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Parte da Perugia “Green Table”, un progetto culturale di respiro annuale nato dall’incontro tra Fondazione Guglielmo Giordano e Media Eventi, con la partnership dell’Istituto Nazionale di Architettura, l’Associazione per il Disegno industriale, e il supporto del Consiglio Nazionale Architetti.

Dal 20 al 23 ottobre, si terrà a Perugia, negli spazi rinnovati dell’Auditorium San Francesco al Prato, riaperto per l’occasione, la prima edizione di Green Table, Forum Internazionale su architettura e design per il futuro. La manifestazione chiamerà a raccolta personalità di primo piano del mondo cultura del progetto, della scienza, della filosofia e della economia per dialogare attorno al ruolo del design nella ricerca di una relazione armonica tra genere umano e mondo naturale.

Green Table è un think thank attraverso cui esperti, istituzioni e cittadini promuoveranno idee, progetti e soluzioni concrete in risposta alle grandi sfide della difesa dell’ambiente e del benessere delle comunità – dalla più piccola alla più grande scala – proponendo un cambiamento di paradigma culturale e l’adozione di comportamenti individuali e collettivi tesi a una crescita economica e sociale più equa e sostenibile. Il Forum dal forte carattere innovativo per l’originale format, la dimensione del confronto, sia fisica che digitale, e per il respiro internazionale pone l’Umbria e il suo capoluogo al centro del dibattito globale sui temi della sostenibilità, intesa come obiettivo a cui tendere per salvaguardare il futuro del nostro pianeta e ridisegnare in forme nuove il senso di comunità, e il rapporto con l’ambiente.

Il programma prevede oltre venti confronti che vertono su questioni di stringente attualità, affrontate da nomi illustri del mondo della progettazione, dell’economia e della cultura, portatori delle più diverse esperienze e visioni, quali il rapporto tra natura e costruito, il rinnovo degli gli spazi di relazione dei luoghi dell’abitare e del lavoro, la mobilità sostenibile, i servizi digitali e le infrastrutture culturali, con uno sguardo rivolto alle smart city, ma anche alle aree interne e ai centri minori.

Caratterizzato dalla modalità phygital – un bilanciato mix tra momenti di interazione fisica e digitale – dopo le quattro giornate perugine, dense di incontri ed eventi, proseguirà nei prossimi mesi con nuovi contributi fino a ritrovarsi ancora in Umbria nel 2022. I singoli panel verranno trasmessi in streaming da Perugia e in differita da diverse metropoli internazionali – quali Milano, Amsterdam, Barcellona, Monaco di Baviera e Shanghai – rappresentative di distretti produttivi e culturali tra i più attivi attorno ai temi della sostenibilità.

Tra gli ospiti che prenderanno parte ai tavoli di discussione si annoverano progettisti quali Michele De Lucchi, Patricia Urquiola, Stefano Boeri, Mario Cucinella, Benedetta Tagliabue, Cino Zucchi, Aldo Cibic, Patricia Viel, Walter De Silva, Matteo Thun, Daria De Seta, Dante Oscar Benini, Alessandro Melis, Guendalina Salimei, Ico Migliore, Mara Servetto, Monica Alejandra Mellace, Filippo Lodi, Massimo Pica Ciamarra, Luca Zevi, scienziati quali Stefano Mancuso e Cinzia Chiriacò, filosofi come Maurizio Ferraris e Aldo Colonetti, insieme ad altri importanti protagonisti del mondo della cultura, informazione ed economia.

L’opening del forum è prevista mercoledì 20 ottobre pomeriggio e si concluderà con il suggestivo spettacolo Botanica, realizzato dal collettivo Deproducers in collaborazione con lo scienziato Stefano Mancuso. Anche nelle serate successive San Francesco al Prato ospiterà altri significativi eventi culturali dedicati a musica, cinema e arti performative.

Green Table poggia su una partnership di grande prestigio con l’Istituto Nazionale di Architettura e l’Associazione per il Disegno industriale e il supporto del Consiglio Nazionale Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, e nasce da una sinergia tra Fondazione Guglielmo Giordano e Media Eventi, due riconosciuti promotori culturali del territorio, che hanno fuso le loro esperienze e know-how in termini di organizzazione di eventi legati al mondo dell’architettura, design, arte e natura. Dalla loro collaborazione ha preso forma la prima edizione di questa manifestazione che ruota intorno al tema della sostenibilità declinata nella vasta accezione della progettazione applicata all’industrial design, architettura, planning urbano e territoriale, attraverso una visione a 360 gradi che non trascura le grandi sfide del rilancio economico in prospettiva post Covid.

Diversi i partner istituzionali che hanno creduto sin da subito nell’iniziativa: Regione Umbria, Comune di Perugia, e Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, a cui si aggiungono importanti main partner privati, dall’anima autenticamente verde, quali Aboca, Listone Giordano, Paghera e Rubner. Sponsor tecnologico: Wyth, con la sua innovativa piattaforma digitale.

I partner culturali che sostengono l’iniziativa sono invece l’Università degli Studi di Perugia, la Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile, l’Accademia di Belle Arti P. Vannucci di Perugia, e PEFC Italia.

Il format Green Table, ideato da Andrea Margaritelli (Fondazione Guglielmo Giordano) e Carlo Timio (Media Eventi), pone le sue fondamenta su una formula che affianca alla componente fisica – i relatori sono chiamati a confrontarsi attorno a uno stesso tavolo verde firmato da Michele De Lucchi, al centro del quale è posizionata una speciale videocamera che effettua riprese stereoscopiche a 360 gradi – una componente digitale incentrata su un’innovativa piattaforma cross-mediale accessibile ovunque via web. In questo modo tutti i contenuti degli incontri potranno essere seguiti gratuitamente in diretta, in ogni parte del mondo, attraverso qualsiasi dispositivo fisso o mobile, previa semplice registrazione. All’interno della piattaforma gli utenti potranno intraprendere azioni di networking, attivare riunioni digitali, avvicinarsi ai diversi partner della manifestazione – istituzioni e operatori economici – oppure rivedere tutti i panel, oltre a poter beneficiare dei nuovi contenuti caricati nel corso dell’anno.
L’intera manifestazione è organizzata in stretta aderenza alla policy sull’equilibrio di genere per gli eventi culturali, promossa dall’Istituto Nazionale di Architettura.

La sede

Il Forum verrà ospitato nella prestigiosa sede dell’Auditorium San Francesco al Prato, che, dopo tanti anni, verrà riaperto al pubblico mostrando il suo volto completamente rinnovato. Il progetto architettonico di grande respiro, a firma dello studio Signorini, è stato infatti chiamato a trovare una sintesi efficace tra esigenze di conservazione del suo straordinario patrimonio storico e culturale e quelle di funzionalità di un moderno auditorium equipaggiato delle più innovative dotazioni tecnologiche.

Target

Il Forum si rivolge a un vasto pubblico di persone interessate al mondo del design e dell’architettura, attente al futuro dell’ambiente, ai nuovi modelli di sviluppo economico e alle trasformazioni della società. Green Table invita progettisti, rappresentanti delle istituzioni e del mondo dell’impresa, accademici, ricercatori, giornalisti e studenti a ritrovarsi attorno a uno stesso tavolo per discutere di futuro con un linguaggio aperto a tutti.

Crediti formativi

Grazie a specifici accordi con l’Ordine degli Architetti, l’Università degli Studi di Perugia (Corso di laurea magistrale a ciclo unico in “Ingegneria edile-Architettura”, Corso di laurea magistrale in Planet Life Design” e Corso di laurea in Design”) e l’Accademia di Belle Arti di Perugia, è previsto il riconoscimento di crediti formativi ai professionisti e agli studenti che seguiranno l’evento.

«Sogno di far crescere il mio brand e diventare uno tra i designer più influenti nel sistema moda».

Marco Rossi è un giovane – classe 1995 – e promettente designer di Passignano sul Trasimeno, nato sotto il segno del leone: «Sono un leoncino a tutti gli effetti» specifica. Oggi vive tra Roma e l’Umbria e da poco ha partecipato alla Vancouver Fashion Week, dove ha portato in passerella la sua collezione ispirata al Trasimeno.
«Una tela perfetta di verdi colline e vallate, antiche fortezze e il pittoresco lago Trasimeno. Scene di pesca giocavano sullo schermo mentre i modelli indossavano cappelli da pescatore e camicie oversize. Arancione, bianco e tonalità scure si mescolano per formare un bagliore che ricorda i cieli estivi in Italia», così Fashion Studio Magazine di Vancouver ha descritto la sua sfilata. Per Marco non era però la prima volta: era già stato selezionato per diverse competizioni nazionali e internazionali quali Alta Roma e Un Talento per la Scarpa.

 

Marco Rossi durante la sfilata in Canada

Marco, qual è il suo legame con l’Umbria?

Sono nato in Umbria a Passignano sul Trasimeno, anche se la mia famiglia non è originaria di questa regione. Amo l’Umbria profondamente perché è sinonimo di natura ed è una delle poche realtà italiane in cui il verde resiste al cemento. Il legame maggiore ce l’ho però con il lago Trasimeno, perché ci sono nato e perché l’acqua è un elemento in cui mi ritrovo molto.

A Vancouver ha portato una collezione del suo brand AnotherDavid ispirata proprio dall’armonia del lago Trasimeno: ci spieghi meglio.

Sì, mi sono fatto ispirare dal Trasimeno, così da far conoscere al mondo l’Umbria e in particolar modo il lago: ho raccontato, attraverso la mia collezione, i suoi tramonti, con i colori che variano dall’arancione al viola. I cappelli e gli abiti larghi ricordavano l’abbigliamento dei pescatori, così come la stoffa a righe verticali e le pashmine in cotone intrecciate come le reti da pesca. Anche nella scelta dei tessuti ho voluto richiamare l’Umbria: il denim è misto a canapa, la nostra regione è pioniera nella produzione di questo materiale. Ho riservato una attenzione particolare ai materiali, naturali e inediti, così da utilizzare la minor quantità possibile di elementi inquinanti. Devo dire che è stata una collezione progettata e realizzata in circa due mesi: Istituto Italiano Design mi ha scelto e sono partito per il Canada, il tutto molto velocemente.

È stata comunque un successo…

Non mi sento soddisfatto al centro per cento – si può sempre migliorare – però c’è stato un buon riscontro, soprattutto da parte della stampa: giornali specializzati di moda hanno parlato di me e scritto della mia collezione. Queste sono piccole soddisfazioni che mi hanno ripagato dei tanti sacrifici fatti.

Troveremo l’Umbria anche in altre collezioni?

Penso di sì, anche perché all’estero – come dicevo – è stata molto apprezzata.

Disegna sia per uomo che per donna?

Per ora realizzo solo abiti da uomo, ma il mio progetto è quello di disegnare una collezione anche da donna.

 

Collezione del brand AnotherDavid, Marco Rossi.

Quando ha deciso di diventare designer di moda?

La moda mi è sempre piaciuta fin da piccolo, da ragazzino leggevo Vogue sotto le coperte (ride). C’è un aneddoto che spiega la mia passione fin dalla tenera età: quando si è sposato mio fratello più grande tutti dovevamo vestirci allo stesso modo, ma io – nonostante fossi molto piccolo – puntai i piedi perché volevo indossare il gilet oro e il papillon rosso. Alla fine la spuntai e mia madre mi accontentò! Questo è stato il mio primo approccio concreto con la moda e la mia prima ribellione al sistema (ride). Poi ho iniziato a studiare, frequentando prima il liceo artistico e poi l’Istituto Italiano Design a Perugia.

Ora, a cosa sta lavorando?

Sto cercando di portare avanti il mio progetto e promuovere il mio marchio AnotherDavid, ma non è facile.

Ci dia qualche consiglio per la stagione appena iniziata: quest’inverno cosa non deve mancare nell’armadio di un uomo?

Il cappotto spinato over, rigorosamente con la cintura e il cappellino ispirato alla kippah.

Ha qualche grande stilista a cui si ispira?

Ce n’è più di uno: Maison Martin Margiela per come destruttura l’abito, un altro molto vicino alle mie corde è Valentino per come rielabora i contest delle sfilate, il terzo è Alexander McQueen, che per me ha fatto davvero la storia della moda. Infine, Vivienne Westwood per il personaggio che è. Tutti loro comunque li apprezzo come persone e per come hanno saputo comunicare il loro essere attraverso la moda.

Per il suo futuro cosa si augura?

Voglio far crescere il mio brand e diventare uno tra i designer influenti nel sistema moda. Per ora è un sogno, ma spero diventi realtà.

Come descriverebbe l’Umbria in tre parole?

Equilibrata, spirituale, naturale.

La prima cosa che le viene in mente pensando a questa regione…

Il lago Trasimeno.

TITOLO: L’amore al tempo del design

 

AUTORE: Stelio Zaganelli

 

EDITORE: Bertonieditore

 

ANNO: 2018

 

 

 

 

 

 

 

Se si toglie un diamante a un edificio perfetto tutto sembra sgretolarsi…
Sulla copertina campeggia questo diamante perfetto e per un lungo tratto del romanzo mi sono chiesta che cosa c’entrasse un diamante in copertina per un libro che in gran parte è ambientato a Perugia. Poi, continuando la lettura, tutto mi è apparso perfettamente chiaro: non soltanto perché l’azione si sposta a Ferrara e si parla della leggenda legata a Palazzo dei Diamanti, ma perché il diamante rappresenta anche la preziosa unicità di ogni membro di un gruppo nel quale, se un elemento viene rimosso, produce una terribile deflagrazione che porta inevitabilmente allo sfaldamento dell’unità: da quel momento non esiste più un noi, ma ognuno, da solo, deve percorrere la strada per divenire adulto.
Le storie di Santo, Babila, Elettra, Mirro e Sandrino, se da un lato ci riportano a pensare a quello che forse è il film più bello sull’adolescenza – Stand by me: ricordi di un’estate, tratto dal celebre racconto di Stephen King – dall’altro ci fanno assaporare i ricordi di una Perugia in cui la vita era scandita da ritmi diversi, dove il centro non era approntato per i turisti, ma era un luogo vivo, il cuore pulsante della città. Un centro cittadino forse più malandato di quello di oggi, ma traboccante di vita vera e vissuta.
L’amore al tempo del design è un bel libro che racconta più di una storia d’amore, quella tra Santo e Babila, che, quale fil rouge, ci accompagna dalla prima all’ultima pagina. Ci riporta a un periodo della storia italiana difficile e complesso, dove gli eventi fanno da sfondo e rendono tutto molto concreto e vero, senza però appesantire una storia che è bella così, perché possibile e vera, sebbene in essa entri anche il fantastico grazie a quella capacità che Santo ha di incidere con la forza della mente sugli eventi che lo turbano.

 

Stelio Zaganelli

Come ogni libro, anche questo è in parte autobiografico, nel senso che in esso Stelio Zaganelli ricorda tutte le città a lui care: Perugia dove ha sempre vissuto, Ferrara che gli ha dato i natali, Firenze dove è divenuto architetto e Milano dove si è spesso recato per lavoro e per piacere. Quando egli parla delle scale mobili e del restauro del centro storico di Perugia non si può inoltre non pensare a un omaggio al nonno omonimo dell’autore che fu sindaco dal 1977 al 1980. Certo anche nei personaggi, così vivi e veri, ci devono essere i ricordi di persone e di caratteri vissuti dall’autore e forse l’aver scelto nomi davvero particolari – che soli un po’ stonano nella narrazione talmente vivida di un tempo che oggi ci appare lontano e perso – serve proprio a nascondere identificazioni reali e a voler consegnare il tutto alla pura fantasia.
Di certo, al termine della lettura, un’intera generazione di perugini riporrà questo libro con cura e lo conserverà nel cuore e nella mente con particolare affetto, proprio perché vi avrà riconosciuto una parte importante della propria storia.

«Chi lavora con le sue mani è un lavoratore, chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano, chi lavora con le sue mani e la sua testa ed il suo cuore è un artista» (S. Francesco)

Mi chiamo Anna e sono una designer. Una grande passione per la casa, l’arredo e tutto ciò che è fatto a mano mi ha portata a concretizzare quello che per molto tempo è stato solo un sogno: oggi ho la fortuna di fare il lavoro che mi piace.

Sono nata ad Assisi e da sempre abito nella stessa frazione ai piedi della città del Santo Poverello; l’amore per la mia terra mi ha portato a mettere radici qui, anche dal punto di vista lavorativo, tant’è che negli ultimi anni le strade che percorro mi portano spesso ad entrare nelle botteghe degli artigiani e ad instaurare collaborazioni volte alla reinterpretazione in chiave contemporanea di tutto ciò che è tradizione.

Un destino scritto il mio? …forse! Mio padre è un artigiano, un falegname e un restauratore. Da piccola ho trascorso molte estati nella sua bottega e ancora oggi trascorro del tempo in falegnameria, infatti mio padre è il principale artigiano con cui collaboro.

In questa rubrica vi parlerò di artigianato artistico, di materiali, di design, di creatività, di tutti quei luoghi in cui risiedono le eccellenze umbre, quelle che sanno fare bene e con il cuore!

La Falegnameria

Oggi il mio viaggio inizia da vicino, dal luogo che ha determinato il mio essere designer oggi: il laboratorio artigiano di Fulvio Bertinelli. La falegnameria è accogliente: sorge in una zona industriale, ma per fortuna si affaccia sulla campagna e dalle finestre più in alto si possono ammirare le colline con Assisi e tutti gli altri borghi incastonati nel verde. È un luogo alla vista contemporaneo, ma dal sapore antico… custodisce un antico sapere fatto di tecnica e esperienza tramandata! Entrando, ciò che mi colpisce subito è il profumo del legno, evocativo, che mi trasporta in un’altra dimensione, attivando uno stimolante gioco sensoriale. Accade sempre! Ma prima di perdermi in racconti su essenze e caratteristiche di questo materiale che adoro, vi parlerò un po’ dell’attività in falegnameria.

Gli strumenti

Tutto il lavoro svolto da mio padre è artigianale; ci sono in laboratorio dei moderni macchinari senza i quali ormai sarebbe impensabile lavorare, ma molti passaggi che portano alla creazione di un mobile vengono svolti ancora manualmente, con strumenti a mano, come si faceva centinaia di anni fa.

La pialla, la lima e la raspa, lo scalpello: sono piccoli strumenti senza i quali un mobile costruito artigianalmente non avrebbe lo stesso fascino. Si conserva così un sapere, una tecnica, e il bene realizzato porterà traccia della lavorazione manuale che avviene in maniera precisa, scrupolosa e attenta. Dalla cura di mani grandi e sapienti del mio falegname, tavole di legname si trasformano in capolavori dalla qualità eccezionale e dalle finiture ricercate. Olio, gommalacca, cera d’api: sono solo alcune finiture naturali possibili, ma dato che il legno è una materia naturale e viva, queste sono le finiture più consigliate al cliente che desidera un oggetto di classe e “green” al cento per cento.

Un balsamo per i sensi

Il mestiere dell’artigiano che lavora il legno è sicuramente un mestiere articolato; si compone di fasi di studio e ricerca, progettazione, studio della fattibilità, applicazione della tecnica, scelta di legname e finiture… ma credo che in questo mestiere si nasconda un grande privilegio, l’essere a contatto con una materia viva, calda, profumata, colorata, piacevole al tatto. E il gioco sensoriale si attiva di nuovo quando osservo e tocco le essenze presenti in laboratorio. Per lo più legni nostrani, cioè tipici del nostro territorio: il noce pregiato, resistente e liscio, di un bel marrone intenso; il rovere biondo e rugoso, trattato spesso con la tecnica della spazzolatura; il pioppo bianco, umile e morbido, l’albanello dei vecchi artigiani; il ciliegio rosato e fiammato, il castagno con le sue sfumature decise, l’olivo mistico, curvo e annodato…

È affascinante il legno, toccarlo e annusarlo è quasi una terapia. Ho fatto un esperimento, di recente: ho conservato in barattoli a chiusura ermetica trucioli di legno di varie essenze (così il profumo del legno appena tagliato non si disperde!) e li ho fatti annusare a molte persone. Il potere evocativo di tali profumi è sorprendente… nessuno se n’è andato senza un ricordo affiorato alla mente!

Ditemi: non siete ora curiosi di entrare in falegnameria a vedere, toccare, annusare?