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«I miei clienti sono prevalentemente turisti inglesi, gente facoltosa che ha una seconda casa in Italia o che l’affitta per un breve periodo».

Alessio Berionni

Il giovane chef Alessio Berionni, classe 1991, ha le idee ben chiare su quello che vuole: «Non aprirò mai un ristorante». Partito da Gualdo Tadino dov’è nato, dopo varie esperienze in Inghilterra, è tornato in Italia per diventare un personal chef, uno chef privato che si affitta per un certo periodo di tempo o per un evento privato. «Penso a tutto io, dalla ricerca delle materie prime locali, alla pulizia dopo ogni pasto».

 

Ci spieghi come prima cosa, che cos’è un personal chef?

Si tratta di uno chef privato che lavora su chiamata e che è disponibile per tutto il periodo della vacanza del turista, sia italiano sia straniero. È un servizio a 360 gradi, dalla spesa alla pulizia finale della cucina e della tavola.

Chi sono i suoi clienti?

Prevalentemente sono turisti inglesi, gente abbastanza facoltosa che ha una seconda casa in Italia o che l’affitta per un breve periodo. Mi occupo della colazione, pranzo e cena; oppure semplicemente di preparare una cena per un particolare evento.

Ci può svelare qualche nome?

Da poco ho lavorato per l’attore Marco Filiberti, ma più che altro sono persone straniere del mondo della finanza e dell’imprenditoria.

Cosa racconta la sua cucina?

Racconta il mio viaggio dall’Italia – in particolare dall’Umbria e dalla Toscana – fino all’Inghilterra. Racconta la semplicità della cucina umbra rivisitata da incursioni inglesi.

 

Anatra e barbabietole

Qual è il piatto che la contraddistingue maggiormente?

Sicuramente il Pork belly (la pancia di maiale della cinta senese) preparato in stile britannico. È un piatto che faccio di frequente.

Si parla spesso di cucina moderna e tradizionale, quale predilige?

Il mio è uno stile contemporaneo,  ma rimango comunque fedele alle tradizioni che ogni territorio trasmette.

Ha mai pensato di aprire un ristorante tutto suo?

Assolutamente no, perché vedo tanti colleghi che passano l’intera giornata nel ristorante, trasformandolo nella loro prima casa. Nel mio caso decido come organizzarmi e sono più libero. Quando ho lavorato nei ristoranti ero lì 18 ore al giorno e vedevo pochissimo la mia famiglia.

Come si descriverebbe?

Sono una persona molto pignola e precisa, mi piace portare a termine velocemente quello che faccio. Ovviamente ho una grande passione per la cucina.

È una passione che ha fin da piccolo?

Ha preso vita nella cucina di mia nonna, dove ogni domenica la guardavo impastare e chiudere i cappelletti con assoluta precisione e attenzione ai sapori semplici e perfetti. Mi sono diplomato all’istituto alberghiero di Assisi e ho iniziato a lavorare nei migliori ristoranti della mia zona. Mi piaceva molto anche giocare a basket, ma ho deciso di lasciarlo per andare in Inghilterra: lì ho iniziato a lavorare in un ristorante italiano, dove ho fatto la gavetta, poi sono approdato in un ristorante inglese, fino ad arrivare in quelli stellati, come Gringling Gibbons (3 stelle Michelin) e Stapleford Park – luxury country house (2 stelle Michelin). Ho lavorato al fianco di Alaine Ducasse e Gordon Ramsay. Nel 2019 con in mio bagaglio culturale, lavorativo e una famiglia sono tornato in Italia e mi sono messo in gioco come personal chef.

 

Piccione affumicato con frutti di bosco

Cosa consiglierebbe alle nuove generazioni del settore?

Prima cosa di viaggiare e di vivere la cucina con passione senza trascurare la vita privata: è quella che ci permette di essere veramente realizzati. Il successo non è farsi conoscere dai media o dalle varie guide gastronomiche, ma è sentirsi soddisfatti dopo aver creato qualcosa che veramente rispecchia quello che sei e che fai!

Quali sono i suoi progetti futuri?

Quando ho iniziato il mio viaggio culinario mi ero promesso di scoprire ogni ingrediente, penso di essere al 60% e quel 40 che manca è il carburante che mi manda avanti. Quando cucino è come se avessi una tela bianca che cerco di riempire nel miglior modo possibile. Cucinare per me è un modo per viaggiare, rilassarsi e sparire allo stesso tempo; in futuro vorrei andare avanti come personal chef e migliorare in ogni aspetto, sia culinario sia di vita privata.

 


Per saperne di più

L’Umbria e la Cumbria sono due regioni europee che presentano un interessante aspetto in comune: sono fra i posti migliori dove andare a vivere e crescere una famiglia.

La Cumbria

È la stessa Unione Europea che incorona l’Umbria e la Cumbria ai primi posti per la qualità della vita. La nostra risulta essere anche una tra le regioni più longeve. Oltre ad avere un nome molto simile, solo la consonante C le differenzia, sembra davvero che abbiano tutte le caratteristiche adatte a trasferirsi, metter su casa e crescere dei bambini. Perugia e Carlisle, i due rispettivi capoluoghi, distano 2.230 km. La distanza obiettivamente non si discute, ma alla fine è solo geografica. Potremmo dunque dire che la distanza c’è ma non la dimostra. La Cumbria si trova nel nord-ovest dell’Inghilterra, ha un’area di 6.768 km quadrati e una popolazione di circa 500.000 abitanti. Ha inoltre una mappa molto simile alla nostra.

Una poesia della Cumbria

Il connubio tra natura, ambiente e condizioni di vita sembra essere l’ideale da queste parti. I paesaggi di queste zone, come ad esempio il Lake District, hanno ispirato alcuni poeti romantici come Coleridge e Wordsworth, pittori come John Constable e scrittrici come Beatrix Potter.
Riporto un passaggio poetico di Wordsworth nativo e innamorato di questa terra: «I wandered lonely as a cloud that floats on high o’er vales and hills, When all at once I saw a crowd, a host, of golden daffodils; Beside the lake, beneath the trees, fluttering and dancing in the breeze». (Vagabondavo solo come una nuvola che alta fluttua su valli e colline, Quando a un tratto vidi una folla, una schiera di dorati narcisi lungo il lago e sotto gli alberi, svolazzanti e danzanti nella brezza). Il Lake District ha una bellezza spettacolare che lo fa risaltare tra le altri regioni della Gran Bretagna.

L’Umbria

I posti migliori in cui vivere

Perché allora queste due Regioni sono considerate fra le migliori per vivere? Perché ci sono buone scuole e Università, c’è bassa criminalità e le case hanno prezzi accessibili. Comprare una casa e avere dei figli sono due tappe fondamentali della vita e trovare un luogo che soddisfa queste due esigenze coniugate con un ambiente sicuro rappresenta il top. Se uno si trasferisce in una casa per sempre quindi ha una duplice scelta: L’Umbria o la Cumbria! Se uno apprezza l’aria pulita, la campagna e le viste spettacolari su laghi, montagne, le cascate e ancora se è importante uno stile di vita rilassante con comunità amichevoli, L’Umbria e la Cumbria daranno la qualità di vita che uno sta cercando.

Altre somiglianze

In queste due Regioni abbiamo ottimi collegamenti ferroviari, stradali e anche aerei che permettono un facile raggiungimento verso le altre regioni dei rispettivi Stati. L’Umbria e la Cumbria sono anche regioni di laghi dove il loro Windermere è lungo 17 km, mentre il nostro lago Trasimeno ha una lunghezza di 16,1 km. Da notare che spesso in Cumbria i laghi vengono chiamati meres (stagni), waters (acque) e tarns (laghetti). Se sei un appassionato camminatore l’Umbria e la Cumbria offrono infiniti percorsi da esplorare, se sei un appassionato ciclista hai di che toglierti la voglia. Se sei un appassionato di cultura, di eventi musicali ed eventi legati al cinema e alla letteratura queste due regioni ti offrono sempre il meglio. Le due regioni sono inoltre orgogliose per le loro prelibatezze locali in tema di salumi, formaggi, dessert, dolci e birre artigianali. Al loro sticky toffee pudding contrapponiamo la nostra rocciata. I loro villaggi e mete turistiche come Kendal, Keswick, Penrith, Bowness-on-Windermere, Sedbergh le possiamo tranquillamente affiancare alle nostre Spello, Trevi, Todi, Castiglione del Lago, Norcia. La cittadina di Ulverstone è famosa nel mondo per essere il paese natale dell’attore comico Stan Laurel. Il festival del Jazz è presente in entrambe le regioni con il Jazz Festival a Keswick e con Umbria Jazz a Perugia.
Al Lake District sito Unesco contrapponiamo l’Eremo delle carceri, la Chiesa di San Damiano, la Città di Assisi, il Santuario di Rivotorto, il Tempietto del Clitunno, la Basilica di Santa Maria degli Angeli, la Basilica di San Salvatore, la Riserva Naturale del Monte Peglia. La più grande differenza fra queste due regioni? La guida a sinistra, ma questo è solamente un dettaglio!

 

I colori dell’Umbria

Possibile gemellaggio?

Considerate tutte queste somiglianze perché le due regioni non si gemellano? Un buon accordo di gemellaggio può rivelarsi un’operazione assai virtuosa e arrecare molti benefici alla comunità e all’amministrazione regionale. Integrazione, unione tra persone provenienti da due aree diverse, condivisione dei problemi, progetti, scambio di opinioni. Ne sono certo i vantaggi saranno tangibili. Ricordiamoci che un buon gemellaggio è seguire anche o soprattutto l’affinità di partenza. Le relazioni di gemellaggio, come sappiamo, portano indubbi vantaggi culturali ed economici attraverso la promozione e la valorizzazione delle proprie bellezze e delle proprie tipicità.

 

I colori della Cumbria

Cataract of Lodore

Concludo con un passo di Cataract of Lodore, poesia scritta nel 1820 dal poeta inglese Robert Southey che descrive le Lodore falls (Cascate di Lodore), altro elemento che lega la Cumbria all’Umbria. Come non ricordare infatti la definizione orribilmente bella che il poeta Byron diede alla Cascata delle Marmore nel quarto canto del poema Childe Harold’s Pilgrimage?

From its sources which well

In the tarn on the fell;
From its fountains
In the mountains,
Its rills and its gills;
Through moss and through brake,
It runs and it creeps
For a while, till it sleeps
In its own little lake.
And thence at departing,
Awakening and starting,
It runs through the reeds,
And away it proceeds,
Through meadow and glade,
In sun and in shade […]

In questo iniziale passaggio il poeta Southey descrive la nascita della cascata dalle sue fonti. Il primo ruscello che attraversa il muschio e poi e s’insinua e ancora si ferma; si risveglia e inizia a correre tra le canne procedendo verso prati e radure al sole e all’ombra.

Il grande giardino, oggi di proprietà della Provincia di Perugia, ha dietro la sua realizzazione un nome di una donna inglese e una storia: Sarah Matilda Hobhouse e l’amore che portò suo marito, il conte eugubino Francesco Ranghiasci Brancaleoni, ad acquisire progressivamente e sapientemente i terreni e gli orti per realizzare il parco, assecondando i suoi desideri.

Parco Ranghiasci, foto gentilmente concessa dal Comune di Gubbio

Una corte spietata

Sarah Matilda Hobhouse era figlia di sir Benjamin e sorella di John Cam, barone di Broughton, ministro del Regno Unito. Era cresciuta nella Duke’s House all’interno dello splendido Whitton Park a Richmond dove aveva frequentato l’intimo amico del fratello, Byron, e dove era stata corteggiata da Foscolo. Ugo Foscolo le aveva inviato anche un volume delle Rime del Petrarca con la dedica alla «Gentile giovine» e l’aveva chiesta in moglie nel 1824 ottenendo in risposta dal fratello un netto e indignato rifiuto perché il poeta – in esilio, squattrinato e malato – all’età di quarantasei anni aveva osato chiedere la mano di «one of the prettiest girl in England».

Foto via

L'arrivo a Gubbio

Sarah Matilda sposa tre anni più tardi, a Roma, il ventisettenne Francesco Ranghiasci Brancaleoni, giovane, ricco e per di più nobile. Nello stesso anno il marito la conduce a Gubbio nel momento più festoso e bello, perché possa vedere la cittadina umbra sotto la luce migliore: durante la Festa dei Ceri; il suo arrivo desta nella città umbra una grande curiosità, perché la bellissima inglesina porta in dote l’ingente cifra di 60.000 scudi.

Vigne, case e orti

Sarah Matilda deve aver sentito immediatamente la mancanza dei suoi amati giardini, dei colori e degli odori delle piante del parco inglese dove era cresciuta; il marito fin dal dicembre 1831 comincia ad acquistare vigne, case e orti e, in un arco di dodici anni, diviene proprietario dei terreni e dei caseggiati dislocati lungo grandi piani ellittici disposti nel terreno digradante.

La realizzazione del parco inizia tra il settembre e l’ottobre del 1841. Come si apprende dalle memorie del Fondo Armanni «è stata demolita la chiesa di S. Luca al pian terreno de la casa Rosetti che era l’antico monastero di S. Luca, è stato demolito da cima a fondo meno la torre, che resta in piedi quantunque isolata». La testimonianza è importante per comprendere il modus operandi del conte che, fedele al compito di realizzare il parco tanto desiderato dalla sua Sarah Matilda, non risparmia neppure gli edifici storici quando non sono integrabili nel piano organico.

I lavori per la sistemazione del giardino all’inglese continuano fino al 1848: tra il verde di tigli, ippocastani e aceri vengono eretti edifici neoclassici e sistemate rovine medievali.

Un amenissimo boschetto

Parco Ranghiasci, foto gentilmente concessa dal Comune di Gubbio

Entrando nel parco dall’ingresso principale, che si affaccia sull’attuale via Gabrielli, sono ancora oggi visibili due colonne che avrebbero dovuto essere collocate in prossimità della statua di una divinità romana in terracotta oggi perduta. Attraverso il ponte coperto gettato sul Camignano, dalle cui finestre si vede il panorama sulla città medievale, si giunge ai grandi viali che risalgono il declivio, dando vita a un gioco ellissoidale di tornanti. Guardando la città dal muro di cinta volutamente non coperto di vegetazione, Gubbio si rivela in tutto il suo innegabile fascino. Percorrendo una serie di tornanti delimitati da piante diverse che in autunno creano una fantasia di rossi e di gialli, si incontra il villino in mattoni esemplato sullo schema del palazzo Ranghiasci edificato in città. Oltre, una fontana, un tempo abbellita da colonne marmoree, raccoglie le acque provenienti dalle cisterne superiori e le convoglia verso il tornante inferiore che introduce al luogo più nascosto e privilegiato del parco; da lì è visibile, in una zona sopraelevata, un tempietto in stile classico: al centro del timpano è posto lo stemma Ranghiasci con il motto «Virtus omnia vincit».

Parco Ranghiasci, foto gentilmente concessa dal Comune di Gubbio

Al di là del tempietto si giunge, in un luogo nascosto da alberi, alla torre di San Luca. Nel parco erano inoltre state fatte sistemare alcune serre nelle quali venivano coltivati piante e fiori esotici. Un contemporaneo, Stefano Rossi, così descrive il parco appena completato: «un amenissimo boschetto […] che pur piace di molto a dì nostri agli infarinati di patetica letteratura, o a quelli che amano le drammatiche sensazioni».

A Sarah Matilda non dovette però bastare questo grande tributo d’amore del marito per riuscire ad amare l’Italia; a Gubbio non dovette avere una vita molto felice: i due figli maschi, Edoardo Latino e Federico Latino, le morirono in tenera età. Sentì la malinconia dell’Inghilterra e gli echi della sua terra lontana. E proprio in Inghilterra ella si spense, dopo avervi fatto ritorno assieme alla figlia Anne Amelia Latina, al numero 2 di Eaton Square di County nel Middlesex, non molto tempo dopo il 9 dicembre 1853, data del suo testamento.

 

 

Per saperne di più su Gubbio

 

 


L’articolo è stato precedentemente pubblicato «Piano.Forte», n. 1 (2008), pp. 54-55.