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Bambin Gesรน delle Mani. Cosรฌ la Fondazione Guglielmo Giordano, con sede nella cinquecentesca Villa Spinola di Perugia, ha chiamato questo dipinto in cui, oltre alle mani di Gesรน Bambino benedicente, si contano altri tre arti. Due sono chiaramente della Madonna che lo sorregge, ma il terzo?

Bambin Gesuฬ€ delle Mani, Pinturicchio, 1492. Ca. Fondazione Guglielmo Giordano, Perugia

La passione di un papa libertino

1492: mentre Colombo scopriva lโ€™America, nelle corti italiane si consumavano intrighi, passioni, giochi di potere. Persino in quella papale, soprattutto se a sedere sul soglio รจ papa Alessandro VI, il controverso papa Borgia, quel Rodrigo dal temperamento focoso famoso per la sua inclinazione al libertinismo e al nepotismo. Non ci sono segreti nelle corti, tantomeno se i diretti interessati non danno segno di voler mantenere il riserbo: si sa che il papa ha delle amanti, ma ce ne sono alcune che sono le sue favorite. Prima Vannozza Cattanei, cui si lega per ben 15 anni e da cui ha quattro figli (Cesare, Giovanni, Lucrezia e Goffredo) e poi Giulia Farnese, Giulia La Bella, rinomata appunto per la sua bellezza di stampo mediterraneo.
Quando la quindicenne Giulia, sposata con Orsino Orsini di Bassanello (Viterbo), va a fare visita alla figlia del papa, Rodrigo rimane talmente ammaliato dalla sua bellezza che chiede ad Adriana de Mila, madre di Orsino, di poterla avere vicino a sรฉ, a Roma. Con il beneplacito della suocera, Giulia raggiunge allora lโ€™amica Lucrezia a Santa Maria in Portico, un palazzo attiguo al Vaticano, dove riceve i postulanti del papa. Da qui comincia a tessere una serie di relazioni che, appena un anno dopo il suo insediamento, porteranno il fratello Alessandro a essere eletto cardinale (diventerร  poi papa, col nome di Paolo III, nel 1534).
Nel frattempo la relazione con Alessandro VI diventa di pubblico dominio, al punto che il papa, noto mecenate, chiede a Bernardino di Betto โ€“ nientemeno che il Pinturicchio โ€“ di affrescargli gli appartamenti privati.
Apparentemente, niente di strano: Alessandro VI, orante, sarร  inginocchiato davanti a una Madonna con un Bambino benedicente. Lo stile dovrร  essere quello che giร  da tempo caratterizza lโ€™opera del Pinturicchio, degno erede del Perugino: resa anatomica aggraziata, incarnato chiaro, dovizia di dettagli, lumeggiature dorate sullo sfondo. Ma allora perchรฉ, morto Alessandro VI e puntata la fortuna della famiglia Farnese sui Della Rovere, del dipinto si sarebbe persa ogni traccia?

Il volto della Madonna

Il dipinto condannato allโ€™oblio

A pesare sulla bilancia sono stati i dettagli. Il primo รจ il volto della Madonna, che la tradizione vuole che fosse proprio quello di Giulia Farnese, chiamata con scherno sponsa Christi per la sua relazione col papa.
Vasari, artista e celebre biografo dei suoi colleghi, parlando dei lavori svolti dal Pinturicchio in Vaticano in effetti aveva riferito: ยซRitrasse sopra la porta di una camera la signora Giulia Farnese per il volto di Nostra Donna e, nel medesimo quadro, la testa dโ€™esso papa Alessandro che lโ€™adoraยป. Ma non era stato creduto, si pensรฒ che avesse solo condensato le tante dicerie che giravano sulla coppia.
Determinante รจ stato anche lโ€™atto in cui รจ stato immortalato Alessandro VI: toccare il piede del Bambino era considerato un gesto quasi blasfemo. Gli studiosi ritengono probabile che il papa si sia concesso questa licenza perchรฉ il dipinto era destinato ai suoi appartamenti privati, ma non รจ difficile credere che una persona di tale facilitร  di costumi abbia semplicemente dato poco peso a questioni cosรฌ trascendentali. Fatto sta che lโ€™affresco subisce una vera e propria damnatio memoriae, tanto che, nel 1655, il neoeletto papa Alessandro VII decide di staccarlo e di smembrarlo, dando persino adito al dubbio che sia mai esistito.
Fino al 1940, almeno. Il caso vuole che Giovanni Incisa di Rocchetta, noto appassionato dโ€™arte, in visita presso una famiglia patrizia mantovana posi lo sguardo su un dipinto in cui un papa รจ inginocchiato ai piedi di una Madonna con un Bambino. Ma a colpirlo sono i particolari, perchรฉ riconosce โ€“ nellโ€™atteggiamento benedicente del Bambino e nelle fattezze della Vergine โ€“ i dettagli al centro di due quadri in possesso della sua famiglia. Giovanni รจ infatti il figlio della principessa Eleonora Chigi Albani Della Rovere, inconsapevole depositaria di una lunga storia di intrighi e giochi di potere.

Il giallo nel giallo

Come ogni storia che si rispetti, cโ€™รจ sempre un elemento pronto a scombinare le carte in tavola. In questo caso sono state le macchinazioni, di inizio 1600, di Francesco IV Gonzaga.
Il duca di Mantova era venuto infatti a conoscenza, grazie al suo legato a Roma, di un famigerato dipinto in cui la Vergine Maria era stata rappresentata come la sponsa Christi Giulia Farnese. Gonzaga andรฒ in sollucchero perchรฉ non esisteva unโ€™occasione migliore per screditare i Farnese che, grazie alle trame ordite tempo prima da Giulia, godevano di grandi privilegi. Perรฒ gli servivano le prove: chiese allora al pittore mantovano Pietro Facchetti di realizzare una copia dellโ€™affresco.
I dettagli su come Facchetti sia riuscito a vedere il dipinto incriminato meriterebbero una storia a parte. A fronte di un bel paio di calze di seta, un guardarobiere addetto agli appartamenti papali gli mostrรฒ infatti la scena del Pinturicchio, celata da un taffetร  inchiodato.
Quella su cui mette gli occhi Giovanni Incisa di Rocchetta รจ proprio la riproduzione di Facchetti, la prova richiesta da Francesco Gonzaga per screditare i Farnese. Ma รจ grazie a questa testimonianza che Giovanni capisce che il Gesรน benedicente e il volto di Madonna – racchiusi in due cornici diverse e poiย  inventariate a oltre 100 numeri di distanza – dovevano aver fatto parte di un progetto piรน grande. Ed รจ sempre grazie a questa che oggi abbiamo potuto rimettere a posto tutti i frammenti di questo intricato puzzle.

 

Copia di Pietro Facchetti

Il puzzle che non potrร  mai essere completato

La storia del Bambin Gesรน delle Mani non finisce qui, perรฒ. Nel 2004 lo storico dellโ€™arte Franco Ivan Nucciarelli lo avvista nel mercato antiquario: il frammento viene intercettato e diventa la punta di diamante della Fondazione Guglielmo Giordano, che lโ€™ha restituita alla collettivitร .
E il volto di Madonna? Il presunto ritratto di Giulia Farnese, ritenuto scomparso, รจ riemerso recentemente a seguito di una segnalazione di una famiglia romano-svizzera imparentata con i Chigi, che tuttora ne detiene il possesso. Del papa orante, invece, si รจ persa da tempo ogni traccia.

 


Fonti:

Sky Arte racconta la storia di Listone Giordano, https://www.youtube.com/watch?v=XPqaGiIN6qU
Storia del Bambin Gesรน delle Mani di Pinturicchio, https://one.listonegiordano.com/cultura/storia-del-bambin-gesu-delle-mani-del-pinturicchio/
Intervista Andrea Margaritelli, https://www.artribune.com/arti-visive/archeologia-arte-antica/2017/04/dipinto-pinturicchio-intervista-andrea-margaritelli-fondazione-giordano/attachment/pinturicchio-bambin-gesu-delle-mani-1492-ca-fondazione-guglielmo-giordano-perugia/
Bambin Gesรน delle Mani, https://it.wikipedia.org/wiki/Bambin_Ges%C3%B9_delle_mani
Papa Alessandro VI, https://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Alessandro_VI
Giulia Farnese, https://it.wikipedia.org/wiki/Giulia_Farnese
Orsino Orsini, https://it.wikipedia.org/wiki/Orsino_Orsini_(1473-1500)
Vannozza Cattanei, https://it.wikipedia.org/wiki/Vannozza_Cattanei
Il Bambin Gesรน delle Mani, http://www.fondazionegiordano.org/italia/pinturicchio_bambin_gesu_delle_mani.html

Nellโ€™immaginario collettivo, allโ€™idea di Rivoluzione francese si associa la terribile immagine della ghigliottina, cosรฌ come a Napoleone Bonaparte (Ajaccio, 15 agosto 1769 – 5 maggio 1821, Longwood House, Longwood, Sant’Elena) corrisponde il ricordo delle incessanti campagne di guerra, che sconvolsero lโ€™Europa per oltre un ventennio, travolgendo nazioni e regimi e causando cinque milioni di morti.

A questo periodo dovrebbe essere associata anche unโ€™altra immagine: le sistematiche spoliazioni delle nazioni vinte che venivano umiliate nel loro patrimonio storico-artistico. I quadri e le sculture passarono in mano alla nazione francese, non per furto o per saccheggio, ma in seguito ad accordi internazionali. I drammatici eventi che portarono alle requisizioni segnarono indubbiamente il patrimonio regionale. Le spoliazioni vennero costantemente perpetrate nellโ€™arco di venti anni, dal 1797 fino al Congresso di Vienna del 1815.
Secondo lo storico Paul Wescher, le spoliazioni napoleoniche rappresentarono ยซil piรน grande spostamento di opere d’arte della storiaยป, inoltre lo storico sottolinea che Napoleone, pur non avendo una profonda cultura artistica, comprese subito ยซquale valore, in termini di prestigio e di propaganda, potevano avere le arti e le scienze per un regime politicoยป.

Il patrimonio umbro

In Umbria venne data grande importanza storica a Cimabue e Giotto e soprattutto al genio di Raffaello: ad aumentare la fama dellโ€™urbinate fu lโ€™uscita nel 1784 a Perugia di una guida della cittร , scritta dallโ€™architetto e teorico Baldassarre Orsini, intitolata Guida al forestiere per lโ€™Augusta cittร  di Perugia, moderna e agile descrizione finalizzata alla divulgazione degli straordinari tesori della cittร . Questo testo divenne ben presto un agile strumento nelle mani dei commissari napoleonici. Al suo interno la scelta delle opere piรน significative era facilitata da un comodo sistema di asterischi: gli asterischi andavano da uno fino a tre, ad esempio i capolavori di Raffaello e Barocci erano evidenziati da tre. Tinet, esperto dโ€™arte, scelto da Bonaparte per requisire le opere, fu a Perugia almeno in tre occasioni: durante questi soggiorni si dotรฒ della guida dellโ€™Orsini.
Alcuni capolavori non furono giudicati allโ€™altezza delle collezioni del Louvre e furono destinati ai musei dipartimentali in via di costruzione. Tinet scrisse al magistrato di Perugia per informarlo di essere stato incaricato, dietro ordine di Bonaparte, di ยซfare la scelta nelle chiese ed altri luoghi pubblici di questa cittร  di quadri, libri, manoscritti, e generalmente di tutti gli oggetti di Scienze e di Arti, che degne saranno di essere raccolte per poi trasportarsi in Francia nel museo della Repubblicaยป. Furono veramente poche le chiese e i complessi monastici e conventuali che furono risparmiati dalla visita del commissario francese. I quadri che furono individuati a Perugia calzavano alla perfezione con gli ideali estetici della cultura francese. Vennero requisite moltissime opere dโ€™arte: nel palazzo dei Priori la Pala dei Decemviri del Perugino, nella chiesa di Santa Maria di Monteluce lโ€™Incoronazione della Vergine, di Giulio Romano e Giovan Francesco Penni su disegno di Raffaello, e la Pala Oddi nella chiesa di San Francesco al Prato.

 

Pietร , Pietro Vannucci detto il Perugino

Il ritorno a casa

Gli oggetti dโ€™arte requisiti giunsero a Parigi nel mese di luglio del 1798. Vennero organizzate una serie di celebrazioni per festeggiare l’entrata dei convogli in cittร , realizzando un vero e proprio corteo delle meraviglie. I commissari napoleonici requisirono tantissime opere, alcune delle quali tornarono in Italia, alcune anche in Umbria, grazie ad Antonio Canova, Ispettore Generale delle Belle Arti. Tra le opere che tornarono nel loro luogo di origine, e che oggi possiamo ammirare per la loro bellezza, spiccano sicuramente le opere del Perugino: il Polittico di San Pietro e la Pietร .
Il primo รจ databile al 1496-1500 e comprendeva vari pannelli da inserire in una grandiosa macchina d’altare. Ci fu una solenne inaugurazione dellโ€™altare il 13 gennaio 1500, dove Vasari lodรฒ il polittico e lo descrisse come la migliore opera esistente dell’artista a Perugia.[1]
Con le requisizioni napoleoniche del 1797 lโ€™opera venne trafugata, finendo divisa tra piรน musei francesi; ma grazie al recupero del Canova alcune parti del polittico oggi sono conservate presso la Galleria Nazionale dellโ€™Umbria.
La seconda opera requisita รจ la Pietร  che giunse al Louvre, ma anche essa fu recuperata il 29 ottobre del 1815 e oggi conservata nella Basilica di San Pietro a Perugia. Si tratta di uno dei pannelli piรน elogiati da Orsini: ยซPietro in questa tavola ha voluto piuttosto seguitare il piacere dellโ€™occhio che soddisfare alla devozioneยป.[2]
Anche la Deposizione della croce di Federico Barocci, opera di inestimabile valore, venne trafugata dalla cittร  di Perugia. Il dipinto commissionato dal Collegio della Mercanzia, fu messo in opera, sullโ€™altare della cappella di San Bernardino, nel dicembre del 1569. La pala venne requisita il 24 febbraio 1797 e fu esposta al Louvre nel novembre 1798 e nel 1802 nella chiesa parigina di Nรดtre-Dame.
La pala bellissima e coinvolgente con i suoi splendidi, accesi e brillanti colori, porta lo spettatore a vivere un grande momento di pathos nello svenimento della Madonna, verso la quale accorrono le pie donne spaventate. รˆ presente un giovanissimo san Giovanni che abbraccia i piedi di Cristo ed inoltre รจ visibile il vento che muove le vesti degli uomini che stanno togliendo Gesรน dalla croce.[3]

 

Deposizione dalla croce, Federico Barocci.

 

Nellโ€™opera si intravede lโ€™evoluzione creativa del pittore che punta su una novitร  di tipo cromatico-strutturale; si รจ infatti avanzata lโ€™ipotesi che il Barocci fosse a conoscenza delle teorie sul colore di Leonardo da Vinci descritte nel suo Trattato della pittura.
Eccelso capolavoro di Raffaello, prelevato dalle truppe napoleoniche il 20 febbraio 1797 ed esposto al Louvre nel 1798, fu lโ€™Assunzione della Vergine, realizzata tra la fine del 1502 e gli inizi del 1503, per la cappella di Alessandra Baglioni, figlia di Braccio, magnifico signore di Perugia. Nella tavola centrale รจ visibile il tema dellโ€™Assunzione, mentre nella predella sono dipinte lโ€™Annunciazione, lโ€™Adorazione dei Magi e la Presentazione al tempio.
Lo scomparto centrale e la predella furono recuperati da Canova il 2 e il 21 ottobre 1815, ma furono trattenuti a Roma nella Pinacoteca Vaticana: la famiglia Oddi tentรฒ di recuperare il dipinto, inoltrando numerose richieste al segretario di Stato, cardinal Consalvi, ma il dipinto rimase nelle sale della Pinacoteca Vaticana.
Lโ€™opera, che era destinata ad una committenza di particolare prestigio, ripropone i modelli perugineschi, soprattutto nella parte inferiore dello scomparto centrale e nella predella.
Questo meraviglioso soggetto รจ possibile ammirarlo a Civitella Benazzone, frazione del comune di Perugia, dove nella chiesa parrocchiale รจ presente una copia datata 1518 e attribuita a Domenico Alfani. Dopo le spoliazioni napoleoniche molte opere di inestimabile valore storico-artistico lasciarono la nostra regione per non farvi piรน ritorno, altre confluirono nella collezione della Pinacoteca Vaticana, altre ancora invece tornarono in Umbria: cosicchรฉ ancora oggi possiamo ammirare il loro eccelso splendore.

 


[1] Vittoria Garibaldi, Perugino, in Pittori del Rinascimento, Firenze 2004

[2] Baldassarre Orsini, Vita elogio e memorie dellโ€™egregio pittore Pietro Perugino e degli scolari di esso, Perugia 1804.

[3] Francesca Abbozzo e Maria Teresa Castellano, Federico Barocci: il deposto di croce alla cappella di san Bernardino nella Cattedrale di Perugia: il restauro, studio e conservazione, Ancona, 2010

La parola selfie รจ entrata a pieno titolo nel nostro vocabolario. Quotidianamente sentiamo molte persone pronunciarla e ne abbiamo visto altrettante rivolgere verso di sรฉ uno smartphone per scattare una foto.

Nel corso degli anni i selfie non hanno certo rallentato la loro crescita. Viviamo nellโ€™era dellโ€™immagine, in un mondo sempre connesso: in un mondo sempre piรน frenetico, gli autoscatti sono diventati uno strumento di comunicazione visiva istantanea. Nel corso della storia, specchi, autoritratti e fotografie si intrecciano, descrivendo come muta il rapporto dellโ€™uomo con la sua immagine.
Anticamente lo specchio aveva un ruolo chiave nella societร : raccontava il bisogno dellโ€™uomo di specchiarsi, di vedere la propria immagine, fondamentale per sviluppare al meglio lโ€™idea della propria identitร .
I primissimi metodi sfruttati dallโ€™uomo furono quelli di vedere riflessa la propria immagine o il proprio corpo in specchi dโ€™acqua, corsi o laghetti: Narciso, personaggio della mitologia greca, รจ identificato come lโ€™amore, spesso esagerato, che una persona prova per la propria immagine e per se stesso.

 

Presunto ritratto di Simone Martini. Cappella di San Martino. Basilica inferiore Assisi

Il primo autoritratto

La prima comparsa dellโ€™autoritratto avvenne nel Medioevo, durante il quale si svilupparono nuove esigenze rappresentative. Si pensava infatti che lโ€™immagine, riflessa in uno specchio dโ€™acqua, fosse semplicemente lโ€™immagine materiale; lโ€™immagine artistica invece, compreso il ritratto, era lโ€™immagine che dimorava nellโ€™anima di ogni uomo. Non a caso nel Medioevo si diffuse la credenza che Cristo fosse stato pittore della propria immagine.
Lโ€™autoritratto acquistรฒ dignitร  artistica a partire dal Rinascimento: in questo periodo nuove tecniche di pittura iniziano a diffondersi, aiutando i pittori a realizzare ottimi chiaroscuri e a rendere i colori piรน naturalistici. Certamente significativa fu la visione antropocentrica, che si stava ampiamente diffondendo: tanti artisti si interessarono alla rappresentazione di volti umani.
Giorgio Vasari, nelle Vite, attribuisce la pratica del ritratto a due grandi maestri: Cimabue e Giotto. Cimabue infatti si sarebbe raffigurato nella Crocifissione dipinta nella Basilica superiore di San Francesco ad Assisi.[1]
Si pensa invece che il ritratto di Giotto sia presente nella raffigurazione del Fanciullo di Suessa. Nella cappella di San Martino, la prima cappella a sinistra della basilica inferiore di San Francesco dโ€™Assisi, invece รจ raffigurato il presunto autoritratto di Simone Martini nella Resurrezione di un fanciullo. La cappella, voluta e finanziata dal cardinale Gentile Partino da Montefiore, fu interamente affrescata dallโ€™artista nel 1313-1318.

 

Il Perugino. Collegio del Cambio. Perugia

I selfie del Perugino e Pinturicchio

Nel Quattrocento, in Umbria, celebri sono gli autoritratti di Pietro Vannucci, detto il Perugino, e del suo allievo Bernardino di Betto Betti, noto come il Pinturicchio, entrambi inquadrati in una cornice che pone lโ€™artista in una posizione di rilievo. Il primo si ritrae allโ€™interno di una cornice nella Sala dellโ€™Udienza del Collegio del Cambio a Perugia. Lโ€™ambiente รจ interamente affrescato con un programma iconografico in cui sono inserite figure mitologiche, Sibille, Profeti e personaggi illustri sia della storia greca che romana.[2]
Su un pilastro intermedio della parete sinistra, inserito in un quadro appeso tra nastri e collane di corallo con effetto trompe-lโ€™oeil, รจ visibile il ritratto dellโ€™artista e un’iscrizione che testimonia il compiacimento per la fama raggiunta.
Lโ€™iscrizione in italiano recita: ยซPietro perugino, pittore insigne. Se era stata smarrita l’arte della pittura, egli la ritrovรฒ. Se non era ancora stata inventata egli la portรฒ fino a questo puntoยป.
I dettagli fisici e psicologici dell’autoritratto sono molto curati: il volto รจ tondeggiante, gli occhi sono sicuri, fieri e guardano senza esitazione davanti a sรฉ, le guance arrossate, le labbra sono sottili, i capelli fluenti e il mento ha una fossetta. La veste nera e il cappello rosso, su uno sfondo blu monocromo, conferiscono al pittore un tono di severa nobiltร .
Il ritratto del Pinturicchio si trova allโ€™interno di un suo ciclo di affreschi, databili tra il 1500 e il 1501, presso la cappella Baglioni, nella collegiata di Santa Maria Maggiore a Spello.
In un ambiente contornato da un maestoso loggiato rinascimentale, รจ dipinta lโ€™Annunciazione: Maria leggente รจ sorpresa dallโ€™angelo che si avvicina benedicendola e recando in mano il giglio bianco, simbolo della sua purezza. In alto appare lโ€™Eterno in una mandorla di angioletti che invia, tramite un raggio luminoso, la colomba dello Spirito Santo.[3]
In lontananza, oltre lโ€™hortus conclusus, si apre un paesaggio ricco di dettagli. Posta sulla destra dellโ€™Annunciazione, si apre una finestrella con una grata su cui รจ appoggiata un’anfora e una mensola di libri, al di sotto della quale รจ presente lโ€™autoritratto del pittore e unโ€™iscrizione dedicatoria.
Questi accorgimenti sono la prova tangibile che lโ€™autore non ha piรน bisogno di celarsi tra i personaggi raffigurati, ma assume il vero ruolo di protagonista, distinguendosi in maniera netta allโ€™interno dellโ€™opera.

 

Luca Signorelli. Cappella di San Brizio. Duomo di Orvieto

Signorelli e Beato Angelico in mezzo all’opera

Tra le tante personalitร  della pittura rinascimentale spicca Luca Signorelli, artista che lavorรฒ in Umbria, soprattutto a Cittร  di Castello e Orvieto presso la Cattedrale di Santa Maria Assunta. Il suo selfie รจ presente nella scena piรน evocativa dell’intero ciclo, almeno in termini di originalitร  narrativa e di evocazione fantastica: la Predica e i fatti dellโ€™Anticristo.
Lโ€™artista, presente allโ€™estrema sinistra, vitale e di bella presenza – come lo descrisse Vasari che lโ€™aveva conosciuto personalmente in tenera etร  – indossa un copricapo e un mantello nero.
Accanto a Signorelli รจ presente un altro personaggio con il classico abito domenicano: รจ Beato Angelico. Lโ€™artista aveva iniziato il ciclo pittorico nel 1447, poi completato dal Signorelli. Scalpellini scrisse che la sua presenza a margine della scena assomiglia a quella di un regista compiaciuto per la riuscita del suo spettacolo e si presenta alla platea per ricevere lโ€™applauso. [4]

 


[1] Enio Sindona, Cimabue e il momento figurativo pregiottesco, Rizzoli Editore, Milano, 1975.
[2] Umbria, Touring Club Editore, Milano, 1999.
[3] Cristina Acidini, Pinturicchio, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004.
[4] Antonio Paolucci, Luca Signorelli, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004.

Lโ€™Umbria รจ una regione lontana dal mare: a sinistra ci vogliono 138 km per arrivare allโ€™Adriatico e a destra 335 km per raggiungere il Tirreno. Eppure in questa regione, che ha conosciuto il mare solo qualche milione dโ€™anni fa, la collana di corallo รจ stata un oggetto a cui non si poteva rinunciare.

Era il regalo della suocera alla nuora e, nel caso la suocera non avesse avuto disponibilitร , ci pensava la mamma della sposa. La collana non poteva assolutamente mancare: ogni figlia che andava sposa doveva essere protetta da fatture e malefici.
La collana aveva perle rigorosamente digradanti ed era quella centrale a conferirle il vero valore. La perla centrale doveva essere grande, addirittura esagerata per meglio esibire la ricchezza della famiglia. Una tradizione tramandata fino agli anni Cinquanta-Sessanta del secolo scorso, quando in ogni circostanza importante si doveva sfoggiare la collana di corallo. Ormai il suo valore scaramantico รจ stato dimenticato: la collana col suo colore sanguigno non protegge piรน dalle influenze maligne, รจ semplicemente bella da portare e piรน si รจ distanti dal mare piรน la si apprezza.
Chi oggi tratta ancora coralli in Umbria afferma che la collana rossa รจ tornata di moda e che se ne vendono tante. La lavorazione perรฒ non si fa qui e gli artigiani capaci di ricavare perle e altri manufatti dalle colonne coralline sono sempre piรน rari.

 

Un monile antico

In Umbria, anche quando i collegamenti erano difficili e rischiosi, come nel Medioevo, i coralli si trovavano sempre. Li avevano gli speziali, che li macinavano per farne medicine per i ricchi, li dipingevano i pittori, caricandoli di tutti i simboli religiosi e magici allora conosciuti ed erano portati dalle donne che potevano permetterseli.
I pittori del Quattrocento e del Cinquecento hanno amato molto il corallo, tanto che Piero della Francesca, Pinturicchio, Bronzino e diversi pittori umbri hanno spesso raffigurato Gesรน Bambino con una collanina da cui ne pende un rametto. Il colore rosso ricorda il sangue, la forma articolata dei rami del corallo ricorda la circolazione sangue e il tutto preannuncia il futuro martirio. Il Bambino con collanina piรน famoso รจ certamente quello in braccio alla Madonna di Senigallia di Piero della Francesca.
Ormai il corallo viene da mari lontani perchรฉ il Mediterraneo lo ha quasi tutto esaurito. Sembra incredibile, ma solo 50 – 60 anni fa a Torre del Greco (Napoli) si lavorava solo il corallo di prima qualitร  mentre il resto veniva usato per costruire le case o come materiale di riempimento sotto lโ€™asfalto. Oggi, girando per Torre del Greco, si possono ancora vedere muri fatti con pietre e corallo. Adesso che il mondo si รจ ristretto, il commercio del corallo si รจ allargato anche se il materiale da gioielleria รจ sempre piรน difficile da reperire.
Ci รจ stato spiegato che il corallo rosa e quello pelle dโ€™angelo vengono dal Pacifico, quello rosso scuro (detto moro) proviene dal Giappone, mentre la qualitร  migliore รจ ancora quella del Mediterraneo e in particolare quella di Alghero dove perรฒ, per trovare una bella barriera, si deve scendere fino a 120 metri di profonditร .

Bernardino di Betto, noto come il Pinturicchio, nasce a Perugia nel 1454 da Benedetto di Biagio, nel quartiere di Porta Santโ€™Angelo.[1] Probabilmente venne chiamato Pinturicchio a causa della sua statura minuta.

Fu lโ€™erede di una tradizione pittorica e miniaturista di rilievo che ha i suoi precedenti in Bartolomeo Caporali, Fiorenzo di Lorenzo e Benedetto Bonfigli. Il Pinturicchio spiccรฒ come uno degli artefici della grande stagione rinascimentale di riscoperta della classicitร : infatti sarร  tra coloro che si avventureranno nel sottosuolo romano, copiando gli affreschi della Domus Aurea, dando inizio al gusto del revival archeologico e contribuendo alla diffusione delle grottesche. Entrรฒ a bottega dal Perugino e collaborรฒ con il maestro a Roma, tra il 1481 e il 1482, realizzando due affreschi: il Battesimo di Cristo e la Circoncisione dei figli di Mosรจ nella Cappella Sistina.
Nel 1486 eseguรฌ le Storie di S. Bernardino che decorano la cappella Bufalini in S. Maria in Ara Coeli. Tali affreschi sono stati commissionati al pittore da messer Niccolรฒ di Manno Bufalini, avvocato concistoriale, per ricordare la vicinanza avvenuta tra la sua famiglia e i Baglioni di Perugia, proprio per merito di S. Bernardino.
A Roma venne in contatto anche con la pittura del Ghirlandaio e del Botticelli, i quali contribuirono alla sua formazione artistica. Nella seconda metร  del Quattrocento, lโ€™artista realizzรฒ una piccola ma deliziosa tempera su tavola raffigurante la Madonna con il Bambino e San Giovannino, conservata nel Museo del Duomo a Cittร  di Castello.

 

Madonna con Bambino e San Giovanni. Museo del Duomo. Cittร  di Castello

 

La piccola tavola raffigura Maria, Gesรน bambino, in piedi sulle ginocchia della madre e San Giovanni Battista, che sostiene la scritta Ecce Agnus Dei. Le tre figure sono luminose su ampio sfondo, con un linguaggio stilistico composto e severo.
Lโ€™artista rientrรฒ a Perugia il 14 febbraio 1495, stipulando, con i religiosi del convento di S. Maria degli Angeli a Porta S. Pietro, il contratto per la realizzazione del Polittico di S. Maria deโ€™ Fossi, ora nella Galleria Nazionale dellโ€™Umbria. Il contratto per lโ€™opera, ci รจ pervenuto e contiene dettagliatissime istruzioni circa la realizzazione dell’opera, che era destinata all’altare maggiore per la chiesa, detta dei Fossi. Il pittore era all’epoca allโ€™apice del suo successo, favorito da Papa Alessandro VI per il quale aveva appena concluso la grande impresa della decorazione dellโ€™appartamento Borgia.

 

Pala di Santa Maria dei Fossi. Dettaglio

 

Anche per la cornice lignea le prescrizioni dei religiosi furono precise ed essa venne realizzata a imitazione dell’architettura della facciata della chiesa. Il Vasari non vide lโ€™opera, sebbene essa venne ampiamente lodata dagli studiosi locali anche nei secoli successivi. La pala รจ oggi composta da sette pannelli principali; al centro campeggia la Madonna con il bambino e san Giovannino, affiancata dai santiย Agostino, vestito con un riccoย piviale eย Girolamo, vestito daย cardinaleย e con un modellino della chiesa in mano, forse la stessa Santa Maria degli Angeli. Sopra di essi due riquadri con l’Angelo annuncianteย e laย Vergine annunciata. Sullaย cimasaย campeggia ilย Cristo morto sorretto da due angeliย e laย Colomba dello Spirito Santo.
Nel 1497 vennero eseguiti gli affreschi per la decorazione della cappella Eroli nel Duomo di Spoleto, raffigurante la Madonna con il Bambino tra San Giovanni Battista e Leonardo, immersa in un dolcissimo paesaggio lacustre tipico della scuola umbra.
Nel 1501 Pinturicchio realizzรฒ unโ€™altra delle sue opere migliori la cappella bella, ovvero la cappella Baglioni in Santa Maria Maggiore a Spello. La decorazione venne commissionata dal priore Troilo Baglioni, poi vescovo di Perugia. Lโ€™impresa fu l’ultima commissione importante del Pinturicchio in Umbria, prima di partire per Roma e Siena.

Autoritratto Pinturicchio. Cappella Baglioni a Spello

Lโ€™impresa, come uso del il pittore perugino, venne condotta con notevole rapiditร  grazie all’utilizzo di una ben organizzata bottega, con lโ€™impiego di altri maestri che dipingevano su suo disegno. Tali affreschi recano la firma Bernardius Pictoricius Perusinus e rappresentano sulle pareti: lโ€™Annunciazione, lโ€™Adorazione dei Magi, Gesรน fra i dottori, nelle vele invece le quattro Sibille e un Autoritratto.
La libreria Piccolomini a Siena, del 1502, รจ lโ€™opera considerata il suo capolavoro assoluto: potente cromatismo, gusto del particolare, grande attenzione allโ€™aspetto decorativo, caratterizzano lโ€™intervento di Pinturicchio nella biblioteca fatta edificare nel 1495 dal cardinale Todeschini Piccolomini in onore di Enea Silvio Piccolomini, poi papa Pio II.
Lโ€™ultima opera documentata dellโ€™artista รจ la Madonna in Gloria tra i Santi Gregorio Magno e Benedetto, per gli Olivetani della chiesa di Santa Maria di Barbiano presso San Giminiano. Fu Vasari, grazie a un aneddoto, a raccontare i suoi ultimi anni. Il pittore aveva trovato alloggio presso i Frati di San Francesco a Siena e chiese con insistenza di togliere dalla sua cella un cassone, ma durante il trasloco questo si ruppe rivelando il suo tesoro: cinquecento ducati dโ€™oro, i quali spettarono ai frati riempiendo il pittore di tristezza fino a condurlo alla morte.[2]
Lโ€™artista morรฌ lโ€™11 dicembre 1513 a Siena. Riposa nella parrocchia dei SS. Vincenzo e Anastasio.

 


[1] Giorgio Vasari, Le Vite deโ€™ piรน eccellenti pittori, scultori e architetti, a cura di G. Milanesi, III, Firenze 1878, pp. 493-531.โ‡‘

[2] Giorgio Vasari, Vite deโ€™piรน eccellenti pittori, scultori e architetti, edizione commentata del 1878, vol. III, pag. 503-505.โ‡‘

Deruta, insieme a Gualdo Tadino, Gubbio e Orvieto costituisce uno dei quattro centri di antica tradizione ceramica.

A Deruta le prime attestazioni della produzione ceramica risalgono alla seconda metร  del Duecento; infatti, in un documento del 1277 si richiede la fornitura di mattoni da eseguire ad modum mattorum Dirupta, cioรจ secondo le misure e la qualitร  di Deruta, mentre รจ del 1296 la testimonianza di una zona – oggi identificata tra Perugia e Todi – denominata terra vasaria, che denota in modo inequivocabile lโ€™esistenza di una produzione di laterizi e terrecotte.

 

Dal bruno a blu cobalto

Nel Trecento a Deruta troviamo attestate organizzazioni di tipo cooperativistico con produzioni di oggetti dโ€™uso quali catini, scodelle, boccali e piatti, ma ancora dipinti nei soli colori di bruno e verde ramina su uno smalto di fondo biancastro. I motivi decorativi sono ancora molto semplici: elementi geometrici-floreali e, talvolta, raffigurazioni zoologiche e antropomorfe.
Lโ€™introduzione del blu, del giallo e dellโ€™arancio coincide con il periodo di massimo splendore della produzione derutese che si attesta tra la fine del Quattrocento e la metร  del Cinquecento. Nelle produzioni di questo periodo troviamo il blu cobalto intenso e diluito che si alterna in genere al giallo su uno smalto impreziosito da sovrapposizioni. I soggetti iconografici diventano molto piรน elaborati e raffinati e si ispirano spesso alle opere pittoriche dellโ€™artista perugino Bernardino di Betto detto il Pinturicchio.
Anche le piastrelle raggiungono grande raffinatezza. Ne sono esempi notevolissimi il magnifico pavimento della Cappella Baglioni nella Chiesa di Santa Maria Maggiore di Spello o lโ€™antico pavimento della Chiesa di San Francesco di Deruta, i cui frammenti con le loro splendide sfumature del blu e i raffinatissimi disegni catturano lo sguardo del visitatore che lo osserva dalle teche del Museo Regionale della Ceramica.
Accanto alla produzione di vasellame da tavola e oggetti dโ€™uso comune, una consistente fetta di artigiani si dedica in questo periodo alla produzione di ceramica ornamentale come piatti da pompa o coppe amatorie. Il blu utilizzato dai ceramisti derutesi era ricavato dallโ€™ossido di cobalto e veniva prodotto direttamente nelle botteghe che ne facevano uso.

Il colore della sfera religiosa e femminile

Il blu in tutte le sue sfumature, molto usato nel periodo del massimo splendore della ceramica di Deruta, diviene quasi colore obbligato per opere che rappresentano santi e madonne, che dovevano essere installate in un contesto religioso o che rappresentavano la sfera femminile. Il blu, sinonimo di cielo, acqua, serenitร  e pace, infatti, รจ da sempre associato alla sfera religiosa ed รจ presente nelle iconografie di tutto il mondo; per i primi cristiani era sinonimo di Dio Padre, nel corso del tempo รจ andato rappresentando sempre di piรน la Vergine Maria, simbolo della femminilitร  e delle qualitร  connesse alle donne quali la compassione, la devozione, la fedeltร , la maternitร . Le decorazioni in blu su ritratti di donna erano omaggio alla bellezza e alle qualitร  finora citate. Non a caso nei numerosissimi ex voto che troviamo nel Santuario della Madonna dei Bagni (o del Bagno), il blu รจ il colore predominante.

 

Verso la monocromia turchina

Nel Seicento inizia la decadenza qualitativa e quantitativa della ceramica derutese e il blu diventa prevalentemente monocromia turchina con soggetti floreali, tralci e uccelli ricchi e articolati che tendono a ricoprire in fitte trame tutto il manufatto, probabilmente su imitazione della ceramica olandese che si ispirava a sua volta alla raffinatezza della porcellana cinese e alle ceramiche medio-orientali di Persia e Turchia. Nel secolo seguente raffinate decorazioni in bianco e blu continuano a ornare tavole di nobili e ricchi borghesi della regione.

Ispirazione per artigiani e artisti: il Museo regionale della Ceramica di Deruta

รˆ il piรน antico museo italiano dedicato alla ceramica; รจ stato fondato nel 1898 per iniziativa del notaio derutese Francesco Briganti con lโ€™intento di fare un museo ยซda servire agli artisti derutesi, alla storia dellโ€™arte ed al decoro della patria illustre delle majolicheยป tantโ€™รจ che nel primo appellativo, Museo artistico per lavoranti in maiolica, รจ contenuta la missione del museo, ancora estremamente attuale: luogo di conservazione della memoria storica, di cultura, ma anche modello e fonte di grande ispirazione per artigiani, artisti e designer.
Il museo, ospitato nel trecentesco complesso conventuale San Francesco, conserva piรน di seimila opere, dalla ceramica arcaica fino ai giorni nostri. In piรน, allโ€™interno di una torre metallica di quattro piani, รจ organizzato un deposito di opere ceramiche di vari periodi provenienti anche da collezioni private e sempre aperto al pubblico. Una curiositร : nel deposito sono conservati esempi di preziosi packaging in ceramica realizzati per una nota industria dolciaria perugina.
Molte opere colpiscono il visitatore per la raffinatezza del decoro, la minuziositร  del dettaglio, lโ€™uso del colore come esempio della piรน altra espressione del bello nella ceramica artistica.

 

Un unicum di stile: il pavimento della Chiesa di San Francesco

Rinvenuto nel 1902 durante i lavori di restauro della chiesa, รจ sicuramente una delle opere piรน significative della collezione museale. รˆ composto da duecento mattonelle di forme diverse, quadrate e rettangolari a componimento di una cornice, ma quelle che destano piรน stupore sono a forma di stella a otto punte e a croce obliqua, che si intersecano perfettamente. I motivi decorativi riportati sono assai diversi fra loro, figure sacre e profane nelle mattonelle a stella, arabeschi e girali in quelle a croce. Questa straordinaria opera si attribuisce a Nicola Francioli detto il Co, figlio di una delle famiglie piรน antiche di vasari derutesi; il ritrovamento di una mattonella con la data 1524 fa presumere lโ€™anno di realizzazione del manufatto, uno dei momenti piรน fiorenti per attivitร  produttiva e artistica derutese. Lโ€™utilizzo dei colori, la varietร  dei soggetti raffigurati e dei paesaggi collinari rappresentati, fanno pensare ad una chiara ispirazione alle opere del Perugino. La forma delle mattonelle invece, unica e inedita per lโ€™occidente cristiano, รจ una chiara evocazione dello stile moresco penetrato nella cultura derutese della ceramica. Infatti molte pavimentazioni islamiche dellโ€™epoca o piรน antiche riportano forme simili. Da notare anche la somiglianza con gli azulejos portoghesi e spagnoli, sottili lastre di argilla smaltata e decorata, prodotti dai vasari della penisola iberica sotto lโ€™influenza musulmana, nelle quali il blu costituisce la nota predominante.

 


FONTI:

Museo Regionale della Ceramica di Deruta

BUSTI-F. COCCHI, Museo regionale della ceramica di Deruta : ceramiche policrome, a lustro e terrecotte di Deruta dei secoli XV e XVI, Perugia : Electa-Editori umbri associati,1999

www.museoceramicadideruta.it

www.ceramicamadeinumbria.it

www.madonnadelbagno.it

www.scuoladarteceramica.com

ยซNella cittร  di Perugia nacque ad una povera persona da Castello della Pieve, detta Cristofano, un figliuolo che al battesimo fu chiamato Pietro (โ€ฆ) Studiรฒ sotto la disciplina dโ€™Andrea Verrocchio. Dipinse molte figure et Madonne. Si mostrerร  aglโ€™artefici che chi lavora e studia continuamente, e non a ghiribizzi o a capricci, lascia opere e si acquista nome, facultร  et amiciยป.
Le vite de’ piรน eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri. Parte seconda. Giorgio Vasari.

Bettona di giorno. Foto di Alessandro Bertani

 

In poche e semplici parole, il pittore, architetto e storico dellโ€™arteย Giorgio Vasari elogia Pietro Vannucci per la sua arte e le sue opere. Il Perugino dipinse, tra il 1512 e il 1513, una tempera su tavola raffigurante la Madonna della Misericordia. La Vergine, in piedi, allarga il proprio mantello per accogliervi San Lorenzo, San Girolamo e due committenti. Si tratta di un retaggio dellโ€™epoca medievale, detto della protezione del mantello, che le nobildonne altolocate potevano concedere ai perseguitati e ai bisognosi dโ€™aiuto; con il passare degli anni questa iconografia ebbe ampia diffusione e sotto il mantello della Vergine finรฌ per trovare riparo tutta lโ€™umanitร .
Lโ€™opera proveniva dalla Chiesa di Santa Caterina, dove era stata trasferita dalla Chiesa di Santโ€™Antonio, e ora รจ conservata nellaย Pinacotecaย Comunale di Bettona, uno dei borghi piรน caratteristi della regione, considerata un balcone sullโ€™Umbria: la cittร , infatti, sorge su un colle da cui la visuale spazia da Perugia e Assisi fino a Spello, passando per i verdi campi coltivati.

 

Madonna della Misericordia. Foto di Alessandro Bertani

L'arte di salvare l'arte

Lโ€™opera รจ la protagonista, insieme ad altri eccelsi capolavori, della mostra Lโ€™Arte di Salvare lโ€™Arte. Frammenti di storia dโ€™Italiaย nelle sale del Palazzo del Quirinale, aperta al pubblico fino al 14 luglio 2019. Lโ€™esposizione รจ nata per celebrare il 50ยฐ anniversario della nascita del comando dei caschi blu della cultura ovvero ilย Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale. In mezzo secoloย i carabinieri hanno salvato migliaia di opere che altrimenti sarebbero state sottratte al patrimonio dello Stato:ย oltre ottocentomila beni recuperati, piรน diย un milione di reperti archeologiciย sequestrati provenienti da scavi clandestini,ย circa un milione di opere falseย eย oltre sedicimila reperti rubati in Italia e restituiti, riconsegnando cosรฌ al bene pubblico un patrimonio artistico inestimabile. La Madonna della Misericordia, insieme a Santโ€™Antonio da Padova – anche esso del Perugino – vennero trafugate dalla Pinacoteca Comunale di Bettona nella notte tra 26 e 27 ottobre 1987 e ritrovate nel 1990 in Giamaica, nella villa di un ricco possidente.

Riscoprire il perduto

La mostra permette al pubblico di rivivere storie di recuperi, alcuni avventurosi, altri frutto di un lungo e minuzioso lavoro investigativo. Tutte le opere sono state riportate in Italia, ricontestualizzate nel territorio o nel tessuto urbano che le ha generate, restituendo loro dignitร  culturale, ma – soprattutto – restituendo loro il contesto di appartenenza.
Unโ€™opera dโ€™arte appartiene allโ€™umanitร  intera, ma essa acquisisce valore di civiltร  solo dalla profonda relazione con i luoghi che lโ€™hanno prodotta, con la cultura che lโ€™ha generata e con il paesaggio che lโ€™ha suggerita.
Il visitatore potrร  inoltre venire a conoscenza delle emergenze sismiche degli ultimi tempi, che hanno messo a nudo la fragilitร  del territorio e dei beni culturali. รˆ possibile infatti assistere anche ad alcuni filmati storici, girati nelle zone terremotate che hanno colpito la nostra Umbria, dove i protagonisti sono ancora una volta i caschi blu culturali, che annaspano tra le macerie per recuperare opere artistiche con una cura e un amore incommensurabile.
Ammirando lโ€™opera del Perugino, la dolcezza della Madonna della Misericordia, il tenero modellato dei Santi e le verdi campagne umbre dipinte alle loro spalle, non si puรฒ che provare empatia e riconoscenza verso chi restituisce a una comunitร  ferita la memoria e il suo senso di appartenenza, restituendo altresรฌ alla collettivitร  i suoi preziosi valori.

A cinquantโ€™anni esatti dalla scomparsa dellโ€™artista, Perugia torna a parlare di una grande donna: Emma Dessau Goitein, che visse gli ultimi anni della sua vita proprio lรฌ, nella cittร  diย Perugino e Pinturicchio, nella cittร  che conserva tuttโ€™oggi alcune sue opere nelย Museo dellโ€™Accademia di Perugia e nella Collezione regionale dellโ€™Umbria,ย dove si trova anche una via a lei dedicata.

La palla d’oro, 1932. Olio su tela 164,8×231 cm. Perugia, Ente Santa Croce. Scuola d’Infanzia Santa Croce. Casa dei bambini Maria Montessori

 

Per lโ€™anniversario della sua morte, lโ€™Accademia di Belle Arti Pietro Vannucci e il Comune di Perugia hanno voluto realizzare insieme una mostra per presentare una ricca ed eterogenea selezione di opere, provenienti da importanti collezioni pubbliche e private; lโ€™Accademia stessa ne conserva dieci.

Il percorso artistico e biografico

Allestita sotto forma di due percorsi, uno allโ€™Accademia di Belle Arti, lโ€™altro al Museo civico di Palazzo della Penna, e visibile fino al 9 settembre, la mostra, a cura di Fedora Boco, Maria Luisa Martella e Gabriella Steindler Moscati, abbraccia un arco cronologico molto ampio: dalla formazione tardo ottocentesca agli ultimi lavori degli anni quaranta del Novecento. Le opere esposte rivelano lโ€™articolato percorso artistico e biografico dellโ€™autrice, fortemente inserita nella scena internazionale e nelle vicende storiche e culturali del suo tempo.
Emma infatti nasce a Karlsruhe nel 1877 da una famiglia ebraica osservante. Fin da bambina รจ cosciente della propria vocazione artistica, infatti intraprende studi riservati allโ€™epoca solo agli uomini e si interessa di politica. Emma rimane orfana di padre a soli sei anni e lโ€™educazione tutta al femminile, impartita dalla madre, riesce a conciliare il rispetto per la tradizione con la modernitร ; dunque influenza e condiziona fortemente lโ€™artista che intraprende un iter formativo importante ed internazionale.
Nel 1901 si trasferisce in Italia, prima a Bologna e poi a Perugia, per amore di Bernardo Dessau. Questa unione, consapevolmente scelta a dispetto della tradizione ebraica che prevedeva matrimoni combinati, non ostacola Emma nel suo percorso dโ€™artista.

 

Foto di famiglia

Una quotidianitร  mai banale

La famiglia, anzi, รจ una delle maggiori fonti dโ€™ispirazione della pittrice che, osservando i volti dei propri cari, riesce a riprodurne non solo lโ€™immagine, ma anche lโ€™anima. I soggetti prediletti infatti sono i volti del marito Bernardo, assorto e concentrato, dei figli Fanny e Gabor, raffigurati nelle varie fasi della loro vita – oltre a quelli di altri famigliari come lโ€™amato fratello Ernst – squarciando cosรฌ il velo di una quotidianitร  mai banale. Un altro soggetto ampiamente rappresentato dallโ€™artista รจ il paesaggio; in essi Emma si affida alla fresca impressione plein air, con il colore steso quasi a macchia. Ritrae spesso le ampie vedute delle alture di Monteluce, dove viveva e dipingeva e i luoghi che ospitavano le sue vacanze, mantenendo sempre una visione realistica della grandezza della natura.

I disegni e le xilografie

La sezione grafica invece รจ ospitata presso lโ€™Accademia di Belle Arti e comprende disegni e xilografie che attraversano lโ€™intera produzione artistica dellโ€™autrice. La xilografia รจ sicuramente lโ€™arte in cui Emma elabora il mondo religioso e culturale da cui proviene, rappresentando soggetti biblici e affrontando anche tematiche attuali.
ยซCon questa mostraยป ha evidenziato lโ€™assessore alla cultura Severini, ยซprosegue il ciclo sugli artisti che animarono Perugia con la loro arte nel secolo scorso, testimoni di un fervore artistico che la caratterizzรฒ incisivamente. Emma, in accordo con le piรน aggiornate tendenze artistiche europee, produsse dipinti e incisioni di una intensitร  struggenteยป.

 

Autoritratto, 1935. Olio su tela, 64×49,5 cm. MAMbo-Museo d’Arte Moderna di Bologna

ยซL’olio e il vino umbro sono un nostro patrimonio culturale come il Pinturicchio e il Peruginoยป

Gianfranco Vissani non ha bisogno di tante presentazioni. รˆ forse il primo chef apparso in televisione, quando ancora gli chef stavano solo in cucina. Esuberante, schietto e un vero umbro verace. E anche durante la nostra chiacchierata si dimostra tale: ricorda il padre quando ammazzava il maiale o quando preparava i liquori al sambuco e al muschio e alle tante cose che gli ha insegnato, o a quando guardava Goldrake. ยซTu lo guardavi Goldrake? Forse sei troppo giovane!ยป. Poi lโ€™intervista si sposta sulla cucina umbra ed รจ palese il suo attaccamento a questa terra e a tutto quello che regala. ยซIl mio, รจ un vero rapporto col territorioยป.

Gianfranco Vissani

Qual รจ il suo legame con lโ€™Umbria?

Ho origini maremmane ma sono nato in Umbria a Civitella del Lago in provincia di Terni, quindi il mio legame รจ molto forte. Al lago di Corbara mio padre ha aperto il primo ristorante quando ancora cโ€™era poca corrente in zona e le strade erano poco praticabili. Da giovani cerchiamo e siamo attratti da tutto quello che รจ diverso, per questo – dopo lโ€™istituto alberghiero a Spoleto – ho girato molto lโ€™Italia: Venezia, Cortina dโ€™Ampezzo, Genova, Firenze e Napoli, oggi invece tutto quello che cโ€™รจ qui รจ la mia vita. Amo lโ€™Umbria, ho con questa terra un legame molto radicato.

Se lโ€™Umbria fosse un piatto, quale sarebbe?

Non sarebbe solo un piatto, ma tantissimi. Sarebbe la caccia, le lenticchie di Castelluccio, le patate di Colfiorito, il tartufo cavato e non coltivato, lโ€™olio, i vini come il Sagrantino, la torta cotta sotto la brace, la maialata e il sanguinaccio, i tordi di Amelia e la palomba alla ghiotta di Todi. Siamo una piccola regione, ma molto importante e innovatrice in cucina.

Un ingrediente che non puรฒ mancare sulla tavola di un umbroโ€ฆ

Sicuramente lโ€™olio, per le sue piccole dimensioni lโ€™Umbria ne produce tantissimo, e il vino di Caprai e Lungarotti che sono stati dei veri innovatori. Questi due prodotti sono un nostro patrimonio culturale pari al Pinturicchio e al Perugino.

Quanto, e in che modo, questa regione ha influito nella sua cucina e nel suo lavoro?

Moltissimo. I prodotti umbri sono molto presenti nelle mie ricette.

Il suo ultimo libro La cucina delle feste ha come sottotitolo Lโ€™altro Vissani: chi รจ lโ€™altro Vissani? Ne esiste un altro?

Sรฌ, รจ un altro rompiscatole come me (ride). รˆ un sottotitolo che mi piaceva mettere.

Un bravo chef รจ quello che cucina la miglior pasta al pomodoro o quello che crea un ottimo piatto mai fatto da altri?

Un bravo chef deve sapere fare entrambe le cose: partire dalla semplicitร  di una pasta al pomodoro per arrivare a un piatto piรน particolare e complicato.

Piccola curiositร : cโ€™รจ un cibo che proprio non sopporta? E uno del quale non puรฒ fare a meno?

Non mi piacciono i crauti e non potrei fare a meno dellโ€™olio o del prosciutto, ma di quello che non sa troppo di maiale.

Come descriverebbe lโ€™Umbria in tre parole?

Colline, paesaggi naturali e verde.

La prima cosa che le viene in mente pensando a questa regioneโ€ฆ

La vita tranquilla e le viti dโ€™uva.

Unโ€™incredibile quantitร  di opere acquisite da fondazioni e istituzioni bancarie, quasi โ€œUn museo paralleloโ€ come lo definisce Vittorio Sgarbi sul catalogo e nel video che accoglie i visitatori allโ€™entrata della mostra a Palazzo Baldeschi in corso Vannucci a Perugia, inaugurata lโ€™11 aprile e aperta fino al 15 settembre.

Un tesoro conservato in antichi Palazzi di rappresentanza a parziale vocazione museale e oggi fruibile al grande pubblico. 100 opere selezionate tra le circa 13 mila a disposizione, tra dipinti e sculture, โ€œda Giotto a Morandiโ€ entrate nelle collezioni bancarie talvolta con lโ€™obiettivo di compensare una carenza dello Stato nella integrazione delle collezioni pubbliche comunali, provinciali o regionali. Un patrimonio fondamentale che per la sua varietร  e stratificazione temporale, puรฒ essere considerato il volto storico e culturale delle diverse regioni italiane.

La mostra, che apre proprio quest’anno in occasione dei 25 anni dalla nascita delle Fondazioni di origine bancaria, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia e organizzata dalla Fondazione CariPerugia Arte con il contributo di Unicredit, vuole essere un incentivo per attrarre visitatori in Umbria dopo il terremoto e per questo parte degli incassi sarร  destinato al restauro dei beni storico-artistico danneggiati. Un motivo ulteriore per visitare questo โ€œmuseo dei museiโ€, che inizia nella Sala I con un prezioso tondo con San Francesco dโ€™Assisi di Giotto, realizzato nel 1315 ca., dopo gli affreschi della Cappella degli Scrovegni.

Un percorso che in modo cronologico ci fa conoscere sette secoli di storia dellโ€™arte attraverso opere di maestri piรน o meno noti appartenenti alle principali โ€œscuoleโ€, tra i molti nomi: Beato Angelico, Perugino, Pinturicchio, Matteo da Gualdo, Dosso Dossi, Ludovico Carracci, Giovanni Francesco Guerreri, Ferraรน Fanzoni, Giovanni Lanfranco, Guercino, Guido Cagnacci, Pietro Novelli, Giovanni Domenico Cerrini, Mattia Preti, Luca Giordano. Lโ€™Ottocento รจ rappresentato dalle opere del Piccio, Giovanni Fattori, Giuseppe De Nittis, Giuseppe Pelizza da Volpedo, un piccolo ma meraviglioso ritratto di donna di Giovanni Boldini, sinuosa e avvolta in un abito fatto di veloci pennellate e colori sfumati.

Tra le opere contemporanee sono felice di aver ritrovato uno dei volti dissolti nella materia di Medardo Rosso, accanto alla simbolista levigatezza del marmo di Adolfo Wildt. E ancora Vincenzo Gemito e un capolavoro della scuola romana: la piovra furiosa e bruciante di Scipione. Colpisce anche il confronto inevitabile tra le bottiglie sfaldate dalle pennellate veloci in una grande natura morta di Filippo de Pisis a fianco alla meditata pittura di Giorgio Morandi.

Il viaggio si conclude con due splendidi gessi di Quirino Ruggeri, e il monumentale โ€œMadre e figlioโ€ di Carlo Carrร  del 1934 una delle opere che segna il โ€œRitorno allโ€™ordineโ€ di questo maestro del futurismo, che siamo lieti essere vicino al nostro Gerardo Dottori.

La mostra che vale senzโ€™altro la pena essere vista (e non soltanto per lโ€™intento benefico e il biglietto ridotto!) talvolta non dร  respiro alle numerose opere, poste troppo vicine o in angoli nascosti, mentre invece meriterebbero per il loro valore di essere ben ammirate.

Il catalogo della mostra (italiano/inglese), curato da Vittorio Sgarbi e Pietro Di Natale, รจ edito da Fabrizio Fabbri Editore.

Gli orari di apertura sono: dal martedรฌ al venerdรฌ dalle 15 alle 19.30; sabato e domenica dalle 11.00 alle 19.30. Lunedรฌ chiuso. il costo dei biglietti รจ intero 6 euro; ridotto 4 euro (gruppi con piรน di 10 persone; over 65; studenti con piรน di 18 anni). Ingresso gratuito per studenti fino a 18 anni. Per i visitatori รจ stata attivata una convenzione con il parcheggio Saba-Sipa di Piazza Partigiani che permette di avere una tariffa scontata per le prime due ore di sosta.

Per informazioni visitare il sito;

tel. 075. 5734760.

 

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