famiglia, nemmeno troppo conservatrice nรฉ attaccata alle tradizioni, che pure ha incamerato delle usanze di provenienza sconosciuta che, ripetute nel tempo, hanno finito per cancellare tutte le domande possibili sulla loro origine. Insomma, si seguono certi rituali senza nemmeno chiedersi il perchรฉ. Eppure giร  tra i miei genitori cโ€™era un abisso in fatto di abitudini: mia madre proveniva da una famiglia che aveva vissuto lโ€™incontro epifanico e abbagliante con il progresso tecnico in un periodo in cui lei e le sue sorelle ancora si lavavano in tre dentro un bacile per i vestiti, mentre mio padre, nato in una famiglia di campagna di stampo ottocentesco, conosceva soltanto la fatica della terra e del duro lavoro nei campi. Forse ad accomunarli cโ€™era solo il fatto che cโ€™era poco da mangiare.

 

Cappelletti in brodo

 

Forse รจ per questo che mia nonna โ€“ la mamma di mia madre โ€“ quando ci invitava a pranzo per Natale sembrava avesse conservato la crรจme de la crรจme delle sue scorte solo per noi, come se tutte le privazioni dellโ€™anno appena trascorso avessero portato a quellโ€™unico momento. Erano finiti da un pezzo i tempi di magra, come cโ€™erano giร  stati il boom economico degli anni Ottanta e il progresso, ma certe modalitร  erano rimaste le stesse. Certe cose si trovavano solo a Natale, non si era abituati a soddisfare ogni voglia che si aveva semplicemente mettendo piede in un supermercato: richiederle fuori periodo era impensabile. Da noi la cosa era talmente radicata che il menu natalizio era sempre lo stesso e, se da adolescente confesso di essere diventata irrequieta di fronte a quella proposta sempre uguale, ora non so che darei per riassaggiare il pollo disossato di mia nonna.

Ma andiamo con ordine. La tavola si presentava giร  apparecchiata, con la tovaglia rossa delle feste e i piattini con gli antipasti giร  pronti per essere saccheggiati: cโ€™era sempre un crostino con patรฉ di fegatini, una fetta di torta di Pasqua con il prosciutto crudo, una fettina di capocollo e un triangolino di pane da tramezzini con salsa alla maionese e sottaceti, piccolo strappo alla tradizione umbra che, inconsapevolmente, veniva servita ogni anno su quella tavola imbandita.

Dopodichรฉ arrivava lei, la zuppiera fumante ripiena di cappelletti, arrivati lรฌ al termine di una lavorazione dai connotati quasi rituali. Mia nonna e le sue amiche, infatti, durante le due settimane prima di Natale si radunavano ora a casa di una, ora a casa dellโ€™altra per fare i cappelletti, senza i quali la festa non sarebbe stata tale. รˆ vero, ogni anno quelle povere donne dalle mani piegate dallโ€™artrite faticavano sempre di piรน, borbottando a gran voce e minacciando di smettere con quellโ€™impegnativa pratica, eppure le ritrovavi sempre lรฌ, riunite intorno al tavolo a spettegolare mentre, con una manualitร  invidiabile acquisita in oltre mezzo secolo di attivitร , creavano senza sosta tanti piccoli cappelli della stessa misura e dimensione. Il lavoro andava avanti per ore e spesso serviva piรน di un appuntamento per assicurare alle famiglie delle cinque signore una scorta accettabile. Scorta che poi sarebbe durata fino a Pasqua.

Dopo i cappelletti era il turno del famigerato pollo disossato. La lavorazione era lunga e certosina: nonna disossava un pollo ruspante comprato dal suo amico allevatore con una maestria che a noi nipoti faceva rabbrividire – per le sorti del pollo, รจ chiaro โ€“ e poi lo riempiva con macinato, salsiccia, mortadella, Parmigiano, uovo e pan grattato. Una volta tagliato a fette, veniva ripassato in padella e servito. Inutile dire che facevamo a gara per aggiudicarci le fette piรน ricche di ripieno. Oggi sono convinta che il pollo disossato di mia nonna fosse una variante della classica galantina umbra, dove perรฒ le uova che entrano nel ripieno vengono lessate e il preparato ottenuto va servito freddo, previa cottura in acqua salata in un involucro di alluminio.

Qualche volta aveva fatto la sua comparsa anche la parmigiana di gobbi, altra preparazione tradizionale umbra che aveva affiancato la piรน tranquilla e imperitura erba cotta โ€“ solitamente spinaci โ€“ ma la prima regola da seguire durante questi ricchi pranzi di famiglia era lasciare sempre uno spazietto per il dolce, per cui spesso il contorno lo saltavamo a piedi pari.

 

dolci natalizi umbri

Le pinoccate bianche e nere

 

Il dessert era composito come lโ€™antipasto: cโ€™erano il pandoro e il panettone, ma anche i tozzetti fatti a mano dalla nonna, il torciglione e il panpepato. Non mancava niente a parte le pinoccate, con cui mi ero giร  deliziata nei giorni precedenti grazie a mio padre, grande appassionato di questi dolcetti dalla lunghissima storia. Oggi sempre piรน rare, per me le pinoccate sancivano lโ€™inizio delle feste, con quella forma da dolcetto stregato, quegli incarti pieni di ghirigori e quellโ€™inconfondibile sapore di pinoli e zucchero.

Dopo il brindisi di auguri, ci si scambiavano i doni e non era insolito sentirsi chiedere: ยซChe ti ha portato il Bambino?ยป. Sรฌ, perchรฉ non tanto tempo fa โ€“ parliamo degli anni Sessanta-Settanta del secolo scorso โ€“ non era Babbo Natale a portare i doni ai miei genitori, ma Gesรน Bambino.

Erano piรน che altro i parenti di mio padre a rivolgerci questa domanda, perchรฉ loro stessi, da piccoli, erano soliti addobbare un ramo reciso con mandarini e frutta secca per propiziare la venuta del Bambino. รˆ curiosa la crasi fatta, almeno dai miei parenti, tra il Christkind che porta i doni di Natale nel sud della Germania, nella Repubblica Ceca, in Svizzera, in Austria, in Liechtenstein, in Slovenia e in Croazia con San Nicola e Santa Lucia, festeggiati rispettivamente il 5-6 dicembre e il 12-13 dicembre, in Italia come in alcuni Paesi dโ€™Europa. La tipologia dei doni, in particolare gli agrumi, richiama infatti sia le tradizionali offerte che i bambini di alcune regioni del nord Italia lasciano a Santa Lucia (appunto arance, biscotti, caffรจ, mezzo bicchiere di vino rosso e il fieno per lโ€™asino) sia la storia di caritร  di San Nicola, che donรฒ tre palle dโ€™oro (molto simili, in effetti, alle piรน umili arance o ai mandarini) a tre povere fanciulle che rischiavano di essere vendute come schiave.
Non so se questa crasi sia stata fatta consapevolmente, probabilmente vi sono confluiti echi diversi, i cui percorsi si sono smarriti nel tempo. La mia opinione รจ che i mandarini fossero considerati dei frutti esotici pregiati, adatti a unโ€™occasione speciale o addirittura come regalo. Spesso, infatti, gli stessi agrumi che avevano decorato lโ€™albero erano i regali per i bambini, da sbucciare (e mangiare!) la mattina di Natale.

 


Fonti

www.umbriatourism.it
www.corriere.it
https://www.rivistastudio.com/arance-natale-storia/

INGREDIENTI PER IL RIPIENO:ย ย 
  • 1 kg di carni miste (maiale, tacchino, vitello)ย 
  • 150 g di parmigianoย 
  • 1 carotaย 
  • 1 costa di sedanoย 
  • 1 cipollaย 
  • 1 foglia dโ€™alloroย 
  • 4 uovaย 
  • 30 g di burroย 
  • qualche cucchiaio di olio extravergine dโ€™olivaย 
  • saleย 
  • pepeย 

 

INGREDIENTI PER LA PASTA:ย 
  • 1 kg di farinaย 
  • 10 uovaย 
  • saleย 

Brodo di capponeย 

 

PREPARAZIONE:ย ย 

Fate a pezzetti le carni, fate un trito di cipolla, carota e sedano, ponetelo in un tegame assieme a burro e olio e fate soffriggere. Unite le carni e la foglia dโ€™alloro, lasciate rosolare, dopodichรฉ salate, pepate e portate a termine la cottura. Macinate le carni e il loro sugo di cottura, lasciate intiepidire e poi incorporate il parmigiano, le uova e un pezzetto di burro. Rimettete lโ€™impasto sul fuoco per qualche minuto, regolando di sale e di pepe. Preparate una sfoglia e, con il ripieno ridotto in tante palline, preparate i cappelletti.ย ย 

 

 

Questi cappelletti, al cui impasto in tempi piรน recenti qualcuno ha cominciato ad aggiungere la mortadella, si servono in brodo il giorno di Natale. Il brodo era, immancabilmente, di cappone. In ogni caso รจ indispensabile un buon brodo di carne. La lavorazione dei cappelletti iniziava qualche giorno prima di Natale e se ne facevano grandi quantitร , perchรฉ potessero bastare per diversi giorni. Aย Gubbioย le famiglie ricche facevano, e in alcuni casi fanno ancora, i cappelletti secondo una ricetta cheย Cรนnsoloย considera la piรน ricca pasta ripiena espressa dalla cucina italiana. Oltre a carne di cappone lessato, da cui si ricava il brodo, entrano nel ripieno lonza di maiale, salsiccia, piccioni e cervella di manzo.ย ย 

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Per gentileย concessione di Calzetti โ€“ Mariucci Editore