ยซPrendete un pugno di noci mondate, un pugno di acini di uva cotta, un pugno di formaggio pecorino tagliato a piccoli dadi, un pizzico dello stesso formaggio grattato, un pizzico di pepe, un po’ di sale, cinque o sei chiodi di garofano, mezzo bicchiere di vino rosso, strutto e olio quanto basta,e formate del tutto un insieme che lascerete riposare per circa dieci ore.Unitevi un chilo e mezzo di pasta del pane, formando un composto che dividerete in tre parti a guisa di pagnotte separate. Su queste praticherete un profondo taglio in croce. Quando il composto sarร lievitato, lo cuocerete nel forno in muratura; questo pan nociato deve essere ben cottoยป.
Uno spuntino per contadini
Cosรฌ lโAnnuario della cittร di Todi, datato 1927, riporta il procedimento per la preparazione del pan nociato, un pane arricchito di gustose noci – ย a volte anche di uvetta – che le genti di quei luoghi erano solite consumare nel periodo autunnale, soprattutto durante i lavori nei campi.
Essendo il pane – cosรฌ come le noci e lโuvetta essiccata โ estremamente energetico e corroborante, non sorprende che la saggezza contadina lโavesse eletto a spuntino prediletto di coloro che, durante le fredde giornate di novembre, si affannavano lungo i crinali erbosi per la raccolta delle olive. Le piccole dimensioni del pan nociato, infatti,erano perfette per mettere qualcosa sotto i denti senza appesantirsi.
Una versione sublimata
Sebbene esistano diverse versioni, sia dolci sia salate, la ricetta originale รจ quella tuderte, che trae beneficio non solo dalla morbidezza dello strutto, ma anche dal contrasto dolce-salato dellโuvetta abbinata al pecorino. Sembra che questa preparazione fosse giร stata codificata in un trattato del 1500, ma fin nel mondo classico erano diffuse preparazioni similari. Il patriarca di Gerusalemme Sofrone (siamo nel VI secolo), parla infatti di un pane al formaggio per bambini, senza contare le innumerevoli preparazioni diffuse nellโantica Roma e poi raffinate nel corso dei secoli successivi.
Antipasti letterari
ร indubbio, poi, che il pan nociato โ o pan caciato che dir si voglia โ sia una vera e propria prelibatezza, servita ancora oggi sulle tavole umbre come antipasto. Una delizia che da Todi si รจ diffusa in tutta la regione, tanto da meritarsi un posto dโonore nella poesiaย Novembre di Guido Discepoli, con tenuta nel Saggio di poesie e canti popolari religiosi di alcuni paesi umbri, curato da Oreste Grifoni โ purtroppo,oggi, fuori catalogo.
Protettore degli albergatori, dei cavalieri e della fanteria, ma anche dei mendicanti, dei sinistrati dei forestieri, dei sarti e dei vendemmiatori: la figura di San Martino, al secolo Martino di Tours, ricorre nella tradizione religiosa e popolare in modi diversi e inaspettati, tutti legati alla sua travagliata storia biografica.
Perdendosi tra i magnifici affreschi della Basilica Inferiore di Assisi, vale la pena soffermarsi su quelli della Cappella di San Martino, che rappresentano dieci episodi della vita del santo di Tours. Databili tra il 1312 e il 1318, furono commissionati dal cardinale Gentile Partino da Montefiore, rappresentato in ginocchio sopra lโarco dโingresso a testimonianza di chi fosse la mano committente di tale magnifico ciclo. Seppure non firmati, lo stile e alcuni riscontri documentari li vorrebbero attribuiti a Simone Martini, vero e proprio maestro della cosiddetta Scuola senese.
Cappella di San Martino
Un mantello da spartire
Tra i dieci episodi non poteva certo mancare quello del taglio del mantello, usato per vestire un mendicante durante una notte fredda e tempestosa. Martino – cosรฌ chiamato dal padre, tribuno militare, in onore del dio Marte – era infatti un soldato romano addetto, come tutti gli appartenenti alle truppe non combattenti, al mantenimento dellโordine pubblico, alla protezione della posta imperiale, al trasferimento dei prigionieri e alla sicurezza dei personaggi importanti. Durante una ronda, sโimbattรฉ in un mendicante quasi nudo e, impietosito, tagliรฒ un pezzo del suo candido mantello da soldato affinchรฉ lโuomo potesse in parte contrastare i morsi del freddo. La notte successiva, sognรฒ Gesรน che riferiva agli angeli che Martino, seppure pagano, lโaveva vestito; la mattina seguente il famigerato mantello era di nuovo integro.
San Martino divide il mantello con il povero, Cappella di San Martino, Basilica Inferiore di Assisi
Tre giorni e un pochino
Questo รจ forse lโepisodio piรน famoso della vita del santo, o almeno quello che, nel sentire popolare dellโUmbria, trova una consonanza con i festeggiamenti che animano diversi luoghi della regione. Per Fabro, per esempio, si tratta di una festa patronale che culmina con una gara podistica di 11 km (numero evidentemente non casuale), chiamata Maratonina di San Martino. Ma il culto รจ legato piรน che mai alla cosiddetta Estate di San Martino, che dura tre giorni e un pochino: dopo i primi freddi, infatti, sembra sempre tornare il bel tempo, assieme a un relativo tepore. Secondo altre versioni agiografiche, Martino avrebbe donato a un mendicante anche lโaltra metร del mantello, provocando una schiarita del cielo e la venuta di una temperatura mite simile a quella estiva. Il fenomeno sembra confermato dalle mappe climatiche[1], che, dal 1948 al 2010, registrano ogni anno unโespansione del vortice dellโalta pressione delle Azzorre sullโEuropa occidentale, proprio intorno allโ11 novembre, giorno dedicato a San Martino – si noti che non si festeggia la ricorrenza della morte, ma della tumulazione, avvenuta nella natia Tours.
Castagne e vino
Il ribollir deโ tini
Tuttavia, a legare San Martino a quel tepore utile a superare i primi freddi รจ anche lโabitudine di associarlo alla maturazione del vino novello, evento che costituisce lโoccasione perfetta per brindare e per fare una bella scorpacciata di castagne. Quale momento migliore per scaldarsi e stare in compagnia? Proprio nel paese di San Martino in Colle, dallโemblematico nome, si festeggia questo fine settimana (e il prossimo) con castagne e vino. Si tratta di una forma di celebrazione molto in voga nel popolar sentire, riportata persino da Giosuรจ Carducci nel componimento San Martino:
E allora, perchรฉ sottrarsi alla possibilitร di assaggiare non solo il rinomato vino, ma anche le castagne umbre, la cui varietร รจ magistralmente preservata dal Consorzio dei Produttori della Castagna umbra? Si va dal Marrone della Vallocchia (e dalla sua variante gentile, entrambe coltivate nel comune di Spoleto) a quello di Manciano (Trevi), passando per quello di Pompagnano, Montebibico e Casteldelmonti (Spoleto), senza dimenticare lโemblematico Marrone di San Martino, capace di racchiudere tutta lโessenza di questi miti giorni di festa.