I primi geologi erano gente dura, spinta da una curiosità così forte che gli faceva affrontare dei disagi inimmaginabili oggi. L’adrenalina non era necessario cercarla, la vivevano ogni giorno, ma non era mai fine a sé stessa, lo scopo era la conoscenza.
La geologia diventa materia di studio tra la fine il XVIII e l’inizio del XIX secolo, ma è solo a partire dalla fine del 1800 che si guarda la Gola del Bottaccione a nord di Gubbio con occhi scientifici. La sua particolare conformazione con gli strati rocciosi così ben a vista è stata una preziosa messe di informazioni. Mentre la conoscenza delle rocce si approfondiva, la storia della Terra cominciava a delinearsi e si assegnavano nomi alle sequenze delle ere geologiche. Uno dei primi a studiare la particolare conformazione della valle è stato il professore Guido Bonarelli, che veniva dall’Università Perugia, e che si è trovato davanti quello che è stato chiamato l’archivio della terra, perché gli strati che si susseguono raccontano una storia lunga 100 milioni di anni, narrano di quando le terre erano sommerse dal mare, quando non si erano ancora formati gli Appennini e la Gola era sul fondo del mare.
Le rocce della valle del Bottaccione evidenziano soprattutto quello che è avvenuto durante il periodo Cretacico. La spia è stato un piccolo strato argilloso situato tra la scaglia rocciosa del Campaniano e quella del Santoniano. Quell’argilla contiene un rilevante quantitativo di iridio, considerato un metallo extraterrestre perché è rarissimo sul nostro pianeta, ma abbondante nei meteoriti e nella polvere cosmica.
Quello strato è stato scoperto solo negli anni ’30, ma che scoperta! Quel piccolo strato di argilla ricco di iridio ha confermato le ipotesi fantascientifiche che erano state più volte formulate, cioè che un meteorite gigante si fosse abbattuto sulla Terra distruggendo tutte le forme di vita animale superiori, tra cui i dinosauri. L’iridio fu scoperto nel 1803 a Londra da Smithson Tennant quando la chimica era in pieno boom e chimici e geologi analizzavano tutto, dall’aria ai liquidi, dal suolo al sottosuolo, dalle piante agli animali e alle rocce e tutto veniva catalogato. Cent’anni dopo questo l’iridio è stato trovato in vari luoghi della terra e sempre tra strati di rocce dello stesso periodo. Perciò quelle che sembravano solo fantasie sfrenate erano diventate possibili: il meteorite gigante diventava vero. Una scoperta simile è stata degnamente evidenziata ed è di diritto entrata a far parte del sistema GSSP – Global Statotype Section and Point cioè: Sezioni e Punti Stratigrafici globali che segna gli: “affioramenti rocciosi dove è fisicamente presente il limite tra due età geologiche”.
Per questo la comunità scientifica internazionale ha premiato con il Chiodo d’oro o Golden Spyke la gola del Bottaccione. È l’ottantesimo chiodo che viene piantato in varie parti del mondo. Il Chiodo d’Oro è stato piantato proprio tra i due strati Campaniano e Santoniano con una cerimonia ufficiale, alla presenza di molti scienziati. Nella valle, presso l’Osteria del Bottaccione si possono consultare i registri con la dedica e la firma dei geologi che sono venuti a studiare il sito nel corso di oltre un secolo.
In Italia, oltre alla gola del Bottaccione ci sono altri due luoghi importanti, annoverati tra i 100 siti geologici – al mondo – rilevanti per lo sviluppo delle scienze della terra: il Vajont e i Campi Flegrei. C’è voluta la strage compiuta dall’acqua a Longarone e Erto e Casso, quando il monte Toc è precipitato nell’invaso del Vajont: la frana ha lasciato scoperti strati di roccia di 165 milioni di anni fa, che dal 1963 sono sempre stati sotto osservazione. I Campi Flegrei, con i continui movimenti tellurici, i bradisismi, le fumarole e quant’altro costituiscono un unicum sulla Terra: studiati da Plinio il Vecchio, continuano a esercitare un grande interesse.
Renata Covi
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