La chiesa, da cui prese il nome una delle quattro gaite e che quindi lega le gaite del XII secolo a quelle di oggi, si trova in condizioni di completo degrado dovuto allโusura del tempo e allโabbandono da parte del proprietario e dellโamministrazione.
Eppure la sua storia รจ antichissima e travagliata. La Chiesa di Santa Maria Filiorum Comitis, edificata da Rainaldo I conte di Antignano, figlio di Monaldo e capitano di Federico I Barbarossa, oggi sconsacrata, รจ la piรน antica tra quelle conservate: se ne hanno notizie fin dal 1198.
Chiesa di Santa Maria Filiorum Comitis
Lo storico Fabio Alberti in Notizie antiche e moderne riguardanti Bevagna cittร dellโUmbria, 1786 scrive: ยซTrovo memoria di quella chiesa fin dallโanno 1198. Fu edificata da Ranaldo, padre del Conte Napoleone, e quindi fu sempre nominata Sancta Maria Filiorum Comitis. Tanto per la situazione, quanto per la struttura รจ una delle chiese inferiori di Bevagna, ne somministra cose speciali da riferirsiยป. Carlo Pietrangeli nella sua Guida di Bevagna, 1959 aggiunge: ยซLa chiesetta di S. Maria Filiorum Comitis edificata da Rainaldo padre di Napoleone Rainaldi, nota fin dal 1198, attualmente รจ ridotta a bottegaยป. Mentre, lo storico bevanate Giulio Spetia nel suo libro Studio su Bevagna, 1972 scrive: ยซRainaldo volse il pensiero e il passo verso Bevagna, che ormai dotata di un regime comunale autonomo, fin dal 1187 eleggeva liberamente i propri consoli. Sullโesempio dei suoi predecessori volle dedicarsi ad opere di cristiana pietร . Fondรฒ prima in Bevagna la chiesa di Santa Maria, che i posteri chiamarono, in omaggio al fondatore, santa Maria dei figli del conte, e venerarono per molti secoli, fino a quando il cattivo gusto dei nostri contemporanei non permise che il piccolo oratorio, dal quale aveva preso il nome una delle quattro GAITE della cittร , fosse tolto al culto per venir trasformato ora in una stalla ora in un’officinaยป.
Le quattro gaite, quindi, prendono il nome dal nome delle chiese presenti nel proprio quartiere. Lo ribadisce Giulio Spetia, sempre nel suo libro: ยซRiguardo ai quartieri di Bevagna, essi erano quattro: li dividevano, in un verso, la via Flaminia e, in senso contrario, le due strade che allacciano la piazza principale con Porta Guelfa e Porta Molini. Essi conservarono lungamente lโantica denominazione di gaite, parola che lโuso aveva corrotto in guayte. Scendendo da Porta San Vincenzo a quella del Salvatore, si trovavano, prima della piazza, a sinistra la Gaita San Giorgio (dal nome dellโantica chiesa che fu, poi, sostituita da quella di San Domenico) e a destra a Gaita San Giovanni, dal nome della chiesa, cui doveva succedere San Francesco. Dal 1500, data la maggiore importanza assunta dallโattuale Collegiata, questo quartiere fu detto anche Gaita SantโAngelo. Oltre la piazza, a sinistra della Flaminia, era la Gaita Santa Maria e a destra quella di San Pietro, dal nome dellโantica chiesa (oggi, forse, di S. Agostino)ยป.
Affreschi interni
La chiesa di Santa Maria in contemporanea alle due chiese romaniche di Bevagna, quella di San Silvestro e quella di San Michele Arcangelo, ha acquistato un certo valore artistico e storico grazie allโaffresco presente al suo interno quale preziosa testimonianza del suo passato religioso. Fu distrutta nel 1249 e in seguito riedificata grazie ad Astorello nipote di Orzellino dei Conti di Antignano, il quale aveva il padronato su di essa. Nel 1455, in seguito a una permuta, passรฒ a Pietro Rainaldi. Sin dal XVI secolo la chiesa si trovava in condizioni di disagio documentate dalle visite a Bevagna di Silvio Orsini e Pietro De Lunello, rispettivamente nel 1563 e 1571. In tale periodo la chiesa non possedeva i parametri per ufficiare la santa messa e si trovava in una condizione di indecenza. Giulio Urbini, nella sua opera Bevagna illustrata del 1913, neanche la nomina, testimoniando cosรฌ che la chiesa era ormai sconsacrata e dimenticata. Lโaffresco presenteallโinterno, incorniciato a mattoni sporgenti e raffigurante la Madonna del soccorso e della misericordia – riconducibile alla prima metร del 1500, ma ritoccato in varie epoche – risulta notevolmente danneggiato. Un ingresso che si affaccia sullโorto e murato in un secondo tempo racchiude, dipinto sotto lโarco, un agnello con bandiera crocisignata. Oggi tutta la struttura รจ in uno stato di degrado avanzato, con il tetto interamente crollato e transennata da venti anni.
ยซSono convinto che difendere il proprio patrimonio identitario sia un fatto essenziale e utile, in senso assoluto. Piรน caratteri specifici possiedi e piรน sei disposto ad aprirti al mondo esterno. Puรฒ sembrare paradossale, ma รจ cosรฌ: รจ una questione di sicurezza nei confronti degli altri, individui o popoli che sianoยป. (Riccardo Francovich)
Il mercato e il circuito dei mestieri di Bevagna hanno vinto il Premio Francovich, ottenendo il 35,86% dei voti. La consegna del riconoscimento รจ in programma a tourismA 2023 (Salone dell’archeologia e del turismo culturale), sabato 25 marzo, alle ore 12, nell’auditorium del Palacongressi di Firenze. Anche nel 2020 Bevagna e il Mercato delle Gaite, insieme al Museo Regionale della Ceramica di Deruta (lโUmbria unica regione in gara con due candidati) sono stati in corsa per aggiudicarsi il premio.
Un premio prestigioso che si aggiunge agli altri ricevuti negli anni precedenti. Grazie a chi ha votato, ma soprattutto grazie, a chi tanti anni fa ha creduto nel progetto, ha ricostruito con passione e amore mercato e mestieri; a chi con tenacia ha creduto nel circuito dei mestieri e ha continuato a farli rivivere negli anni; a chi ha fatto sรฌย – senza dimenticare chi non รจ piรน tra noi – che la festa diventasse, in tempi brevissimi, la rievocazione storica medievale piรน bella e piรน filologicamente corretta nel vasto panorama di rievocazioni storiche umbre e italiane. Da ricordare che il prof. Riccardo Francovich รจ stato giudice della Gara Mestieri, durante il Mercato delle Gaite, negli anni 1997 e 2004 e che le botteghe del setificio, del dipintore, della cartiera e della cereria sono visitate da circa 40.000 turisti nel corso di dodici mesi.
Mercato delle Gaite, foto by Facebook
Il Premio
Riccardo Francovich รจ stato archeologo e medievista italiano. Ha insegnato Archeologia Medievale presso lโUniversitร di Siena e ha diretto il Dipartimento di archeologia e storia delle arti della medesima universitร . Nel 1974 fondรฒ la rivista Archeologia Medievale, diventandone direttore responsabile. Autore di una bibliografia che comprende oltre 150 titoli, si occupรฒ di importanti scavi in Toscana e in altre regioni italiane. Morรฌ improvvisamente nel 2007 per un tragico incidente che non ebbe testimoni. Solo pochi giorni dopo la sua morte venne intitolata alla sua memoria la Scuola di Dottorato di Ricerca in Storia e Archeologia del Medioevo, Istituzioni e Archivi dellโUniversitร degli studi di Siena. A lui รจ stata dedicata la Sala Polivalente del Cassero presso la Fortezza Medicea di Poggio Imperiale, a Poggibonsi. Nel 1994 fondรฒ, insieme a personalitร di primo piano dellโarcheologia medievale, la SAMI (Societร degli Archeologi Medievisti Italiani).ย La societร , composta attualmente da quasi 800 soci, รจ una societร priva di scopi di lucro, che si prefigge la finalitร di costituire un punto di incontro e di confronto tra gli archeologi medievisti italiani e di promuovere tutte le iniziative volte allโindagine e alla valorizzazione del patrimonio archeologico di etร medievale sul territorio nazionale. Per commemorare la sua profusione e passione nella diffusione del sapere archeologico e storico in ambito medievale e il suo fondamentale contributo presso il SAMI, la Societร ha istituito, a partire dal 2013, un premio intitolatoalla memoria del professor Riccardo Francovich, conferito al museo o parco archeologico italiano che, a giudizio dei propri soci e dei cittadini partecipanti alla votazione, rappresenta la migliore sintesi fra rigore dei contenuti scientifici ed efficacia nella comunicazione degli stessi verso il pubblico dei non specialisti. Ogni anno la giuria, che si occupa di selezionare i musei siti che concorrono, ha assegnato un premio per la divulgazione e (in alcuni casi) un premio speciale. Nelle prime due edizioni (2013-2014) la votazione รจ stata riservata ai soli soci SAMI; dal 2015 la votazione รจ stata estesa (con conteggio separato) al pubblico. Il premio, dando la possibilitร di conferire attraverso una votazione aperta a ogni persona una preferenza alle candidature in lizza partecipanti alla gara che riguardano luoghi di interesse storico artistico distribuiti sul territorio italiano, รจ unโopportunitร unica per permettere alla gente lโesperienza unica di sentirsi parte di unโunica comunitร che rinsalda le proprie tradizioni e radici come parte attiva alla tutela dellโinestimabile patrimonio che una nazione come la nostra non dovrebbe mai scordarsi di avere.
Mercato delle Gaite
Per lโanno 2022 sono stati sei i musei-siti individuati dalla commissione per la X edizione Premio Parco e Museo Riccardo Franchovich. La Commissione Giudicatrice, presieduta da Paul Arthur (presidente SAMI, professore di Archeologia medievale, universitร del Salento) รจ composta da Angela Borzacconi (direttore museo Archeologico nazionale, Cividale), Giovanni Floris (giornalista e conduttore televisivo), Luigi La Rocca (direttore generale Archeologia Belle arti e Paesaggio, MIC), Gabriella Piccinni (professore di Storia medievale, universitร di Siena), Pietro Pruneti (direttore di Archeologia Viva), Marco Valenti (professore di Archeologia medievale, universitร di Siena) e ha selezionato i seguenti sei musei-siti: Bevagna: il mercato e il circuito dei mestieri; Brescia: Museo di Santa Giulia; Fasano: Parco Rupestre Lama dโAntico; Firenze: Museo dellโOpera del Duomo; Milano: Chiesa inferiore di San Sepolcro; Positano: Museo Archeologico Romano Santa Maria Assunta.
L’arte della torcitura ha attraversato secoli e continenti. Oggi รจ visibile durante il Mercato delle Gaite di Bevagna.
Perchรฉ torcere la seta?
In natura esistono migliaia di filamenti vegetali e animali piรน o meno lunghi e resistenti. In genere, i filamenti di origine naturale hanno una lunghezza inferiore al metro: da qui la necessitร di costruire un filo continuo partendo da elementi piรน corti. La filatura, intesa come creazione del filo, nasce dall’unione per torcitura delle fibre. La tessitura, con tutte le fasi di preparatorie dei filati che essa richiede, era giร una tecnologia consolidata quando in Oriente si scoprรฌ che esistevano fili naturalidi centinaia di metri. Erano i fili di seta dei bozzoli di alcuni insetti. Tra gli insetti vi sono centinaia di specie serigene, tuttavia una in particolare fu oggetto di interesse, per diverse ragioni: facile dipanabilitร del filo, filo molto lungo e sottile, possibilitร di allevamento domestico. La pratica allevatoria del Bombyx mori, del baco da seta, continua da oltre quattromila anni. Dall’Oriente, molto lentamente, essa arrivรฒ in Europa assieme alla tecnica della trattura, cioรจ all’arte di togliere la bava dei bozzoli per farne un filo utilizzabile. Durante la trattura, la sericina viene sciolta immergendo i bozzoli in acqua calda; individuati poi i capofilo con una spazzola, se ne fa un mazzetto proveniente da piรน bozzoli (la rosa di trattura) e si inizia a tirare (da cui trattura), avendo cura di tener ben unito il mazzetto delle bave e di mantenere l’acqua calda. Il filo cosรฌ ottenuto, reso compatto dal reindurimento della sericina, viene avvolto su di un aspo, dove va a formare le matasse di seta greggia.
Per millenni la seta greggia ottenuta dalla filatura รจ passata direttamente al telaio per essere tessuta. Se si analizzano i rari frammenti di tessuti antichi, ritrovati per lo piรน in tombe cinesi, oppure di provenienza sassanide e bizantina, si osserva come i fili di ordito e di trama siano in genere privi di torsione o ne abbiano una debolissima (pochi giri per metro).
Tuttavia, dal X secolo d.C. in poi, compaiono tessuti con fili decisamente torti, decine o centinaia di spire per metro. L’esigenza di produrre tessuti sempre piรน fini e con disegni sempre piรน complessi, uniti alla necessitร della tintura in filo, fu quasi sicuramente la causa determinante dell’introduzione della torcitura della seta. Ove e come ciรฒ avvenne per la prima volta non รจ noto. Da semplice esigenza operativa, la torcitura divenne col tempo un settore molto importante nel processo di lavorazione, con imponenti edifici, macchinari, maestranze, normative e capitali dedicati allo scopo.
Torcitoio circolare da seta
La torcitura antica e il torcitoio tondo a energia umana
La produzione di seta torta a mano era lenta e dispendiosa; il filo torto dava luogo a evidenti irregolaritร della pezza finita, attribuibili alla disuniforme distribuzione della torsione lungo il filo. La ruota a filare semplice permise di risolvere in parte i limiti produttivi dei filati per tessitura. Di probabile provenienza orientale, essa compare in Europa dopo il 1000; la prima raffigurazione รจ visibile in una delle vetrate della cattedrale di Chartres e risale al 1150 circa. Nel corso del XIII secolo compare in quel di Lucca anche il torcitoio tondo, mosso dall’uomo. La loro origine finora รจ ignota, forse arrivavano dal Medio Oriente, all’epoca delle prime quattro crociate, dal 1098 al 1204.
Hanno forma cilindrica e torcono contemporaneamente la seta di circa 80 rocchetti completandoli in 6-10 ore con soli due addetti. Se si pensa che a mano una persona torce un rocchetto in 30-40 ore, si ha un salto quantitativo di produzione di circa 300 volte, con una qualitร di filato migliore e a un costo inferiore. La fonte di energia erano le braccia dellโuomo. Una persona allenata poteva muovere fino a 150 rocchetti per 8-10 ore con qualche sosta. A causa di guerre civili in Lucca, giร nel Trecento la conoscenza del torcitoio si diffonde a Firenze, Bologna, Venezia, nel sud della Francia. Nella seconda metร del Quattrocento il giovane Leonardo da Vinci, a Firenze dove era a bottega del Verrocchio, conosce il torcitoio circolare da seta ormai consolidato da piรน di due secoli di attivitร . Ne rimane affascinato, lo studia nei dettagli, vi scrive sopra persino degli indovinelli e lo migliora: inventa il distributore automatico del filo; inventa le rocchelle per avvolgere la seta lavorata e le bacchette per inserirle, in sostituzione dei piรน ingombranti aspi; inventa un nuovo tipo di movimentazione dei fusi, allo scopo utilizza una ruota suddivisa in settori (strofinacci) per migliorare l’aderenza. Tutte invenzioni che accrescono di molto la qualitร dei filati di seta e la produttivitร della macchina.
A partire dal Trecento, inoltre, esigenze produttive avevano obbligato a ricorrere all’energia idraulica per muovere i torcitoi da seta, diventati ormai grandi macchinari alti 5-6 metri. I nuovi dispositivi leonardiani che li migliorano si diffondono presto. La cittร di Bologna, con centinaia di torcitoi impiantati, ne รจ il centro piรน imponente fino al XVII secolo. Ma la stessa macchina รจ ormai diffusa in Italia, Francia, Spagna, Olanda Belgio, Austria, Ungheria.
Il torcitoio circolare da seta a energia umana e la sua storia nel Mercato delle Gaite
Il torcitoio da seta รจ la prima macchina operativa complessa che lโuomo abbia mai ricostruito: รจ tale perchรฉ รจ densa e ripetitiva. Ha circa due metri di diametro ed รจ alta poco di piรน. I suoi elementi operativi sono ripetuti parecchie decine di volte, consentendo di torcere in modo regolare 80-150 fili contemporaneamente. Un uomo-motore collocato allโinterno la muove, mentre un operatore allโesterno provvede alle varie esigenze della torcitura. Si tratta di una delle macchine piรน interessanti del Medioevo, certamente quella piรน produttiva. Un torcitoio da 100 fusi richiede due operai contro i cento di prima, e il tempo per torcere un rocchetto รจ cento volte minore di quello che si impiegherebbe per torcere a mano. Complessivamente, quindi, lโinvenzione accorcia di 10.000 volte il tempo di torcitura per una produzione media artigianale. Raramente nella storia della tecnica ci si imbatte in simili risultati. Questa invenzione svolge in un giorno il lavoro prima compiuto da due-tre mila persone: si puรฒ sicuramente affermare che la civiltร industriale nasce con i torcitoi da seta.
La prima documentazione iconografica che si conosca si trova negli Statuti dell’Arte della Seta di Firenze del 1487, copia di un manoscritto del secolo precedente e conservato alla Biblioteca Laurenziana di Firenze. Nel disegno appare un ordine di fusi, disposti lungo una circonferenza (valico), raggruppati tre a tre, per un totale di 24 fusi e 8 aspi per valico. Una descrizione degli elementi costitutivi la si trova nell’Archivio di Stato di Lucca, Archivio notari, n.117, notaio Bartolomeo Buonmese, 1335.
Il documento lucchese indica che la macchina consta di due incastellature di legno concentriche di 3 metri di diametro per poco piรน di due metri di altezza e porta due serie di dodici aspi con dieci alberini per ogni aspo. La struttura interna ruota intorno a un asse verticale, un cilindro ruotante, azionato da una persona che lo spinge con il proprio corpo, a ritroso; contemporaneamente la struttura esterna sfrega sugli alberini e i meccanismi di trattura per farli ruotare. Su ogni alberino รจ fissata rigidamente la bobina, sopra la quale gira rapidamente su un coperchio a calotta (coronelle) un filo a S. Il filo di seta non ritorto passa dalla bobina sullโaspo sovrastante attraverso due fori. Quando lโalberino gira e con esso la bobina, il filo viene ritorto man mano che viene tirato dallโaspo. Durante questo processo, la seta si torce, acquistando caratteristiche fisiche diverse dal filo di partenza e piรน adatte a conferire al tessuto finito lโaspetto che gli รจ piรน peculiare.
Sulla base del Trattato e con le conoscenze storiche acquisite nel settore, la Gaita Santa Mariaha ricostruito il torcitoio circolare a energia umana facendone lโunico esemplare funzionante al mondo.
Esso consta di due ordini di 12 aspi ciascuno, cui corrispondono due ordini di tre bobine per ogni aspo, disposte lungo la circonferenza (valico) per un totale di 72 bobine. Sulla parte mobile del torcitoio trovano sistemazione, sia i dispositivi che fanno ruotare i fusi (strofinacci) sia gli elementi inclinati (principi) di unโampia vite senza fine, tradizionalmente chiamati serpi. Gli aspi che raccolgono il filo torto in matasse sono mossi dai serpi, grazie a una ruota a raggi, la bozzoniera.
Durante la manifestazione, il torcitoio รจ certamente, fra gli strumenti dโepoca presenti, il piรน prestigioso per il suo valore storico e culturale e inoltre, nellโambito di una riproduzione il piรน fedele possibile di mestieri medievali, รจ sicuramente la macchina riprodotta nel modo piรน corretto per quanto riguarda le fonti di energia, immune dalla contaminazione con le tecnologie moderne (corrente elettrica, metano): utilizza solo la forza delle braccia.
La progettazione e la sua realizzazione hanno richiesto tempo e fatica, ma il risultato ottenuto ripaga delle difficoltร incontrate. E allora come non ricordare chi, negli anni 1996 e 1997, ha desiderato e voluto ricostruire la macchina: Anacleto, Alfredo, Anna, Pia, Attilio, Gianluigi, Marco M (il costruttore), Gianpaolo (il disegnatore), Marco T.M, Francesca, Luigi, Natale; e chi negli anni successivi vi ha dedicato il suo tempo: Mario, Rita, Gianmarco. E come non ricordare i luoghi visitati: Firenze (Lโantico setificio toscano), Gorizia (Il museo della Seta), Garlate (Civico Museo della Seta Abegg), Abbadia Lariana (Civico Museo Setificio Monti), Como (Museo Didattico della Seta), San Leucio e il suo setificio (Caserta).
Un ringraziamento particolare a Flavio Crippa, esperto di archeotecnologia industriale, che ci ha fornito disegni e informazioni indispensabili. E infine, come non ricordare che il torcitoio รจ stato esposto a Strasburgo, nellโambito di una mostra su Leonardo da Vinci e le sue macchine.
Il torcitoio da seta negli Statuti Comunali Umbri
A Perugia la lavorazione della seta inizia nella prima metร del Quattrocento. Nel 1529 lโarte dei bambacari chiese e ottenne di unirsi con i setaioli. I bambacari e i setaioli costituirono il Collegio della seta e della bambagia(mantenendo tuttavia separati i propri statuti) nel 1529.ย In seguito, la necessitร di raggiungere un piรน razionale impiego delle risorse economiche convinse dellโopportunitร di riunire le due arti. La nuova istituzione assunta la denominazione di Arte della Seta e della Bambagia, redasse gli statuti nel 1531. Nel 1543 vennero elaborati gli statuti definitivi dellโarte. Redatte in volgare, le le disposizioni sono comprese in sessantadue capitoli, di cui quarantotto riguardano lโarte della seta e quattordici quella della bambagia.
Capitolo 7.ย Che niuno filatoiaio o torcetore possa filare ne torcere seta a frostiere nรฉ a chi non ha botigha.
Capitolo X.ย Che quilli che pigliaranno sete a torcere sieno obligate a torcerle bene a iuditio de li uffitiali.
A Foligno, giร negli anni 1471-1472, due mercanti imprenditori forestieri manifestano il desiderio di introdurre lโarte della seta. Ma solo nel 1540 vengono elaborate tre bozze degli statuti dellโarte, due delle quali abbastanza simili e composte da 15 capitoli e 17 capitoli.
Capitolo 8. Item che nessun filatutaro, ne tintore, possano torcere, ne filare, ne tignere in alcuno modo, alcuna generatione de seta ad nessuno foristero, ne ad alcuno altro che non sia matriculato et scritto ad larte sotto pena.
NellโASF รจ presente un documento datato 18.2.1528, in cui Girolamo di Marsilio di Giovanni Taccori e Giovanni Battista di Vincenzo dello stesso Giovanni Taccori vendono a Matteo Gentili e Feliciano di Girolamo Seggi di Foligno unum filatorium ligneum aptum ad filandum ettorcendum siricum al prezzo di 26 fiorini. Un documento datato 14 luglio 1556 afferma che a Cicco qm. Giovanni Antonio,ย filatoraio di Foligno, Prospero qm. Andrea Merganti affitta unum atterratum cum filatorio apto ad filandum et torcendum sericeum ad duas valcas sito nel rione Ammanniti, per tre anni e per sette fiorini lโanno.
Dal 1559 lโarte subisce una svolta decisiva: viene introdotto a Foligno il filatoio idraulico, uno dei primi dellโItalia centrale, ad opera del nobile Francesco Orfini; viene ubicato nel rione Spada, presso i mulini a grano e a olio della comunitร .
Conclusioni
Si รจ parlato spesso di leggenda del filo dโoro, tanto รจ avventurosa e sconcertante la storia della seta, materia di lusso, simbolo di bellezza e di potere, che unisce e al tempo stesso divide, Asia ed Europa; fattore primario di commercio, ma anche di scambi culturali.
ย La machina
ร maraveja, รจ ordegno celeste. Mille e mille rigagnoli de filo, torce et incanna come cento mani, anzi dugento. Ne lo suo ventre scoperto una femmina spigne et Ella gira e con Ella gira lo mondo universo. Li mille e mille bachi non truovan lo tempo de filare, le femmine de levare la colla e mannellare, chรจ giร tutto ritorto. Indulgenzia me vรฉne dal Segnore perchรฉ non vโha persone che possan prendere suo loco. La machina cum grande fatica sโadopra a vantaggio e satisfatione de tucti, perรฒ che cresce il filo, e giร tutta Mevania: homini et femine et pulzelle et pargoli involti sono da esso per tignere et per tessere, et panni assai vi sono da tagliare. De jorno e de nocte battono li telari e laqua de lโ Attone pare nun essere bastanzia peโ lavaggi e tenture de lo panno che co lo filo de lo torcitoio sโappresta.
Da un Anonimo umbro del XX secolo.
Bibliografia
F. Crippa, Il torcitoio circolare da seta, estratto da: Quaderni storici73/a. XXV, n.1ยฐ aprile 1990 La Gaita Santa Maria riscopre lโarte della seta, La Tipografica Bevagna, 2007