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Nellโ€™immaginario collettivo, allโ€™idea di Rivoluzione francese si associa la terribile immagine della ghigliottina, cosรฌ come a Napoleone Bonaparte (Ajaccio, 15 agosto 1769 – 5 maggio 1821, Longwood House, Longwood, Sant’Elena) corrisponde il ricordo delle incessanti campagne di guerra, che sconvolsero lโ€™Europa per oltre un ventennio, travolgendo nazioni e regimi e causando cinque milioni di morti.

A questo periodo dovrebbe essere associata anche unโ€™altra immagine: le sistematiche spoliazioni delle nazioni vinte che venivano umiliate nel loro patrimonio storico-artistico. I quadri e le sculture passarono in mano alla nazione francese, non per furto o per saccheggio, ma in seguito ad accordi internazionali. I drammatici eventi che portarono alle requisizioni segnarono indubbiamente il patrimonio regionale. Le spoliazioni vennero costantemente perpetrate nellโ€™arco di venti anni, dal 1797 fino al Congresso di Vienna del 1815.
Secondo lo storico Paul Wescher, le spoliazioni napoleoniche rappresentarono ยซil piรน grande spostamento di opere d’arte della storiaยป, inoltre lo storico sottolinea che Napoleone, pur non avendo una profonda cultura artistica, comprese subito ยซquale valore, in termini di prestigio e di propaganda, potevano avere le arti e le scienze per un regime politicoยป.

Il patrimonio umbro

In Umbria venne data grande importanza storica a Cimabue e Giotto e soprattutto al genio di Raffaello: ad aumentare la fama dellโ€™urbinate fu lโ€™uscita nel 1784 a Perugia di una guida della cittร , scritta dallโ€™architetto e teorico Baldassarre Orsini, intitolata Guida al forestiere per lโ€™Augusta cittร  di Perugia, moderna e agile descrizione finalizzata alla divulgazione degli straordinari tesori della cittร . Questo testo divenne ben presto un agile strumento nelle mani dei commissari napoleonici. Al suo interno la scelta delle opere piรน significative era facilitata da un comodo sistema di asterischi: gli asterischi andavano da uno fino a tre, ad esempio i capolavori di Raffaello e Barocci erano evidenziati da tre. Tinet, esperto dโ€™arte, scelto da Bonaparte per requisire le opere, fu a Perugia almeno in tre occasioni: durante questi soggiorni si dotรฒ della guida dellโ€™Orsini.
Alcuni capolavori non furono giudicati allโ€™altezza delle collezioni del Louvre e furono destinati ai musei dipartimentali in via di costruzione. Tinet scrisse al magistrato di Perugia per informarlo di essere stato incaricato, dietro ordine di Bonaparte, di ยซfare la scelta nelle chiese ed altri luoghi pubblici di questa cittร  di quadri, libri, manoscritti, e generalmente di tutti gli oggetti di Scienze e di Arti, che degne saranno di essere raccolte per poi trasportarsi in Francia nel museo della Repubblicaยป. Furono veramente poche le chiese e i complessi monastici e conventuali che furono risparmiati dalla visita del commissario francese. I quadri che furono individuati a Perugia calzavano alla perfezione con gli ideali estetici della cultura francese. Vennero requisite moltissime opere dโ€™arte: nel palazzo dei Priori la Pala dei Decemviri del Perugino, nella chiesa di Santa Maria di Monteluce lโ€™Incoronazione della Vergine, di Giulio Romano e Giovan Francesco Penni su disegno di Raffaello, e la Pala Oddi nella chiesa di San Francesco al Prato.

 

Pietร , Pietro Vannucci detto il Perugino

Il ritorno a casa

Gli oggetti dโ€™arte requisiti giunsero a Parigi nel mese di luglio del 1798. Vennero organizzate una serie di celebrazioni per festeggiare l’entrata dei convogli in cittร , realizzando un vero e proprio corteo delle meraviglie. I commissari napoleonici requisirono tantissime opere, alcune delle quali tornarono in Italia, alcune anche in Umbria, grazie ad Antonio Canova, Ispettore Generale delle Belle Arti. Tra le opere che tornarono nel loro luogo di origine, e che oggi possiamo ammirare per la loro bellezza, spiccano sicuramente le opere del Perugino: il Polittico di San Pietro e la Pietร .
Il primo รจ databile al 1496-1500 e comprendeva vari pannelli da inserire in una grandiosa macchina d’altare. Ci fu una solenne inaugurazione dellโ€™altare il 13 gennaio 1500, dove Vasari lodรฒ il polittico e lo descrisse come la migliore opera esistente dell’artista a Perugia.[1]
Con le requisizioni napoleoniche del 1797 lโ€™opera venne trafugata, finendo divisa tra piรน musei francesi; ma grazie al recupero del Canova alcune parti del polittico oggi sono conservate presso la Galleria Nazionale dellโ€™Umbria.
La seconda opera requisita รจ la Pietร  che giunse al Louvre, ma anche essa fu recuperata il 29 ottobre del 1815 e oggi conservata nella Basilica di San Pietro a Perugia. Si tratta di uno dei pannelli piรน elogiati da Orsini: ยซPietro in questa tavola ha voluto piuttosto seguitare il piacere dellโ€™occhio che soddisfare alla devozioneยป.[2]
Anche la Deposizione della croce di Federico Barocci, opera di inestimabile valore, venne trafugata dalla cittร  di Perugia. Il dipinto commissionato dal Collegio della Mercanzia, fu messo in opera, sullโ€™altare della cappella di San Bernardino, nel dicembre del 1569. La pala venne requisita il 24 febbraio 1797 e fu esposta al Louvre nel novembre 1798 e nel 1802 nella chiesa parigina di Nรดtre-Dame.
La pala bellissima e coinvolgente con i suoi splendidi, accesi e brillanti colori, porta lo spettatore a vivere un grande momento di pathos nello svenimento della Madonna, verso la quale accorrono le pie donne spaventate. รˆ presente un giovanissimo san Giovanni che abbraccia i piedi di Cristo ed inoltre รจ visibile il vento che muove le vesti degli uomini che stanno togliendo Gesรน dalla croce.[3]

 

Deposizione dalla croce, Federico Barocci.

 

Nellโ€™opera si intravede lโ€™evoluzione creativa del pittore che punta su una novitร  di tipo cromatico-strutturale; si รจ infatti avanzata lโ€™ipotesi che il Barocci fosse a conoscenza delle teorie sul colore di Leonardo da Vinci descritte nel suo Trattato della pittura.
Eccelso capolavoro di Raffaello, prelevato dalle truppe napoleoniche il 20 febbraio 1797 ed esposto al Louvre nel 1798, fu lโ€™Assunzione della Vergine, realizzata tra la fine del 1502 e gli inizi del 1503, per la cappella di Alessandra Baglioni, figlia di Braccio, magnifico signore di Perugia. Nella tavola centrale รจ visibile il tema dellโ€™Assunzione, mentre nella predella sono dipinte lโ€™Annunciazione, lโ€™Adorazione dei Magi e la Presentazione al tempio.
Lo scomparto centrale e la predella furono recuperati da Canova il 2 e il 21 ottobre 1815, ma furono trattenuti a Roma nella Pinacoteca Vaticana: la famiglia Oddi tentรฒ di recuperare il dipinto, inoltrando numerose richieste al segretario di Stato, cardinal Consalvi, ma il dipinto rimase nelle sale della Pinacoteca Vaticana.
Lโ€™opera, che era destinata ad una committenza di particolare prestigio, ripropone i modelli perugineschi, soprattutto nella parte inferiore dello scomparto centrale e nella predella.
Questo meraviglioso soggetto รจ possibile ammirarlo a Civitella Benazzone, frazione del comune di Perugia, dove nella chiesa parrocchiale รจ presente una copia datata 1518 e attribuita a Domenico Alfani. Dopo le spoliazioni napoleoniche molte opere di inestimabile valore storico-artistico lasciarono la nostra regione per non farvi piรน ritorno, altre confluirono nella collezione della Pinacoteca Vaticana, altre ancora invece tornarono in Umbria: cosicchรฉ ancora oggi possiamo ammirare il loro eccelso splendore.

 


[1] Vittoria Garibaldi, Perugino, in Pittori del Rinascimento, Firenze 2004

[2] Baldassarre Orsini, Vita elogio e memorie dellโ€™egregio pittore Pietro Perugino e degli scolari di esso, Perugia 1804.

[3] Francesca Abbozzo e Maria Teresa Castellano, Federico Barocci: il deposto di croce alla cappella di san Bernardino nella Cattedrale di Perugia: il restauro, studio e conservazione, Ancona, 2010

Chissร  cosa avrebbe scritto Giorgio Vasari riguardo all’arte del pittore marchigiano Giovan Battista Salvi (1609 โ€“ 1685).
La domanda sorge visitando la mostra presso la Galleria Tesori d’Arte, nel medievale complesso di San Pietro a Perugia: Sassoferrato. Dal Louvre a San Pietro. La collezione riunita, ora in corso fino al 1ยฐ ottobre 2017.

Un percorso conoscitivo alla scoperta della formazione e dello stile dell’artista, che non tralascia di riportare le aggettivazioni e gli epiteti attribuitigli dalla critica nei secoli.
Chissร  se il grande biografo avrebbe lanciato sferzanti giudizi sulla poca inventiva del Salvi, o se lo avrebbe classificato come un buon accademico padrone dell’arte pittorica.
Di certo quest’anno รจ significativo per la rivalutazione in toto del pittore: il 17 giugno sarร  inaugurata un’altra mostra presso il Palazzo degli Scalzi di Sassoferrato, il comune natio dellโ€™artista, dove se ne riscoprirร  l’importanza nell’ambito dell’esercizio grafico.
Frutto di una collaborazione tra enti pubblici e collezionisti privati, l’esposizione perugina si avvale di prestiti italiani e internazionali, come sottolinea del resto il titolo, che ossequia il grande museo francese per la concessione temporanea dell’Immacolata Concezione, opera un tempo appartenente al complesso benedettino di Perugia.

Sassoferrato, Sant’Apollonia

Grandi nomi si alternano alle opere del Sassoferrato, e i dipinti si susseguono in costante confronto gli uni con gli altri nel lungo corridoio espositivo. I maestri dei secoli precedenti sono alla base delle soluzioni compositive e tematiche del Salvi, ยซSassoferrato non crede alla evoluzione dell’arteยป : parole di Vittorio Sgarbi, curatore della mostra insieme a Cristina Galassi.[1]
Il percorso vi guida tra pareti divisorie e deviazioni angolari, tutto avvolto dal rosso intenso, purpureo, dei pannelli: i dipinti sono sotto i riflettori, esaltati da un’atmosfera solenne, austera e celebrativa.
La copia dai modelli noti รจ per il pittore alla base della propria definizione stilistica.
Reazionario, conservatore, Sassoferrato si identifica nella purezza formale del Perugino, ne assorbe la lezione sviluppando un carattere piano, una pacatezza devozionale. Le figure di santi esposte sono avvolte da un tono di contemplazione e staticitร : giovani donne dagli ovali del viso perfetti impersonano sante deferenti, dalle forme morbide, arrotondate, semplici e accademici i tratti, gli sguardi immobili, l’espressivitร  quasi assente.
Ecco Santa Apollonia, presente in due esemplari: in entrambi la santa reca la tenaglia in mano, nella posizione copiata dal precedente cinquecentesco di Timoteo Viti: la martire mostra l’arnese di tortura e il dente estratto con un’espressione muta, quasi a simulare la triste sorte che le รจ spettata.
In prestito dai Musei Capitolini c’รจ la meravigliosa Maddalena penitente di Domenico Robusti, figlio di Jacopo Robusti detto Tintoretto.

Tintoretto, Maddalena penitente

Risalente al 1598, la giovane dai riccioli ambrati incanta e brilla di riflessi e bagliori per lo stupendo trattamento della luce, affascinante รจ il contrasto tra il notturno in lontananza e il raggio celeste che illumina la sensualissima redenta. Nella sua variazione sul soggetto il Sassoferrato riprende la composizione di Domenico Tintoretto, ma si allontana completamente dal tono languido e morbido del maestro veneto, per mantenere incorruttibilmente il suo stile devozionale e apparentemente morbido.

In alto: Sassoferrato, La Speranza con due angeli. Sotto: Sassoferrato, La Fede con due angeli

Nel lungo corridoio rosso tre grandi tele, tutte copie della Deposizione Borghese raffaellesca, si succedono in maniera digradante, da ultima quella del Salvi. La stessa scena si ripete, come in fotografie a diversa distanza, la replica della replica, l’arte che ricorda se stessa.

L’impatto visivo a tinte forti รจ poi smorzato dai due quadrettini raffiguranti la Speranza e la Fede attorniate da angioletti, dalle forme morbide e i visetti espressivi: l’esercizio di copiatura da Raffaello รจ completo.
Altro tris in sequenza: le versioni della Madonna del Giglio. Queste e molte altre opere denotano l’accademismo e la compostezza in linea con una rinascenza quattrocentesca.
Sassoferrato sprigiona una dolcezza intima nelle zuccherate vergini, talvolta fermate in una misuratissima estasi, o nella preghiera silenziosa. Tratti aggraziati, distanti, immobili nel tempo e nella contemplazione.
L’apice di tali caratteri si trova nell’estatica rappresentazione dell’Immacolata Concezione del Louvre, che vi aspetta in gloria tra testine di angioletti sorridenti e sospesa in una nuvola a chiudere la mostra.

Sassoferrato, Immacolata Concezione

Il plauso alla Fondazione Agraria e ai curatori รจ d’obbligo: l’esposizione riscatta il Sassoferrato, coglie in pieno il suo stile, senza tacerne la formazione e i maestri, riunendone parte delle opere in un continuum di confronti esplicativi.
Per chi vuole calarsi in un clima di silenzio e riflessione, alla scoperta dei Tesori d’Arte nella Galleria. Il miglior tributo al pittore sarร  proprio quello di raccogliersi nella contemplazione delle sue opere con lo stesso atteggiamento dei suoi personaggi: silenzio, immobilitร , formalitร .

Orari: 16.00-20.00 | Chiuso il lunedรฌ

Per saperne di piรน su Perugia

[1] http://www.ilgiornale.it/news/sassoferrato-ovvero-larte-essere-noioso-e-sublime-1379228.html