Antonio Luna: i borghi, gli “incontri” con Pasolini e Hemingway e il sequel di “Le tre verità”

Dialogo con il poliedrico spellano: ex presidente dei “Borghi più belli d’Italia in Umbria” e attuale membro del Comitato Scientifico dell’associazione nazionale.

Una trentennale carriera nell’ambito della gestione delle risorse umane (nel pubblico e nel privato), giornalista (per La Nazione di Firenze e per riviste di viaggio come Borghi Magazine) e scrittore di diversi libri; per 10 anni è stato vicesindaco di Spello e per 8 Presidente de I Borghi più belli d’Italia in Umbria; da 5 anni invece è membro del Comitato Scientifico della stessa associazione nazionale. Tutto questo – e molto di più – è Antonio Luna, nativo di Spello: «Mi è sempre piaciuto spaziare, ognuna di queste attività mi appartiene».
Lo scorso mese ha ricevuto a Roma il Premio Letterario Internazionale “Omaggio a Pasolini” per i suoi “eccellenti meriti letterari e il suo prestigioso percorso culturale”, premio che si aggiunge ai già numerosi, ottenuti nel corso degli anni con i suoi libri. Con lui abbiamo parlato anche delle piccole realtà umbre, del loro futuro e della grande risorsa che rappresentano, e che potrebbero rappresentare, per la regione. «Al di là della loro straordinaria bellezza, l’Umbria è leader nazionale de I Borghi più belli d’Italia, sia in termini assoluti sia percentuali. Credo sia pertanto oggettivo che non se ne possa prescindere per l’evidente potenzialità che esprimono».

Antonio la prima domanda è di rito: qual è il suo rapporto con l’Umbria?
Intenso. Pur avendo lavorato per alcuni anni in Emilia-Romagna e Inghilterra, mi sento profondamente umbro, se con questo termine si richiama la nostra natura ambivalente: ombrosa in quanto diffidente, però francescana nello spirito della fraternità e della sobrietà. Peraltro mi sono occupato della mia regione da diversi punti di osservazione: da amministratore pubblico, segretario politico, giornalista, presidente associativo, autore di saggi e guide locali, persino di piani di marketing territoriali. La passione per la mia terra non mi ha mai abbandonato.

Antonio Luna riceve il Premio “Omaggio a Pasolini”

Parliamo del Premio Letterario Internazionale “Omaggio a Pasolini”, da lei ricevuto lo scorso aprile a Roma. La motivazione recita che le è stato conferito, “considerati i suoi eccellenti meriti letterari e il suo prestigioso percorso culturale”.  Che onore è stato per lei vedersi consegnare tale riconoscimento?
Ne sono rimasto felicemente spiazzato. Credo vada oltre i miei stessi meriti, pur essendo condiviso – c’era una selezione di 24 autori italiani per rappresentare «la ricchezza e la freschezza della cultura contemporanea nel nostro Paese, in ambiti che spaziano dalla letteratura alla poesia, dal teatro, al giornalismo, alla fotografia». Il percorso di ognuno di noi è stato ritenuto: Coerente con la poliedricità dell’opera e della figura di Pasolini. Una considerazione da brividi, anche se la formula dell’Eccellenza alla Carriera mi ricorda che proprio quest’anno compirò 60 anni: magari è un palliativo al dispiacere.

Anche solo il titolo “Omaggio a Pasolini” è motivo di orgoglio…
Il tema dell’Omaggio a Pasolini mi colpisce in quanto il suo percorso di vita, il suo lascito culturale, ha lasciato una traccia indelebile nel ‘900. Parallelamente, peraltro, alla sua morte. Quando ho ricevuto la comunicazione, un lontano aneddoto mi è subito balenato in testa.

Ce lo vuole raccontare?
Certo. Trent’anni fa, il 29 marzo 1995, scrivevo, per la prima volta, un articolo per un quotidiano nazionale: si trattava de La Nazione di Firenze, redazione di Perugia. Riguardava l’intervista al giornalista e scrittore Marco Tullio Giordana a proposito dei misteri sulla fine di Pasolini, da lui ritenuti irrisolti. Allora Giordana girava l’Italia presentando il suo libro, poi film Pasolini, un delitto italiano. Sono andato a ricercare l’articolo in una vecchia collezione che tenevo in biblioteca. Allora avevo 30 anni ed eravamo a 20 anni dalla sua morte, oggi ne ho 60 e siamo arrivati a 50 anni da quel 2 novembre 1975. Dicono qualcosa tali numeri? Solo che gli anni passano! Magari me li gioco al Lotto. Se poi nel frattempo si scoprisse qualcosa di più su quei misteri, il tempo non sarebbe trascorso invano!

A proposito della sua poliedrica carriera… di tutte le sue attività (scrittore, giornalista, ex presidente dei “Borghi più Belli dell’Umbria”, ex vice Sindaco di Spello e attuale membro del comitato scientifico dell’associazione “I Borghi più belli d’Italia”) quale sente più affine?
Onestamente mi appartengono tutte. Credo che siano conformi ai miei stessi studi: mi sono laureato in Scienze Politiche, nonostante l’ostilità di mio padre, che mi voleva medico o avvocato. Perché mi è sempre piaciuto spaziare, avendo più strumenti di interpretazione della complessa società in cui viviamo. Consideri che i miei primi volumi pubblicati sono stati una guida turistica (di Spello), tuttora diffusa, poi un saggio ambientale con cui la mia città natale ha vinto la medaglia d’argento Entente Florale Europe a livello continentale nel 2013.

Presentazione del libro con i sindaci dei borghi

Anche il libro: “L’Italia (ri) nasce dai Borghi – Progettare il passato per conservare il futuro” (Diadema Edizioni), uscito nel 2022 e nato per raccontare i primi venti anni di vita dei Borghi più belli d’Italia, è dedicato alle piccole realtà. Al titolo lei attribuisce un doppio significato: con la parentesi o senza… tra i due, quale crede più attinente alla realtà quotidiana?
Il primo significato (senza parentesi), esprime una lettura culturale diffusa, ovvero che l’Italia odierna derivi dalla matrice originaria di quei borghi, risorti nel medioevo, alle pendici del castello signorile. Quelle originarie forme urbane, tuttora riconoscibili, avviarono le civiltà più importanti della storia italiana: dei Comuni, delle Signorie, dei vari Regni italici. Il secondo, con parentesi, è invece una sfida: leggere le prospettive di ripresa italiane, alla luce dello spirito di comunità e dei valori civici dei suoi infiniti paesi, pari a 1/4 della popolazione italiana e a 2/3 del territorio nazionale. Occorre però guardare ai territori marginali come a un’occasione di sviluppo invece che a un problema sociale, la dimensione che esprimono lo rende imperativo e soprattutto prima che lo spopolamento ne devasti le comunità. Tale indirizzo, come Borghi più belli d’Italia, stiamo scientemente percorrendo.

Nel sottotitolo del libro scrive che occorre “progettare il passato per conservare il futuro”. Come si può mettere in pratica concretamente? 
Quel sottotitolo è volutamente paradossale, invertendo verbi e complementi oggetto di una frase ordinaria. Tale apparente irrazionalità concettuale vuole indicare un nuovo percorso di sviluppo, che intende appoggiarsi all’antico con strumenti moderni. Ciò si sostanzia nella capacità di mappare e promuovere in modo innovativo e digitale i territori italiani, quale patrimonio sotto utilizzato. La rinascita dei borghi partirà da una più moderna conservazione dei beni immateriali che li hanno creati e da un miglior perseguimento di fabbisogni culturali e di accoglienza, ancora poco curati, per turisti e cittadini. Così si conserva il futuro.

Con questo libro nel 2023 ha conquistato il Primo Premio Speciale “Cortona Città del Mondo”, il Primo Premio Assoluto nella Sezione Saggistica del Concorso Letterario “Caffè delle Arti” di Roma e il Primo Premio nella Sezione Saggistica del Concorso Letterario “Città di Siena” e il Premio Speciale “Club Unesco per Siena”…
Al grande piacere per i risultati conseguiti si abbina una considerazione: venivo, come già detto, dalla pubblicazione di una guida turistica, di un saggio ambientale, di un romanzo storico. Quest’ultimo aveva ottenuto ben 7 primi premi letterari. La ragione mi diceva di continuare in tale ultima direzione, l’istinto di suggellare la fine della mia esperienza di presidente associativo, raccogliendo problemi vissuti e proposte espresse. Ne è uscito una specie di vademecum per chi desideri conoscere il mondo suggestivo dei borghi. Ci ho lavorato 5 anni, ma ne sono soddisfatto.

I numerisi premi ricevuti

Da ex presidente di “Borghi più Belli in Umbria”: come vede oggi queste realtà? Che risorsa e potenziale hanno per la regione?
In Umbria su 92 municipalità, ben 63 non superano i 5.000 abitanti e ben 78 i 15.000. Se ci soffermassimo sull’ultima cifra, l’85% dei comuni regionali ha la dimensione dei nostri comuni aderenti. Se guardassimo invece ai reali appartenenti all’associazione, se ne contano 33: rappresentano il 36% dei 92 comuni regionali. Aldilà della loro straordinaria bellezza, con tali numeri l’Umbria è leader nazionale de I Borghi più belli d’Italia, sia in termini assoluti che percentuali. Credo sia pertanto oggettivo che non se ne possa prescindere, per l’evidente potenzialità che esprimono.

Come potrebbero essere ancora più valorizzati?
Come avviene già in altre regioni italiane, la promozione dei Borghi più belli d’Italia, quale specifico prodotto attrattivo, andrebbe assecondata in Umbria con progetti dedicati, onde favorire la crescita complessiva del turismo regionale. Stiamo parlando di una regione leader in Italia, dove l’Associazione è persino nata. Per combattere inoltre il gravoso spopolamento, che altera l’equilibrio tra generazioni, occorre incrementare i posti di lavoro in loco. Nel mio volume suggerisco 4 piani di sviluppo: (A.L.F.A.): Affinare la Funzione Attrattiva dei Borghi con imprese culturali e creative in un nuovo marketing territoriale; (B.E.T.A.): i Borghi nell’Economia del Terziario Avanzato, con l’economia digitale e la funzionalizzazione degli edifici; (G.A.M.M.A.): Generare Affiliazioni Modernizzando i Mestieri Artigianali, costruendo circuiti turistici di botteghe artigiane certificate; (D.E.L.T.A.): Determinare Economie e Lavori nel Turismo Ambientale, promuovendo il valore del paesaggio da godere come un’opera d’arte, secondo itinerari di conoscenza e non solo di attraversamento. Anche questo significa “progettare il passato per conservare il futuro.” I dettagli sono nel volume.

Attualmente è membro del Comitato Scientifico dei Borghi: per noi comuni mortali, di cosa si occupa questo comitato?
Il comitato scientifico è composto di sole 4 persone, tra cui il sottoscritto. Ha la funzione di valutare i nuovi Comuni che si candidano a far parte dei Borghi più belli d’Italia o di sottoporre a verifica quelli che, pur entrati, hanno ricevuto da noi una serie di prescrizioni per migliorarsi nei 2-3 anni successivi. Oltre a ciò elaboriamo progetti di miglioramento che presentiamo al direttivo nazionale, sia su obiettivi richiesti, sia per nostra proposta.

Quali sono i criteri di valutazione?
Le valutazioni e le verifiche avvengono attraverso la visita in loco da parte nostra e la constatazione dello status quo. I criteri di osservazione sono 68 e i punti erogabili sono fino a 128, frutto dei principi espressi dalla nostra carta di qualità. Per entrare occorre aver superato i 75 punti.

Cambiamo completamente argomento. Il suo primo romanzo: “Le tre verità” (Robin Edizioni e poi SiEdizioni) è un thriller storico che si svolge in tre periodi molto distanti (1934, 1968 e 2002). Come mai la scelta di questi tre piani temporali?  
Come afferma giustamente, Le tre verità è costruito su tre periodi e tre paralleli livelli di indagine:  uno giallo e suggestivo, legato alla risoluzione del mistero Krakauer (la morte di un regista cinematografico e del suo dottore) attraverso verità complementari; uno sociologico e istruttivo, riferito alla presa nazista del potere in Germania attraverso spiazzanti tecniche di indottrinamento; uno psicanalitico e scabroso, legato alla personalità dei tre protagonisti, in cui tre verità inconfessabili svelano le pulsioni dell’animo umano. Il suo valore recondito sta però nel quesito che rivolgo indirettamente a ogni lettore: come reagirebbe di fronte alla violenza terrorizzante di un regime? Le differenti scelte dei tre protagonisti, Albrecht Krakauer, Fritz Mond, Petra Von Tauber, producono l’affascinante concatenazione tra storie (piccole e umane) e Storia (grande e universale). Non capiremmo la seconda senza indagare le prime. In fondo ciò è alla base di ogni romanzo storico.

Ho letto che ha iniziato a lavorarci nel 1990 dopo alcuni viaggi in Germania, è stato un lungo percorso…
È vero ed è durato decenni. Tra il 1986 e il 1990 rimasi suggestionato da città urbanisticamente ferite, da una nazione spezzata in due, da un popolo che non voleva parlare del passato. Dopo Monaco, Bonn e Dusseldorf, quell’ultimo anno scoprii Norimberga e raggiunsi per la prima volta Berlino. Il muro era caduto da appena otto mesi e tutto appariva in fermento. Mi colpì la differenza architettonica tra le ultime città visitate: Norimberga aveva ricostruito il centro storico come era prima della guerra, tutto sembrava antico, ma odorava di pochi anni prima. A Berlino la ricostruzione fu un evento lento, traumatico, parziale. Le ferite dell’epoca ancora si leggevano nell’urbanistica del centro storico. Nel settembre del 1990 acquistai a Roma il volume fotografico La Berlino degli anni ’30 di Mattia Chiusano. Sul treno del ritorno, ammirando le foto di una Berlino ormai scomparsa, qualcosa scattò in me. Nei primi anni mi dedicai alla scrittura, preso da un fuoco che mi emarginò da familiari e amici. Durante i miei studi universitari acquistavo e studiavo più libri dedicati alla storia tedesca che alle materie dei miei esami. La passione era così forte che produssi materiale per tre libri, Le tre verità è solo il primo.

Quindi ci sarà un seguito?
Dopo Le tre verità, pubblicherò, a fine 2025, il volume gemello: Mordere l’Anima.  Dimostrerà che il caso Krakauer, che appariva risolto, è lontano dall’esserlo. 

Ci può anticipare qualcosa?
Gioco, anche in questo caso, con gli stili narrativi, incrociando storia, giallo e psicologia. Eppure mi piace presentarlo come un’imprevedibile storia d’amore.  Perché la nazista Petra Von Tauber fu giustiziata dal regime nazista? Perché suo figlio, Peter Mercier, fu salvato dai gerarchi, consegnandolo a una misteriosa signora svizzera? Qual è la reale ragione del trauma vissuto da costui? Come per il precedente libro, tre verità complementari svelano le ferite dell’animo umano.

Quando scrive, c’è uno scrittore a cui si ispira?
Amando i viaggi e la scrittura, a vent’anni mi affascinava la vita e le opere di Ernest Hemingway. È stato il mio primo ispiratore quando ho iniziato Le tre verità. Mi piaceva quel narrare in forma visuale, ritmata, quasi espressionistica, con un ruolo centrale attribuito a dialoghi e psicologie, dove i personaggi più che essere descritti emergono dai dialoghi.

Quali sono i libri di Hemingway che preferisce? 
I miei preferiti sono: Addio alle armi e Fiesta (Il sole sorge ancora). Quando, anni fa, ho visitato Pamplona mi ha emozionato il Cafè Iruna, dove conservano molte sue fotografie e una sua statua.

Luna al Cafè Iruna

Un libro fondamentale per la sua vita, che secondo lei tutti dovrebbero leggere…
Mi viene in mente Cronaca di una morte annunciata di Gabriel Garcia Marquez. È stato fondamentale per la mia formazione culturale perché in qualche modo coerente con la mia tesi di laurea su Norberto Bobbio e il valore dello spirito critico nella società odierna. Quello che Bobbio teorizzava, Marquez lo raccontava proponendo diverse verità su un “omicidio d’onore”, attribuite a diversi testimoni del fatto. Partendo da quelle verità parallele ho sviluppato, nel mio romanzo, l’idea delle verità complementari. Vivendo in un mondo in cui tutti i regimi autocratici teorizzano un’unica verità, la loro, fa bene alla nostra coscienza sviluppare un forte spirito critico attraverso autori come Bobbio e Marquez.

Per concludere: come descriverebbe l’Umbria in tre parole?
Anche se sono 6 parole, invece di 3, mi piace rispondere usando la lettera che inviai, nel 2016, alla Presidente della Regione. Riguardava il tema degli attrattori turistici. Anche in questo caso ho composto i termini in forma di acrostico. In questo caso doveva essere coerente con la parola Umbria:

  • Unicità
  • Misticismo
  • Borghi
  • Relazioni
  • Identità
  • Ambiente

Argomentai le 6 parole in dettagliate pagine, ma la giunta regionale non le usò mai.

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Agnese Priorelli

Laureata in Scienze della comunicazione, è giornalista pubblicista dal 2008. Ha lavorato come collaboratrice e redattrice in quotidiani e settimanali. Ora collabora con un giornale online e con un free press. È appassionata di cinema e sport. Svolge attività di inserimento eventi e di social media marketing e collabora alla programmazione dei contenuti. Cura per AboutUmbria Magazine, AboutUmbria Collection e Stay in Umbria interviste e articoli su eventi.